Only mine.
Se ne era andato.
Se ne era andato
così: senza
rimuginarci sopra, senza saluti o
addii.
Lui se ne era andato
via, come se
non avesse nessuno a cui dover dare spiegazioni.
Se ne era
andato, semplicemente, perché
sentiva di non aver più nulla da dare né da
ricevere, in quel luogo.
Sì,
Damon Salvatore se ne era andato perché
aveva capito che la vita a Fells Church non faceva per lui.
Ciononostante se ne
era andato, voltandosi indietro.
Solitamente
doveva essere il contrario e forse,
lo avrebbe fatto anche lui, se quel mattino di due anni fa non avesse
incrociato lo sguardo deluso e triste di lei.
Strana la vita. Si
ritrovò a
pensare.
Si era
innamorato della fidanzata di suo
fratello, aveva sofferto per la scelta di lei: motivo per il quale
aveva scelto
di andar via. Eppure, ricordava ancora l’unico motivo per cui
si era voltato
indietro: lei, Bonnie.
Il suo sguardo
deluso e affranto, aveva
colpito Damon più di uno schiaffo in pieno viso.
Lì
per lì non vi badò molto, ma non era
passato molto tempo, che la sua mente si era ritrovata dentro quella
scena: lui
che stava per andarsene, lei che usciva da un negozio sorridente mentre
parlava
al cellulare.
Un secondo, un
misero secondo e i loro
sguardi si erano incontrati.
Sorpresa,
consapevolezza e poi dispiacere.
Erano questi i sentimenti che Damon aveva letto in quegli occhioni
color delle
foglie d’autunno. Lei non
lo aveva
fermato, non lo aveva rincorso o chiamato in lontananza, semplicemente,
aveva
sospirato e con un sorriso tirato aveva ricominciato a parlare al
cellulare,
scomparendo via via tra la folla.
In quel momento
Damon non sapeva
spiegarsene il motivo, ma voleva che lei lo fermasse, che lo
supplicasse di
rimanere; Eppure così non fu, ingranò la marcia e
semplicemente scomparve, come
scompare una nuvola in mezzo al vento.
Erano passati
due anni da quel giorno: nessun
contatto, nessuna lettera, niente di niente.
Era tornato per
un unico motivo: lei.
Aveva passato
due anni a viaggiare, a
uccidere, a fare cose folli. Cose alla Damon Salvatore. Ciononostante,
ogni
pensiero non era rivolto a Elena o al suo caro fratellino Stefan, no.
Ogni pensiero
era tutto per quello sguardo,
per la sua streghetta.
E fu
così che pensando a quegli occhi,
nella sua mente si era scatenato una specie di tornado. Tornado, che
gli aveva
toccato cuore e anima.
Ricordava i suoi
lunghissimi capelli, il
suo profumo di fragola, il suo sorriso così genuino.
Ricordava come lo
guardava: lei diversamente dalle altre donne non lo aveva mai guardato
lascivamente. Lei lo guardava con dolcezza, amore, di
quell’amore, che aveva
capito di provare anche lui, ma non per Elena, ma per lei, Bonnie.
Era stato
così sciocco a non capirlo prima!
Insomma, gli ci era voluto un viaggio lungo due anni per capirlo.
Ma
d’altronde, lui non era bravo con i
sentimenti, men che meno non
era bravo a
capirli.
Ma adesso era
tornato e ogni pensiero era
superfluo, l’avrebbe conquistata, l’avrebbe persino
supplicata in ginocchio di
dargli una possibilità, se fosse stato necessario.
Ed ora era
lì, sotto un temporale, nascosto
nell’ombra e la osservava.
Era bellissima,
non di quelle bellezze
perfette o artefatte, no. Lei era di una bellezza pulita, di quella
bellezza
che coglievi nell’esatto momento in cui osservavi sbocciare
una rosa, fino a
vederla essiccare. La sua era una bellezza rara, perché pura
e naturale. Ed era
sua.
Almeno
così credeva, fino a quel momento.
I tuoni e la
pioggia incessante facevano da
scenario: Bonnie, la sua Bonnie
correva sotto la pioggia spensierata.
Sorrise
involontariamente, altre ragazze
sarebbero corse innervosite, poiché la pioggia avrebbe
rovinato loro i capelli,
ma non lei, lei era felice. Sembrava una bambina in quel momento.
Damon si
aggiustò la giacca di pelle, era
pronto a fare la sua comparsa, dichiarare alla streghetta
il suo amore e lambire quelle labbra su cui tanto aveva
fantasticato.
Ma
improvvisamente, mentre stava per uscire
dall’ombra, vide ciò che non avrebbe mai voluto
vedere: la sua Bonnie che correva
tra le braccia di un altro. In quel momento
un tuono squarciò il cielo, copia del suo cuore.
Quanto era stato stupido!
Davvero credeva
che la streghetta lo avrebbe
aspettato?
Eri
mia
solo mia, mia, mia quando bastava un'occhiata ed eri come rapita. Eri
mia solo
mia, mia, mia, fino a quel giorno che tu hai riscoperto la vita.
Sorrise sardonico, era sua, ma
con che
diritto si prendeva tale merito?
Ricordava ancora gli sguardi che lui le lanciava e che lei prontamente
coglieva con imbarazzo, un imbarazzo dolce e al contempo sensuale. Era
sua,
doveva esserlo! Lui l’amava e credeva…
Sì, credeva che anche lei lo amasse.
Eri
mia,
solo mia, mia, mia quando tu sola e in silenzio per ore e ore aspettavi.
Lei
lo aspettava sempre.
Ricordava
ancora, quando da lontano la spiava sotto forma
di corvo. Lei lo aspettava sul davanzale della finestra, solo a tarda
ora si accingeva,
delusa, verso il letto. E solo dopo che lei si era addormentata, lui
aveva
osato entrare per poterla osservare. All’epoca non capiva
perché lo facesse, ma
ora era tutto maledettamente chiaro.
Strinse i pugni.
Lui l’aveva salvata dai pericoli, lui
l’aveva protetta, lui vegliava su di lei. Lui
l’amava! Quello stupido damerino
che adesso la stringeva a sé non era niente. Niente! Lui
l’aveva trasformata nella
meravigliosa donna che era, lei era sua e di nessun altro.
Eri
mia
solo mia, mia, mia quando tu ancora eri un verso che facilmente rimava.
Sorrise.
Sorrise nonostante avesse voluto attraversare la strada e uccidere
quell’individuo, sorrise nonostante la pioggia incessante lo
aveva bagnato
tutto, sorrise pensando al suo uccellino, al suo pettirosso. Lei era
convinta
che lui l’avesse chiamata così per la sua
fragilità e forse era anche così. Ma
lui sapeva, che l’aveva chiamata così per la sua
dolcissima voce, una voce che
aveva ricordato incessantemente in
quegli anni trascorsi lontano da lei.
Eri
mia solo mia, mia, mia quando mi davi la forza per seguir sempre
a lottare.
Se avesse avuto
il potere di ritornar indietro nel tempo
e prendere a pugni il se stesso di quei tempi, lo avrebbe fatto. Non
aveva mai
compreso chi gli dava la forza per andare avanti. Lo aveva capito, era
lei. Lei
con i suoi sorrisi, lei con i suoi consigli, lei con le sue battute
fuori
luogo, lei che cercava inutilmente di provocargli un sorriso. Era stato
così
stupido a non accorgersene. Lei era quella che cercava, quando le cose
con
Elena andavano male, lei era quella che lo ascoltava, mentre parlava di
suo
fratello e sempre lei era quella che aveva scoperto un lato di lui, che
nemmeno
lui sapeva di avere, dopo secoli passati nell’odio.
Lei era stata il
suo porto sicuro, da sempre. Ma lui era stato
troppo cieco per rendersene conto.
Eri
mia
solo mia, mia, mia quando noi due restavamo per notti intere a parlare.
La
guardava scomparire
nel traffico abbracciata a lui,
cosa
aveva di così speciale? Lui non era forse meglio?
Lui
non se ne è andato.
«
Puttanate! Lei non mi
ha aspettato! » disse
sibilando, un
sibilo coperto da un tuono.
A
che serviva ricordare le notti trascorse a parlare, o meglio a lui che
parlava e lei che lo ascoltava? Serviva solo a sentire un dolore per
lui
estraneo, alieno. Un dolore che non aveva mai provato, nemmeno secoli
prima,
quando aveva deciso di spegnere la sua umanità, nemmeno
quando Elena aveva
scelto Stefan. Non era comparabile con niente.
Si
voltò, lei non c’era più, era scomparsa
con quello, e assieme a lei era
scomparsa la sua felicità.
Si
diresse verso il pensionato, avrebbe fatto un saluto al suo caro
fratellino per poi ripartire e andarsene. Questa volta per sempre.
Poi
però cambiò nuovamente idea, prima di presentarsi
dal suo caro
fratello e dalla sua splendida compagna sarebbe andato a caccia. Aveva
bisogno
di sfogarsi, aveva bisogno di fare qualcosa. Qualcosa che non fosse un
omicidio
premeditato verso quell’insignificante omuncolo che aveva
osato abbracciare la sua Bonnie. Ma
con che diritto poi? Lui
se ne era andato, era normale che Bonnie si fosse rifatta una vita.
Sì
ma lei doveva farsela con me, non con quel
coso amorfo con le gambe!
Si
sentiva uno sciocco. Dopo secoli si era lasciato trasportare da
stupidi sentimenti e adesso? Adesso sentiva un dolore sordo nel petto.
Spegni
le emozioni. Spegni le emozioni.
Spegni le emozioni.
No!
Non
poteva farlo. Come poteva spegnere ciò che di più
bello, quella
fanciulla gli aveva donato? Il vecchio Damon, quello egoista, sarebbe
andato
subito da lei e l’avrebbe costretta a scegliere lui,
l’avrebbe tartassata
finché non sarebbe crollata e
sarebbe stata sua per sempre. Ma lei non meritava tutto questo; Lei
meritava un
amore puro, meritava di essere felice e se questa felicità
ce l’aveva grazie a
quel tipo, beh lui si sarebbe fatto da parte. Non seppe precisamente
quanto
vagò, non aveva cacciato, non aveva ucciso, semplicemente
aveva vagato alla
deriva come il suo cuore.
Si fermò in mezzo
a una radura e
appoggiò la schiena su un albero.
Accanto all’albero
tra le erbacce
c’era una piccola margherita bianca. Sorrise amaramente.
Quella piccola
margherita gli ricordava Bonnie: fragile, delicata eppure di una
bellezza
capace di far risplendere qualunque cosa la circondasse.
Quell’erbacce invece,
gli ricordavano se stesso. Rise tra sé.
«
L’erbaccia e la margherita… Sarebbe una storia
impossibile. »
«
Perché? L’erbaccia non merita di essere amata?
Inoltre la quercia dove
sei appoggiato tu è troppo grande per la margherita.
» mai nessuno lo aveva
colto di sorpresa nella sua lunga esistenza, ma per la prima volta si
ritrovò a
sobbalzare a quella voce.
«
Che diavolo ci fai qui? » non seppe perché
usò quel tono,
probabilmente autodifesa, sorpresa o addirittura panico. Lei
alzò gli occhi al
cielo.
«
Sai com’è, a casa non c’è
acqua e io dovevo farmi una doccia, così ne
ho approfittato vista la pioggia incessante. »
finì ironica. Lui non apprezzò.
Stava male ma non glielo avrebbe mai dimostrato.
«
Va a casa, Bonnie. » lei si avvicinò,tanto da
poterla osservare meglio:
in quei due anni era visibilmente cambiata, era più donna,
le sue forme erano
più floride e il suo stile più raffinato, ma
guardandola meglio era sempre la
sua streghetta, semplicemente
bellissima, nonostante fosse zuppa dalla testa ai piedi.
«
Tutto qui? Non ci vediamo da due anni e sai solo dirmi: Va a casa,
Bonnie? Sei proprio uno stronzo! » Damon si voltò
furibondo. Mai nessuno aveva
osato tanto.
«
Scusami? » disse quasi ringhiando. Ma Bonnie non si fece
intimidire.
«Sì,
sei proprio uno stronzo. Ma come osi sparire dal nulla da un giorno
all’altro per due anni! Due stupidi anni, in cui tutti
pensavano ti fosse
successo qualcosa. Tutti tranne me! E sai perché?
Perché come una stupida stavo
sempre sui miei libri di magia, pronta a fare qualche incantesimo per
localizzarti e sapere se stavi bene! Poi spunti, non avverti nessuno
come il
tuo solito e puff, tutto va bene! Vero Damon? » Damon la
osservava basito, la
vedeva muoversi velocemente, gesticolare con foga. Il viso arrossato le
dava
un’aria così magica, avrebbe voluto avvicinarsi
solo per poterla toccare. Era
sorpreso: lei in questi anni aveva usato la magia per localizzarlo?
«
Perché? » fu l’unica parola che
uscì dalle sue labbra. Domanda
stupida, lo sapeva bene, ma non sapeva che altro dire. Bonnie gli si
avvicinò
ancora di più, la pioggia aveva alterato il suo odore,
attorno a lui era come
se ci fosse un campo di fragole.
«
Perché non avevo niente di meglio da fare, perché
sono una stupida e
perché tu sei un coglione criptico, che nemmeno un decoder
ti decodificherebbe!
Perché sei venuto? Perché… Sai cosa?
Tu non hai voglia di vedermi o parlarmi e
io non ho voglia di stare qui a elemosinare più nulla. Non
più. » gli girò le
spalle e iniziò a incamminarsi sotto la pioggia. Se qualcuno
avesse visto la
faccia di Damon, avrebbe sicuramente riso per l’espressione
shockata che aveva.
Non capiva nulla. Che poi da quando Bonnie usava quei toni con lui,
certo non
che non si sapesse far rispettare, ma tutta quella grinta in lei non
l’aveva
vista.
Forse
è rabbia, più che grinta. Gli
suggerì una vocina nella sua testa.
La
inseguì. Lei camminava a passo di carica, gli scappava da
ridere, ma
ovviamente si trattenne per ovvi motivi.
«
Potresti fermarti? »
«
Un po’ di moto ti farà bene, sei ingrassato.
» Damon la guardò
perplesso.
«
Ehi! I vampiri non ingrassano e … Per Dio! Fermati!
» detto questo la
fermò lui stesso bloccandola dalle spalle. La
voltò verso di lui e notò che
stava piangendo.
«
Tu stai piangendo. » non era una domanda. Lei distolse lo
sguardo.
«
È la pioggia, non vedi che tempo? » Damon
passò delicatamente un dito
sulla sua guancia e rubò una goccia da essa.
«
So distinguerne l’odore. » Lei si
allontanò di poco ma lui continuò.
«
Io non capisco perché! Perché questa reazione,
perché mi hai cercato,
perché piangi? » Bonnie lo guardò
seriamente.
«
Davvero non riesci a capirlo? » Damon cercava di pensare, ma
non
capiva lo stesso, lei aveva quel damerino.
«
Ti ho vista, oggi, abbracciare un tipo. Il tuo ragazzo. »
disse
ignorando la sua domanda. Bonnie lo guardò confusa.
«
Eh? » Damon sbuffò esasperato.
«
Alto, capelli scuri, faccia di cazzo, senza alcun fascino. Anzi se
vuoi un consiglio potresti avere di meglio. Tu gli sei andata incontro
e vi
siete abbracciati. » disse l’ultima parola quasi
con disgusto. Bonnie parve
illuminarsi.
«
Ma parli di Khol? » Damon la fulminò.
«
Che nome di merda. » Bonnie sbuffò.
«
Khol non è il mio ragazzo. Lui è soltanto un
amico, ci siamo
conosciuti al college, ma tra noi non c’è mai
stato niente per ovvi motivi… »
«Certo
e dovrei crederti? Ho visto come vi abbracciavate. » Bonnie
lo
prese per le spalle, il suo tocco lo fece sussultare.
« Damon, Khol è gay.
» Ah. AH! Restava
lì a fissarla
come un deficiente poiché non sapeva che dire.
Improvvisamente gli veniva
voglia di stendersi su quella radura e ridere a crepapelle.
«
Ma vi ho visti e… Beh avrai sicuramente qualcuno no?
» disse incerto, Bonnie
gli sorrise.
«
Non c’è mai stato nessuno, Damon. In questi due
anni io ho aspettato
una sola persona. » Lei lo aveva aspettato. Il suo cuore
poteva scoppiare di
gioia da un momento all’altro.
«
Perché? E se non fossi tornato? » Bonnie
alzò le spalle.
«
Se non fossi tornato, ti avrei raggiunto in qualsiasi posto e ti avrei
convinto a tornare. » Damon rimase basito.
«
Perché? » Bonnie alzò gli occhi al
cielo.
«
Ma lo sai che dici troppi perché? » questa fu la
volta di Damon, di
alzare gli occhi al cielo.
«
Dimmelo. » Bonnie tornò seria.
«
No Damon, sei tu quello che stavolta deve dirmi il perché.
Perché sei
tornato? » Avrebbe dovuto star lì a rimuginare i
pro e i contro, ma per la
prima volta in vita sua seguì il cuore e non la logica.
«
Perché eri mia. Perché ho capito tante cose. Non
sono bravo coi
sentimenti, lo sai bene. Io non sono Stefan, non riesco a esprimere
determinate
cose, so che potresti avere di meglio Bonnie, lo so. Per la prima volta
in
tutta la mia vita ho deciso di non essere egoista. Quando ti ho visto
con quel
tipo e ho pensato che fosse il tuo ragazzo, ho pensato che sarei dovuto
andare
via, per sempre. Lasciarti libera di vivere la tua vita felice, che tu
fossi
felice Bonnie. Io… » Lo interruppe mettendogli un
dito sulle labbra.
«
Non mi hai detto la frase che chiunque vorrebbe. » Damon la
guardò
tristemente. Avrebbe voluto darle ciò che voleva, ma non ne
era capace, non
adesso almeno. Bonnie però continuò.
«
Chiunque la vorrebbe, ma io ho avuto di meglio. » La
guardò come si
guarda una pazza.
«
Ti senti bene? Hai capito che ti ho detto o no? » Bonnie
sorrise e
annuì.
«
Le tue parole valgono più di cento ti amo. Saresti stato
disposto a
rinunciare alla tua felicità per la mia, Damon. Non sarai
come Stefan, ma non è
Stefan che amo. Non è Stefan che ho aspettato in questi due
dolorosissimi anni,
non è lui che ogni sera cercavo di localizzare e sapere se
stesse bene, non è
lui l’uomo a cui donerei me stessa: il mio cuore, la mia
mente, la mia anima e
il mio corpo. Perché io non amo Stefan. Io amo Damon.
» Non le fece aggiungere
altro, si avvicinò e la baciò. Le sue labbra
sapevano di fragole, di pioggia,
di lacrime. Sapevano di loro. Bonnie gli si avvinghiò come
se fosse la sua
ancora di salvezza. Non sapeva che in realtà lo era lei per
lui. Bonnie lo
amava, nonostante lui non fosse perfetto e nonostante lui non riusciva
ancora
ad aprirsi del tutto ai sentimenti, lei lo amava. Si staccarono dopo un
tempo
infinito. Damon le prese il viso tra le mani.
«
Eri mia, solo mia, mia mia. » Bonnie strinse fortemente
quelle mani.
«
No, Damon. Io sono tua, e questo vale più di mille ti amo.
» detto
questo si gettò nuovamente sulle sue labbra. Incurante della
pioggia, dei tuoni
e del vento.
Si erano ritrovati, si sarebbero amati. Un amore tutto loro. Un amore in cui non serviva un ti amo per consolidare il sentimento profondo che li legava. Ciò che avevano e che provavano lo sapeva il loro cuore, e quello non mente mai. Per nessuno motivo al mondo.
ANGOLO AUTRICE:
Salveee! Sì sono di nuovo tra i piedi u.u' è un periodo di massima ispirazione che volete che vi dica ç.ç Se vi dico cosa mi ha ispirato sono sicura che cadrete dalla sedia... Vabbè lo dico u.u' mi ha ispirato una canzone che ascoltavo da bambina, di Julio Inglesias ( le parti in rosso, sono pezzi del testo)... Ok mo' direte O.O MA CHE SI ASCOLTAVA? Eh vabbè ù.ù sono sempre stata una bambina intraprendente ahuahauhuah comunque sia, a parte gli scherzi, l'altro ieri ci sono incappata per caso ed ecco che ascoltandola ho visto Damon e Bonnie dentro quelle parole, da lì è nata questa Os. Spero vi piaccia e che come al solito sia riuscita a trasmettervi le mie emozioni :) Qui sotto trovate la canzone incriminata ù.ù' ahahaha a presto! Kiss, Lily.
Io e la mia amica Marta abbiamo
messo su un gruppo su fb,in cui si parla di libri,spoiler delle nostre
storie,giochi,quiz,film,o semplicemente ci si conosce,ci si scherza e
si fa amicizie! Sietele benvenute vi aspettiamo ;)
Betrayed and Lilyanne's Stories
Per chi invece volesse aggiungermi su fb io sono
Lily Masen