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Autore: Fiamma Erin Gaunt    29/04/2013    1 recensioni
La spada di Cortès è stata localizzata dalla marina britannica, la Fratellanzaè stata nuovamente riunita a Consiglio. Nuovi personaggi, tra cui i figli di Barbossa, e una vera e propria caccia al tesoro, perchè trovare quella spada è il sogno di ogni uomo che solchi l'oceano.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nda: Le metto all’inizio così avete un quadro generale prima di cominciare a leggere. Inizio dicendo che ogni spoiler sul nuovo film in programma è puramente casuale. Ho sempre amato il personaggio di Barbossa, perciò mi sono detta, perché non affiancargli una famiglia? Le età di Fiamma e Rico, nel prologo, sono rispettivamente 1 e 3 anni nella prima parte, 13 e 15 nella seconda. Nathan, come già spiegato, è il nipote della balia che li accudisce, visto che dei bambini di quell’età non possono certo andare subito per mare, ha 5 anni e considera i due ragazzi come suoi fratelli. Barbossa, nella prima parte del prologo ha 34 anni, nella seconda 49 . I fatti si collocano, rispettivamente, prima della storia raccontata nella “Maledizione della Prima Luna” e subito prima dell’ultimo film (Oltre i Confini del Mare). Nel prossimo capitolo ci sarà un salto temporale di quattro anni, ma le ulteriori informazioni e spiegazioni le troverete all’inizio del capitolo. Concludo dicendo che la spada di Cortès non è un prodotto della mia fantasia, bensì è un’arma che a suo tempo lo stesso Jack Sparrow aveva trovato, ma poi andò perduta (è un episodio tratto da uno dei libri scritti come prequel al film). Infine, ci tengo a precisare che i personaggi di:
- John Rackham o Calico Jack (inventore del Jolly Roger);
- Anne Bonny;
- Arabella Drummond;
Sono realmente esistiti e sono stati a tutti gli effetti dei pirati.
Bene, non mi resta altro da fare se non augurarvi una buona lettura, nella speranza che la mia fic vi piaccia.
 
 
*****











 

Prologo












 

Si era radunato un gran numero di persone quella mattina, malgrado l’ora a dir poco antelucana, attirate dall’impiccagione in programma. Del resto non era roba da tutti i giorni assistere alla morte di pirati leggendari come Calico Jack e la sua ciurma. Allineati davanti al palchetto, su cui il boia stava finendo di annodare i cappi, erano sistemati, in religioso silenzio, dodici uomini e tre donne. Questi erano i superstiti della battaglia tra la Marina britannica e le ciurme capitanate da Rackham e Arabella Drummond.
- Questi individui sono colpevoli di pirateria. La pena per ciò, come tutti voi sapete, è la morte. Gli imputati si avvicinino. John Rackham, siete colpevole di: pirateria, assalto a mercantili britannici, brigantaggio ed omicidio. Per queste nefandezze, siete condannato a morte per mezzo dell’impiccagione. –
L’uomo si fece avanti, le gambe che sembravano sul punto di cedere mentre si incamminava, scortato da due ufficiali, al patibolo. Il cappio gli venne sistemato al collo, in attesa che i suoi compagni lo raggiungessero. L’elenco proseguì fino a giungere al nome della prima donna.
- Anne Bonny, per i medesimi crimini, siete condannata alla morte per impiccagione. –
 - È incinta! Anne Bonny, è incinta! –
La voce che si era levata, suscitando lo stupore generale, era di una delle altre due donne in attesa di essere giustiziate.
A parlare era stata Arabella Drummond, conosciuta come “la bella sanguinaria”, che era diventata leggendaria per il suo titolo di primo Capitano donna nella storia. La folla accorsa esaminò il volto della donna, poco più che ventenne, che lasciava basiti per la bellezza e per l’eterocromia dei suoi occhi, uno dello stesso colore del ghiaccio e uno blu come le profondità marine, cercando di capire se quanto aveva detto corrispondesse o meno al vero.
- Se non mi credete, esaminatela. – li esortò, la voce dal tono roco che non tradiva la minima emozione se non un desiderio smanioso di risparmiare la vita alla sua migliore amica e alla creatura che portava in grembo.
Uno degli ufficiali si avvicinò ad Anne, aprendole il corsetto a rivelare un accenno di pancia al di sotto della camicia bianca.
- L’imputata ha detto la verità, questa donna è incinta. –
Il boia guardò il messo della corona con aria interrogativa, evidentemente indeciso sul da farsi.
- Riportatela in cella, la pena di morte viene commutata nel carcere a vita. –
La decisione venne accolta dalle grida d’approvazione del popolo, che malgrado tutto non se la sentiva di condannare a morte una creatura non ancora nata, che non aveva quindi alcuna colpa sulla condotta riprovevole dei suoi genitori. L’elenco venne ripreso, chiamando sul patibolo proprio Arabella, che si fece largo tra gli ufficiali, sottraendosi bruscamente alla presa di quello che le teneva il braccio.
- Giù le mani, so camminare da sola. – sibilò, salendo i gradini a testa alta e fissando la folla con aria sfrontata, mentre il boia le scopriva il collo per sistemare meglio la corda.
Un rullo di tamburi annunciò l’avvicinarsi del momento finale. Poco prima che il boia abbassasse la leva, e il vuoto comparisse sotto i piedi dei pirati, Arabella volse lo sguardo in lontananza, gridando: - Hector! –
Un grido che lasciò stupiti i più, inconsapevoli di quale potesse essere il significato di quel nome urlato al vento, ma al diretto interessato il messaggio era arrivato chiaro e forte.
Sul campanile della chiesa vicina, nascosto agli occhi degli ufficiali ma con una perfetta visuale della piazza e del patibolo, un uomo sulla trentina osservava la scena con un’espressione d’indicibile dolore dipinta sul volto. Al suo fianco, con il volto rivolto a terra, stavano Sputafuoco Bill e Joshamee Gibbs, ognuno con un bambino tra le braccia.
Hector sapeva perfettamente cosa significava quell’urlo. Era il suo ultimo addio, unito al desiderio di proteggere i loro figli, di prendersi cura di loro come lei non poteva ormai più fare. Guardando i suoi figli, che sonnecchiavano placidamente, Hector Barbossa si ripromise di fare per loro tutto ciò che era in suo potere.






 
*******
 
Dodici anni dopo…







 
 
Due adolescenti filavano tra la folla accorsa in piazza per il mercato settimanale, correndo a per di fiato e schivando le donne intente a fare compere e gli uomini in attesa dell’apertura della taverna. Alle loro spalle veniva un uomo sulla quarantina, che agitava minacciosamente una scure e gridava improperi.
- Fermatevi, disgraziati. Sporchi ladruncoli, tornate qui! –
Il ragazzo, che non doveva avere più di quindici anni, s’infilò in una vietta laterale, tirando con sé la sorella. Rimasero fermi e in silenzio, finchè il mercante non fu passato oltre.
- Ce l’abbiamo fatta. – commentò la ragazza, gli occhi, di un azzurro talmente chiaro da sembrare fatti di ghiaccio, scintillavano per l’adrenalina ancora in circolo.
- Ne avevi dubbi? Il vecchio Londsay è grasso e lento, non avrebbe mai potuto raggiungerci. – replicò il fratello, passandosi una mano tra i lisci capelli corvini, che gli ricadevano sugli occhi donandogli un fascino malandrino.
La ragazza annuì, giocherellando pigramente con un boccolo scuro.
- Sarà il caso di tornare a casa, Ms. Ross sarà infuriata. – commentò, riferendosi all’anziana balia che li aveva accuditi da quando avevano memoria e aveva provveduto a raccontare loro ogni cosa sui loro veri genitori.
Rico si lasciò sfuggire un gemito di frustrazione. Odiava con tutto il cuore dover vivere in quella casa, in quella stupida cittadina dove non succedeva mai nulla d’interessante, e non poter fare semplicemente ciò che voleva. Lui amava il mare, voleva diventare un pirata, proprio come sua madre e suo padre, e chissà, magari un giorno avrebbe avuto una sua nave con tanto di ciurma.
Fiamma lo osservò con aria attenta, conosceva bene quell’espressione.
- Stai di nuovo pensando al futuro, vero? –
Il ragazzo annuì, scrollando le spalle con disinvoltura.
- Andiamo, si sta facendo tardi. –
Recuperò la borsa con la carne che avevano rubato al bancone di Londsay e s’incamminarono lungo la stradina che portava alla scogliera.
Trovarono ad attenderli, in piedi sull’uscio della porta e con un’espressione severa sul volto rugoso, Ms. Ross.
- Si può sapere dove vi eravate cacciati? Siete spariti senza dire nulla, poteva esservi successo qualsiasi cosa! –
Dall’interno della casa provenne una voce maschile. Era Nathan, il nipote della signora Ross, che si considerava un po’ come il loro fratellino adottivo.
- Siete tornati! – esclamò, correndo verso di loro e inciampando nella fretta di raggiungerli.
- Che imbranato. – bofonchiò sprezzante Rico, mentre osservava corrucciato sua sorella che andava incontro al ragazzino e lo aiutava a rimettersi in piedi.
- Cosa c’è in quella busta? – indagò la donna, mentre l’espressione guardinga sostituiva quella irritata.
- Il pranzo. – replicò, oltrepassandola e lasciando la carne sul tavolo.
- L’hai rubata? –
- No, è piovuta dal cielo insieme al denaro per sfamarci per il resto dei nostri giorni. – replicò sarcasticamente.
- Non puoi semplicemente continuare ad andare in giro a prendere ciò di cui hai bisogno così, come se nulla fosse. –
- E chi lo dice? –
- Lo dice la morale. Rubare è sbagliato. –
- Avvisami quando con la morale si cominceranno a placare i morsi della fame. E poi, tra le altre cose, anche morire di fame è sbagliato. – replicò gelidamente, salendo le scale e chiudendosi dietro la porta della sua stanza.
Ms. Ross alzò gli occhi al cielo, esasperata dal comportamento del più grande dei suoi ragazzi, ma decise di accettare la carne procuratagli e cominciò ad affaccendarsi in cucina.
- Vieni fuori a giocare con me, Fiamma? –
- Non ora, Nate, voglio andare a vedere come sta Rico. –
- Vengo anche io! – esclamò, sorridendo raggiante, apparentemente ignaro della malcelata mal sopportazione che il ragazzo aveva nei suoi confronti.
Insieme raggiunsero il maggiore, bussando lievemente all’uscio in legno di quercia.
- Fantastico, ci mancava solo il moccioso. – esclamò, non appena ebbe dato loro il permesso di entrare.
Era sdraiato a pancia in su, lo sguardo perso fuori dalla finestra, che regalava una splendida vista dell’oceano.
Quanto gli sarebbe piaciuto solcare il mare a bordo di un veliero pirata. Sgranò leggermente gli occhi, alzandosi in piedi di scatto e avvicinandosi al davanzale.
- Hai visto? – esclamò, attirando l’attenzione della sorella.
- Cosa? –
- Lì, a destra, quello è un albero maestro! –
Fiamma socchiuse gli occhi, sforzandosi di localizzarlo, finchè non annuì con entusiasmo. Sì, quello era proprio un albero maestro e lì, che svettava nella lieve brezza marina, c’era una bandiera… e aveva l’insegna di una nave pirata!
- Guarda, batte bandiera pirata. Quello è il jolly roger! –
Gli occhi dei due fratelli s’illuminarono, consapevoli che solo una nave batteva quella bandiera: la Perla Nera.
- Credi che sia lui, che sia davvero tornato a prenderci? – sussurrò la ragazza, la voce tremante a causa dell’emozione.
- Potrebbe essere. –
Rico ci andava molto più con i piedi pesanti. Per anni si era illuso di veder spuntare all’orizzonte la nave di suo padre, di ritorno da qualche scorribanda e desideroso di riunirsi ai suoi eredi, ma ogni volta le sue speranze erano state disattese. Tuttavia, ora che finalmente riusciva ad intravedere il profilo del resto della nave, non aveva più dubbi. Aveva visto la Perla solo due volte, quando aveva cinque e dieci anni, ma l’avrebbe riconosciuta ovunque.
 - È lui. È davvero lui. – mormorò tra sé, recuperando in fretta e furia lo spadino e sfrecciando al piano di sotto. Se continuava a correre senza fermarsi, sarebbe riuscito ad arrivare al porto in tempo per vederli attraccare.
- Rico, aspettami. Aspettami, ti ho detto! – protestò Fiamma, cercando di stare al passo del maggiore.
Ms. Ross, intenta a preparare lo stufato, si sporse per capire il motivo di tanto trambusto, ma fece solo in tempo a vedere i due ragazzi che imboccavano la porta e correvano lungo la discesa che portava in città.
- Nathan, ma dove stanno andando? –
- È arrivato papà Barbossa! – esclamò il piccolo, raggiante.
Lui non aveva mai visto l’uomo in questione, ma, se rendeva tanto felici i suoi fratelli, non poteva essere che una persona buona.
- Non è tuo padre, Nathan, te l’ho già spiegato. Tu e gli altri non siete fratelli. – gli ricordò gentilmente, prima di sgranare gli occhi, realizzando ciò che il suo nipotino le aveva appena detto.
Barbossa aveva fatto ritorno. Di nuovo. Tornò in cucina, scuotendo la testa con aria incredula. Quel pirata non si rendeva conto che non bastava una visita ogni cinque anni per essere chiamato padre. Un terribile presentimento si fece largo nella sua mente. E se questa volta fosse tornato per portarli con sé?
Con i nervi a fior di pelle, prese a tagliuzzare freneticamente le carote e le patate, aggiungendole alla pentola che bolliva sul fuoco.







 
 
*********







 
- Ecco, lo sapevo, sono già approdati. – borbottò Rico, lanciando un’occhiataccia alla sorella.
- Ehy, non è colpa mia se hai le gambe più lunghe delle mie. Ho corso più veloce che ho potuto. –
Come a voler testimoniare la veridicità delle sue parole, si piegò tenendosi il fianco e sforzandosi di recuperare il fiato.
Il fratello scrollò le spalle, come a dire che la cosa non aveva importanza, e tornò a rivolgere la sua attenzione alla nave. Una sagoma nera si stagliava davanti a loro.
Le piume di struzzo del cappello, di un insolito blu, scintillavano sotto i raggi del Sole, il cappotto nero, con tanto di bottoni d’argento, era al suo posto, insieme al volto solcato da cicatrici e rughe dell’uomo. Era invecchiato molto, Hector, in quei cinque anni.
- Papà! – strillò Fiamma, percorrendo di corsa il breve tratto di pontile che li separava e gettandosi tra le braccia del pirata, che vacillò lievemente sotto il peso seppur lieve della figlia.
Ricambiò la stretta, accarezzandole i capelli e il volto dai tratti leggermente affilati. Posò poi lo sguardo sul giovane uomo che li osservava, meravigliandosi una volta di più di quanto apparisse duro il suo sguardo. Erano gli occhi di chi aveva sofferto, sia fisicamente che emotivamente, e che da tutto quello che aveva passato ne era uscito temprato. Un lampo d’orgoglio s’impadronì di lui, mentre guardava quel ragazzo e vedeva l’uomo che sarebbe diventato di lì a pochi anni.
- Rico. –
- Padre. –
Ci fu un attimo d’imbarazzo tra i due, che in un primo momento optarono per una sobria stretta di mano. Poi, vinta l’indecisione, si strinsero in un breve abbraccio virile.
- Ti trovo bene. Guardati, sei praticamente un uomo. –
Rico sorrise, abbassando leggermente lo sguardo, in quello che il pirata capì essere il suo modo di mostrare imbarazzo.
- Sei venuto per portarci con te? –
La domanda di Fiamma lo colse di sorpresa. Un’uscita del genere se la sarebbe aspettata dal maggiore dei suoi figli, che aveva manifestato più volte il desiderio di prendere il mare, non certo da lei.
- Sì, sono venuto a prendervi. – confermò, mentre un ghigno divertito gli si dipingeva sul volto, alla vista delle loro espressioni raggianti.
Insieme tornarono alla casa di Ms. Ross, confermando i tristi presagi della donna, e recuperarono le cose dei ragazzi.
- Tornerete a trovarci? – chiese Nathan, la voce rotta dalle lacrime che sgorgavano lungo le guance paffutelle.
- Appena possibile. – assicurò Fiamma, depositandogli un bacio sulla fronte e abbracciando la balia. Rico si limitò ad un cenno del capo, arrivando addirittura a rivolgere un lieve accenno di sorriso al “moccioso”, come lo chiamava lui.
Poi, veloce ed inaspettato come era arrivato, l’equipaggio tornò sulla nave, prendendo nuovamente il largo.
- Ci siamo. –
- Sì, ci siamo. La nuova generazione dei pirati dei Caraibi ricomincia da noi. – confermò Rico, lo sguardo perso all’orizzonte e il vento che gli scompigliava i capelli.
 
 
 

  
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