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Autore: Symphoniies    04/05/2013    4 recensioni
E se il vostro attore preferito fosse in realtà un vostro professore?
Rosalyn vive con la madre in un piccolo paesino della Pennsylvania e non ha mai conosciuto il padre. La sua vita scorre con lenta monotonia quando,di ritorno dalle vacanze estive,a scuola si presenta un nuovo professore,IAN SOMERHALDER (Soprannominato da Rose e dalla sua migliore amica Cher 'Professor bollore') che le farà perdere la testa e le ruberà il cuore.
Ma lui si lascerà prendere il suo?
Da uno dei capitoli:
- Quindi voi siete la regina Maria Antonietta. Ma chi si cela sotto la maschera veramente?
- Conte Fersen,questa è una festa a tema. Dirvi chi sono,sarebbe andare contro le regole.
'Questa volta Cher gliel'avrebbe pagata cara'
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Ian Somerhalder
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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IN TIME
-Capitolo tre-

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Rosalyn picchiettò la penna sul quaderno di matematica e guardò i compiti che doveva fare, ma più fissava quei numeri disposti fra lettere e parentesi, più capiva che le sarebbe servito aiuto se non voleva ritrovarsi il debito in matematica.
Sospirò.
Inoltre, il fatto di non sapere com’era andata l’uscita tra sua madre e il professor Bollore, la stava rendendo pazza.
Era passata una settimana da quel sabato sera, in lui l’aveva anche vista con addosso la sua tuta da coniglietto, e sua madre non le aveva raccontato nulla.
Era forse andato male?
No, l’avrebbe capito subito. Quando sua madre veniva in qualche modo rifiutata da un uomo compiva i soliti gesti anti-depressivi, come riempirsi di gelato o buttarsi a capofitto nel lavoro o, peggio ancora, portarla in quegli strani saloni dove bisognava vestirsi con pizzo e raso, preferibilmente rosa, prendere il thè alle cinque del pomeriggio -ricordandosi di alzare il mignolino ogni qual volta la tazza si avvicinava alla bocca- e discutere del tempo che trascorreva troppo velocemente con le anziane altolocate di Harmony.
L’unica cosa che alla ragazza piaceva di quei posti era che lì si poteva sentire quasi come una principessa.
Una principessa annoiata a morte.
Non sapeva perché sua madre amasse tanto andare in quei posti. Ma con il tempo si era fatta l’idea che le piacesse stare in compagnia di donne vedove, solo per non sentirsi l’unica sulla faccia della terra a non aver accanto qualcuno d’amare.
Oppure, l’appuntamento era andato bene.
Ma se era andato bene, perché non andava in giro a vantarsi come un oca giuliva com’era solita fare?
Il prof non le aveva detto niente in quei giorni e non le aveva fatto capire neanche com’era andato, quindi non aveva indizi.
Da un lato sperava fosse andato male, così nessuno dei due avrebbe voluto rivedere l’altro e sua madre non l’avrebbe messa in imbarazzo. Dall’altro lato sperava fosse andato bene ma, in quel caso, forse la sua carriera scolastica sarebbe stata in pericolo.
Rose sospirò di nuovo e poi chiuse il quaderno.
Avrebbe copiato i compiti domani, durante Chimica, da Cher. Ora il suo cervello era troppo occupato per poter preoccuparsi dei problemi della matematica.
“Ros, io esco!” le urlò Cristyn.
“Dove vai?”
“Esco con un amico!”
“Di mercoledì pomeriggio?”
“Sì! Non aspettarmi alzata”
‘Come potrei, visto che di solito torni alle sette del mattino?’
“Aspetta!” esclamò alzandosi dalla sedia e correndo in soggiorno, “Con chi esci?”
“Con un amico” ripeté.
“E…”
“Buonanotte, Ros”
E, così dicendo, sua madre liquidò il discorso uscendo di casa.
La giovane si avvicinò alla finestra lì affianco e scostò la tendina, giusto in tempo per vedere Cristyn entrare in un’auto nera.
Con chi poteva uscire sua madre a quell’ora?
Oddio, e se fosse stato il professor Bollore?
NO. NO. NO.
Scosse la testa.
‘Ian è fidanzato’  si disse mentalmente, ‘IAN. E’. FIDANZATO’
Andò in cucina e prese una bottiglietta d’acqua. Poi tornò in stanza, ‘Il diario di Bridget Jones’  la stava aspettando.
 
Dopo aver fatto uno spuntino bello sostanzioso a base di fette biscottate con la grande e favolosa Nutella, Rosalyn decise di uscire a buttare la spazzatura. Così prese il sacchetto e uscì di casa. Percorse il vialetto stando attenta a non inciampare nei ciottoli e, arrivata in prossimità del bidone, ne alzò il coperchio buttandoci dentro il sacco.
Stava per ritornare in casa quando sentì qualcosa strusciarsi contro le sue gambe. Abbassò lo sguardo e vide una piccola pallina arancione iniziare a giocare con i lacci delle sue scarpe.
Si piegò sulle ginocchia e si accorse di avere davanti a se un gatto famigliare. Accarezzandolo, portò la mano sulla medaglietta appesa al collarino.
“Ciao Moke” disse la ragazza, grattandolo dietro le orecchie, “Che ci fai qui?” chiese.
Alzò lo sguardo per vedere se magari nei paraggi ci fosse il suo professore, ma poi pensò che forse era lui l’uomo con cui era uscita sua madre e quindi non poteva arrivare come l’altra volta.
Il miagolio sempre più insistente di Moke la salvò dal cadere nella depressione totale che la stava colpendo ultimamente.
“Che c’è? Hai fame?” chiese sospirando, “Ok dai, entriamo che mentre tu mangi io penso a come farti tornare a casa…” disse prendendolo in braccio e rientrando in casa.
Arrivata in cucina, prese una scodella che riempì di latte caldo e poi la posò a terra per permettere al gattino di berla.
Prese il telefono di casa e compose il numero che aveva trovato dietro la medaglietta di Moke.
Quando il telefono iniziò a suonare il cuore di Rose iniziò a battere un po’ più velocemente.
E se il professor Bollore non fosse il tizio con cui era uscita sua madre e avesse risposto proprio lui?
“Pronto?” rispose una voce femminile.
La sua ragazza, forse?
“Oh, sì, em, s-scusi se la disturbo. Mi chiamo Rosalyn Moore e ho trovato Moke, il gatto del signor Somerhalder. Volevo sapere cosa dovevo fare”
“Attenda un minuto la prego”
“C-certo”
La giovane sentì dei bisbigli e poi la ragazza riprese in mano la cornetta, “E’ ancora in linea?”
“Sì”
“Il signor Somerhalder in questo momento è…occupato e non può venire a riprendere Moke. Potrebbe portarlo lei, se non è di troppo disturbo?”
“Ecco...”
‘Rispondi di sì, scema! Così ti assicurerai che è in casa’
“Ok, arrivo subito. Mi potrebbe dare l’indirizzo?”
Dopo aver segnato l’indirizzo la giovane si mise il giubbotto, prese Moke in braccio e uscì di casa.
Rosalyn cammino per circa dieci minuti e, quando arrivò in prossimità della casa indicata dall’indirizzo che le era stato dato, non potè fare altro che spalancare gli occhi e la bocca.
‘Oddio’, pensò, ‘Il professor Bollore vive a villa Ninfea!”
La ragazza prese il bigliettino dalla tasca anteriore dei jeans e controllò di non aver sbagliato a leggere.
No, quella era davvero casa sua.
Rose si avvicinò al cancello di ferro battuto dove, al centro delle due porte, vi era il disegno di una ninfea e citofonò.
Nessuno le rispose, ma il cancello si aprì con un sonoro ‘zip’.
Stringendosi al petto Moke, la giovane si fece coraggio ed entrò.
Mentre percorreva il vialetto si permise di osservare la struttura imponente che si innalzava dinnanzi a lei. Era una vecchia villa ottocentesca costruita principalmente in marmo bianco, con lunghe colonne e decorazioni color oro e circondata da enormi cespugli di rose rosse. Prima di raggiungere la casa il vialetto si divideva per girare intorno ad una fontana con al centro la statua di una sirena che spruzzava acqua dalla bocca e, al cui interno, galleggiavano delle leggiadre ninfee.
Aveva letto in biblioteca di quella casa. Era una delle più antiche che si trovavano ad Harmony e veniva chiamata ‘Villa ninfea’, a causa dell’enorme stagno che si trovava sul retro della casa in cui, praticamente, ogni centimetro d’acqua era ricoperto di ninfee tutto l’anno.
Purtroppo lei non l’aveva mai visto, sia perché non vi erano foto al riguardo, sia perché era impossibile vedere anche solo a dieci metri dal cancello d’entrata per via delle enormi siepi che impedivano la visuale.
Aveva anche letto che quell’abitazione apparteneva alla famiglia Dawson da generazioni e, per quanto ne sapeva, la signora Jennifer Dawson, la vedova più ricca della città, era ancora viva.
Quindi, com’era possibile che Somerhalder vivesse lì?
Arrivata davanti alla porta non fece in tempo a bussare che una ragazza sui venticinque anni comparve d’innanzi a lei.
Inizialmente Rosalyn pensò fosse la fidanzata di Ian, ma poi, osservando il suo abbigliamento - gonna blu a pieghe lunga fino al ginocchio, camicia bianca accompagnata da un gilet dello stesso blu della gonna e un grembiulino di pizzo bianco – si accorse che era una cameriera.
“Lei deve essere Rosalyn” disse sorridendo cortesemente.
“Sì, salve”
“Prego, entri pure”
“Grazie”
Una volta dentro si guardò intorno, cercando di non risultare troppo curiosa.
Il pavimento era piastrellato e formava il mosaico di una ninfea.
A colpirla fu soprattutto l’enorme scala curva addossata alla parete di destra, che dava al piano superiore, e gli innumerevoli quadri appesi alle pareti.
“La signora Dawson la sta aspettando nel suo salottino privato”
“Bè io…io in realtà dovrei andare”
“Signorina Moore, glielo assicuro, quello della signora Dawson era più un ordine che un invito”
“Ah, quindi non ho scelta?”
“Credo proprio di no”
Rose sospirò, “Ok”
La cameriera sorrise, “Mi dia pure il soprabito”
Tenendo Moke in braccio, la giovane si tolse il giubbotto.
“Prego” disse la cameriera indicandole un grande arco bianco che dava su un lungo corridoio . “La signora si trova dietro la seconda porta a sinistra”
“Grazie”
E così dicendo, Rosalyn s’incamminò.
Passò davanti ad alcune finestre dalle quali potè vedere alcuni tratti del giardino sul retro, dipinto dai meravigliosi colori dell’autunno.
Stava per superare una porta mezza aperta quando sentì la voce di Sexyhalder. Si blocco davanti ad essa e si mise a spiare dalla fessura – ok, ok, non si origlia, ma se non l’avesse fatto, probabilmente, il suo futuro sarebbe stato diverso -.
“Perché? Perché non puoi venire con me?” urlò una voce femminile e, questa volta, Rose capì che quella era la voce della sua fidanzata.
“Lo sai benissimo perché” rispose Ian.
“No che non lo so!”
“Per mia nonna! Ho lasciato Covington per poterle stare accanto, Nina. Non sta bene, lo vedi anche tu”
“Bè, ci sono sempre le badanti, no?”
“Non lascerò mia nonna con una badante!” urlò lui stavolta, “Come puoi solo pensare che la lascerei morire con accanto qualcuno di estraneo?”
“Oh, come sei melodrammatico! Tua nonna non sta per morire”
“E chi te lo dice? Ha 96 anni. Potrebbe succederle da un momento all’altro”
“Comunque non la trovo una scusa valida” disse lei, con tono più caldo, “Non mi lasciare sola, Ian. Ti prego. Io ti amo e tu ami me. Non lasciarmi”
“Nina…”
“Ti prego, vieni con me. Vieni con me a New York”
“Va bene…”
“NO!” urlò Rose spalancando la porta.
I due, che si trovavano uno di fronte all’altro, si girarono di scatto verso la giovane.
“No” ripeté lei deglutendo, capendo di aver fatto un grande errore.
“Rosalyn?” fece Somerhalder spalancando gli occhi.
“La conosci?” gli chiese Nina.
La giovane guardò la fidanzata del suo professore e si rese conto che era bellissima.
Alta, magra, pelle olivastra, capelli castani lisci come la seta lasciati sciolti sulle spalle e occhi grandi color nocciola.
La ragazza perfetta.
E lei si sentì improvvisamente inadatta, con la coda alta un po’ imperfetta, nei suoi jeans neri e nel maglione largo a strisce verticali rosa e bianche.
“E’ che...” iniziò Rosalyn, “E’ davvero un peccato…un peccato tremendo c-che Harmony perda un professore t-tanto brillante. Per tutti gli abitanti della cittadina, per me, p-per sua nonna…per tutti insomma, perdere uno dei nostri professionisti migliori e, em, uomini migliori in realtà…” si schiarì la gola, “E, ecco…”
‘Oddio, Rose, stai zitta!’
In quel momento, Moke si mosse e si sciolse dalla sua presa, correndo fuori dalla stanza.
“Moke!” esclamò la ragazza, rincorrendo il gatto fuori dalla stanza e seguendolo in un’altra.
“Dove vai Moke?!”
“Dalla sua padrona” rispose una donna anziana, seduta su una sedia imbottita, “Rosalyn Moore, giusto?”
“Sì, signora” rispose lei cercando di ricomporsi un po’.
“Siediti cara” Disse la signora Dawson indicandole una sedia di fronte alla sua.
“G-grazie” replicò chiudendosi la porta alle spalle, accomodandosi e mettendosi le mani sotto le gambe, con fare nervoso.
“E’ da molto che non ti vedo. L’ultima volta avevi all’incirca sei anni”
“Scusi, non me lo ricordo”
La donna, che assomigliava molto all’attrice di Titanic, rise, “Oh, io di certo non posso scordarmelo” disse sorridendo, “Tua madre ti aveva portato a prendere il thè al Marcel’s Salon. Tu indossavi uno strano vestitino giallo e in testa avevi un fiocco così enorme da poter sembrare un bignè vivente. Te ne stavi seduta su una sedia con il broncio e le braccia conserte, così mi sono avvicinata a te e abbiamo iniziato a parlare e…”
Qualcuno bussò alla porta.
“Avanti” disse la signora Dawson.
“Buon pomeriggio nonna” disse Ian entrando nella stanza.
“Ciao caro”
“Scusami, stavo parlando con Nina”
“Sì, credo vi abbia sentito tutto il vicinato”
“Mi dispiace io…”
“Oh, caro, non importa. E’ normale qualche batti becco tra fidanzati. Spero solo che la nostra Rosalyn non si sia spaventata”
Ros scosse la testa, arrossendo poi vivamente quando il professor Stranamore si sedette sulla sedia accanto alla tua.
“Stavo proprio raccontando a Rosalyn il vostro primo incontro” disse Caitlin.
La giovane sgranò gli occhi.
‘Il nostro primo incontro?’
“Continua pure allora” disse Somerhalder girandosi verso la studentessa mentre lei, volontariamente, cercava di evitare i suoi occhi, imbarazzata da quello che era successo qualche minuto fa.
“Dove ero rimasta? Ah, sì. Abbiamo iniziato a parlare e sei venuta a casa con me. Qui, a Villa Ninfea. Era estate e Ian era venuto a trovarmi. Ricordo che ti avevo aiutato a toglierti il vestitino e poi tu sei scappata in giardino correndo tutta nuda e il mio caro nipotino, che all’epoca aveva 22 anni, prese a rincorrerti come un pazzo perché aveva paura prendessi freddo…in piena estate. Sì, quel giorno mi sono fatta davvero delle grandi risate”
“Una grande differenza di età” pensò ad alta voce Rosalyn, molto, molto, imbarazzata.
Come aveva fatto a dimenticarsene?
“Una cosa un po’ pervertita” disse la signora Dawson.
“Mi piace pensarlo” disse suo nipote ed entrambi scoppiarono a ridere, mentre Ros li fissava sgomenta.
“Comunque, tornando ad essere seri, come va la scuola? Ian ha detto che nelle sue materie sei una delle più brave”
“Bè, ci provo” rispose la giovane sfoderando un sorriso radioso per aver scoperto che il suo professore parlava di lei.
“E, bella come sei diventata, sicuramente avrai molti spasimanti”
Il sorriso di Rosalyn vacillò un pochetto a quell’affermazione.
“Ecco...” iniziò, guardando di sottecchi il professor Bollore che, nel frattempo, aveva piegato la testa di lato e la guardava molto attentamente. “Forse è meglio che torni a casa” disse, alzandosi.
“Oh, mi dispiace cara. Sono stata troppo indiscreta?”
“No, no, non si preoccupi. Solo che si sta facendo tardi e...”
“Ho capito. Ian, tesoro, accompagnala”
“NO!” urlò.
La signora Dawson e suo nipote la guardarono straniti.
“N-non c’è bisogno. Voglio farmi una bella passeggiata”
“Sei sicura?” le chiese Somerhalder.
Lei annuì, sfregandosi le mani sui jeans.
“Grazie mille per avermi riportato Moke”
“Si figuri signora”
“Spero di poterti rivedere e, magari questa volta, di poter chiacchierare di più”
“Lo spero anch’io”
E la giovane lo pensava davvero, perché la signora Caitlin Dawson, una donna quasi aristocratica ma con un bel caratterino da quello che aveva capito, la incuriosiva molto.
Rosalyn si avvicinò alla porta.
“Ah, Rosalyn?”
“Sì, signora?”
“Come ti chiamato i tuoi amici?”
“Rose”
“Rose...” ripeté l’anziana.
“Arrivederci”
“Arrivederci cara”
E dopo aver buttato un’ultima occhiata al suo professore uscì, tirando un sospiro di sollievo e rendendosi conto di aver sudato come un maiale.
Si sentiva come se fosse uscita vittoriosa dalla terza guerra mondiale.
Doveva correre subito a casa e chiamare Cher.
 
“Senti Rose, io non posso vederti così, ok?”
“Così come Cher?”
“Così...COSI’!” replicò Cher indicandola.
“Guarda che sono normale”
“Ah, quindi tu trovi normale venire nella tua pasticceria preferita e prendere un semplice thè e un muffin al cioccolato che neanche hai toccato?”
“Bè, le persone normali di solito fanno così”
“Ma tu no! Soprattutto se veniamo e offro io”
“Non ho molta fame...” ammise Rosalyn poggiando il mento sul palmo della mano sinistra.
“E’ per il professor Bollore, vero?”
“Forse”
“Rose, lo sapevi benissimo che questo giorno prima o poi sarebbe arrivato”
“No, non lo sapevo”
“Rose” disse Cher minacciosa.
“Come facevo a sapere che se ne sarebbe andato a New York con la sua fidanzata tutta gambe e capelli di seta?”
“Rose smettila, sai che intendo”
La ragazza sospirò, “Sì, lo so”
“Senti, capisco che sei triste perché, va bè, hai una bella cotterella per lui, ma sei tu la prima che ha detto che tra voi non ci potrà mai essere niente per via dell’età e capisco che l’hai detto solo per dire, che dentro di te ti sei fatta mille film mentali che meriterebbero l’oscar su voi due insieme e che, ora che lui se ne sta andando per sempre, la realtà ti ha colpito come un pesce freddo e umidiccio in faccia, ma non puoi far così, ok? Sei giovane e sei anche bella, simpatica e intelligente – e non lo dico perché sono la tua migliore amica – perciò sorridi. Non ce la faccio a vederti in questo stato”
“Mi dispiace, ti sto rovinando il pomeriggio”
“Nah, non è vero. Solo che non è da te buttarti giù così”
“Non ci posso fare niente perché, anche se so che non starò mai con lui, una piccola parte di me ci sperava” disse Rose, poggiando la fronte sul tavolo.
“Sai che dovresti fare?”
“Cosa?”
“Andare da lui e dirgli tutto”
“COSA?!” urlò la giovane alzando la testa di scatto.
“Non urlare!” sussurrò Cher indicando con un cenno della testa alcune persone presenti nel locale che si erano girate a fissarle.
“Cosa?!” ripeté sussurrando questa volta.
“Sì, ti sentiresti meglio”
“No, no, no, tu sei pazza!”
“Tanto cosa ci perderesti, scusa? Non lo vedrai più o, se lo vedrai, accadrà fra trent’anni quando tu sarei bella che sposata e lui grasso e calvo”
“E’ troppo bello per diventare grasso e calvo”
“Vabbè, era per farti un esempio”
“Il suo treno potrebbe essere già partito, comunque”
“Oppure no. La stazione è dietro l’angolo, ci metteresti dieci minuti se corri”
“Correre? Non ci penso minimamente”
“Sono sicura che per lui lo faresti”
“Perché vuoi tanto che lo faccia?”
“Perché sono tua amica. Ti voglio bene Rose e non voglio che tu abbia rimpianti”
“Sì, ma sei ben prospera a farmi fare figure di merda colossali”
“Preferisci una figura di merda o ritrovarti a chiederti fra qualche anno ‘E se glielo avessi detto?’, mh?”
“Ti odio” disse Rosalyn addentando il muffin.
“Però fai come vuoi. E’ la tua vita. La mia era solo una semplice proposta…”
“Quindi secondo te ce la posso fare?”
Cher sorrise, “Vai e fagli vedere che si perde a non avere dieci anni in meno!”
“Cher, mica è colpa sua!”
L’amica si chiuse nelle spalle e bevve un sorso del suo frappè alle fragole, “Gli uomini sono sempre colpevoli, ricordatelo”
“Anche Dean?”
“Bè, magari lui no…”
La ragazza rise.
“Allora vuoi andare o no?” La incitò Cher.
“Oh, sì. Ciao!” urlò fiondandosi fuori dal locale.
“Dove sta andando Rose?” Chiese Matt, che lavorava come cameriere nella pasticceria, a Cher.
“A cambiare il suo futuro”
 
Rosalyn iniziò a correre come non aveva mai corso in tutta la sua vita.
Ma chi voleva prendere in giro?
Lei non aveva proprio MAI corso.
Svoltò l’angolo e per poco non si scontrò con un signore anziano.
“Scusi!” urlò, “Mi auguri buona fortuna!”
“Buona fortuna” urlò lui.
“Grazie!”
‘Dio, Rose, che stai facendo?! Lo sai che questa cosa ti segnerà per tutta la vita?’,pensò.
Arrivata in prossimità della stazione percorse più di 300 gradini a due a due per cercare di fare prima. Una volta al suo interno si fermò per controllare il tabellone.
‘New York…New York…New York! 16.35
La ragazza guardò il cellulare.
‘16.34 merda!’
Dopo ver controllato il binario riprese a correre.
Ci fu un momento in cui le venne da ridere.
Insomma, stava correndo per raggiungere un treno che forse non era quello giusto.
Che forse non conteneva LUI.
Che forse era già partito.
E per cosa?
Per dire ‘Mi piaci’ ad una persona che non l’avrà mai vista più di una diciasettenne, che non potrà mai ricambiare, che non vedrà più.
‘Mi piaci’
Questa scena sembrava troppo da film per dire un semplice ‘Mi piaci’. Qui ci voleva qualcosa di forte. Ma lei provava qualcosa di più?
Rose arrivò giusto in tempo sul binario per vedere il treno lasciare la stazione.
Inizialmente si sentì rilassata, come se si fosse tolta un peso dal petto, poi però le si formò un nodo in gola.
Era andato e questa volta per sempre.
La giovane si piegò, poggiando le mani sulle ginocchia.
Aveva il fiatone. Un po’ per la corsa e un po’ per le lacrime che si stavano facendo strada nei suoi occhi.
Se n’era andato e lei non aveva neanche avuto il tempo per salutarlo ed era solo colpa sua. Colpa del suo stupido orgoglio, colpa delle sue stupide paure.
QUESTO sarebbe stato il suo più grande rimpianto.
Rosalyn si rimise in posizione eretta e si passò una mano tra i lunghi capelli.
Ormai era fatta.
Non era Superman, non aveva la super velocità e di certo non poteva comprare un biglietto per New York.
Forse il destino le stava facendo capire che non doveva dirgli niente.
Forse questa esperienza l’avrebbe fatta crescere e magari innamorare di un ragazzo adatto a lei.
Forse...
‘Ian!’
La ragazza, facendo vagare lo sguardo, vide il professor Stranamore dall’altra parte dei binari.
Chiuse gli occhi e si li strofinò leggermente. Magari le lacrime le stavano giocando un brutto scherzo. O era la sua mente a farlo.
Quando li riaprì lui era ancora lì e la stava guardando con un’espressione che era un misto di stupore, confusione e felicità.
Le sorrise.
Rose rimase a fissarlo per qualche secondo, rigida come un palo, poi corse nel sottopassaggio, rischiando anche di scivolare per il pavimento bagnato, e risalì sul binario opposto a quello su cui si trovava prima.
Il professor Bollore, che si trovava a meno di cinque metri da lei, si girò nella sua direzione.
“Ian…” sussurrò e corse verso di lui, buttandosi fra le sue braccia.
Il professore, inizialmente stupito, la strinse a sé, mentre Rose si beava del profumo del suo dopobarba e del calore emanato dal suo corpo attraverso la giacca aperta.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Buon pomeriggio a todos!
Niente, volevo solo ringraziare tutte quelle persone che stanno leggendo la storia e la stanno recensendo.
I love you!
   
 
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