Videogiochi > Mass Effect
Segui la storia  |       
Autore: shadow_sea    27/04/2013    7 recensioni
Questa storia, ambientata durante lo svolgersi degli avvenimenti narrati in Mass Effect 2, è la prima della trilogia che ho dedicato alla coppia Shepard-Vakarian.
Pubblicata inizialmente un paio di anni fa, ho voluto rivederne alcune parti, fare delle correzioni che mi parevano necessarie, aggiungere o togliere alcuni brani e perfino scrivere nuovi capitoli. Gran parte di questo lavoro mi è stato ispirato da chi mi ha seguito allora ed ha espresso le proprie opinioni. Ed è a tutti coloro che hanno potuto e voluto dedicarmi un po' del loro tempo prezioso che io dedico a mia volta queste pagine, un po' vecchie e un po' nuove, nel nome dell'affetto profondo per Mass Effect che unisce tutti noi.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Garrus Vakarian, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Shepard e Vakarian'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
17. *ED E’ SUBITO SERA*

A Federica, a cui dedico un piccolo cammeo su Thane

Goodbye Blue Sky


- Comandante, ho una trasmissione dell’ammiraglio Hackett: desidera parlarti in privato.
Questa frase, pronunciata da Kelly, segnò la fine del viaggio della Normandy. Shepard lo capì immediatamente e assentì con un breve cenno del capo prima di avviarsi verso il terminale nel suo alloggio.
Rimase immobile davanti allo schermo per qualche secondo, poi lo attivò e ascoltò la voce che le riferiva in tono monocorde le richieste del Comitato di Difesa dell’Alleanza, sperando di riuscire a farsi scivolare addosso quelle parole che entrambi aspettavano, dopo l’avventura nel sistema Batarian. Ma una notizia la ferì talmente da lacerare la forzata indifferenza che si era imposta.

Annuì senza parlare, limitandosi a fissare i suoi stivali di pelle e contemplando il lungo graffio frastagliato che dalla punta correva fino al bordo superiore della calzatura destra. Si chiese se fosse stato causato dalle rocce sporgenti o dagli artigli delle creature che si erano rifugiate nella caverna dell’ultimo pianeta su cui erano sbarcati il giorno prima.
L’ammiraglio attese pazientemente che Shepard sollevasse lo sguardo e solo allora si decise a formulare la domanda di rito, anche se quegli occhi verdi privi di espressione mostravano già l'ovvia risposta.
Il silenzio si protrasse così a lungo che Hackett immaginò di poter ascoltare il lieve ronzio di sottofondo dei macchinari della Normandy, e quando il liquido incolore cominciò a colmare quegli occhi ancora persi nel vuoto, senza che arrivasse una risposta, spinse con un gesto rabbioso il pulsante alla destra dello schermo, troncando così il collegamento. Poi chiamò le autorità di dovere, informandole in tono freddo e impersonale che il comandante aveva accettato senza riserve di dirigersi sulla Terra nel più breve tempo possibile, per sottoporsi al processo che avrebbe decretato la sua innocenza o colpevolezza per lo sterminio di centinaia di migliaia di vite Batarian.

- La Normandy sarà requisita.
Era stata questa la notizia che l’aveva frastornata e che ora Shepard continuava a ripetersi fissando il vuoto, vedendo scorrere nitidamente davanti agli occhi le tante immagini dei cieli ammirati dalle grandi finestre del ponte, alle spalle di Joker. Anche ora quelle stelle splendevano terse e impassibili in un cielo nero infinito.
Si accorse delle lacrime che si raffreddavano sul viso e le asciugò con rabbia: non avrebbe voluto mettersi a piangere davanti ad Hackett.
“E non piangerò di fronte al mio equipaggio” si ordinò rialzando la testa e assumendo, senza accorgersene, quell’espressione risoluta che le induriva i lineamenti nei momenti salienti di una battaglia.
- Shepard, prenditi tutto il tempo che ti serve per sistemare le cose in sospeso, se ne hai. Nonostante il pieno appoggio mio e di Anderson, questo processo si presenta sotto una pessima luce e non sarà breve - era stato il consiglio di Hackett, ma lei non voleva perdere tempo e rendere tutta la situazione più dolorosa di quanto fosse strettamente necessario. Aveva sempre odiato gli addii e l’addio alla sua nave era una delle prove più amare che la vita potesse proporle.

Aspettò ancora qualche minuto, poi fece un respiro profondo e infine ordinò - IDA, apri il canale di comunicazione con tutto l’equipaggio.
- Abbiamo un cambio di programma - cominciò a scandire con voce nitida - la Normandy si dirigerà verso la base dell’Ombra e infine nel sistema Sol, dove terminerà il suo viaggio. Abbiamo concluso tutte le missioni che ci erano state assegnate e, appena sbarcheremo sulla Terra, la nave verrà posta sotto il comando del Comitato di Difesa dell’Alleanza.
Fece una pausa, ingoiò le lacrime e proseguì con voce ferma - Comunicate a Joker o a IDA dove desiderate sbarcare.
- Ringrazio tutti voi. Siete stati un equipaggio eccellente. Sono fiera del lavoro che abbiamo svolto insieme in questi lunghi mesi - concluse chiudendo la comunicazione prima che un singhiozzo di pianto si insinuasse prepotentemente fra le sue parole.

Immediatamente dopo, appena chiusa la comunicazione, andò in armeria, staccò la sua pistola dal supporto e la infilò nella cintura dell’uniforme. Raccolse tutte le munizioni che riuscì a trasportare e si diresse sul ponte inferiore. Una volta arrivata lì, entrò nella piccola struttura che fungeva da poligono di tiro.
Allineò le clip, come soldati di fanteria schierati ordinatamente prima di una grande battaglia, e cominciò a svuotare metodicamente il caricatore dell'arma contro la sagoma appesa al muro, prendendosi ogni volta tutto il tempo necessario per mirare con precisione ai punti vitali, in uno stato di concentrazione estrema, come se da quel tiro al bersaglio dipendesse tutto il suo futuro.

Fu lì che Garrus la trovò, dopo averla cercata inutilmente sugli altri ponti della Normandy. La fissò a lungo, affascinato dalla cura con cui prendeva la mira, sparava e ricaricava la pistola, e dalla regolarità esasperata con cui ripeteva quegli stessi movimenti, interrompendosi solo per cambiare caricatore e ricominciare da capo. Non sembrava una donna. Non sembrava neppure un essere vivente: era un mech programmato che eseguiva le istruzioni senza pensare, senza consapevolezza, senza anima.
Ammirò l’eleganza innata dei suoi movimenti, la precisione dei tiri e la sicurezza dei gesti, ma capì che tutta quella stabile ripetitività era il suo modo per soggiogare il dolore lancinante che stava provando. Shepard aveva una sola Normandy. Era il centro di gravità della sua esistenza. L’equipaggio che la accompagnava poteva di volta in volta cambiare, ma quella nave e il suo pilota no. Erano la sua vita, la sua sola casa.
Aspettò qualche minuto, ma il comandante non voltò mai la testa, continuando a mantenere lo stesso ritmo immutabile, così che Garrus decise di uscire silenziosamente come era arrivato, senza disturbarla. Imbattendosi in Kelly e Tali, entrambe scese alla ricerca della comandante, se le tirò appresso intimando loro il silenzio più assoluto.
- Ha bisogno di stare un po’ da sola, andiamo – sentenziò con sicurezza, impedendo loro di entrare nell’hangar, senza lasciarsi impietosire dall’espressione tesa e preoccupata che leggeva nei loro occhi.

Nessuno ebbe modo di incontrare il comandante fino a quando la nave si fermò a breve distanza dalla base dell’Ombra. Solo a quel punto Shepard uscì dall’isolamento in cui si era rinchiusa e passò a trovare Joker, Tali e Garrus chiedendo loro se avessero voglia di fare una visita a Liara.
I tre amici accettarono volentieri, anche nella speranza di riuscire ad ottenere qualche chiarimento sull’inattesa interruzione del viaggio della Normandy, che poteva essere giustificata solo da un ordine delle alte sfere delle autorità galattiche.
Liara li accolse con gioia, abbracciando con forza quei vecchi amici con cui aveva condiviso tante avventure e superato molte situazioni pericolose, spesso ai limiti della loro stessa sopravvivenza. Tenne stretta a lungo Shepard e, quando alla fine la lasciò andare, non riuscì a trattenersi dall’esclamare - E’ così ingiusto e idiota, per la Dea. Ti accusano di genocidio, ma sei solo la vittima da sacrificare per mantenere una pace precaria fra le razze. Non riesco proprio a capacitarmi…
Ma venne interrotta da un brusco - Basta, Liara, non voglio parlare di questo. Sono venuta qui per salutarti e per vedere come te la cavi in questi nuovi panni. E volevo anche assicurarmi che non fossi diventata un’eremita asociale e scorbutica.
Quando Shepard passò al terminale per copiare alcuni file che potevano risultare utili nel corso del prossimo processo, i suoi amici ne approfittarono per appartarsi e scambiarsi informazioni sugli ultimi avvenimenti, certi che di tutta quella storia Liara ne sapesse anche più del comandante stesso.
Il resoconto dettagliato della asari mise in evidenza la gravità della sua posizione: avrebbe subito a breve un processo con lo scopo inconfessato, e inconfessabile, di salvare la precaria pace della galassia. Le autorità si sentivano in dovere di condannare fermamente il suo operato nel sistema Batarian e il sequestro della Normandy e la messa in stato di arresto preventivo facevano capire quanto serie fossero le accuse e quanto pesante potesse essere l’eventuale condanna.

- Se solo ce lo chiedesse... L’intero equipaggio la seguirebbe ovunque: abbiamo già rubato la Normandy una volta… - suggerì Joker a bassa voce, guardando incerto Tali e Garrus, che scossero entrambi decisamente la testa in segno di diniego.
- Questa volta la situazione è diversa. Non ci chiederà di disubbidire all’ordine perché lei per prima non può, né vuole, disubbidire - rispose la quarian e dal tono addolorato gli altri indovinarono le sue lacrime al di là della visiera.
- Ora capisco perché non vuole parlarne: non c’è proprio nulla da dire - aggiunse il turian, interrompendosi immediatamente non appena si accorse che il comandante si stava avvicinando.
- Se voi quattro avete finito di spettegolare - li apostrofò Shepard guardandoli con un’aria a mezzi fra l’ironico e il seccato - sarebbe ora di tornare a bordo e proseguire il viaggio.

I successivi giorni passarono quieti e tutti uguali. Da quando Shepard aveva parlato con Hackett non ricevettero più alcuna richiesta di aiuto: la galassia sembrava non avere più alcun problema in nessun sistema.
Ma nonostante quella parvenza di quiete, l'aspetto del comandante della Normandy diventava sempre più teso e i suoi occhi sembrarono ingigantirsi, cerchiati di nero sullo smunto volto cereo. Nessuno riusciva a farla parlare di argomenti che non fossero strettamente collegati alla Normandy e nessuno ricordava di averla vista mangiare qualcosa di recente.
La sesta sera dall'incontro con Liara, Shepard entrò in sala mensa durante l’ora di cena e Joker le allungò un piatto colmo, invitandola a sedersi e a tener loro compagnia, ma lei sorrise, scosse la testa, prese una bottiglia di vino dalla dispensa e tornò sui suoi passi.
Garrus la seguì con lo sguardo fino a quando uscì dal suo raggio visivo, poi si alzò in piedi scaraventando il tovagliolo sul tavolo con un gesto rabbioso e si diresse verso l’infermeria a passi decisi, gridando un - Adesso basta!
- Cosa puoi darmi per Shepard? - chiese alla dottoressa appena entrato nell'infermeria.
- Temo non ci sia niente che lei accetterà di prendere. Sono giorni che ci provo inutilmente - fu la risposta sconsolata.
- E' comunque sconsigliabile assunzione di droghe in organismi sotto stress acuto - aggiunse Mordin, sollevando gli occhi dal microscopio.
- Terapia medica non adatta. Terapie alternative possibili - aggiunse guardando Garrus che lo fissò incerto, non del tutto sicuro di aver compreso il messaggio.
- Vai da lei - chiarì il salarian, tornando a rivolgere lo sguardo al microscopio.

Vai da lei. Facile a dirsi... So bene che troverà un modo gentile per rimandarmi nella batteria primaria: non sono mai stato bravo con le parole” ragionò Garrus e subito dopo gli tornò alla mente l’immagine di sua sorella che gli cingeva le spalle ridendo - E’ proprio questa tua goffaggine così inusuale per un turian a renderti tanto attraente. Le mie amiche sono estasiate dal tuo impaccio: lo trovano dolce e seducente - gli aveva ripetuto una volta di più, mollandolo nel bel mezzo di un gruppo di sue compagne di scuola radunate intorno al bancone di un bar su Palaven, mentre lui prendeva vergognosamente coscienza che nessun collo di turian poteva essere più blu del suo in quel momento.
E non se l’era cavata meglio con Shepard, la prima volta nella sua cabina, pensò con imbarazzo. Era stata lei a trarlo di impaccio e a prendere l’iniziativa vedendolo insicuro e agitato, come al solito.
Era innegabile: aveva successo con il gentil sesso, almeno con quello turian, proprio per questa insicurezza e per la goffaggine. Ma questa volta la situazione era diversa: il comandante aveva davvero bisogno di lui... e lui non aveva la più pallida idea di come diavolo potesse aiutarla.

Quando bussò alla cabina, Shepard era sotto la doccia. Andò ad aprire dopo essersi avvolta l’accappatoio addosso e gli chiese bruscamente - Cosa c’è?
Garrus aprì la bocca e rimase a fissarla, senza chiuderla.
- Beh? - chiese ancora lei, guardandolo perplessa.
- I tuoi capelli… Che cosa hai fatto ai capelli?
- Sono solo bagnati.
- Ah… bagnati, dici. Sono… beh, non so…sono strani, non credo mi piacciano molto. Posso entrare? - chiese e, non ricevendo risposta, fece un paio di passi in avanti.
Il comandante si girò e tornò verso il bagno e Garrus la seguì. La vide prendere un paio di strani aggeggi dall'armadietto del bagno e ne approfittò per nascondere la bottiglia di vino, in bella mostra sul lavandino, dietro l'uniforme usata e appallottolata che stava in terra.
Osservò i suoi gesti, incuriosito dall’uso di un attrezzo irto di punte che lei faceva scorrere fra i capelli e ancora di più da quello di uno strano apparecchio che sbuffava aria calda.
- Posso fare io? - chiese.
Il piccolo specchio gli restituì un'espressione sorpresa di Shepard, che si girò verso di lui consegnandogli entrambi gli oggetti - Spazzola e phon, così si chiamano.
- Uhm… - disse guardandoli un po’ incerto - ti puoi sedere?
La vide prendere un piccolo sgabello e sedercisi sopra, allungando la mano verso il lavandino, là dove si sarebbe dovuta trovare la bottiglia.
- Dov’è?
- Cosa? - chiese a sua volta cominciando a passarle la spazzola fra i capelli. Poi accese il phon e lo diresse verso una grossa ciocca che teneva sollevata. Si accorse che il tutto era abbastanza semplice, una volta capito il meccanismo, ma a un certo punto decise che la spazzola era solo una seccatura e la tirò dentro il lavandino.



Where We're Going


Continuò ad asciugarle i capelli usando le dita fino a quando si ritenne soddisfatto del risultato.
A quel punto la prese in braccio direttamente dallo sgabello, senza badare alle sue deboli proteste, si sedette sul bordo del letto e la tenne in grembo, passando le dita di entrambe le mani fra i capelli e accarezzando la pelle della nuca e del collo con la massima attenzione possibile.
Poi scostò le coperte, la appoggiò sul letto e le sfilò l’accappatoio umido, seguendola immediatamente sotto le coperte, prima che lei potesse protestare. La racchiuse fra le braccia facendo aderire il suo petto contro la schiena di lei e continuò a massaggiarle la nuca e le spalle, con la faccia immersa nei suoi capelli, emettendo quel debole brontolio che ricordava le fusa di un grosso gatto.
- Non ne ho proprio voglia, Garrus - gli sussurrò Shepard dopo qualche minuto, avvertendo chiaramente l’eccitazione del turian contro il fondo schiena.
- Nonostante l’apparenza innegabile, nulla è più lontano dai miei desideri in questo momento - le rispose sinceramente - Dormi, per favore - aggiunse, maledicendo la spontaneità del tutto fuori luogo del suo corpo.
Continuò a massaggiarle le spalle fino a quando fu sicuro che si fosse addormentata e a tenerla stretta fra le braccia.

Quando aprì gli occhi il mattino dopo, Shepard si rese conto di essere sola nella stanza. Si alzò dal letto rapidamente, indossò un'uniforme pulita e si diresse al suo terminale privato per scorrere la corrispondenza arrivata nottetempo. Lesse tutto rapidamente, continuando a consultare nervosamente il datapad che teneva nella mano destra.
Fu così che la trovò Garrus, qualche minuto dopo, quando fece ritorno nella cabina.
Appoggiò il vassoio che teneva in mano sul tavolo e attese in silenzio qualche secondo, aspettando di ottenere la sua attenzione. Alla fine, rendendosi conto che lei sarebbe potuta andare avanti così per ore, le chiese - Cosa c’è che non va?
- Non so come ottimizzare gli spostamenti - rispose Shepard senza neppure alzare lo sguardo - Ho trovato alcuni passaggi comodi e sicuri per alcuni membri dell’equipaggio, ma per altri non vedo soluzioni rapide: dovrò portare la Normandy in giro per mezza galassia prima di riuscire a far sbarcare tutti.
Le si avvicinò, la costrinse a girarsi e, inclinando la testa di lato, assunse un’espressione ironica - Davvero non vedi l’ora di farti arrestare?
Il comandante non rispose e si sedette stancamente sul letto, tornando a consultare il datapad che aveva fra le mani.
“Ti dà qualcosa a cui pensare… per non rimuginare sul processo, sull’Alleanza, sul Consiglio…” realizzò Garrus che capiva fin troppo bene la situazione.
Riprese in mano il vassoio e si sedette anche lui sul letto, appoggiandolo fra loro due.
Gli occhi verdi del comandante inquadrarono una tazza di caffè, un bricco di latte, un piatto con le uova strapazzate, due barattolini di marmellata, tre diverse confezioni di biscotti e tre bottigliette di succhi di frutta, oltre a qualche altra vivanda sconosciuta. Non riuscì a trattenere un sorriso divertito - Non c'era nient’altro in dispensa? Mi spiace deluderti, ma berrò solo una tazza di caffè.
- Oggi no - fu la risposta decisa del turian che prese una tazza con un liquido denso e oleoso, inzuppandoci dentro un bastoncino poroso, e cominciò a sgranocchiare lentamente la sua colazione.

Una volta che Shepard ebbe finito di mangiare o meglio, una volta che Garrus si ritenne soddisfatto da quanto aveva mangiato, fece per alzarsi e tornare al terminale, ma lui la prese per una mano e se la fece sedere in grembo, scostando il vassoio con gli avanzi.
- Per il piano di volo potrai farti aiutare da IDA o da Joker, ma non avere fretta, comandante. Non so quando i Razziatori arriveranno, ma quando accadrà… lo scontro con i Collettori sembrerà una semplice passeggiata al confronto.
- Avrai una pausa dai combattimenti quando sbarcherai, ma odierai ogni ora che trascorrerai sulla Terra. La tua vacanza è ora, Shepard, qui con me, in questa manciata di giorni che ci separano dalla fine del viaggio - aggiunse in tono fermo.
- Non so cosa ci riserverà il futuro e non possiamo fare progetti di lungo periodo. Ma lascia che ti tenga compagnia. Farò in modo che tu abbia dei bei ricordi a cui pensare quando non mi sarà permesso di salvarti il culo nei prossimi scontri che dovrai sostenere da sola.

Con il passare dei giorni l’equipaggio della Normandy si andò assottigliando. Samara era tornata a Thessia, Tali aveva trovato un passaggio per la flotta migrante, Legion era in viaggio per il Velo di Perseo a bordo di una nave mercantile che lo aveva accettato a bordo solo dietro un compenso a dir poco esoso, Mordin era già tornato fra la sua gente su Sur’Kesh, mentre Grunt era rientrato nel clan Urdnot su Tuchanka. Molti altri erano sbarcati sulla Cittadella. Dopo abbracci e strette di mano, scambi di promesse e di sguardi commossi, quasi tutti i membri dell’equipaggio aveva lasciato la nave spaziale.
Il comandante li aveva salutati singolarmente, facendo visita ai loro alloggi prima dello sbarco. In alcuni casi si era fermata a lungo, come per Tali e Jack, ma il commiato più lungo e commovente aveva avuto luogo nel supporto vitale. Era entrata lì con l'animo gonfio di pena, per la paura che quella potesse essere l'ultima occasione di incontrare Thane.
Nonostante le loro esistenze apparissero molto diverse, sentiva che esisteva una profonda affinità fra loro due, per la mole di dolore con cui entrambi convivevano e per il peso che portavano sulle spalle, sia pure per motivi diversi. Erano stati messi entrambi alla prova in più occasioni e avevano dovuto fare scelte difficili e penose.
Ammirava profondamente quel drell dallo sguardo triste che non si era lasciato corrompere dalle tenebre in cui la vita lo aveva gettato, mantenendo intatto il suo spirito nobile e puro e si augurava di riuscire a restare anche lei integra nei giorni futuri, nonostante le innumerevoli prove che avrebbe dovuto superare.
- Ne sono certo, siha - l'aveva rassicurata Thane al termine di quel loro incontro.
- Non mi hai ancora detto cosa significa questo termine.
- E' il nome di un angelo guerriero della dea Arashu, Shepard: fiero e puro nella sua furia di giustizia, come tu sei la protettrice fiera e pura di questa nostra povera galassia - le aveva confidato facendola commuovere.

Solo Joker aveva deciso di restare a bordo fino all'attracco sulla Terra, meta finale di quel lungo viaggio. All’invito del comandante a sbarcare sulla Cittadella, poco prima dell'ultimo scalo previsto su Palaven, aveva risposto seccamente che la sua unica casa era sempre stata la Normandy. Di fronte al suo sguardo incerto, aveva continuato con maggiore enfasi - Comandante, tu, meglio di chiunque altro, dovresti capire che non posso accettare l'idea che qualcuno poco pratico metta le mani su questo gioiello, trattandola come una nave spaziale qualsiasi.
- Resterò sulla Terra, in attesa degli eventi. Con IDA stiamo preparando una strategia che possa salvaguardare la Normandy da interventi indesiderati - aveva aggiunto - Fidati di noi e consegnacela con fiducia: sai che nessuno potrebbe trattarla meglio.
Shepard era rimasta in silenzio ad ascoltare questa insolita tirata del pilota, poi aveva annuito - Grazie a tutti e due. Non so quanto tempo durerà il processo, né riesco a prevederne l’esito, ma sapere che vi occuperete della nave mi fa sentire un po’ più tranquilla.

Quando Garrus entrò nella cabina del comandante mancava poco meno di mezzora a Palaven. La trovò immobile, in piedi davanti alla finestra, con un bicchiere di vino in una mano e un piccolo apparecchio misterioso nell’altra. Al suono dell'apertura della porta lei si voltò con aria apparentemente tranquilla, ma i suoi occhi erano gonfi e arrossati.
- Brutti pensieri? - le chiese gentilmente, limitandosi ad accarezzarle il viso con una mano anche se avrebbe voluto stringerla forte fra le braccia.
- Quando comincerà l’attacco dei Razziatori? E da dove partirà? Non conosco la risposta a queste domande, Garrus. E invece di lasciarmi pensare a come potremmo prepararci per questa guerra, ammesso ci sia un modo di prepararsi, mi metteranno in stato di arresto. Potrò supplicare, discutere o imprecare fino a perdere la voce, ma nessuno mi ascolterà, nessuno capirà... - rispose il comandante in tono inizialmente irato e poi sempre più fioco e rassegnato.
La prese fra le braccia, facendole appoggiare la testa contro il petto e passandole le dita fra i capelli, con quel gesto gentile che la rasserenava e la calmava, poi sussurrò - Le battaglie contro politici e burocrati non fanno per noi, ma i Razziatori arriveranno e a quel punto saranno proprio loro a elemosinare il tuo aiuto. E’ la solita vecchia storia, comandante - le sussurrò nell’orecchio.
Poi proseguì con un tono che sperava suonasse fermo e risoluto, anche se lui continuava a porsi ancora molte domande e in cuor suo non era certo di aver deciso esattamente cosa avrebbe fatto - Mi hai ordinato di andare su Palaven per spiegare alla mia gente la gravità dell’imminente pericolo. So che questo compito è quasi senza speranze, ma ci proverò… in tutti i modi possibili. Lo farò io, così come mi aspetto che lo faccia anche tu. Non abbiamo scelta, non possiamo fare altrimenti. Troppe persone a noi care sarebbero morte invano se adesso ci arrendessimo.
Si scostò leggermente per guardarla negli occhi e assicurarsi di non ferirla anche lui, con le ultime parole che stava per pronunciare - Per questo fra pochi minuti lascerò la Normandy… E te. Sempre che tu non abbia cambiato idea.
- No, va bene così. Non ho cambiato idea - lo rassicurò Shepard senza abbassare lo sguardo - Però, prima che tu vada, vorrei chiederti un favore. Suonerà disgustosamente melenso e poco comprensibile a un turian…
- Sentiamo. Non mi viene facile negarti qualcosa quando il tuo viso assume quel colorito in perfetta armonia con la tonalità dei tuoi capelli.
- Vorrei una tua foto... Va bene? - gli chiese imbarazzata, mostrandogli l’apparecchio che teneva in mano.
- Spero non faccia la fine di quella di Kaidan - rispose prontamente, con un’espressione fra il divertito e l’ironico.

E fu esattamente quella l’espressione che rimase impressa sulla pellicola. Lei la guardò annuendo soddisfatta - Sì, direi che è perfetta così.
Poi gli prese il viso fra le mani. Erano asciutte e calde, notò il turian, ma erano percorse da un tremito involontario di cui forse neppure lei era cosciente.
- Odio gli addii, Garrus. Non mi piace dover combattere contro stupide lacrime e battiti di un cuore che va per conto suo. Non mi piace sentirmi aggrovigliare lo stomaco. Non capisco a cosa serva sottoporsi a queste inutili torture. Niente abbraccio e niente ultimo bacio - gli spiegò, cominciando a voltarsi prima ancora di aver finito la frase.
Poi si sedette al tavolino dandogli le spalle e aggiunse - Vai a finirti di preparare, ormai manca poco.

Garrus uscì lentamente dalla cabina ma, invece di andare a prendere i suoi bagagli, si diresse verso il ponte e si accomodò al fianco di Joker, sedendosi alla sua destra. Restarono entrambi muti, ognuno perso dietro i propri pensieri. Alla fine fu il turian a interrompere il lungo silenzio.
- Come ha reagito quando ti sei rifiutato di sbarcare sulla Cittadella? - chiese incuriosito, mentre guardava la superficie del suo pianeta natale attraverso la vetrata.
- Non le ho lasciato molta scelta. Poteva solo rassegnarsi o arrestarmi per insubordinazione - rispose Joker, lanciandogli uno sguardo beffardo.
- E tu? Che intenzioni hai? Rispetterai gli ordini del comandante?
- In teoria non è un mio diretto superiore - osservò Garrus con un sorriso, continuando a fissare la superficie di Palaven.
Joker gli lanciò un’altra occhiata e, nello stesso momento, spense i motori della nave e la lasciò fluttuare liberamente in un’orbita stazionaria, mentre si stiracchiava pigramente, allungando le braccia sopra la testa.
- Esatto. Non si tratterebbe di vera e propria insubordinazione, né tanto meno di ammutinamento...
Attese un paio di minuti e poi aggiunse - E’ ora che tu decida cosa fare della tua vita, Garrus. Prendi una navetta da sbarco oppure no? Non vorrei aspettare di fare le ragnatele...
- Vado nella batteria primaria. Riparti. Non serve che tu avverta il comandante - rispose il turian alzandosi rapidamente dalla poltrona.
- Ok, Vakarian, risposta esatta! - commentò Joker con un sorriso soddisfatto.

Garrus dette un'altra occhiata al pianeta natale, mentre i motori della nave cominciavano a far vibrare il pavimento, e finalmente si sentì avvolgere dalla sicurezza confortante che la sua vera casa era ormai la Normandy.
Al riavvio dei motori Shepard chiuse un attimo gli occhi, quasi per impedire che nuove lacrime sgorgassero, poi capì che le era necessario fare qualcosa, qualsiasi cosa. Si alzò dal tavolino, prese fra le mani la cornice che racchiudeva ancora la foto di Kaidan, la tolse e al suo posto inserì quella di Garrus, poi infilò il tutto all’interno della borsa che aveva già cominciato a preparare.
Prima di tirare la zip guardò l’immagine del turian ancora una volta, soddisfatta di aver colto quell’espressione che lo rappresentava così bene. Infine chiuse la borsa, diede un po’ di cibo ai pesci e al criceto e chiamò Kelly con il comunicatore in cabina - Mordin mi ha regalato una scacchiera, prima di lasciare la Normandy. Se sai giocare, ti va di passare un po' di tempo qui con me?

Non era mai stata brava in quel gioco che non comprendeva. I pedoni, gli alfieri, i cavalli, le torri... Non aveva ancora capito l’arrocco, non aveva capito come si facesse e neppure il motivo di quella strana mossa, ma poco importava. Voleva solo passare un po’ di tempo senza pensare al processo e senza dover immaginare tutte le domande idiote a cui avrebbe rispondere.
E non voleva pensare a Garrus, o meglio al fatto che quella notte sarebbe stata sola, per la prima volta dopo tante notti. Lo aveva mandato su Palaven perché era la decisione più saggia, ma si rendeva conto che le sarebbe mancato molto più di quanto avrebbe immaginato.
“Sto cercando di ritardare il momento in cui andrò a dormire e mi ritroverò sola e impaurita da un processo che non posso affrontare come un comune nemico. Posso scontrarmi contro un Razziatore con più coraggio di quello che riuscirò a trovare di fronte al Comitato di Difesa” si continuò a ripetere ma infine, all’ennesimo sbadiglio che Kelly nascose goffamente dietro una mano, si arrese e la congedò ringraziandola per la piacevole serata.

Fece una lunga doccia bollente sperando che sarebbe servita a rilassarla. Rientrò in cabina lanciando un’occhiata al letto e poi all’orologio: era davvero tardi e non aveva senso restare ancora alzata. L’indomani mattina avrebbe avuto un aspetto terribile, con profonde occhiaie nerastre e l’aria abbattuta, come se fosse reduce da una lunga malattia debilitante.
Mentre stava togliendosi l’accappatoio sentì un lieve bussare alla porta. Non fece in tempo a invitare il visitatore ad entrare, mentre nel frattempo cercava di riavvolgersi la spugna intorno al corpo e ad assumere una posa dignitosa, che si ritrovò a fissare la figura di Garrus che era rapidamente entrato, chiudendosi la porta alle sue spalle.

- Uhhhhmmmm - fu il primo suono che il turian emise con tono rauco - temo di aver disubbidito a un tuo ordine diretto - continuò con tono incerto, senza osare farsi avanti - so che i bravi turian non fanno queste cose - aggiunse fissando il pavimento con aria assorta.
- Tu... dovresti essere su Palaven - disse Shepard, senza riuscire a credere che lui fosse effettivamente lì, disertando un ordine semplice e preciso.
- Beh, sai... Joker. Parlare con lui... mi ha confuso. Io... non so - farfugliò indistintamente. Poi si avviò verso Shepard, sempre a capo chino, in una posa che poteva esprimere rincrescimento e, forse, anche una muta richiesta di perdono. Lei lo guardò sorridendo con tenerezza fino a quando lui non le arrivò a pochi centimetri di distanza.
- Ma dai, Shep... ma che senso aveva quel tuo stupido ordine? - le disse Garrus a quel punto, alzando la testa con aria di sfida e cambiando completamente tono - Sappi che starò con te fino a quando potrò: dopo ci sarà tutto il tempo per eseguire i tuoi comandi.
Shep?... da dove salta fuori questo diminutivo alla Kasumi?... e poi... stupido ordine?” si chiese stupefatta.
- Disubbidisci a un ordine e lo definisci pure stupido? - gli domandò, senza riuscire ancora a credere alle parole che aveva appena ascoltato.
Cercando di camuffare sotto l’accappatoio i tremiti che cominciavano a scuoterle le spalle per una risata che non sarebbe riuscita a reprimere a lungo, continuò con tono distaccato e formale - Non è questo il modo migliore per scusarsi con un suo superiore, ufficiale Vakarian.
- Comandante, tecnicamente lei non è un mio superiore - replicò prontamente Garrus - E non confidavo certo sulla mia oratoria per ottenere il suo perdono, Signora... - aggiunse, mentre se la stringeva contro il petto, insinuando il viso fra i capelli e cominciando a mordicchiarle leggermente il lobo dell’orecchio.


Nota
Questo capitolo doveva segnare la fine di questa avventura, ma ho deciso di aggiungerne ancora uno: voglio chiudere questa storia parlando di Garrus e dare la possibilità, a chi ne avesse voglia, di lasciare un commento finale.
  
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Mass Effect / Vai alla pagina dell'autore: shadow_sea