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Autore: Lennyk192    02/05/2013    0 recensioni
Quinn lo studiò atterrita per qualche secondo, prima di urlare e riprendere a muoversi, tirando i ceppi con strappi violenti, con l'unico risultato di provare ancora più dolore.
Sentì la sua guancia bruciare quando uno dei demoni le assestò uno schiaffo da rivoltarle la faccia.
La testa vorticò e quasi svenne per la violenza dell'impatto, ma prima di scivolare nell'oblio qualcosa pizzicò i suoi polsi e gli avambracci e uno stupido pensiero le sfiorò la mente.
Il giorno dopo sarebbe stata la Vigilia di Natale.
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From beneath you it devours'
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Capitolo 18: The day after


 

Sentì Quinn sorridere, mentre lui le lasciava una fila di baci lungo il lato del collo, prima di portarla possessivo al suo fianco.

Rimasero sdraiati l'uno accanto all'altra per un tempo infinito, attendendo che il loro respiro si regolarizzasse.
Non c'erano dubbi che lei stesse forzando le sue resistenze, in tutti i sensi, eppure ad una minuscola parte di sé non dava affatto fastidio, appariva... giusto, come un qualcosa destinato ad accadere.
Era la prima volta che stringeva una donna tra le braccia in quel modo e si ritrovò ad accarezzarle i lunghi capelli biondi che gli ricadevano sul petto, morbidi riccioli da attorcigliare attorno alle dita.
Non era mai stato così.
Di solito, per lui doveva esserci una veloce congiunzione dei corpi e un altrettanto veloce distacco.
Piegò la testa in modo da poterla osservare in volto: aveva gli occhi accesi, le labbra schiuse, le guance arrossate.
Poco sotto il collo, il segno del suo morso era ben visibile, come un marchio d'appartenenza.


Il suo profumo dolce, i respiri ruvidi e irregolari, i gemiti brevi e acuti, lo avevano fatto impazzire.
Doveva tenere bene a mente che lei non era come le sue solite compagne di letto. Era umana, debole, minuta, ma s
entire quelle piccole mani sulla pelle gli aveva reso la decisione di andarci piano dannatamente difficile. I demoni di sesso femminile con cui passava la notte, erano violenti, esigenti: graffi e morsi erano il minimo che si poteva ricevere. Non aveva idea che il sesso con qualcun altro potesse essere passionale allo stesso modo, ma con una nota di dolcezza che solo in sogno era stato capace di concepire.
Quando lei gli affondava le unghie nella pelle, era come sentire il solletico. Piacevole, non doloroso.
Non c'erano stati incoraggiamenti esagerati né osceni, ma i suoni che le uscivano dalle labbra aveva sortito lo stesso un effetto devastante sul suo ego.
Dopo la prima volta, le aveva concesso un po' di tempo per rilassarsi, rallentare il battito cardiaco accelerato, come non aveva mai fatto con nessun'altra.
Ma quella piccola strega aveva fatto una battuta sarcastica circa il suo non riuscire a starle dietro, data l'avanzata età, e in tutta risposta lui le aveva affondato scherzosamente i denti nella carne soffice della spalla, strappandole un piccolo suono a metà tra un gemito e una protesta, prima di dimostrarle quanto fosse in torto. Con quel ricordo in mente, si lasciò trasportare dalla stanchezza, sentendosi finalmente rilassato.


Lui era ancora supino, un braccio abbandonato sulle lenzuola e l'altro a cingerle le spalle, sfiorandole il seno con le nocche.
Anche lei era ancora raccolta contro il suo fianco, con un braccio posato di traverso sul suo torace e l'altro nascosto al caldo sotto il cuscino.
Le sembrava di non avere forma né sostanza...e di non essersi mai sentita tanto bene in tutta la sua vita.
Ricordare di aver dormito con un demone però, le fece uno strano effetto. Anche se lui era stato favoloso.
Attento, seducente e provocante ma non brutale, come si sarebbe aspettata. Avevano perfino scherzato.
Assurdo Taylor, scendi dalle nuvole.
Non aveva mai voluto abbellire la realtà e non l'avrebbe fatto ora, così qualche minuto sotto l'acqua fredda le sembrò un'ottima idea per liberare la mente da pensieri contorti e illusori.
Rotolò sul letto e mise un piede fuori dal bordo, ma in un istante si ritrovò di nuovo con la schiena contro il materasso sotto il peso di Alec.
Lui la guardò socchiudendo gli occhi, che diventarono immediatamente di un intenso colore dell'ossidiana.
Non aveva capito che fosse sveglio.
La guardò con espressione seria e famelica, le scostò i capelli dalla fronte e le accarezzò una guancia con il dorso della mano.
"Hai fretta di andartene?" la sua voce aveva un suono caldo e ricco, incredibilmente sensuale.
"Volevo solo fare una doccia" Gelata.
"Dopo" rispose sfiorandole la gola con la punta delle dita. "Dopo che avrò finito con te"
Agli ordini...


                                                                                                                               ***


Quando finalmente riuscì a trascinarsi fuori dalla stanza era talmente sottosopra da optare per un rilassante bagno nella grande vasca, e lì, immersa nell'acqua calda e profumata, scoprì di essere anche piacevolmente indolenzita.
Arrossì al pensiero di quanto era successo.
Decisamente Alec non era un demone dall'ego gigantesco, o meglio lo era, ma non aveva affatto mentito circa le sue capacità amatorie. Era stata senza dubbio l'esperienza sessuale più travolgente che avesse mai sperimentato.
Nella sua mente rimbombavano ogni parola e ogni respiro, fluttuavano immagini confuse e l'eco delle proprie urla le risuonava nelle orecchie. Sentiva la pelle ipersensibile e si domandò se non fosse solo una sua impressione.
Uscì dalla vasca molto tempo dopo, allungando un braccio a cercare l'asciugamano, se lo sistemò al meglio, prendendo a strofinarsi i capelli gocciolanti mentre si guardava allo specchio.
Aveva ancora le labbra gonfie e rosse, il morso scherzoso spiccava come un succhiotto e, sospirando, attese l'imminente vampata di rimorso, senso di colpa e autoflagellazione.
L'eccitazione e il piacere di poche ore prima, lasciarono il posto ad un profondo senso di disagio.
Santissimo cielo, ho davvero fatto quelle cose?


"Ehm...il bagno è libero" mormorò al demone in attesa fuori dalla porta, senza guardarlo.
Lo sentì attraversare la stanza e con la coda dell'occhio lo sbirciò mentre si voltava nella sua direzione, così si finse indaffarata a cercare i propri vestiti. Lo ringraziò mentalmente di non averle rivolto la parola, quando lui sparì dietro la porta.
Non aveva idea di cosa si aspettasse.
Non era mai stata il tipo che dopo il sesso diventava appiccicosa con un uomo, semmai era l'opposto.
I suoi ex l'avevano definita difficile, fredda, a tratti irraggiungibile.
Ma lei era semplicemente insicura, una di quelle persone si trovava meglio da sola.
Che forse era anche peggio.
Dopo essersi infilata un paio di jeans chiari sfilacciati al ginocchio e un maglione nero, si legò come poté i capelli fissandoli in uno chignon morbido, con qualche immancabile ricciolo sfuggente ad incorniciarle il viso, mentre si truccava rapidamente.
Si preparò una tazza di caffè bollente, lasciandone una sul bancone per lui, sperando che un po' di caffeina le avrebbe sciolto i neuroni e dato qualche idea su come comportarsi.
Fare finta di niente, come sicuramente avrebbe fatto l'altro?
Mettersi a discuterne seriamente l'avrebbe fatta passare per una psicotica con la mania del controllo?
"Sono proprio brava a mettermi nei casini" farfugliò tra sé.
"Quanto è vero" le fece eco una voce maschile sarcastica e rassegnata.

Lui la fissava, immobile, con le braccia incrociate sul petto e la testa leggermente inclinata da un lato.
Era appena uscito dalla doccia, e aveva addosso solo un asciugamano legato alla vita.
Oh.mio.Dio.


Quinn si sistemò oltre il divano, fulminandolo con lo sguardo quando lui sorrise, divertito.
"Cos'è hai bisogno di una distanza di sicurezza?" la schernì, muovendo un passo avanti, solo per vederla trasalire.
Recuperò un po' di quel beneamato autocontrollo, che l'altro si dilettava a minare, e sollevò il mento con aria fiera.
"Esattamente" replicò, ostinata.
"Pensi di non riuscire a trattenerti dal mettermi le mani addosso?" le domandò in un sussurro arrogante. Il suo tono era basso, ma non sembrava particolarmente scontento dalla situazione. La osservò sollevare un sopracciglio.
"Un po' troppo pieno di te, non trovi?" il suo borbottio lo fece sorridere.
Si sta solo prendendo gioco di te, idiota.
E lo sai.


Alec mosse un passo verso di lei, evitando di muoversi più rapidamente, per non farla sentire in trappola. Se avesse ricominciato a respingerlo l'avrebbe strozzata, sul serio. 
"No, no, no. Fermati" Lui obbedì, confuso. Possibile che fosse spaventata?
"E'…troppo strano!" esordì la ragazza, un istante dopo "Insomma siamo noi, capisci?" balbettò, quando l'altro si accigliò.
"Grazie per l'acuta delucidazione" disse in un mormorio roco.
Si era visibilmente rilassato, dopo aver capito che non era la pura il problema, e aveva recuperato la sua aria strafottente.
"Potresti comportarti da persona seria, per un minuto? Per favore" fece, seccata, piantando gli occhi azzurri nei suoi.
Lo vide sospirare, con fare drammatico. "Se insisti"
Ancora passi avanti, uno dietro l'altro. Aggirò il divano e si fece più vicino, con lentezza.
"Non sono esperta di queste cose" sussurrò irritata, fissandolo in cerca di risposte.
"Cosa? Il sesso? Non te la sei cavata male"
Anzi...
"No! Intendo cose tipo...oh, lo sai. E' stato un errore di dimensioni bibliche! Non sarebbe mai dovuto accadere niente tra noi"
"Oh Cristo! E' di questo che stiamo parlando?" Salvatemi dai riflussi di coscienza.


Quinn lo guardò in silenzio, eloquente.
Lo sentì scoppiare in una risata che le fece venire i brividi. Era sensuale anche quella, di lui.
Il tempo di prendere un respiro e se lo trovò davanti, a pochi centimetri il nero profondo dei suoi occhi. Fece per aggiungere qualcosa, ma riuscì solo a dischiudere la bocca, prima che lui riducesse la poca distanza che li separava.
Velocemente la trasse a sé, passandole un braccio attorno alla vita per farla aderire al proprio corpo, raggiungendo le sue labbra. Le mordicchiò leggermente, insinuando la lingua tra di esse.
Fu un bacio breve alla fine del quale lui si deliziò della visione della ragazza completamente abbandonata contro di lui, una traccia di rimprovero negli occhi chiari.
"Non preoccuparti, tesoro" soffiò sulle sue labbra, prima di allontanarsi. "Sei proprio umana" aggiunse scuotendo il capo.
"Che...cosa vuol dire?"
Lui alzò le spalle, avviandosi al bancone per afferrare la sua tazza di caffè e poi nuovamente in bagno per finire di asciugarsi.
"Vuol dire: non rimuginarci troppo su. E' successo e basta. Goditi il momento"
Come se fosse facile!



                                                                                                                           ***


Aidan si risvegliò con le mani legate sopra la testa.
Era con le spalle contro una parete umida e scura in una casa per niente familiare. La stanza in vecchio stile era illuminata da candele che gettavano ombre danzanti tutto intorno a lui e si sentiva circondato da sussurri.
Esaminando la stanza trovò Zane, in piedi, a poca distanza da lui. La sua espressione non prometteva nulla di buono, e lui capì che in qualche modo doveva aver scoperto tutto.
La rabbia gli oscurò la vista. Non l'avrebbe fatto morire. Non in quel modo. Nonostante sanguinasse ancora molto e riuscisse a respirare a fatica, strinse le corde e tirò con tutta la forza che aveva.
"Finalmente sveglio" la voce tirata e minacciosamente bassa gli fece riportare lo sguardo sul fratello.
"Dammi del sangue, idiota, questa fottuta ferita mi sta uccidendo!" gli urlò, avvertendo immediatamente un dolore lancinante.
Zane sembrò soppesare l'idea, poi scosse la testa. "Credo che riuscirai a durare abbastanza"
Aidan sentì la corda cedere un poco. Continuò a tirare, dedicando la sua completa attenzione a quell'unica possibilità di riconquistare la propria libertà. Conosceva le intenzioni del demone e non aveva alcuna voglia di assecondarlo.
Voleva vincere lui, questa volta.
"Allora, fratellino, ora mi accomoderò qui" fece quello afferrando una delle poltrone di pelle presenti nella stanza "e noi due parleremo un po'. Che ne pensi? Non accetto obiezioni"


Aidan gli sibilò contro, scoprendo le proprie zanne.
Una freccia di legno lo colpì al bicipite destro, facendolo urlare.
"Sii più collaborativo" gli intimò l'altro con voce placida. Incrociò le braccia dietro la nuca e si mise più comodo, come se stesse facendo una conversazione piacevole e non fosse occupato a torturarlo.
"Vai a farti fottere" fu la risposta acida del mezzo vampiro.
Un'altra freccia attraverso l'aria con un sibilo e si conficcò nella sua gamba.
"Non ci siamo. Comincerò con una domanda semplice, ma cruciale: chi sono gli altri demoni invischiati in questa follia?"
Aidan scoppiò a ridere, prima di sputare sangue e rivolgergli un ghigno.
Non poté fare a meno di pensare a quanto fossero simili. Entrambi avrebbero fatto qualunque cosa per il potere: Zane per tenerselo e lui per conquistarlo.
A differenza dell'altro però, il primo non aveva l'appoggio di numerosi demoni di livello superiore.
Tutti volevano un cambiamento. Tutti volevano tornare ad avere la grandezza di un tempo.
I demoni della vendetta non sarebbero più stati solo un ricordo.
Sarebbero risorti insieme al loro Signore.


                                                                                                                       ***


"Credevo che non se ne sarebbe fatto più niente dopo quello che è successo ieri" la nota d'incertezza non nascondeva l'entusiasmo nella sua voce cristallina.
Il demone la guardò raggiungerlo alla porta, mentre tirava su la lampo del giubbotto scuro.
"Ehi, sei stata tu a volere l'accordo. Se non vuoi uscire, per me..."
"No, va benissimo. Pensavo che mi volessi tipo...murare viva qui dentro, visto che i demoni sono arrivati così vicino"
Oh, ti vorrei murare viva qui dentro, ma per altri motivi. Si morse l'interno della guancia per non dirlo ad alta voce.
"Non erano lì per te, e non ti hanno vista, quindi non c'è problema per ora"
Esattamente ciò che aveva riferito a suo padre.

Quel pomeriggio Alec si era recato alla vecchia fortezza per fornire i dettagli sulla sua lotta con Aidan.
Dahak era stato soddisfatto di tutto, specialmente del fatto che aveva abbandonato Quinn per combattere, lamentandosi solo perché quel mezzo vampiro ambulante era ancora vivo.
Ovviamente. Non era stata una scelta furba, e nonostante si fosse ripetuto che non sarebbe stato una minaccia, lui stesso non riusciva a capire i motivi del suo gesto.



"Stupendo" esclamò lei con voce soffice.
Mentre gli passava davanti, venne catturato dal profumo vanigliato del suo bagnoschiuma e alzò gli occhi al cielo
emettendo un suono strozzato, a metà tra un gemito e un sibilo: restare chiuso nell'abitacolo della macchina con lei sarebbe stata una tortura.
Lei lo guardò e i suoi occhi azzurri scivolarono giù verso l'apertura della camicia, con l'intensità di chi si ricordava come era stato sentirlo contro di sé. Le sue labbra si dischiusero e vi passò sopra la lingua, come faceva sempre quando era nervosa.
"Sai...dovresti, non so, metterti una giacca o qualcos'altro. Giusto per uniformarti al resto della popolazione. Siamo quasi dieci gradi sotto zero" mormorò con aria da maestrina qualche secondo dopo.
"Ho la giacca di pelle in auto"
La vide annuire distrattamente, mentre posava la mano guantata sulla maniglia, e si chinò fino a raggiungere il suo orecchio.
"Comunque, ho sempre preferito distinguermi" scherzò, beccandosi un'occhiata di biasimo.
"Non avevo dubbi"


Quando uscirono nel parcheggio, stavano entrambi sorridendo.
Quinn si guardò istintivamente intorno e oltre il vetro di una delle finestre della locanda, intravide la figura austera della sciamana.
La fissò con quei suoi occhi gelidi e scosse la testa con aria di rimprovero, poi aprì la bocca per mimare delle parole che lei non riuscì ad afferrare. Le ricordava la scena di quel vecchio episodio di X-files che non l'aveva fatta dormire per giorni.
"Che stai guardando?"
La ragazza si voltò di scatto verso il demone e indicò la finestra. "Non la vedi?"
Alec inarcò le sopracciglia, confuso, poi la sua espressione assunse un'aria truce velata di consapevolezza. In silenzio, fece il giro della macchina e aprì lo sportello anteriore. "No. Ora entra in auto" le ordinò, cercando di non sembrare troppo duro.
"Sta dicendo qualcosa!" replicò lei, sforzandosi di comprendere quegli strano movimenti di labbra.
Sembrava stesse ripetendo la stessa cosa all'infinito.
Era inquietante da morire.
"Quinn, in auto. Adesso"
Gli obbedì portandosi al suo fianco e, quando gettò alla finestra un'ultima occhiata, la vecchia era sparita.
  
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