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Autore: Neko no Yume    26/04/2013    2 recensioni
Prima ora di lunedì, meglio conosciuta come l’Inferno.
E non quello dantesco a me tanto caro, oh no.
Qui la selva oscura sono banchi tutti disegnati e incrostati di gomme da masticare, i dannati sono una ventina di ragazzi dagli occhi vacui e il povero, nobile Virgilio è impersonato dalla sottoscritta, una professoressa stressata e assonnata che vorrebbe trovarsi ovunque tranne che in classe.

(aka gli scleri di una maturanda.)
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prima ora di lunedì, meglio conosciuta come l’Inferno.
E non quello dantesco a me tanto caro, oh no.
Qui la selva oscura sono banchi tutti disegnati e incrostati di gomme da masticare, i dannati sono una ventina di ragazzi dagli occhi vacui e il povero, nobile Virgilio è impersonato dalla sottoscritta, una professoressa stressata e assonnata che vorrebbe trovarsi ovunque tranne che in classe.
Sono le 8:02 e mi decido a iniziare l’appello, ormai i banchi si sono riempiti abbastanza.
Sciorino svogliatamente una serie di nomi che mi sembra infinita ricevendo in risposta sbadigli e “presente” smozzicati, impastati di sonno e voglia di rintanarsi sotto le coperte.
Gli stessi mugolii, gli stessi visi sbattuti che ho imparato a conoscere in cinque anni e che, volente o nolente, ormai fanno parte della mia routine quotidiana.
È raro per un professore di liceo seguire la stessa classe dal primo all’ultimo anno, ma a me è toccato in sorte questo viaggio attraverso l’adolescenza di ventitre sbandati e Dio solo sa quali sublimi vette di follia possa raggiungere un’età del genere.
“Roberti, hai portato la giustificazione?” chiedo, la voce improvvisamente impostata.
Roberti è uno dei soggetti le cui vette di follia sono state più alte e frequenti, nonostante la sua mole tutt’altro che imponente e due occhioni da bambino non ancora cresciuto che l’hanno salvato da innumerevoli sanzioni disciplinari.
Roberti è anche colui che non porta mai la giustificazione firmata.
Se mi va di lusso, di solito riesco a estorcergliela dopo il terzo giorno, altrimenti posso aspettare anche settimane prima che il signorino se ne ricordi.
Al momento mi sta davanti e ha un sorrisetto poco raccomandabile sulle labbra, il libretto delle giustificazioni sventolato per aria come una bandiera.
“Sì, prof.”
Mi prendo un istante per analizzare la frase appena udita.
Non c’è ombra di dubbio, l’alunno ha appena risposto affermativamente.
La classe deve aver intuito il mio sgomento perché mi arriva qualche risolino alle orecchie mentre alzo lo sguardo verso Roberti.
“In che senso,” biascico, senza neanche riuscire a dare un’intonazione interrogativa alla mia domanda.
Il colpevole (di cosa non so, ma ai miei occhi in questo momento appare più sospetto di un gatto con una piuma di canarino tra i denti) trattiene a stento una risata e piazza il libretto sulla cattedra con un gesto teatrale, lasciandomi libera di ammirare la sua firma accanto alla data dell’assenza.
“Ho compiuto diciotto anni l’altro giorno,” mi spiega pazientemente, con lo stesso tono che uso io con lui quando non capisce qualcosa.
Improvvisamente sembra allungarsi, guadagnare centimetri e muscolatura, le spalle si fanno più larghe e lo sguardo da bambino appena più segnato, la voce appena meno spensierata.
“Quindi posso firmarle tutte le giustificazioni che vuole!” continua, incurante della portata della sua rivelazione.
“…Oh, sì.”
Non riesco a farmi uscire altro dalle labbra e mi limito a scarabocchiare la mia firma accanto alla sua, per poi notificare sul registro che, miracolo, Roberti ha giustificato l’assenza.
“E dimmi,” cerco di riprendermi dall’affronto subito “hai per caso già deciso che facoltà frequentare all’università?”
Lui per un attimo non fiata e io mi rivedo cinque anni prima davanti a un ragazzino che non supera il metro e sessanta che cerca di ricordare le particolarità della prima declinazione, poi torna a sorridere e io vengo di nuovo catapultata nel presente.
“Credo di sì, prof.”
Si volta per un attimo verso la sua ragazza, seduta qualche banco dietro, scambia con lei un’occhiata che posso solo intuire dal riflesso fiducioso della mia alunna, torna a rivolgersi a me e pronuncia il nome della facoltà che vuole prendere con una fierezza quasi buffa.
Quasi perché i suoi occhi brillano di aspettative e anni passati e piccole gioie e paura e diciotto anni che ha compiuto qualche giorno fa.
Riprende il libretto dalla cattedra e noto che le sue mani sono di gran lunga più grandi delle mie, ma le dita di entrambi sono già macchiate d’inchiostro di prima mattina e la cosa mi fa ridere.
Ventitre paia di iridi perplesse si alzano verso di me e non appartengono più a ventitre ragazzini smarriti e inesperti appena entrati nel caotico mondo del liceo, ma a ventitre ragazzini ormai ragazzi e decisi a trovare la propria strada nell’ancora più caotico mondo di fuori.
Abbozzo un sorriso tirato e caccio indietro la stanchezza che mi ha assalita d’improvviso, sbattendo più volte le palpebre e facendo cenno a Roberti di andare a sedersi senza fare il giro della classe in trionfo, cosa che so che muore dalla voglia di fare.
“Bene, tirate fuori i libri. So che è lunedì e abbiamo tutti bisogno di un caffè, ma c’è un tempo per il relax e uno per Tacito,” borbotto con fare imperioso, le mie parole che vengono coperte da sospiri rassegnati e frusciare di libri come al solito, come ogni lunedì mattina.
Le loro facce svogliate per una volta mi stringono lo stomaco in un’inspiegabile morsa di tenerezza e cerco rifugio tra le pagine che ormai avrò spiegato centinaia di volte a centinaia di facce diverse.
È raro per un professore di liceo seguire la stessa classe dal primo all’ultimo anno e probabilmente uno dei motivi è che ti perdi nel viaggio e non vorresti più arrivare a destinazione.






Yu’s corner.
Buonsalve a tutti!
Un tempo questa storiella avrebbe dovuto partecipare a un concorso organizzato dalla mia scuola sul tema del viaggio, ma alla fine ho deciso partecipare con un altro lavoro e, beh, mi dispiaceva che queste quattro righe restassero nell’oblio del mio computer.
Dunque, ecco a voi il frutto della mia paranoia da studentessa del quinto liceo prossima alla maturità, yay!
Non è niente di pretenzioso, ma rispecchia un po’ il mio stato d’animo attuale.
Ringrazio in anticipo chiunque recensirà o anche solo leggerà!
Bye bye,
Yu.
  
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