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Autore: KiraYashal    09/05/2013    1 recensioni
"Dalle sue mani si era fatta luce, tantissima luce. E solo allora ero riuscito a vederlo per davvero. Una situazione distorta, grottesca, che all’improvviso mi aveva catapultato nella persona grigia di Caim fatta di luce. Quella luce sgargiante che per un tempo infinitamente immenso mi aveva illuso, tradito. Ed ora il tradimento mi aveva aperto le porte del reale animo di Caim. Il terrore mi stava scivolando dagli occhi, la luce mi stava rendendo cieco e non avevo potuto fare a meno di provare, anche in quel momento, ammirazione per l’universo intero, l’universo che non aveva limiti."
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando si pensa alla fine del mondo in genere non si pensa quasi mai possa capitare a te. Quando si pensa alla fine del mondo, si pensa ad un futuro lontano. Certo, da un lato rifletti… In fondo, assistere alla fine del mondo ti rende anche un essere vivente speciale, che è vissuto in un momento dell’universo davvero speciale. Ovviamente quando ci sei nel mezzo non hai il tempo di ragionare su tutto questo. Quando è capitato a me studiavo Ingegneria aerospaziale nell’università della mia città e avevo il mondo davanti, avevo infinite e reali possibilità.

Il mio nome è Andrei. Ho lasciato la mia famiglia da un paio d’anni per andare a vivere nella periferia di una grande metropoli, per perseguire con costanza il mio obiettivo di sempre, la mia aspirazione più grande: il cielo, l’universo. Avevo determinazione da vendere, non mi sono lasciato mai distrarre da nulla, non ho mai lasciato niente al caso.
Caim era il mio compagno di studi e Sara la mia ragazza. La mia era una vita tranquilla, una vita normale. In un mondo in cui tutti si vantavano della propria diversità, io mi accontentavo della normalità. E così ridevo di chi rimaneva a bocca aperta quando parlavo dei miei studi. Per me il cielo era una cosa normale.

 

***



Un giorno apparentemente come tutti gli altri, un giorno che scorreva lento di pioggia, Caim era immobile davanti alla finestra, nell’aula magna dell’università. Guardava fuori. Io ero appena arrivato per lavorare ad alcune diapositive assieme a lui. Mentre cercavo di poggiare il computer portatile sulla cattedra, alcune fotocopie e alcuni appunti mi erano scivolati da sotto il braccio e si erano sparpagliati in terra.

“Oh, è fastidioso quando succede, vero?” Caim si era girato e mi aveva sorriso. Non saprei dirlo con certezza, descrivere la particolare sensazione che avevo provato, ma quando lui aveva girato la testa verso di me, solo la testa, e mi aveva sorriso, avevo pensato che ci fosse qualcosa di stonato nella sua espressione, come se gli occhi non combaciassero più col sorriso, o qualcosa del genere.
“Puoi dirlo forte! Ho sempre troppe cose dietro!” Avevo scosso la testa e mi ero messo ad ammucchiare i miei fogli e le mie penne. E poi, senza preavviso, avevo avvertito un dolore lancinante alla testa. Un dolore che mi aveva fatto sbandare. Mi ero portato la mano alla tempia e mi ero piegato su me stesso nel tentativo di smorzare la sofferenza.
Avevo soffiato dalla bocca un incredulo “Caim, ho qualcosa che non va…”
Gli occhi mi facevano male, “vedere” mi faceva male, come se fossi stato abbagliato. Ma Caim non aveva mosso un dito.
“Perché?” Avevo provato a tirare su la mano, facevo fatica anche a parlare. Che mi succedeva? Stavo per morire? Mi era esplosa una vena nel cervello? E’ così che ci si sentiva?

“Non ti ho mai rivelato su cosa si basa la mia tesi, Andrei. “ La sua affermazione aveva tagliato l’aria e mi aveva lasciato la sensazione dentro di un pezzo di un puzzle che si incastrava nel posto sbagliato.
Mi ero accasciato sul pavimento. In un punto ormai già lontano e sfocato della mia mente, un punto che rischiava di essere sempre più remoto, avevo riflettuto sul perché Caim mi stesse ignorando. Il mio amico di sempre, un compagno di studi che era come un fratello. Forse non si era reso conto…
“Ormai manca poco alla tesi. Io l’ho finita, ho preparato tutto. Tu sai che un pianeta non può esplodere? Non ci sono le reazioni che avvengono in una stella… giusto, Andrei?”
Avevo strizzato gli occhi, confuso e annebbiato, nel tentativo vano di mettere a fuoco il suo profilo.

“Prendi ad esempio la terra. La terra è un pianeta caldo, il suo nucleo ha un’alta temperatura. Questo perché c’è radioattività al suo interno. L'energia liberata raggiunge la superficie lentamente e quindi questa non può esplodere, non esistono i presupposti per una esplosione naturale del pianeta. Forse potrebbe essere disintegrata da un corpo roccioso enorme… Ma non è una possibilità così ovvia. Però farlo meccanicamente cambia le cose.”

Non riuscivo a seguire le sue parole, non riuscivo a capirle. Avevo pensato che probabilmente era a causa del mio cervello. Se stavo morendo, era probabile che non capissi già più nulla, che immaginassi cose che non esistevano, che distorcessi la realtà. Il dolore continuava a colarmi addosso come catrame, mi schiacciava, mi teneva ancorato al pavimento sporco.
“Dove abito io, a molti anni luce da qui, da molto tempo studiamo l’universo e sosteniamo delle prove per verificare le nostre conoscenze, proprio come voi. Io sono qui per questo. Per studiare da vicino ciò che dovrò esporre una volta tornato nel mio mondo. Non fare quella faccia, so che ho vissuto accanto a te praticamente da quando avevi solo 6 anni… Ma per noi la vostra vita è così breve… Comunque, da noi oltre ad esporre le nostre conoscenze, si usa portare una sorta di esperimento che si è svolto. E il mio esperimento si basa sull’esplosione della terra.”
I miei occhi avevano catturato per un breve istante la flebile luce che cominciava ad irradiare la pelle bianca di Caim. Esplosione della terra… Che stava dicendo?

Conseguenze dell’esplosione di un pianeta nel suo sistema solare. Questo è il tema della mia tesi, Andrei”.
Avevo sentito il mio corpo e la mia mente galleggiare. Mi ero sentito solo, circondato da uno spazio infinitamente vuoto e assurdo.
“La vostra intelligenza non è come la nostra, infatti non ho particolari remore nel fare questo e non dovresti averne neanche tu. Non potete percepire ciò che percepiamo noi, siete esseri limitati. E quindi non soffrirete molto. Da sempre riflettiamo sulla domanda: ma gli uomini hanno una coscienza come noi oppure no? E la risposta è ovviamente no…”. Aveva sorriso di un sorriso sghembo e compassionevole.
Una formica aveva fatto capolino tra i fogli dei miei appunti ancora sparpagliati in terra. L’avrei considerata una cosa folle solo qualche istante prima, ma in quel momento non mi ero sentito solo. Avevo pensato che era buffo in fondo, si, davvero buffo, ma non mi ero sentito più solo. Essere considerati alla stregua di una formica... Ma in fondo anche io avevo sempre sostenuto che una formica non ha un’anima, e allora perché mi stupivo se qualcuno di molto superiore a me asseriva esattamente lo stesso? Era una catena.

“Ti ricordi da bambini quando ci siamo azzuffati, Andrei? Anche allora… Volevo toccare con mano la consistenza della tua pelle, ascoltare le percussioni delle mie mani sulla tua carne. Studiare questo vostro meraviglioso corpo mortale.”
Dalle sue mani si era fatta luce, tantissima luce. E solo allora ero riuscito a vederlo per davvero. Una situazione distorta, grottesca, che all’improvviso mi aveva catapultato nella persona grigia di Caim fatta di luce. Quella luce sgargiante che per un tempo infinitamente immenso mi aveva illuso, tradito. Ed ora il tradimento mi aveva aperto le porte del reale animo di Caim. Il terrore mi stava scivolando dagli occhi, la luce mi stava rendendo cieco e non avevo potuto fare a meno di provare, anche in quel momento, ammirazione per l’universo intero, l’universo che non aveva limiti.

“Caim”. Avevo sussurrato con l’ultimo fiato che avevo in gola. “Caim, ti prego, dimmi almeno addio, dimmi anche un semplice ciao. Dimmi addio... Ne ho bisogno. Voglio dire addio a quello che ho creduto che tu fossi, a quello che ho creduto di provare…”. Avevo proferito con un ultimo patetico singulto.

Caim mi aveva guardato con rimprovero, quasi io avessi detto qualcosa che non stava né in cielo né in terra.
L’ultima cosa che avevo visto era stato il suo profilo stagliato nella luce abbacinante, la sua ombra su di me, i suoi occhi sgranati e quell’espressione di rimprovero sul volto. Caim divenne un oggetto in mezzo agli altri oggetti, tutto perse il suo reale significato, tutto scivolò via. Poi il buio, poi la fine, la fine di tutto.


 
   
 
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