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Autore: Aishwarya_F    30/04/2013    6 recensioni
è tempo di ricostruire, dal fondo di una fossa fin su in cima. non tirarti indietro.
è tempo di iniziare, vero?
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Altri, Liam Payne, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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AVVISO: ciao a tutti! prima di iniziare con la ff sottolineo solo alcune cose: in alcuni casi i capitoli sono molto lunghi, così li dividerò in parti e lo specificherò accanto al titolo. ( cap.1 - 1/2 - 1/3 ...). ho inserito la storia all'interno della sezione sui One Direction ma essa ruota anche attorno altri personaggi, completamente inventati. commentate e fatemi sapere cosa ne pensate. spero vi piaccia! ciao!!
Twitter: @Francesca__B  o anche @kekxina 
   

                            
CAP.1                                                                         Ultimo giorno.                                                         



 

Il ragazzo del latte entrò nel furgone e sparì nella nebbia mattutina, accompagnato dagli schiamazzi di Lassy. Come un gallo annuncia l’alba così il cane della signora Smith, scoccate le cinque, ora della sua passeggiata, svegliava l’intero quartiere.  Non riuscendo a prendere sonno, dal davanzale della finestra nella mia camera, ammiravo la scena. La Smith che nella sua vestaglia rosa, apre il cancello per permettere al cane di scorazzare nel giardino, e il signor Hill che puntuale, dalla finestra di fronte, le urla di tener a bada l’animale. Quando eravamo piccoli, con i ragazzi mi divertivo a ipotizzare una presunta storia tra i due, entrambi vedovi. Così passavamo ore a immaginarci cosa avrebbero fatto, dove sarebbero andati al loro primo appuntamento e se  il cane avesse acconsentito a questa unione. Avrebbe potuto portare le fedi al matrimonio.
Mi infilai le pantofole e scesi al pian terreno. La casa era avvolta dal silenzio. Un silenzio piacevole. L’aria calda dell’estate si faceva sentire già appena mattina. Presi le bottiglie di latte fuori la porta e andai in cucina a prepararmi una sostanziosa colazione. Tutti amano la fine della scuola. Intere giornate a disposizione senza test, lezioni e compiti a casa. Niente più falsi sorrisi e giorni d’inferno. Avrei potuto finalmente buttare la maschera ed essere me stessa, fregandomi degli insulti, le prese in giro e gli scherzi. Non che ci dessi molta importanza, ma col tempo anche semplicemente ignorarli iniziava a diventare pesante. Soprattutto se poi a combattere sei completamente sola. Avrei dato qualsiasi cosa pur di riavvolgere il nastro e viverlo quel film. Ora mi ritrovo invece con un oscar come protagonista in una falsa progettata e magnificamente recitata,invece che nella mia vita.
  la voce di mia madre impedì alla mia mente di divagare troppo.
< non riuscivo a riprendere sonno e ho deciso di scendere.  >
Si riempì la ciotola di cereali e venne a sedersi accanto a me.
< un altro incubo? >
< no,le urla di Lassy. > mentii, < per essere piccolo, quel cane si fa sentire. >
< si! La dolcissima Lassy. > disse ironicamente.
Nei suoi 50 anni magnificamente portati, mia madre anche appena mattina, sapeva come tirar su di morale. Era l’anima della famiglia e , non si sa come, il suo sorriso rendeva anche le situazioni sgradevoli, un po’ più sopportabili. E io le ero immensamente grata per questo.
< Francy ricordati di oggi pomeriggio. È l’ultimo appuntamento non saltarlo. >
Questo giorno si prospettava più bello di quanto immaginassi. Come io avevo capito di essere guarita, o almeno me lo imponevo, così anche la dottoressa Lea se ne era resa conto. A quanto pare non ero male come attrice.
< Si tranquilla, ci andrò. >
Misi la tazza sporca nel lavello e salii in camera a prepararmi.
 
- ultimo giorno di scuola finalmente. Cerca di non fare danni. –
- ma chi io? Me ne starò tranquilla in un angolino aspettando il suono di quella dannatissima campanella. –
-come sempre quindi. –
-sei venuto per farmi compagnia o rimproverarmi, Michael? –
 
< Hai detto qualcosa Francy? > mio padre aprì leggermente la porta, affacciandosi.
< no! Stavo cantando. > dissi cercando di essere il più naturale possibile. Odiavo mentire ai miei, ma la situazione era già stata abbastanza pesante e un po’ di tranquillità gliela dovevo. Vedere la loro unica figlia impazzire era stato un duro colpo che difficilmente avevano digerito e se aiutarli significava dire innocenti bugia, l’avrei fatto senza rimpianti.
< senti ancora le voci? > chiese preoccupato. Era una la voce.
< No Papà. > ammisi sorridendo, sperando che non facesse altre domande. < stavo solo canticchiando. Mi sistemo i capelli e scendo. > tagliai corto. Ricambiò il sorriso, chiuse la porta e lo sentii scendere le scale.
 
- la voce? Non mi piace essere chiamato così. Anche quella psicologa lo ripete sempre. È deprimente.-
-Michael? –
- ecco vedi. È un così bel nome. Il fatto che sia morto non vuol dire che non ho più un’identità. –
- ma stai zitto. – lo interruppi bruscamente. Notando il mio improvviso turbamento, comparì seduto sul letto di fronte a me, con un espressione visibilmente dispiaciuta.
- scusa. –
-tranquillo. – dissi sorridendo. – tutto ciò che voglio è solo finire questa giornata e dire, anche se solo per un  mese, addio a quella scuola. –
- e io ti aiuterò nell’impresa, invincibile kekkina.- disse scoppiando n una fragorosa risata.
 
Infilai gli ultimi libri nello zaino e scesi in salone. Mia madre ipnotizzata, fissava la televisione accesa. mi avvicinai incuriosita e vidi la notizia che tanto l’attirava. Il telegiornale locale trasmetteva spezzoni dei BBC Teen Awards. Il servizio era in particolare sui ‘one direction’ , sul loro incredibile successo internazionale raggiunto in pochissimo tempo. Sullo sfondo si alternavano immagini della loro performance e vittoria. il giornalista spese due parole per ogni singolo individuo soffermandosi principalmente sul membro che, di rimando, aveva dato notorietà alla nostra città, Liam.
Guardai Michael che, dall’altro lato della stanza ,sorrideva allo schermo e agitava le mani.
Mi madre, accorgendosi della mia presenza, si voltò e iniziò a scrutarmi. In tutta risposta presi lo zaino e mi avviai  alla porta.
< vi riparlerete. > la sentii, ormai sul vialetto.
 
A scuola le ore sembravano non passare mai. Gli studenti dell’ultimo anno, presi dai preparativi per il ballo finale, mancavano alle lezioni già da alcuni giorni e ormai nei corridoi a fare da padroni, si erano stabiliti quelli del penultimo. Avrei potuto far parte anche io di quest’ultimi se gli avvenimenti negli ultimi tempi, le mie idee anti gerarchiche e la mia reputazione non avessero sconvolto l’ordine delle cose. Di conseguenza mi accontentai del tavolo nell’angolo a mensa, e dell’albero ,nel giardino, più lontano possibile dall’entrata. Il mio unico desiderio era quello di finire senza troppo movimento l’ultimo giorno di scuola e tornarmene a casa senza altri episodi da aggiungere al mio muro delle stramberie. Ma se inizi l’anno secondo certe abitudini è consuetudine terminarlo nello stesso modo. O almeno è quello che pensavano il gruppo di ragazzi che circondarono la mia macchina alla fine delle lezioni.
< allora Francy, senti ancora le voci? >
< ciao Abby, sbaglio o oggi sei più bionda del solito? > Abby era la figlia di papà di turno. Bocciata tre volte, perché i genitori finanziavano metà delle attività scolastiche, si credeva , e la lasciavano fare, la padrona della scuola. Con la sua quarta di seno, visibilmente rifatto, scorazzava per i corridoi con al seguito dame e cavalieri della squadra di football. Semplicemente la tipica ragazza viziata delle commedie  americane, con la differenza che lei, alla fine del film, vince sempre.
Infastidita dalla mia risposta, si voltò verso i suoi scagnozzi che, come cani da guardia, annuirono voltandosi verso di me e iniziando ad avanzare, con un sorriso beffardo in volto.Mick e Jack giocatori di football e Nick e Robin della squadra di nuoto che in 5 anni di scuola, potevano vantare solo due vittorie, una della quale ottenuta per squalifica. Due completi idioti che inspiegabilmente, tutta la scuola idolatrava.
Michael comparì alle spalle di Jack e cercò in tutti i modi di fermarlo, invano.
< lasciatela stare. >
Mi voltai e vidi Logan, più serio del solito, incitarli ad andarsene. Nuovo arrivato non è un’  ‘innocente fanciulla’ quella che stai difendendo. Nel suo metro e 80 mi si accostò corrugando la fronte, rendendo l’espressione ancora più seria. I ragazzi scoppiarono in una rumorosa risata e indietreggiarono.
< ti sei fatto un nuovo amichetto Francesca? > iniziò Robin. < hai rimpiazzato Michael e Liam? >
< stai zitto. > intimai. Se prima li avevo ignorati, di certo non gli avrei permesso di mettere in mezzo loro due.
< andiamo. > ordinò Abby. < è una povera fallita, non ne vale la pena. >  terminata la frase, come una mandria, lasciarono il parcheggio. Li seguii con lo sguardo fino a perdersi tra la folla di studenti che lasciavano l’edificio.
< tutto bene? >
Ancora arrabbiata, mi voltai verso Logan il quale si meravigliò della mia espressione.
< si. Tutto bene. > dissi, < grazie per quello che hai fatto, ma la prossima volta non ti immischiare. >
Non si aspettava questa reazione da parte mia e rimase, per un attimo, senza parole.
< scusami, volevo solo aiutarti. > bisbigliò.
< lo so. E ti ringrazio per questo. > dissi salendo in auto e accendendo il motore, < ma non sai contro chi ti metti proteggendomi. Ciao. > conclusi e me ne andai senza dargli il tempo di replicare. Non conoscevo bene
Logan,era arrivato in città da poco e, a quanto pare, o non avevo ancora capito come era organizzata la scuola, o ancora non era a conoscenza di ciò che si diceva su di me. 

Lungo tutto il viaggio di ritorno a casa però, non riuscii a non pensare a quegli occhi blu che mi avevano aiutata nel parcheggio, e al modo con cui li avevo cacciati. Era stato gentilissimo e io forse, troppo brusca. Col tempo avevo imparato a risolvere da sola determinate situazioni senza aver bisogno di aiuto altrui. Avevo rinforzato le ossa giorno dopo giorno, creando un metodo tutto mio e allontanando chiunque avesse voluto cambiarlo o interferire. Ma questo naturalmente non era una giustificazione al modo scorretto in cui mi ero comportata, così decisi che più tardi sarei andata a scusarmi.
 
Per il nostro ultimo incontro, la psicologa, aveva deciso di abbandonare il suo modernissimo ufficio, per mescolarsi con la plebe in un normalissimo centro commerciale. Sinceramente, non avevo la minima idea del  perché avesse preso questa decisione. Forse voleva esaminare il mio comportamento di tutti i giorni : se era così, aveva completamente sbagliato luogo. Oppure, dopo quasi un anno di incontri settimanali, era anche lei stanca di quelle quattro mura. In conclusione:qualunque cosa l’avesse spinta a ciò, mi lasciava totalmente indifferente.
Le camminavo accanto gustando il mio gelato.
Come dimostrava l’attestato sobriamente sfoggiato in ufficio, Lea – aveva sempre voluto che la chiamassi per nome – si era laureata con il massimo dei voti ad Harvard. Mi sono sempre chiesta perché giovanissima e con una tale gratificazione alle spalle, avesse deciso di tornare nella sua città natale ed iniziare la professione di dottoressa. era una donna simpatica e minuta, con uno spirito ironico tutto particolare.  
Al di fuori ci avrebbero potuto scambiare per due sorelle, e questo la rendeva visibilmente felice. E anche il mio comportamento la incoraggiava. Avevo abbandonato quella pressione e tensione di avere sempre gli occhi addosso, per godermi quelle ore.
< hai avuto problemi oggi a scuola? > chiese fissando un abito colorato in una vetrina.
< le solite cose. > gli risposi. < quello mi piace. > dissi indicando l’abito.
< si, carino. Ma costa troppo e non ne vale la pena. > sentenziò allontanandosi.
Ci sedemmo su delle panchine nell’area bar. Erano ormai due ore che facevamo lo slalom tra un negozio e l’altro parlando del più e del meno.
< Michael ti è più venuto a trovare? > era la prima volta che chiamava il mio amico per nome. fino a quel mmento ero stata sincera con lei. Questa volta però, avrei infranto la promessa. Se le avessi detto la verità sul fatto che sentivo e vedevo ancora Michael, forse non mi avrebbe giudicata guarita e ci sarebbero stati altre sedute, domande e via dicendo. Ero stanca e non potevo permettermelo.
< no, non più. > risposi. < e ad essere sinceri, non mi manca. > sentii una stretta al cuore. Era stata così gentile con me e io le stavo mentendo. Ma non mi sarei fatta sopraffare dalle emozioni e continuai la finzione.
< e con Liam? > chiese di colpo. La domanda mi stupì e restai per un attimo in silenzio.
< con liam, cosa? > chiesi cercando di sembrare incredula pur sapendo dove voleva arrivare.
< vi siete più sentiti? L’ho visto l’altra sera in tv. >
< no, non ci siamo più sentiti da quella volta. >
< sai quando torna in città? > non mi piaceva la piega che aveva preso il discorso. Preferivo le domande su Michael, era più facile rispondere.
< non lo so.  E non ho intenzione di incontrarlo quando tornerà, se è quello che vuoi sapere> risposi di getto.
< ma eravate molto amici. Tutti e tre… > cercò di continuare.
< appunto eravamo. > la interruppi. < possiamo cambiare argomento? Non mi va di parlare di lui. >
Colse il mio disagio e abbandonò definitivamente il tema ‘ Liam’ . Continuammo a parlare per più di un’ora e quando uscimmo dalla struttura, il sole stava tramontando. Guardai l’orologio. Erano appena passate le otto. Feci una leggera smorfia che Lea colse subito.
< c’è qualcosa che non va? >chiese preoccupata. < pensavo che non ci sarebbero stati problemi a passare il pomeriggio qui. >
< no, no, tranquilla. > mi affrettai a chiarire. < avevo intenzione di passare da… un amico per scusarmi. >
< per scusarti? Di cosa. > chiese incuriosita.
< oggi dei ragazzi hanno iniziato a insultarmi e Logan è intervenuto… >
< … e tu hai rifiutato bruscamente l’aiuto. > analizzandoti una psicologa col tempo sapeva perfettamente come ti muovevi, che reazioni avevi, che cosa provavi. Forse anche meglio di te. Se non ne sei coinvolta può sembrare elettrizzante, altrimenti è terrificante.
< giusto. Allora gli devo delle scuse. > 
< fatti nuovi amici, francesca. È inutile aspettare qualcosa che sai non tornerà più. sei giovane, hai tutta la vita davanti. Non ti annullare alla ricerca di qualcosa che non potrai più riavere. > la verità di quelle parole mi colpì come un pugno in piena faccia. Rimbombavano nella mia mente, amplificate al massimo. Nessuno fino a quel momento mi aveva parlato con tale franchezza. Eppure tutti lo pensavano. . Il difficile non era capirle quelle parole, ma renderle reali. Aveva ragione. Tutti lo sapevano, lui lo sapeva, il mondo lo sapeva.
Io lo sapevo.
 
Accostò l’auto al vialetto di fronte casa mia, ma non spense il motore. Vidi il suo volto farsi più serio, la tipica espressione di quando vuole farmi un discorso autorevole.  
< Francy questo  è il nostro ultimo incontro. > iniziò.
< lo so. > risposi. La mia voce risultò più triste di quanto mi aspettassi e la cosa mi sorprese.
< per qualsiasi cosa, dubbio, preoccupazione o una semplice chiacchierata tra amiche, sai dove trovarmi. >
Disse la frase tutto d’un fiato, e per un attimo, credetti che gli occhi si fossero fatti lucidi.
Annuii.
< è stato un onore conoscerti, e lavorare con te. > la sua voce era diventata più dolce e pacata. < scusami se prima sono stata brusca dicendoti quelle cose, ma era l’unico modo per far si che le capissi bene. Sei una bellissima persona, Francy, fai solo in modo che anche il resto del mondo se ne accorga. >
< grazie. > mormorai mentre una lacrima mi rigava il volto. Ci abbracciammo forte.
< ora scendi, altrimenti farai tardi dal tuo amico. >  disse sciogliendo l’abbraccio.
La salutai e aspettai che voltasse l’angolo infondo al quartiere per rientrare in casa.
Mia madre mi venne in contro con un enorme sorriso.
< c’è un ragazzo in salone che vuole parlare con te. > annunciò. Non la vedevo così da tempo, e la cosa mi preoccupò.
Sorpassai la soglia sperando di non trovarmi la persona che temevo, ad aspettarmi. fortunatamente le mie preghiere furono esaudite.
  Logan si girò di scatto, spaventato dal saluto.
< scusami. Non ti avevo sentita. > disse. < ciao >
< mi dispiace. Che ci fai qui? > gli chiesi.
< volevo scusarmi per quello che ho fatto oggi. Non avevo il diritto… > scoppiai a ridere interrompendolo.
< tu chiedi scusa a me? > era surreale la cosa. < io dovrei scusarmi. Tu volevi solo aiutarmi e io ti ho cacciato in quel modo. Mi dispiace di essere stata così sgarbata e grazie per avermi difeso da quei cretini. > conclusi.
< scuse accettate. > disse ricambiando il sorriso. < non ho avuto modo di presentarmi oggi, io sono Logan. Piacere. >
< so chi sei. > risposi stringendogli la mano. < i nuovi arrivati non passano inosservati. > gli feci notare.
< vero! > bisbigliò.
< comunque io sono Francesca, piacere. Come facevi a conoscere dove abito? > gli chiesi dubbiosa. Dall’apparenza sembra un ragazzo simpatico e a posto, ma queste quattro chiacchiere non mi permettevano certo di decretare un profilo completo. Chi mi assicurava che non nascondesse qualcosa. D'altronde ora conosceva anche dove abitavo ed era persino entrato in casa mia, che ritenni giusto indagare. Eppure quegli occhi blu mettevano una calma impressionante.
< mia madre è la segretaria della scuola, così con un po’ di occhi dolci e qualche promessa, sono riuscito a prendere il tuo indirizzo. >
< cosa gli hai promesso in cambio? Lavare i piatti per due settimane. >
< tre. > disse scoppiando a ridere.
Mia madre entrò in salone agitando il telefono.
sprizzava felicità da tutti i pori. Era da tanto tempo che non avevo più un amico da averci perso quasi le speranze. ora quindi sembrava un bambino il giorno di natale, pronta a scartare i regali. Amavo mia madre, ma sotto questo aspetto era incontrollabile. Non credevo fosse opportuno invitare a casa una persona che a stento conoscevo. Già era stata un’imprudenza falla entrare, invitarla a cena era il colmo. Fortunatamente Logan declinò con gentilezza.
< grazie mille Miss Dover, ma devo tornare a casa. È stato un piacere conoscerla. > disse mentre lo accompagnavo alla porta. Mia madre ricambiò il saluto e tornò in cucina.
< grazie per essere passato, e scusami ancora per questa mattina. >
disse ridendo.< a patto che dopo posso portarti all’ospedale. >
< ok! Ci sto. > risposi scoppiando a ridere.
< posso chiederti una cosa, se non sono troppo indiscreto? >
< si dimmi!. > risposi appoggiandomi alla porta.
< perché ce l’avevano con te? > chiese d’un fiato
< una lunga storia. > sospirai.
< se ti invito per una tazza di caffè, me la racconti. > disse abbassando lo sguardo. Un merito l’aveva quel ragazzo. Oltre ad essere riuscito a conquistare mia madre - cosa che solo due persone prima di lui avevano fatto - se nascondeva qualcosa nell’armadio, sapeva fingere benissimo.
< per il caffè va bene, per la storia vedremo. > 
Scoppiò a ridere e se ne andò.
 
- simpatico il ragazzo. –
- si. –
- anche molto carino. –
-Micheal? –
- che c’è? Sono costatazioni. Mi sto solo chiedendo che cosa penserebbe Liam in questo momento. –  

 

  
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