“It’s a
song, a sigh of the weary:
Hard times, hard times come again no more!
Many days you have lingered around my door:
Oh! hard times come again no more…”
Eastmountainsouth, “Hard
times”
(E’
la canzone, il
sospiro dell’uomo stanco:
Tempi duri, tempi duri
mai più!
Molti giorni vi siete
attardati alla mia porta:
Oh, tempi duri, tempi
duri mai più!)
06. Release
Non l’hai mai sentito prima. E’ un sapore nuovo, come se l’aria attorno a te fosse improvvisamente cambiata, aperta, pulita. Semplicemente, aria nuova.
Non sai perché, non c’è un motivo: il mondo attorno ha colori diversi, più squillanti, la vita brulicante della città ha perso il grigiore, è viva, ora come non mai. O forse te ne sei accorto solo adesso, come un’animale da soma senza più paraocchi, senza più veli ad impedire la vista.
E ti sembra di aver cambiato vita, di aver lasciato la pelle vecchia alle spalle, di essere sgusciato fuori da essa, uomo nuovo – solo all’esterno; dentro sei lo stesso di sempre, con le colpe di sempre, il passato di sempre; non puoi lavare via tutto: sei risorto, non rinato.
Ti sembra di non aver mai capito nulla del mondo, di vederlo per la prima volta, senza filtri: puro, grezzo, diretto.
Ti colpisce con la violenza delle cose imperfette ma reali, mentre l’abbracci in pubblico – nel mezzo di tutti quei colori, quei rumori, quegli odori che prima erano sottintesi, sottofondo, base piatta e anonima – mentre le lasci scivolare tra le mani un fiore raccolto mentre rientravate a casa, mentre fate la spesa, tu con la giacca della divisa ripiegata sull’avambraccio, lei in borghese, una mano appoggiata con naturalezza al tuo braccio - l’altra affondata nella tasca rigonfia di qualcosa di metallico, perché ora più che mai sei l’uomo da proteggere, l’uomo più importante del paese oltre che del suo cuore.
E ti senti vivo, e vorresti gridarlo al mondo intero, perché era da anni, decenni, che non ti sentivi così vivo, così felice, così libero.
Forse non ti sei mai sentito così se non nei tuoi sogni, ma non importa, non importa più, e vorresti sollevarla di peso, farla volare come una bambina, guardarla mentre ride – ti sei accorto di quanto i suoi rari sorrisi siano aumentati di numero e intensità, di recente – mentre tocca un oggetto e lo sposta, mentre cammina per casa con la tua camicia addosso, vorresti guardarla mentre fa le cose più stupide, più scontate e banali.
Persino lei sente la tua euforia quasi perenne, ti asseconda come un bambino, ma segretamente ne è vittima anche lei: la vedi nascondere un sorriso spontaneo e senza motivo, uno dei tanti che di recente non riesce a controllare, mentre apre la porta di casa.
“Ho dimenticato di comprare i croccantini per Hayate…”
“Passo a prenderli io domani, quando esco dall’ufficio.”
“Grazie. Cosa vuoi per cena?”
Per un momento non sai cosa rispondere: rimani imbambolato con l’ennesimo sorriso da ebete sulle labbra, a guardarla ripetere la domanda, anche lei come te: colpita da ciò che ha appena detto.
Certe parole, nella vostra bocca, non hanno ancora trovato il loro posto, non appartengono ancora completamente al lessico quotidiano, come esuli in terra straniera, viandanti di passaggio.
La baci, sulla porta, senza chiederle il permesso.
“Dillo ancora.”
“Cosa vuoi per cena?”
“Cosa voglio per cena…”
“Sì: cosa vuoi per cena?”
Scoppiate a ridere come se aveste appena parlato in una lingua esotica, che non pensavate di conoscere: non avete ancora la padronanza del suono che ne esce, incespicate nelle consonanti, ripetete le frasi chiave, quelle necessarie per la sopravvivenza, come domandare dove sia l’ufficio postale o se il gatto sia sopra o sotto il tavolo.
Potrebbe chiederti cosa desideri mangiare fino a domani mattina: l’ascolteresti parlare come si ascolta una sinfonia, per tutta la notte, rapito.
Ma lei ride ancora una volta – ha capito che non ti è ancora possibile formulare una risposta logica, una frase sintatticamente corretta - e apre il frigorifero, lasciandoti ancora disorientato sulla soglia della cucina: è sempre stata più brava di te ad adattarsi alle differenti situazioni, anche quelle più impensabili.
Ci arriverai anche tu, un passo alla volta.
Intanto ti godi questo stupore che ti accompagna ogni giorno, la curiosità e la meraviglia del bambino che avevi dimenticato di essere stato, questo sguardo nuovo sul mondo, che sembra così diverso da come lo ricordavi, migliore.
Senti che le parole sono troppo poche, troppo imprecise e usate per descriverlo bene.
Il tavolo è il tavolo, la casa è la casa – la vostra casa, quella che prima era solo sua, che non potevi che intravedere da lontano, le sere in cui l’accompagnavi dopo l’orario di lavoro. E' sempre un possessivo, ma in seconda persona plurale: è il numero che fa la differenza – Riza è Riza.
Ma ora è come se il significato di poche lettere trabocchi dalla definizione, costretto in uno spazio diventato troppo piccolo, inadatto, insufficiente per esprimerne pienamente la bellezza.
E allora è il silenzio che riempie le giornate, il silenzio soddisfatto e tranquillo di chi sta cercando le parole ma non riesce a trovarle, non ha bisogno di trovarle, non ancora, perché non c’è fretta.
Perchè sei libero e non c’è più fretta, non c’è più l’ansia del domani, del dopo, del quando.
La strada non è più un rettilineo angusto e stretto, un impervio sentiero di montagna: è un piazzale immenso, puoi muoverti in tutte le direzioni, aprire le braccia, girare in tondo, oppure sederti, esattamente al centro di tutto, ad ammirare ciò che hai ottenuto nello stesso silenzio incredulo che segue la vittoria, la fine della corsa.
Seduto al centro del tuo nuovo mondo, puoi finalmente respirare.
E lei con te.
Questo
capitolo è
stato uno degli ultimi che ho scritto (ha solo una settimana di vita e
già
viene pubblicato: aiuto!) però devo dire che è
uno di quelli di cui vado
maggiormente orgogliosa…
Grazie a tutte per le
recensioni!
Elyxys & Dianatabo: Ops!
Non avevo pensato alle traduzioni delle song, sorry! Il fatto
è che molto
spesso (ok, diciamo sempre) associo a quello che sto scrivendo una
canzone, me
la ascolto anche venti volte di fila mentre scrivo o rileggo
(chissà! Forse mi
aiuta con l’atmosfera…), quando proprio mi sembra
che calzi, la trascrivo senza
pensarci. ^^
Questa volta mi sono ricordata
di metterla, la
traduzione…
Già che ci sono metto
qui quella di Clapton, dello scorso capitolo:
“Posso
sentire la tua
pelle,
mentre sono nel mio
letto
c’è troppa confusione
che affolla la mia testa
e mi fa così rabbia
sapere che il fuoco
brucia ancora
Perché non posso
venirne fuori?
Quando imparerò?
Vecchio amore,
lasciami solo,
Posso vedere il tuo
viso
Ma so che non è reale
E’ solo un’illusione
Causata da come mi
sento
E mi fa così rabbia
Sapere che il fuoco
continuerà sempre a bruciare
Non ne verrò mai fuori
E so che non imparerò
mai…”
Shatzy:
Sì alla fine il
finale è venuto… mamma mia, non ti dico come
stavo mentre la scrivevo! Qualcosa
di molto simile a “a special seat” (no, calma: a
quei livelli non ci arriverò
più, è sicuro!).
L’immagine della
giacca mi era piaciuta molto, e mi sono ispirata a
un’immagine del fumetto,
quando dopo la notizia del trasferimento di Hawkeye, Riza inizia a
raccontare
di Ishvar. Se ci fai caso allìinizio del racconto, si vede
Roy sdraiato sul
divano con una mano sulla faccia, e la giacca per terra (e le aspirine
sul
tavolino, ma non sapevo come infilarle, per cui sono rimaste
lì).
Mi ha toccato molto
come piccolo frame, così ho voluto riprodurlo, anzi a drila
tutta, l’idea del
capitolo è partita proprio da lì! ^^”
Per quanto riguarda il
rating… TECNOCAMENTE questo avrebbe dovuto essere un
Rosso… però visto che la
lemon era mooooolto sottintesa non me la sono sentita. Ho ancora
Request da
definire, ma credo che questo capitolo sia il massimo del rating (per
questa
raccolta. Mi sa che mi rifarò con quella si
Ishvar…), vedremo! ^////^
Scusa, è vero: avrei
dovuto mettere l traduzione, d’ora in poi
provvederò! Quella della scorsa
canzone è nella risposta a Elyxys. Ciau e Grazie per le
belle parole come
sempre! ^^
_mame_:
Io più che un
mattone a scrivere il theme scorso,avevo una betoniera
nell’intestino! Però è
vero, il Royai è il pairing della tristologia, se non fosse
così perderebbe
molto del suo fascino, secondo me…
E sì, penso che la
cosa triste del capitolo sia che nonostante quel momento di
felicità abbia
avuto luogo, non sarà loro permesso nemmeno più
di avere un contatto…
tristeeeeeezza…
A proposito di quel
tuo punto interrogativo, ti dico che E’ COME SEMBRA (^////^)!
Il fatto che
questa raccolta sia un rating arancione è per la mia
codardaggine, nel senso
che non so perché, ma le lemon in inglese mi piacciono
molto, quelle in
italiano mi sembrano troppo “tecniche”, per cui ne
leggo molto poche (se non
zero) e quando ne scrivo rimango moooolto sul vago e
sottinteso…
Il mio massimo l’ho
raggiunto nella raccolta su Ishvar, che comincia a diventare qualcosa
di
concreto, ma direi che per i 15R ho già dato (anche se
c’è ancora Request da
fare. Non si sa mai…^^”) . Uau, un master in
tristologia! E’ un grande onore…
^///////^ soprattutto se è la regina della tristologia a
consegnarlo! Grazie
davvero!
Sisya:
Non c’è niente da
fare, quando leggo i tuoi commenti finisce sempre che mi squaglio.
Grazie davvero,
ormai non so più come dirlo ^/////^! Per quanto riguarda
l’happy ending, direi
che questo capitolo potrebbe essere annoverato nella categoria, no? XD
Grazie
ancora, un bacio!