importante:
Parte prima.
A- Questo
è
l'inferno. Forse.
B- Forse siamo la
reincarnazione dei crimini altrui. Bestie da macello.
A- E la fine?
B-Un contrappasso
divino.
A-Non ti sembra un
po' troppo generalizzato, per essere un contrappasso?
B-E crudele.
A-E doloroso.
B-E...ingiusto.
A-Il contrappasso
non è ingiusto.
B-Non dovrebbe.
A-Chi lo giudica?
B-Dio..credo?
A-E tu ci credi?
B-In
Dio?
A-Mh.
B-Si, ci credo.
A-E cosa credi?
B-Che sia un
fottuto bastardo.
A-Ma chi siamo per
giudicare?
B-Nessuno.
A-Solo umani.
B-Solo miserabili.
A-Solo condannati.
B-Solo la
reincarnazione dei crimini altrui. Bestie da macello.
A-E questo
è
l'inferno.
Non sa nemmeno come
ci sia arrivato, lui,
in Corea del Nord. Ma nel momento in cui vi metti piede, non importa
che tu sia
un qualunque studente di casata basso-borghese o il figlio di un
importante
imprenditore. Ammettiamo che una persona possa essere generalizzata in
una
particella subatomica. C'è chi ha carica positiva e chi ha
carica negativa.
Bene. La Corea del Nord è una cellula nebulosa che annulla
la tua carica e ti
rende un involucro di carne e sangue, ti assoggetta, sigilla le labbra,
cuce le
palpebre; mutila i tuoi pensieri, ne ruba l'essenza e ti restituisce
futili
moncherini con su scritto va
tutto bene. Va
bene restare
segregato per mesi in una
camerata di dimensioni misere, con decine di altre persone, in
condizioni
igieniche che sono un insulto al pulsare debole e cieco che tiene in
vita i
corpi scarni. Va
bene che
periodicamente vengano prelevati gruppetti di persone e va
bene non
vederli più tornare. E va bene
anche quando quello-che-dorme-nella-branda-accanto-alla-mia, un
ragazzo appena quindicenne con le
labbra sottili e i capelli neri, ti rivela in gran segreto che quelli
che se ne
vanno sono tutti morti, perché vengono usati come cavie e
sottoposti ad
esperimenti che al novanta
percento coinvolgono
armi
chimiche; e questa è la fine che al novantanove
percento spetta
ad ogni prigioniero. Tutto
questo se sei fortunato.
Se non lo
sei...bé, Oh SeHun è convinto
di essere in procinto di scoprirlo che cosa accade se non sei
fortunato. Che
poi la differenza tra bene e male sia sottilissima, così
labile che quasi
sembra trarti in inganno affinché tu possa infrangerla,
quello lo sanno tutti.
Ma chi la oltrepassa non è mai tornato indietro. Tornato
indietro da dove,
direte? Lo chiamano il Campo ventidue. Secondo Lu Han, invece, era l'
inferno.
Ma Lu Han è sempre stato uno particolare, uno alternativo.
diciamo una
particella elettricamente incostante, un po' positiva, un po' negativa.
Capace
di mettere in crisi la cellula nebulosa. E per questo, destinato alla
soppressione.
Al Campo ventidue,
le cose accadono e
basta. Probabilmente esiste un ordine, una sequenza, un rapporto causa
effetto
o una serie di validi motivi -che comunque agli occhi delle vittime non
apparirebbero mai validi. Ma è evidente che esserne a
conoscenza sia un
privilegio delle personalità al vertice del governo; coloro
che, forti di una
superiorità conquistata con la violenza, osservano dall'alto
il piccolo mondo
da loro creato in segreto, e giocano a fare gli Dei.
.
♦
La prima volta che
lo vede, lui è nudo.
Nelle docce del dormitorio, piccole, strette, sudice. Il suo corpo
ossuto e
bianco balena a tratti tra gli effluvi malsani del vapore stagnante. E'
piccolo
e sottile.
Per un istante ha
davvero paura che sia
una ragazza, gettata per un qualche stupido scherzo nel dormitorio
maschile,
così, indifesa, carne fresca e ancora non recante i segni
della morte. La
purezza capace di suscitare l'istinto animale di vittime a lungo
recluse,
torturate, instabili sia fisicamente che mentalmente. Poi nota
i muscoli,
seppur appena accennati, delle gambe, della schiena, degli avambracci.
No, è un
maschio. Ma non basta. E' anche bello. Molto bello. Così
bello che a pieno
diritto potrebbe sortire lo stesso effetto di una bella ragazza su una
massa
ansimante di giovani uomini.
Lui ,Oh SeHun,
compreso. Sì, perché no? Siamo
solo bestie da macello,
mormora l'ombra di una voce tagliente, emersa da una delle tante ferite
della
sua anima, spacciandosi per una considerazione razionale.
SeHun non ha
neppure finito di pensarlo
che già allunga le mani. Ma alle sue povere dita, ossute e
livide, non viene
concesso il privilegio nemmeno di sfiorare quel corpo. Il ragazzino
scatta, e
con un ringhio animalesco gli assesta un calcio in faccia in una
spaccata
perfetta.
Poi si accascia
contro la parete, e si
ripiega su se stesso, come un piccolo riccio. Resta a guardare SeHun,
ansimante, gli occhi sgranati, i denti serrati e scoperti.
-Oh, mavvaffanculo,
cosa sei, un
selvaggio?!-
Gli grida contro
l'offeso, tenendosi le
mani sul viso.
Ma SeHun ha come
l'impressione di essersi
autoaccusato, perché riesce a vederlo chiaramente quel
pensiero tentatore che
lo ha spinto ad avvicinarsi in silenzio, giusto nell'attimo in cui si
dilegua. Carne
fresca. Corpo caldo.
L'altro serra le
dita sui suoi stessi
avambracci, così forte da graffiarsi, e non lo perde di
vista un momento.
-Sel... vaggio.-
Mormora poi. Le sue iridi
tremolano appena, e le pupille si dilatano a dismisura. Ha un evidente
accento
cinese e la voce roca di chi non spiccica parola da parecchio.
-Sì,
selvaggio, perdio. Io Tarzan tu Jane.
Non parli coreano?-
-Sì,
parlo. Parlo Coreano.-
SeHun accenna ad un
movimento minimo verso
di lui, e questi si ritrae ancora di più, spiaccicandosi
contro la parete
scrostata e ruvida, che gli grattugia le spalle scoperte.
E' evidente che ha
già subito prepotenze
di un certo tipo. Il suo comportamento tanto scostante e sospettoso non
può
spiegarsi in altro modo.
-No, tranquillo,
non ti faccio niente.
Come ti chiami? Sei nuovo?- Mormora. Poi pensa che il dialogo potrebbe
essere
paragonato a quello di due compagni di classe il primo giorno di liceo
e ride
amaramente, perché il liceo lui non se lo ricorda
più.
Il ragazzino alza
il viso, ed alcune gocce
d'acqua sporca si depositano leggere sulle sue guance.
Ha gli occhi grandi
e la pelle luminosa,
curata. L'ombra di una tinta castana muore in una ricrescita corvina.
Probabilmente prima di essere portato al campo era molto ricco.
-Ah...
non
so.-
-...In che senso?-
-Io... non mi
ricordo.-
SeHun non sa se
ridere o piangere. Ma sono
al Campo ventidue, le reazioni emotive non hanno significato, ormai. E'
un
luogo senza umanità. Quindi la sua espressione rimane
immutata. Giusto
vagamente interrogativa.
-Non ricordi il tuo
nome? Hai preso una botta
in testa? O ti hanno torturato?-
-Non lo
so...davvero.-
-Sei strano. Ma non
fa nulla. Tanto fino a
che sei qui niente ha importanza. Ti chiamerò Han, che
significa prima
dell'alba. Cioè, è l'unico nome cinese che
conosco. Ha un suono positivo però,
non trovi? Come di speranza.-
-Han.
Sì, è bello.-
Solo alcuni giorni dopo SeHun decide di anteporre ad Han il nome
"Lu", che significa cervo -e non
manca di spiegarlo, come se Lu
Han non conoscesse il cinese-. Quando Lu Han gli fa notare come i due
nomi non
centrino nulla l'uno con l'altro, SeHun ride e risponde che
sarà il loro
segreto, perché nessun altro conosce il cinese nel loro
dormitorio, ed un
segreto è un bel modo per iniziare un' amicizia.
La loro amicizia,
la loro breve e
pre scandita amicizia, nasce dalla fantasia di una violenza, e un'
amnesia
totale. Eppure è capace di germogliare, anche se piantata in
un terreno arido,
innaffiata col sangue, confinata sotto una campana di piombo in un
giardino
oppresso dalla dittatura.
Lu Han e SeHun si
aggrappano l'uno
all'altro, nella consapevolezza che mai nemmeno l'eco di una supplica
raggiungerà i civili; presto o tardi, più di
cinquantamila anime sprofonderanno
nel suolo arido di Haengyong,
una città al confine con Russia e Cina, nascosta alla
coscienza mondiale da
spesse pareti di roccia, lo stesso materiale di cui Lu Han era convinto
fosse
stato creato il cuore degli uomini in bianco che ogni giorno prelevano
alcuni
dei "campioni umani" dal dormitorio. Quale crudele divinità
avesse avuto
la presunzione di crearli però, non fece in tempo a
scoprirlo.
. ♦
Un giorno, stanno
parlando di Dio. E
quando parlano di Dio, anche se ormai Dio è nulla
più che una vaga eco che ha
già deciso chi salvare, parlano di speranza. E quando
parlano di speranza parlano
di fuga e di vita vera, di cibo vero, di casa, di famiglia, di
innamorarsi e di
viaggiare insieme. In realtà, sanno già di
amarsi, ma nessuno dei due ha il
coraggio di dirlo chiaramente, perché pronunciare ti
amo nel
silenzio malsano delle docce del
dormitorio suonerebbe come una bestemmia, e di bestemmie ne volano
già troppe,
non solo verbalmente: la vita quotidiana è un insulto
all'umanità, nei gulag nord
coreani. E poi l'ammettere che la
loro bolla amorosa è una particella a sé e senza
via di scampo fa paura.
Sarebbe come riconoscere che non c'è nessuno là
fuori che verrà a salvarli, e
questo lincerebbe brutalmente anche gli ultimi brandelli di significato
che
animano i loro sogni.
Un giorno stanno
parlando di Dio. E quando
parlano di Dio, parlano di speranza. Nessuno dei due sa che
è l'ultima volta.
Un giorno, stanno
parlando di Dio e di
speranza. Poi Park Chanyeol fa irruzione nelle docce e SeHun si
arrabbia perché
accidenti, è l'unico luogo vagamente definibile appartato,
eppure lui
dovrebbe capire, perché ama Baekhyun e Chanyeol e Baekhyun
sono la coppia con
cui, a turno, utilizzano le docce per stare soli, perché
sono talmente obsolete
e mal ridotte che il preferire rimanere sporchi è
completamente giustificato. E
poi nessuno ha mai smaltito la paura che invece dell'acqua possano
fuoriuscire
gas tossici.
Un giorno, Oh Sehun
e Lu Han-senzanome
stanno parlando di Dio. Poi Park Chanyeol fa irruzione nelle docce, e
SeHun,
oltre che arrabbiarsi, pensa che in apparire non abbia nulla da
invidiare ai
cadaveri che ogni sera vengono trasportati dai laboratori alle fosse
comuni.
Chanyeol arranca di qualche passo. Le sue gambe sono rigide e le muove
come se
pesassero tonnellate. Ansima pesantemente e le mani gli tremano. La sua
camicia
è sudicia, ma in corrispondenza dello stomaco si allarga una
chiazza più scura
ed umida del resto: probabilmente ha vomitato succhi gastrici.
-Baekhyun
è morto. Alle camere. Ieri.-
Rantola. Più che difficoltà nel respirare, SeHun
ha l'impressione che Chanyeol
non voglia più farlo. Ha l'impressione che respirare gli
provochi una
sofferenza atroce e che voglia smettere, al più presto. E lo
capisce, e
vorrebbe provare pietà. Ma tutto ciò che riesce a
fare è stringersi al petto Lu
Han, come se il pallore cadaverico di Chanyeol possa rivelarsi una
terribile
epidemia e contagiarli entrambi.
Poi Chanyeol crolla
al suolo, e quando il
suono del suo cranio che cozza contro le mattonelle incrostate li fa
trasalire
entrambi, Lu Han e SeHun sanno che non c'è più
vita in Chanyeol e che, allo
stesso modo, non c'è speranza, nè un dio.
Solo tanti attoniti
minuti dopo, SeHun
trova il coraggio di raccogliere la fiala trasparente che Chanyeol
stringe tra
le dita ancora rigide. E' piena per un quarto, ed appesi al collo
tramite un
pezzo di spago malconcio, vi sono un bigliettino ripiegato
più volte e un
carboncino scheggiato. Probabilmente, a spaventare SeHun è
più il contenuto del
foglietto che la consapevolezza intuitiva ma immediata che la fiala
racchiude
veleno.
Non c'è
speranza per la vita.
Ma c'è
speranza
per la pace.
Un milligrammo.
JongIn
Junmyeon
Kyungsoo
Chanyeol
A SeHun sembra
quasi di vedere le mani
livide e le dita tremanti tracciare quelle ultime testimonianze di
esistenza.
Improvvisamente, coglie il significato mastodontico che il piccolo
oggetto
reca, e sente il proprio cuore raggrinzirsi. La stretta soffice del suo
compagno gli accarezza i fianchi. Si guardano.
Ora si tratta solo
di decidere se
possiedono la forza ed il coraggio necessari per portare ciò
che rimane di
JongIn, di Junmyeon, di Kyungsoo e di Chanyeol, fuori dall'inferno, nel
mondo
reale. Oppure firmare la propria condanna e passare il fardello a chi
ancora è
così coraggioso da sperare.
D'un tratto, SeHun
capisce che questo è il
vero eroismo, e riesce a dirlo, ti
amo, perché è la penultima certezza,
prima della scelta finale, e non ha
importanza che suoni come una bestemmia, perché non
c'è nessuno lassù a
giudicarlo.
. ♦
-Tetradotossina. E'
una neurotossina cento
volte più potente del veleno per eccellenza, il cianuro. E'
sufficiente un
milligrammo di Tetradotossina per fottere il sistema cardiorespiratorio
di un
uomo adulto, causandone la morte entro un tempo che va dalle due alle
otto
ore.-
Snocciola Lu Han,
con una faccia
stralunata che spaventa SeHun ancor più dell'essenza di
morte che stringe tra
le dita.
-Ti amo- risponde
d'istinto. Ed è un'
affermazione che non ha niente a che vedere con quella di Lu Han, come
Lu ed
Han sono due nomi che non hanno niente a che vedere l'uno con l'altro.
-Cosa?- esclamano
all'unisono.
E si guardano di
nuovo, nel silenzio, anzi
no, nel vuoto più assoluto, in cui le uniche certezze sono
loro stessi e
null'altro che loro stessi. E stanno per baciarsi, SeHun lo sa,
perché Han ha
gli occhi fissi sulla sua bocca e si lecca le labbra inconsciamente.
Stanno per baciarsi
e invece le porte del
dormitorio si spalancano e i prigionieri gridano e gli uomini in bianco
dilagano nella stanza come tanti piccoli spermatozoi che penetrano un
ovulo
cieco, marcio, infecondo.
-Tutti in
fila.-
Ore più
tardi, Oh SeHun si trova di nuovo
nelle docce, solo, e non è poi così sicuro di
essere vivo. La fiala di veleno è
dove l'ha lasciata, travolto dall'incombenza degli eventi. Il luccichio
del
vetro ammicca nella penombra, sepolto tra la sporcizia dell'angolo
più nascosto
delle docce.
Oh SeHun, sente
improvvisamente il bisogno
di catalogare. Così raccoglie l'oggetto, dispiega il
bigliettino e, impugnato
il carboncino tra indice e pollice, scribacchia alcune lettere storte.
Ma non
il suo nome. Per quanto frustrante sia l'indecisione, non è
ancora sicuro di
non avere il coraggio di tentare il tutto per tutto, perché
ora non ha nulla da
perdere, e non aver nulla da perdere è la condizione
dell'eroe.
03 Gennaio
2010. Oggi hanno preso Lu Han.