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Autore: Owen    27/04/2013    23 recensioni
John ricorda il giorno più brutto della sua vita.
Quando ha perso la sua battaglia.
Quando ha perso la sua felicità, la sua voglia di vivere e di andare avanti.
Il suo tutto, Edward.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edward , John
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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* John P.O.V *

Non dimenticherò mai quel giorno.

Pioveva, era una fredda giornata di Ottobre.

Avevamo appena festeggiato il nostro quinto compleanno.

Sapevamo dei problemi che aveva la nostra famiglia, ma eravamo troppo piccoli per capire.

Era peggio di quanto pensassi.

Ricordo quando bussarono alla porta e io andai ad aprire.

C'erano dei polizziotti che mi spinsero via, facendomi finire a terra.

Quello che vidi dopo fù straziante.

La nostra mamma veniva portata via, due manette gli bloccavano i polsi, gli occhi rossi e le labbra tremanti.

Urlava.

Urlava i nostri nomi.

Nel frattempo mi avevi raggiunto.

Tremante e spaventato quanto me, mi hai preso la mano.

Eravamo bloccati dalla paura mentre con gli occhi spalancati e pieni di lacrime, guardavamo la scena.

E' stata spinta in un auto, mentre cercava di calmarci dicendo che andava tutto bene.

Non lo era affatto.

La stavano portando via.

Non potevamo chiamare nessuno: i nostri genitori erano separati e nostro padre viveva dall'altra parte della città.

Come avremmo fatto senza di lei?

Ricordo che mi alzai e, con la mano ancora stretta nella tua, ti trascinai fino alla nostra camera, dove ci siamo chiusi a chiave.

Siamo corsi nell'angolo dietro il letto e ci siamo seduti.

Uno nelle braccia dell'altro.

Eravamo terrorizzati da quelle persone.

Poi, quando pensavamo di essere al sicuro, qualcuno picchiò i pugni sulla porta.

Mi venne spontaneo stringerti di più.

Sentivo il tuo cuore battere veloce, il tuo respiro irregolare.

Ad ogni colpo, il mio cuore si bloccava per lo spavento.

La porta venne aperta con forza.

Due polizziotti corsero verso di noi e ci presero in braccio.

Incominciai a urlare non appena mi staccarono dalla tua presa.

Anche tu facesti lo stesso.

Ci trascinarono in giardino, dove due macchine ci aspettavano.

Due macchine uguali a quelle che hanno portato via mamma.

Cosa volevano fare?

Il polizziotto che mi teneva, aprì la portiera di una delle due.

Nel momento in cui si abbassò per adagiarmi sul sedile posteriore, riuscì a scappare dalla sua presa.

Saltai giù e subito ti cercai con lo sguardo.

Avevi fatto la stessa cosa.

Ti corsi in contro e, sotto lo sguardo di quelle persone sconosciute, ti abbracciai.

Strinsi le braccia intorno al tuo busto e incrociai le mani dietro la tua schiena.

Nessuno ci avrebbe divisi.

Sentivo le tue lacrime bagnare il mio collo.

"Non mi lasciare." furono le uniche parole che riuscì a sentire prima di essere separato nuovamente da te.

Allungai la mano e riuscì a sfiorarti per l'ultima volta.

Poi, mi buttarono in macchina, minacciandomi di non muovermi.

Sentii le tue urla, chiamavi il mio nome e io non potevo venire da te.

Poi un rumore mi fece rabbrividire.

Il rumore di una grande mano contro il tuo piccolo e pallido viso.

Ti aveva picchiato.

Incominciai a tirare calci e pugni contro la portiera della macchina, che era bloccata.

Urlai il tuo nome, invano.

Sentì il motore della macchina accendersi.

Mi affacciai al finestrino, con il naso contro il vetro.

Mi stavi guardando, sguardo perso e innocente.

Tenni lo sguardo su di te finchè mi fù possibile.

Poi, crollai.

Ti avevo promesso che nessuno ci avrebbe mai diviso.

Ti avevo promesso che nessuno si sarebbe messo tra noi.

Ma avevamo torto.

Mi avevano portato via da te.

La cosa peggiore che mi potesse mai capitare.


   
 
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