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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    26/04/2013    3 recensioni
[GerIta][FluffEstremo]
Dedicata a Mattie Leland, con tanto amore.
"E in un giorno di pioggia ti rivedrò ancora
e potrò consolare i tuoi occhi bagnati..."
“Me ne vado.”
E ancora.
“Non cercarmi...”
E infine, la stilettata definitiva al cuore.
“Non ti amo più.”
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IN UN GIORNO DI PIOGGIA, SAREMO VICINI...

E in un giorno di pioggia ti rivedrò ancora
e potrò consolare i tuoi occhi bagnati.
In un giorno di pioggia saremo vicini,
balleremo leggeri sull'aria di un Reel.

In Un Giorno Di Pioggia - MCR

§§§

Le nuvole pesanti che affollavano il cielo mi mozzavano il fiato in gola per quanto erano minacciose di far cadere pioggia come già le lacrime cadevano dai miei occhi mentre un paio di labbra sottili si allontanavano lentamente da me: riuscivo a distinguere solo quelle mentre sentivo il cuore battermi all’impazzata nelle orecchie, assordandomi, e non c’era un singolo muscolo che mi obbedisse.

Ero totalmente paralizzato mentre le lacrime scendevano, silenziose .

Il vento che mi scompigliava violentemente i capelli, frustandomi il volto continuamente aveva il profumo della salsedine e la pesante stoffa che sentivo ricoprirmi il corpo era quasi un impiccio per respirare: e poco importava che fosse la mia solita divisa, era troppo pesante e io non riuscivo a reggere il suo peso e quello del mio dolore.

Non riuscivo a capire nulla, avevo paura, ero terrorizzato dalla possibilità spaventosa che mi si stava palesando davanti, non ero preparato ad una tale eventualità.

Non a quella di sentire quelle tre parole, pesanti come macigni.

Me ne vado.”

E ancora.

Non cercarmi...”

E infine, la stilettata definitiva al cuore.

Non ti amo più.”

Cercavo di allungarmi, afferrare quelle braccia che tanto a lungo mi avevano abbracciato, curato, consolato, tirato fuori dai guai – letteralmente – ma più cercavo di raggiungerle più sembravano allontanarsi inesorabilmente fuori dalla mia portata, al di là di ogni mia possibilità di raggiungerle.

Ludwig se ne stava veramente andando.

Mi stava davvero lasciando solo...

Mi stava davvero lasciando.

Addio...”

Caddi in ginocchio nella sabbia bagnata che non mi ero accorto di stare calpestando mentre, a poco a poco, il mio corpo veniva inghiottito dalla terra, assieme alle mie lacrime e ai miei singhiozzi che più nessuno poteva udire, su quella spiaggia ai confini del mondo, che più nessuno VOLEVA udire, o almeno nessuno per cui valessero davvero qualcosa.

Non sentivo la pioggia che cominciava a cadermi addosso feroce, cattiva e dolorosa come i proiettili che, in tempo di guerra, mi fischiavano all'orecchio, ero unicamente concentrato sulla schiena che sembrava allontanarsi nella nebbia: tra le gocce pesanti che mi impedivano di vedere distintamente, ebbi quasi l'impressione che stesse scomparendo.

Ludwig!” gridai con voce roca, debole, impossibile da udire da quella distanza.

Avrei voluto strapparmi via il cuore dal petto da quanto faceva male.

Mi raggomitolai, speravo che qualcuno mi trovasse, che tornasse indietro per cercarmi, abbracciarmi come stavo cercando di fare io per scaldarmi e infondermi la forza di rialzarmi e allontanarmi anche io da quel posto.

O di rincorrerlo, gettargli le braccia al collo e impedirgli di muovere un altro passo.

Ma quel lieve tepore che ero riuscito a racimolare... non volevo abbandonarlo...

Le maniche ormai zuppe portavano ancora un frammento dell'odore di Ludwig e sapevo che, se mi fossi mosso, se avessi cercato di raggiungerlo senza successo, forse avrei perso anche quell'ultimo barlume di lucidità, quell'ultimo ricordo che mi legava ancora a lui e ai suoi abbracci.

Non volevo dimenticarlo ma le onde, il salino, il vento...

Tutto sembrava volermi allontanare da lui, cancellare ogni cosa e ripulirmi...

Ma quel calore mi teneva ancorato al limbo dei ricordi, come se fosse ancora lì, come se quel gelo intenso che mi stava via via avvolgendo non esistesse e lui fosse al mio fianco ad affrontare la tempesta.

Non sapevo cosa fare...

Da una parte volevo morire, ero pronto ad abbandonarmi al gelo...

...'no.”

Un fischio lontano...

...iano.”

Un altro fischio, forse più lungo...

...'ciano.”

Non era un fischio... che fosse una voce...?

...'eliciano.”

Che stesse chiamando il mio nome...?

...Feliciano.”

E dall'altra volevo continuare a vivere, ridere e baciare la persona che possedeva quella voce che mi stava chiamando.

Perché la conoscevo, sapevo che era Ludwig, sapevo che sarebbe tornato a cercarmi, a prendermi...

Che non mi avrebbe lasciato.

E aprii gli occhi.

Ludwig non sapeva da quanto Feliciano stesse piangendo, col viso nascosto nel cuscino ormai zuppo, e tremante al punto che neppure il calore del suo abbraccio riusciva a tranquillizzarlo e scaldarlo.

Era preoccupato.

La notte prima erano tornati a casa, infreddoliti e grondanti d'acqua e, pur consapevole del bisogno che entrambi avrebbero avuto di farsi una doccia calda, avevano optato invece, mossi unicamente dalla stanchezza, di andare direttamente a letto senza deviare neppure per passare in cucina a mangiare qualcosa; si erano asciugati sommariamente e poi si erano cambiati - il tutto in assoluto silenzio - e sempre nel più assoluto silenzio si erano infilati sotto le coperte.

Era stata una giornata pesante, stancante, infarcita di continue litigate che avevano messo a dura prova anche la loro relazione e il loro rapporto: gli incontri con gli altri Stati erano stati piuttosto violenti e avevano portato a litigare anche loro.

Nulla di serio, qualche parola blaterata senza neppure troppi pensieri ma, da qualche ora, nessuno dei due si era rivolto la minima parola.

E anche gli abbracci e le coccole prima di addormentarsi erano state accantonate.

Ma in quel momento a Ludwig non importava.

Non importava che si fossero accapigliati, che avessero discusso o che altro perché, se Feliciano aveva bisogno di aiuto per uscire dall'incubo che, senza alcun dubbio, lo aveva ghermito nel sonno, lui avrebbe fatto di tutto per tirarlo fuori, anche afferrarlo per i piedi e strattonarlo, letteralmente.

Per il momento, lo stringeva a sé, mormorandogli all'orecchio qualche parola rassicurante, chiamandolo più e più volte per nome e spingendolo a concentrarsi unicamente su di lui e non sulla pioggia battente e sui tuoni che rombavano all'esterno, chiedendosi come mai l'italiano non si fosse aggrappato a lui, poche ore prima.

Feliciano era terrorizzato dai tuoni ma gli aveva sempre detto, facendolo arrossire, che sentire il battito del suo cuore lo rassicurava e non lo faceva pensare.

In quel momento, si rese conto di quanta fatica doveva aver fatto il più piccolo nel trattenersi dall'abbracciarlo e quanta violenza doveva essersi fatto per non mettersi a urlare per la paura, per non farsi sentire...

E si sentì in colpa.

Pazientemente, Ludwig continuò a chiamarlo e ad accarezzargli la testa, ininterrottamente quando infine sentì Feliciano muoversi nella sua stretta e singhiozzare mentre cercava di rannicchiarsi ancora di più nell'abbraccio: “L-Ludwig...” mormorò con voce roca il più giovane, irrigidito nel tepore del materasso e della coperta.

Lasciando andare il respiro che non si era neppure accorto di stare trattenendo, il tedesco spostò delicatamente una mano per afferrargli piano il mento e farlo voltare verso di lui, usando poi un lembo del lenzuolo per asciugargli gli occhi arrossati e ancora lucidissimi mentre un paio di lacrime sfuggivano al suo controllo, percorrendo ancora una volta la strada delle loro sorelle che erano andate a inzuppare il cuscino.

Stai bene?” chiese incerto Ludwig, accarezzandogli la fronte bollente: “Hai la febbre...” notò con il cuore stretto in petto: con l'intenzione di andare a prendere qualcosa di caldo e una medicina, mollò per un istante la presa sul corpo dell'italiano, che si lasciò scappare un gridolino terrorizzato prima di afferrargli con violenza il braccio.

Debole com'era, sarebbe anche capitombolato giù dal letto se Ludwig non lo avesse afferrato al volo: “Che hai intenzione di fare?!” sbottò, preoccupato e nervoso, “Forza, torna sdraiato senza discutere!” aggiunse, spingendolo contro il materasso e rimboccandogli le coperte fino al mento, “E non muoverti!” concluse, cercando di infondere nelle proprie parole il germe del comando per coprire la preoccupazione.

Ma, tremando, Feliciano scosse energicamente la testa: “Non andartene...” rantolò lui, stanco mentre cercava di combattere le ondate di nausea che lo assalivano continuamente, “Non lasciarmi, ti prego...”.

Il tedesco annuì, allungò la mano e gli accarezzò i capelli umidi: “Non ti lascio, però permettimi di aiutarti in qualche modo...”

Resta qui... Non andartene come nel sogno...”

Con quelle poche parole e la paura che aveva letto negli occhi del compagno, Ludwig si convinse che, quella notte, non avrebbe dormito, non lo avrebbe lasciato solo neppure per un minuto e avrebbe tenuto lontano incubi idioti, dettati dalla sua stupidità: gli si sdraiò nuovamente accanto e, quando vide l'italiano titubante nell'avvicinarsi a lui, fu egli stesso ad annullare la distanza tra loro e a farlo rincantucciare contro di sé.

Con un ultimo singhiozzo, finalmente, anche i tremori che lo scuotevano si calmarono e, sbirciando dall'incavo del collo, Feliciano sorrise debolmente: “Scusami, Lud... Oggi... Io...”

Per tutta risposta, il tedesco aumentò la stretta.

Non disse nulla, si limitò a quell'unico gesto che voleva dire tante cose, cose che non avrebbero mai potuto essere dette a voce senza sminuirne la bellezza e il valore ma che solo il calore di un paio di braccia strette attorno a un altro corpo è in grado di dire e veicolare verso i cuori altrui.

Mentre fuori la pioggia continuava a cadere e il cielo veniva illuminato dai fulmini, Feliciano s'addormentò, cullato da quel battito che lo avrebbe riportato sì sulla stessa spiaggia del sogno di prima ma che, questa volta, lo avrebbe accolto con un Sole enorme e caldo.

E sapeva che, sulla quella spiaggia assolata, Ludwig lo avrebbe aspettato a braccia aperte.

Dedicata a Mattie Leland <3

   
 
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