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Autore: Stray    15/11/2007    6 recensioni
Piccole gocce di pioggia su un vetro: brevi attimi dello stesso acquazzone chiamato amore...
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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“It’s a song, a sigh of the weary:
Hard times, hard times come again no more!
Many days you have lingered around my door:
Oh! hard times come again no more…”

Eastmountainsouth, “Hard times”

(E’ la canzone, il sospiro dell’uomo stanco:
Tempi duri, tempi duri mai più!
Molti giorni vi siete attardati alla mia porta:
Oh, tempi duri, tempi duri mai più!)

06. Release

Non l’hai mai sentito prima. E’ un sapore nuovo, come se l’aria attorno a te fosse improvvisamente cambiata, aperta, pulita. Semplicemente, aria nuova.

Non sai perché, non c’è un motivo: il mondo attorno ha colori diversi, più squillanti, la vita brulicante della città ha perso il grigiore, è viva, ora come non mai. O forse te ne sei accorto solo adesso, come un’animale da soma senza più paraocchi, senza più veli ad impedire la vista.

E ti sembra di aver cambiato vita, di aver lasciato la pelle vecchia alle spalle, di essere sgusciato fuori da essa, uomo nuovo – solo all’esterno; dentro sei lo stesso di sempre, con le colpe di sempre, il passato di sempre; non puoi lavare via tutto: sei risorto, non rinato.

Ti sembra di non aver mai capito nulla del mondo, di vederlo per la prima volta, senza filtri: puro, grezzo, diretto.

Ti colpisce con la violenza delle cose imperfette ma reali, mentre l’abbracci in pubblico – nel mezzo di tutti quei colori, quei rumori, quegli odori che prima erano sottintesi, sottofondo, base piatta e anonima – mentre le lasci scivolare tra le mani un fiore raccolto mentre rientravate a casa, mentre fate la spesa, tu con la giacca della divisa ripiegata sull’avambraccio, lei in borghese, una mano appoggiata con naturalezza al tuo braccio - l’altra affondata nella tasca rigonfia di qualcosa di metallico, perché ora più che mai sei l’uomo da proteggere, l’uomo più importante del paese oltre che del suo cuore.

E ti senti vivo, e vorresti gridarlo al mondo intero, perché era da anni, decenni, che non ti sentivi così vivo, così felice, così libero.

Forse non ti sei mai sentito così se non nei tuoi sogni, ma non importa, non importa più, e vorresti sollevarla di peso, farla volare come una bambina, guardarla mentre ride – ti sei accorto di quanto i suoi rari sorrisi siano aumentati di numero e intensità, di recente – mentre tocca un oggetto e lo sposta, mentre cammina per casa con la tua camicia addosso, vorresti guardarla mentre fa le cose più stupide, più scontate e banali.

Persino lei sente la tua euforia quasi perenne, ti asseconda come un bambino, ma segretamente ne è vittima anche lei: la vedi nascondere un sorriso spontaneo e senza motivo, uno dei tanti che di recente non riesce a controllare, mentre apre la porta di casa.

“Ho dimenticato di comprare i croccantini per Hayate…”

“Passo a prenderli io domani, quando esco dall’ufficio.”

“Grazie. Cosa vuoi per cena?”

Per un momento non sai cosa rispondere: rimani imbambolato con l’ennesimo sorriso da ebete sulle labbra, a guardarla ripetere la domanda, anche lei come te: colpita da ciò che ha appena detto.

Certe parole, nella vostra bocca, non hanno ancora trovato il loro posto, non appartengono ancora completamente al lessico quotidiano, come esuli in terra straniera, viandanti di passaggio.

La baci, sulla porta, senza chiederle il permesso.

“Dillo ancora.”

“Cosa vuoi per cena?”

“Cosa voglio per cena…”

“Sì: cosa vuoi per cena?”

Scoppiate a ridere come se aveste appena parlato in una lingua esotica, che non pensavate di conoscere: non avete ancora la padronanza del suono che ne esce, incespicate nelle consonanti, ripetete le frasi chiave, quelle necessarie per la sopravvivenza, come domandare dove sia l’ufficio postale o se il gatto sia sopra o sotto il tavolo.

Potrebbe chiederti cosa desideri mangiare fino a domani mattina: l’ascolteresti parlare come si ascolta una sinfonia, per tutta la notte, rapito.

Ma lei ride ancora una volta – ha capito che non ti è ancora possibile formulare una risposta logica, una frase sintatticamente corretta - e apre il frigorifero, lasciandoti ancora disorientato sulla soglia della cucina: è sempre stata più brava di te ad adattarsi alle differenti situazioni, anche quelle più impensabili.

Ci arriverai anche tu, un passo alla volta.

Intanto ti godi questo stupore che ti accompagna ogni giorno, la curiosità e la meraviglia del bambino che avevi dimenticato di essere stato, questo sguardo nuovo sul mondo, che sembra così diverso da come lo ricordavi, migliore.

Senti che le parole sono troppo poche, troppo imprecise e usate per descriverlo bene.

Il tavolo è il tavolo, la casa è la casa – la vostra casa, quella che prima era solo sua, che non potevi che intravedere da lontano, le sere in cui l’accompagnavi dopo l’orario di lavoro. E' sempre un possessivo, ma in seconda persona plurale: è il numero che fa la differenza – Riza è Riza.

Ma ora è come se il significato di poche lettere trabocchi dalla definizione, costretto in uno spazio diventato troppo piccolo, inadatto, insufficiente per esprimerne pienamente la bellezza.

E allora è il silenzio che riempie le giornate, il silenzio soddisfatto e tranquillo di chi sta cercando le parole ma non riesce a trovarle, non ha bisogno di trovarle, non ancora, perché non c’è fretta.

Perchè sei libero e non c’è più fretta, non c’è più l’ansia del domani, del dopo, del quando.

La strada non è più un rettilineo angusto e stretto, un impervio sentiero di montagna: è un piazzale immenso, puoi muoverti in tutte le direzioni, aprire le braccia, girare in tondo, oppure sederti, esattamente al centro di tutto, ad ammirare ciò che hai ottenuto nello stesso silenzio incredulo che segue la vittoria, la fine della corsa.

Seduto al centro del tuo nuovo mondo, puoi finalmente respirare.

E lei con te.

Questo capitolo è stato uno degli ultimi che ho scritto (ha solo una settimana di vita e già viene pubblicato: aiuto!) però devo dire che è uno di quelli di cui vado maggiormente orgogliosa…
Grazie a tutte per le recensioni!

Elyxys & Dianatabo: Ops! Non avevo pensato alle traduzioni delle song, sorry! Il fatto è che molto spesso (ok, diciamo sempre) associo a quello che sto scrivendo una canzone, me la ascolto anche venti volte di fila mentre scrivo o rileggo (chissà! Forse mi aiuta con l’atmosfera…), quando proprio mi sembra che calzi, la trascrivo senza pensarci. ^^
Questa volta mi sono ricordata di metterla, la traduzione…
Già che ci sono metto qui quella di Clapton, dello scorso capitolo:

“Posso sentire la tua pelle,
mentre sono nel mio letto
c’è troppa confusione che affolla la mia testa
e mi fa così rabbia
sapere che il fuoco brucia ancora
Perché non posso venirne fuori?
Quando imparerò?
Vecchio amore, lasciami solo,
Posso vedere il tuo viso
Ma so che non è reale
E’ solo un’illusione
Causata da come mi sento
E mi fa così rabbia
Sapere che il fuoco continuerà sempre a bruciare
Non ne verrò mai fuori
E so che non imparerò mai…”

Shatzy: Sì alla fine il finale è venuto… mamma mia, non ti dico come stavo mentre la scrivevo! Qualcosa di molto simile a “a special seat” (no, calma: a quei livelli non ci arriverò più, è sicuro!).
L’immagine della giacca mi era piaciuta molto, e mi sono ispirata a un’immagine del fumetto, quando dopo la notizia del trasferimento di Hawkeye, Riza inizia a raccontare di Ishvar. Se ci fai caso allìinizio del racconto, si vede Roy sdraiato sul divano con una mano sulla faccia, e la giacca per terra (e le aspirine sul tavolino, ma non sapevo come infilarle, per cui sono rimaste lì).
Mi ha toccato molto come piccolo frame, così ho voluto riprodurlo, anzi a drila tutta, l’idea del capitolo è partita proprio da lì! ^^”
Per quanto riguarda il rating… TECNOCAMENTE questo avrebbe dovuto essere un Rosso… però visto che la lemon era mooooolto sottintesa non me la sono sentita. Ho ancora Request da definire, ma credo che questo capitolo sia il massimo del rating (per questa raccolta. Mi sa che mi rifarò con quella si Ishvar…), vedremo! ^////^
Scusa, è vero: avrei dovuto mettere l traduzione, d’ora in poi provvederò! Quella della scorsa canzone è nella risposta a Elyxys. Ciau e Grazie per le belle parole come sempre! ^^

_mame_: Io più che un mattone a scrivere il theme scorso,avevo una betoniera nell’intestino! Però è vero, il Royai è il pairing della tristologia, se non fosse così perderebbe molto del suo fascino, secondo me…
E sì, penso che la cosa triste del capitolo sia che nonostante quel momento di felicità abbia avuto luogo, non sarà loro permesso nemmeno più di avere un contatto… tristeeeeeezza…
A proposito di quel tuo punto interrogativo, ti dico che E’ COME SEMBRA (^////^)! Il fatto che questa raccolta sia un rating arancione è per la mia codardaggine, nel senso che non so perché, ma le lemon in inglese mi piacciono molto, quelle in italiano mi sembrano troppo “tecniche”, per cui ne leggo molto poche (se non zero) e quando ne scrivo rimango moooolto sul vago e sottinteso…
Il mio massimo l’ho raggiunto nella raccolta su Ishvar, che comincia a diventare qualcosa di concreto, ma direi che per i 15R ho già dato (anche se c’è ancora Request da fare. Non si sa mai…^^”) . Uau, un master in tristologia! E’ un grande onore… ^///////^ soprattutto se è la regina della tristologia a consegnarlo! Grazie davvero!

Sisya: Non c’è niente da fare, quando leggo i tuoi commenti finisce sempre che mi squaglio. Grazie davvero, ormai non so più come dirlo ^/////^! Per quanto riguarda l’happy ending, direi che questo capitolo potrebbe essere annoverato nella categoria, no? XD Grazie ancora, un bacio!

  
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