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Autore: Jenn123    04/05/2013    0 recensioni
Alice non ha mai creduto nell'amore a prima vista. Pensa che significherebbe innamorarsi di una persona solamente per il suo aspetto fisico, e sappiamo tutti che l’aspetto fisico non è che una piccola componente dell’amore che si può provare. E’ necessario conoscere il carattere, i pensieri, le emozioni, le paure, le intenzioni e i sogni di qualcuno per amarlo davvero. Bisogna conoscerlo fino in fondo. E se invece, uno di questi giorni, le teorie di Alice venissero totalmente sconvolte? E se qualcosa, o qualcuno, facesse crollare tutto quello su cui la ragazza si stava reggendo? E se Alice si dovesse trovare a scegliere tra la vita sicura che aveva sempre vissuto e un passo nel vuoto? E se Alice perdesse tutto, proprio tutto, per un amore incerto e tremolante, che arde però come il fuoco? “Stand by my side” è una storia intricata, ricca di colpi di scena, dubbi, paure, sentimenti, e tanto amore… Ditemi cosa ne pensate ;)
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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This is me.

In quel momento, distesa nel mio letto caldo e che sapeva di casa, avevo paura.

Paura di cadere in quel burrone che stavo costeggiando, e non rialzarmi più.

La paura, ogni tanto prendeva il sopravvento sulle altre emozioni. Magari ero felice, elettrizzata, curiosa, o anche arrabbiata. Poi scattava qualcosa, e tutto il resto svaniva. Arrivava il terrore, quello che fa male allo stomaco e ti fa venire voglia di mordere qualcosa. Lo nascondevo sempre, perché non conoscendo la causa di questa paura, di questa voragine, non potevo parlarne con nessuno… E per qualche ragione non ne avevo neanche voglia. Ma niente, niente, riusciva a colmare quel senso di incompletezza che ogni tanto si impadroniva di me, cogliendomi alla sprovvista.

Non riuscivo a capire! Avevo  una famiglia, un appartamento in un rispettabile quartiere di Milano, a scuola andavo piuttosto bene. Avevo amici, che mi stavano vicino se ne avevo bisogno.

Ho avuto un bel po’ di cotte, di cui qualcuna ricambiata… anche se nessuna relazione è mai durata tantissimo.

Forse ogni tanto venivo presa in giro, certo, ma fingendo una corazza d’acciaio, buttavo tutto sul ridere, minimizzavo. Quando qualcuno mi feriva davvero mi arrabbiavo, ma non davo mai a vedere quanto ci stavo male.

Per sentirmi bene dovevo stare in compagnia, quindi spesso mi costringevo a far buon viso a cattivo gioco (che in realtà non è proprio un cattivo gioco, e semplicemente un nascondere…), e così andavo avanti. Di solito comunque, ero felice tra la gente, in mezzo alla voglia di vivere. Amavo ridere, scherzare, scoprire nuovi posti dove passare il tempo.

Se tutto fosse crollato però, se la gente non mi avesse più voluto intorno, mi sarei ritrovata faccia a faccia con la solitudine, e forse era questo di cui avevo paura…

Comunque, odiavo tutto quel riflettere, perché la vita è fatta per agire. Ma odiavo (e non lo ammettevo neppure a me stessa) anche il fatto di essermi costruita una prigione da sola.

Comunque, se non volevo essere uno zombie l’indomani a scuola, dovevo cercare di addormentarmi.

 

Camminavo sicura tra i corridoi, nei miei panni di studentessa al terzo anno di scientifico, assieme alle mie amiche. Con noi c’era anche un ragazzo, Davis, che non smetteva di parlare. Mi stava simpatico, con la sua voglia di vivere e il suo limitato filtro cervello-bocca. Le altre pensavano che gli piacessi, e che a me piacesse un po’ lui, quindi mi ci trascinavano sempre vicino… E da un po’ di giorni era diventata abitudine.

Infatti, in quel momento si erano allontanate per lasciarci soli.

<< Ma quindi… Te ci vai a quel meeting oggi? >> mi chiese.

<< Aspetta. Di cosa stai parlando? >> risposi  sorpresa.

<< Quello che ha organizzato il prof. di scienze… Ha detto che è molto costruttivo, o una cosa del genere. >>

<< Ah quello! Si, penso che andrò… Tu ci vieni? >>

<< Se vuoi ti accompagno. >>

<< Ok, allora ci troviamo alle 4 sotto casa mia? Così ci prendiamo un gelato prima… >>

<< Va bene! >>

“Almeno ho una scusa per farmi un giro”, pensai. Ero abbastanza elettrizzata di “uscire” con Davis… Probabilmente un po’ era vero che mi piaceva. Mi sentivo in colpa per aver insultato Jess e Anna quando cercavano di spingermi da lui… Impazziranno quando dirò loro che ci vediamo questo pomeriggio!

<< Alice! Se non ti sbrighi ad entrare Formaggio ti uccide! >> mi chiamò Jess.

Formaggio era il soprannome del nostro prof. di chimica. Lo chiamavamo così perché aveva sempre un colorito giallastro, puzzava di formaggio e non era neanche un po’ tonico. Probabilmente si era accorto anche lui del suo soprannome, ma non ne aveva fatto un dramma. Forse perché era un po’ rincoglionito.

 

Il pomeriggio era passato tranquillamente… Stavo aspettando Davis sotto casa mia, un po’ in anticipo, quando un gruppo di ragazzine urlanti e isteriche mi passò davanti, chiaramente alla ricerca di dove si trovasse il loro idolo in quel momento pre-concerto. “Ridicole”, pensai all’inizio. Volevo urlare loro che erano delle illuse, che lui non le avrebbe mai notate. Ma soprattutto che lui era una persona come tutte, e si meritava il beneficio di essere normale.  Perché non lo volevano capire?! Loro li santificavano, e questi si montavano la testa… Era una cosa assolutamente insensata.

Poi però mi incuriosii, e con qualche passo vago mi misi a seguirle…

<< Ah! Sta attenta a dove guardi! >> mi rimproverò lo sconosciuto su cui ero andata a sbattere. Alzando lo sguardo mi resi però conto che era Davis.

<< Davis! >>

<< Alice! Non stavi mica seguendo il branco di ragazzine illuse!? >>

<< No! Io… Ti stavo venendo a cercare. >>

<< Ora sono qui! >>

<< Ok! Ma… Sai chi stanno cercando di incontrare? >>

<< Penso di aver sentito qualcosa a proposito… Mi pare si chiami Conor Maqualcosa. >>

<< Mai sentito. >>

<< Si… Neanch’io. Andiamo? >>

<< Certo. >>

Mentre ci avviavamo sentivo che si avvicinava sempre di più... Ad un certo punto mi prese la mano. Mi guardò negli occhi con aria di sfida, e io sorrisi, ricambiando lo sguardo. Mi sentivo tranquilla. A mio agio, come se fosse stato un vecchio amico. In quel momento non avevo paura. Sentivo, sapevo che Davis ci teneva. Mi avrebbe aiutato. Anche se in quel momento non lo sapevo per certo, avevo assolutamente ragione.

In quell’esatto istante mi chiesi come potrà essere il mio futuro… Se tutto cambierà o resterà uguale, se sarò qua o dall’altra parte dell’oceano, come vivrò… Se sarò felice. Poi Devis ricominciò a parlare, spazzando così i miei dubbi esistenziali. Ecco l’effetto che mi faceva lui: mi rendeva leggera, libera da pesi inutili. Era una sensazione bellissima. Sentirsi semplicemente felici.

<< Eccoci. Questa è la mia gelateria preferita in assoluto. Spero ti piaccia. >> spiegò lui.

<< Va benissimo… >> Mentre prendevamo posto, le nostre mani si staccarono, di malavoglia.

Ordinammo una coppa gelato enorme, presi da chissà quale istinto ingordo… In quel momento non riuscivo proprio a preoccuparmi per la dieta!

Parlammo senza sosta finché non prosciugammo il gelato. Guardai l’orologio.

<< Cavolo! Mancano 5 minuti all’inizio del meeting! >>

<< Cazzo. E’ volato il tempo! >>

Di fretta Davis raccolse tutto, lasciò i soldi sul bancone, mi prese la mano e iniziò a correre.  Fortunatamente il posto non era molto lontano… In pochi minuti avevamo raggiunto l’ingresso. Io ero piegata in due, quasi reduce di una maratona, mentre lui era perfettamente normale. Mi sentivo alquanto imbarazzata in quel momento… Ma la mia mano era ancora la sicuro nella sua.

<< Dai entra! >> mi strattonò lui, con un sorriso enorme stampato in viso.

Raggiunta la sala, scoprimmo che erano rimasti solo posti in piedi. Quindi ci sistemammo in un angolo buio della sala, addossati alla parete.

Il presentatore era già entrato, stava elencando i vari protagonisti del progetto.

Non riuscivo proprio a stare attenta. La mia mente divagava, e io non le ponevo freno… Rivedevo immagini dei miei ultimi primi appuntamenti, per poi constatare che nessuno era mai stato così semplice, piacevole, divertente. Si, perché alla fine questo si poteva considerare un appuntamento, giusto? Davis mi piaceva proprio. Poi, come si sarebbe concluso questa uscita? Forse era il caso di mangiare una mentina…?

Con imbarazzo mi misi a rovistare nella mia borsa, in cerca di qualcosa che assomigliasse ad una mentina… senza accorgermene iniziai a borbottare frasi del tipo “ma dove le avrò messe!?” o “devono esserci!”.

Nel frattempo Davis, che probabilmente come me non riusciva ad interessarsi al tema della conferenza, si mise a ridacchiare.

Io alzai lo sguardo, capendo che sembravo una demente.

<< Che c’è? >> chiesi con nonchalance, cercando di coprirmi.

<< Mi chiedevo se… Ti va di svignarcela. >>

<< Cioè… Andarcene prima che nessuno se ne accorga? >> chiesi.

<< Si, definizione da vocabolario. >> Mi rispose con un ghigno.

Io sorrisi. Pensai che l’avesse interpretato subito come un si.

Mi fece cenno di seguirlo. Passammo dietro ad un sacco di gente, addossati al muro. Avevamo iniziato ad imitare James Bond, guardandoci in giro furtivamente con una finta pistola in pugno.

Finalmente arrivammo all’uscita, sperando che nessuno ci avesse notati. A quel punto iniziammo a correre, fino a quando avevamo distanziato l’edificio di una decina di metri.

Dopo esserci trattenuti per troppo tempo, scoppiammo a ridere, piegati in due.

<< Noi ci siamo stati però! >> esclamai io.

<< Si… Siamo assolutamente studenti modello! >> aggiunse, sempre ridendo.

Poi mi guardò negli occhi, il sorriso che lentamente scemava. Mi aveva preso le mani, e ci stavamo avvicinando. Io lo abbracciai, d’istinto. Lui ricambiò per un meraviglioso secondo, forse due. Mi allontanò lentamente, e i nostri  occhi s’incatenarono di nuovo. Eravamo sempre più vicini…

E mi baciò.

Inebriò completamente i miei pensieri, con una dolce nebbia che sapeva di lui… Il suo profumo di pulito mi invase. Le mie braccia si strinsero dietro al suo colle, avvicinandomi ancora di più a lui. Le sue mani stavano sulla mia vita, mentre io allungavo sempre di più le punte.

Poi, dopo una quantità di tempo che nessuno riuscirà mai a misurare, perché potrebbe sembrare secolo come pochi secondi, ci staccammo. Lentamente, rimanendo abbracciati, entrambi sorridendo.

Lui mi strinse di nuovo le mani, ma con più forza.

<< Vuoi stare con me? >> chiese d’istinto, come se le parole si fossero formate da sole, perché era la cosa più naturale del mondo. Sapevo che non era una proposta ragionata.

Mi colse però alla sprovvista. Forse era presto, forse non ci conoscevamo abbastanza, forse non ci piacevamo così tanto.

Poi la mia mente mi suggerì una frase, come un bigliettino che ti viene messo davanti allo sguardo durante una verifica. Faceva parte di un racconto che avevo letto nell’ultimo periodo e diceva… Diceva che si vive una volta sola. Diceva che bisogna cogliere al volo le opportunità, perché di solito non se ne ha una seconda. Diceva che bisogna tentare, rischiare e mettersi in gioco, perché il dolore è momentaneo, il rimorso è per sempre. Diceva semplicemente di vivere, vivere al meglio.

Quindi, senza ragionarci più su, senza fare congetture inutili e noiose, dissi:

<< Si >> e gli sorrisi.

Così mano nella mano, come solo i bambini piccoli e le persone che si vogliono bene sanno fare, ci avviammo verso casa mia.

 

OK non arrabbiatevi!! Lo so che in questo primo capitolo non c’era praticamente niente su Conor… Ma era per introdurre un po’ tutto.  Il titolo è This is me, una canzone che ha cantato Demi Lovato in un film. Spero di riuscire a dare come titolo di ogni capitolo una canzone che lo rappresenti… Comunque, nel prossimo passo ci sarà un incontro davvero speciale… E la storia comincerà a diventare intricata… Mi raccomando, vi aspetto! Se riuscire recensite, condividete… Fatemi sapere come vi sembra! J

  
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