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Autore: _Freiheit_    05/05/2013    3 recensioni
D’un tratto sbattei contro qualcosa di caldo e quasi caddi, ma quel qualcosa, o meglio qualcuno, mi trattenne. Dallo spavento avevo chiuso gli occhi, gli riaprii e mi ritrovai faccia a faccia con il ragazzo sconosciuto. Mi staccai bruscamente da lui e mi piegai a raccogliere le mie cose, che erano cadute nello scontro.
«I’m so sorry!» disse il ragazzo piegandosi a sua volta per aiutarmi.
Quindi era pure straniero, perfetto. Adesso come potevo insultarlo ben bene?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La sveglia suonava come ogni mattina. Non avevo voglia di svegliarmi, ero troppo comoda nel letto, ma mi costrinsi a spegnere la sveglia prima che svegliasse pure mia sorella, la quale in risposta non avrebbe esitato a uccidermi. A fatica mi trascinai fuori dal letto, raccattai i vestiti nuovi sulla sedia e andai in bagno a darmi un aspetto almeno decente.

Erano già le 6:30 quando finii di prepararmi e mi recai in sala per fare colazione. Mio padre era lì che finiva di apparecchiare, minuzioso come sempre. Aveva sempre voglia di parlare al mattino e, per sua fortuna, quel giorno anche io avevo voglia di fare un po’ di conversazione, anche se queste occasioni le si potevano contare sulle dita di una mano.

Divorai la colazione piuttosto velocemente e mi fiondai in camera a finire di preparare lo zaino. Come sempre ci impiegai una vita, per evitare di fare troppo rumore e quindi rischiare di svegliare mia sorella.

Le 7:00: era decisamente ora di andare alla fermata dell’autobus.

Da tre anni ormai mi svegliavo alle 6:00 del mattino per andare a scuola. Le lezioni iniziavano alle 8:20, ma dalle 7:00 alle 8:15 c’era il tragitto in autobus. Dopo un po’ ci si fa l’abitudine e l’ora del viaggio passa in un attimo. Stavo sempre seduta vicino a Chiara, una delle mie migliori amiche.

Andavamo nella stessa scuola, ma in sezioni diverse. Prima che me ne accorgessi eravamo già arrivate a destinazione. Attendemmo che l'autobus venisse parcheggiato e poi ci incamminammo verso scuola, seguite da Francesca che intanto ci aveva raggiunte.

Ero ancora intontita e non me la sentivo proprio di fare due ore di chimica. A cosa servirà la chimica in un liceo artistico? Pazienza, ormai ero lì, non mi potevo tirare indietro. Salutai Chiara e Francesca all’altezza del terzo piano e proseguii fino al quarto, aula 15. Come al solito ero in ritardo, metà della classe era già arrivata e per un pelo riuscii a sedermi al mio solito posto. Due ore di chimica di prima mattina erano davvero pesanti, ma in qualche modo, per puro miracolo, riuscii a non addormentarmi.

In classe c’era un gran chiacchiericcio, per lo più erano notizie inutili o private: ma tra esse sentii Veronica parlare con Noemi. Le stava dicendo di aver saputo che a Pesaro c’era qualcuno di famoso. Mi sembrò di capire che si trattasse di un band, ma non riuscii a coglierne il nome. Non era un fatto strano per me, infatti poco tempo fa c’era stato un concerto dei Muse proprio a Pesaro.

Passai in rassegna gli impegni del pomeriggio, dovevo proprio andare in centro quel giorno a prendere qualche libro in biblioteca. Mandai un messaggio a Laura e Chiara per chiedere loro di accompagnarmi. Alla quarta ora mi risposero entrambe dicendo che quel giorno proprio non potevano accompagnarmi. Finalmente erano finite le lezioni e mi sbrigai ad andare al piazzale degli autobus, prima che mi fregassero il posto. Sull’autobus cercai di convincere Chiara a venire con me in centro quel pomeriggio, ma non ottenni nessuno risultato.

Ad un certo punto mi venne in mente il discorso di Veronica che avevo sentito in classe.

«Chia, tu sai niente di qualche band che è a Pesaro?»
«No, perché?»
«Avevo sentito Veronica parlarne con Noemi..» risposi.
«Boh, non saprei dirti. Però tra poco i TH saranno a Pesaro!!» disse tutta eccitata.

Giusto, Chiara e Laura avevano un amore pazzo e incondizionato per i Tokio Hotel. Ogni volta che ne avevano la possibilità mi parlavano di loro e spesso e volentieri stressavano pure le altre due componenti del nostro piccolo gruppo: Eleonora e Rachele, cercando di farci diventare delle fans. Da un po’ di tempo ero riuscita però a farmi valere e da tre mesi ci avevano rinunciato, etichettandomi come una causa persa, cosa che mi faceva piacere da un lato.

«Ah, è vero. Per il concerto giusto?» domandai.
«Si! Non vedo l’ora!!». Sarebbe stato meglio se non avessi fatto quella domanda. Chiara prese a parlare a macchinetta sulla band tedesca che la ossessionava tanto, soffermandosi nel descrivere la “straordinaria bellezza” del chitarrista, Tom Kaulitz, ma dopo un po’ riuscii, per fortuna, a farle cambiare argomento.

Finalmente alle 15:00 arrivai a casa, mangiai e alle 16:00 uscii.
Non mi piaceva il centro, era pieno di gente che detestavo e in più era sempre affollato. Ma dovevo per forza attraversarlo, quindi parcheggiai il motorino in piazzale e mi diressi verso la biblioteca. Non era la via più breve che avrei potuto percorrere, ma avevo sbagliato strada e non avevo voglia di tornare indietro e riaffrontare il caos del traffico.

Come avevo previsto era inondato di gente, ma questa volta più del solito: strano. Le persone quel giorno erano frizzanti, eccitate, sarà per via della band? Notai quasi subito gruppi di ragazze che correvano ovunque. Non avevo mai capito quel comportamento così frenetico nei confronti di personaggi famosi e non mi interessava saperlo.

Mentre passavo davanti ad un bar, notai un ragazzo sui vent’anni comodamente seduto ad un tavolino, da solo. Aveva i capelli biondi e lunghi ed anche se erano raccolti, si capiva che non erano corti. Indossava un berretto beige e degli occhiali da sole che coprivano buona parte della faccia. Ero sicura che fosse un uomo, ma aveva un atteggiamento vagamente femminile. I suoi abiti, però, mi convinsero del fatto che fosse un ragazzo, infatti indossava una giacca di pelle nera lasciata aperta, jeans e scarpe da ginnastica. Sotto la giacca aveva una canotta bianca che delineava il suo corpo. Dal petto completamente piatto conclusi che fosse un uomo, anche se nutrivo ancora dei dubbi.

Era stranamente distaccato da tutto quel entusiasmo che coinvolgeva la piazza, rilassato e perfettamente a suo agio, come se per lui fosse una cosa normale. Che strano personaggio.
Proseguii spedita verso la biblioteca, lanciai un ultimo sguardo verso il ragazzo strano e mi sembrò quasi che anche lui mi stesse guardando, ma era impossibile da stabilire da dietro gli occhiali da sole.

Finalmente giunsi alla biblioteca, presi in prestito i libri che mi servivano e tornai al motorino.
Passai di nuovo per la piazza, l’euforia collettiva non si era assorbita per niente e, invece, mi sembrò che ci fosse addirittura più gente. Guardai verso il bar di prima, ma il ragazzo se n’era andato. Sorrisi nel pensare ad un tipo del genere che camminava in mezzo a quel caos.

D’un tratto sbattei contro qualcosa di caldo e quasi caddi, ma quel qualcosa, o meglio qualcuno, mi trattenne. Dallo spavento avevo chiuso gli occhi, gli riaprii e mi ritrovai faccia a faccia con il ragazzo sconosciuto. Mi staccai bruscamente da lui e mi piegai a raccogliere le mie cose, che erano cadute nello scontro.

«I’m so sorry!» disse il ragazzo piegandosi a sua volta per aiutarmi.

Quindi era pure straniero, perfetto. Adesso come potevo insultarlo ben bene?

   
 
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