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Autore: suzako    10/05/2013    3 recensioni
Inizia e finisce sempre allo stesso modo.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Cheza è bellissima ma non sa nemmeno di colore siano i suoi capelli.  

 

Tiene le mani in grembo e sono così bianche che si confondono con le lenzuola ruvide.

 

E’ cieca, ma tiene il viso sempre rivolto verso la finestra. I medici sono incerti sulla sua condizione, potrebbe essere che i suoi occhi abbiano qualche sensibilità alla luce, ma lei non può dirlo.  Cheza si protende verso la finestra appannata dal freddo invernale come un fiore che si protende verso le luce, e se le chiedi il perché ti risponderà che sta ascoltando, ma forse semplicemente non vuole sentire l’incessante bip delle macchine  che la tengono in vita.


 

 

 

 Piove nella città grande, e sono già passati venti inverni. Sente che sta invecchiando rapidamente.

 

C’era un tempo in cui Kiba le portava sempre una pianta quando andava a trovarla, mai fiori recisi. La sua stanza aveva iniziato a sembrare una serra. Poi però alcuni vasi avevano iniziato a sparire.

 

L’infermiera aveva detto che tutta quell’anidride carbonica era dannosa per la sua salute. Cheza aveva pianto molto, e Kiba non le aveva più portato piante da quel giorno.

 

<< Fa molto freddo oggi. Sono impazienti sai ? Vogliono uscire, ma fa troppo freddo >>

 

Si volta verso di lui nel momento stesso in cui entra nella stanza, perché Cheza non ha bisogno di sentire la sua voce per sapere che è lì.

 

Kiba si siede a fianco del letto e quando Cheza stende lentamente una mano, la stringe nella sua. E’ tiepida.

 

<< Sai, Kiba, quando saremo nel Paradiso non ci sarà inverno. I fiori potranno sbocciare quando vorranno, e chiudersi se sono stanchi. Lì ci sente liberi >>

 

Kiba non risponde, la tiene per mano e stringe un po’ di più.

 

       

✿ ✿ ✿

 

 

 

 

 

Piove nella città grande, e i suoi passi sulla strada non fanno rumore.

Riesce ad orientarsi seguendo il suo olfatto. Riconosce l’odore del pane del negozio all’angolo. Sa che sono le cinque, perché il forno è acceso. Riconosce l’odore della gomma bruciata e del sangue perché c’è stato un incidente tre ore prima, le persone che gli passano di fianco sanno di sudore e alcool, profumi sintetici, sperma e cancrena.

Kiba continua a camminare, anche senza sapere dove sta andando.

 

La prima volta che aveva sentito un odore familiare, era scappato. Per la prima volta nella sua vita, o meglio in questa vita, era fuggito.

 

Tutto inutile, ovviamente. In un modo o nell’altro avrebbero trovato lui.

 

La notte in cui aveva incontrato Hige per la prima volta Kiba non dormiva da giorni e non mangiava da troppo, e l’odore della città era pungente per le sue narici, e ancora adesso l’unica cosa che gli piace ricordare di quella notte è questa, tutti i motivi per cui non è riuscito a evitarlo, perché era troppo impegnato a pensare al fatto che stava per mangiare.

 

Quando si era accorto di lui era troppo tardi, e non era ovvio ? Un baracchino degli hot dog alle tre del mattino, dove altro poteva essere Hige ? In un’altra vita Kiba avrebbe riso. Forse lo aveva fatto. Intanto pensava, prendi il cibo e scappa. Hai bisogno di mangiare. Non si accorgerà di te. Prendi quegli hot dog e scappa, hai solo bisogno di mangiare, hai bisogno di mangiare perché Cheza ha bisogno di te. Prendili e scappa e non voltarti indietro e andrà tutto bene.

 

<< Ehi ! Ehi dove stai andando ? Quelli li devi pagare, stronzo ! >>

 

Kiba aveva iniziato a correre, d’altronde era l’unica cosa che voleva fare, o perlomeno lo sarebbe stata se anche Hige non avesse iniziato a correre come lui, le tasche del giubbotto piene di panini.

 

Doveva solo girare in un altro vicolo e sarebbe andato tutto apposto, se non fosse stato che

 

<< State fermi >>

 

Hige sembrava più rassegnato che spaventato:

 

<< State scherzando spero >>

 

Erano in cinque, e non sembrava affatto che stessero scherzando. Kiba contò sei coltelli e un’arma da fuoco.

 

E poi, Tsume.

 

 

 

✿ ✿ ✿

 

 

 

 

 

 

Una volta aveva sentito le infermiere parlare. Cheza dormiva e la porta della stanza era chiusa e non avrebbe dovuto essere capace di udirle, ma le cose stavano così.

 

<< Hai notato una cosa ? Anche quando non le facciamo le spugnature, ha un profumo buonissimo. Gli altri puzzano da morire ma lei no, odora sempre di fiori di campo >>

 

<< Ci stavo pensando anch’io. Forse è l’odore di tutta la roba chimica che ha nel corpo. Non sono neanche sicura sia un essere umano >>

 

<< Hai sentito le storie ? >>

 

<< I suoi occhi mi fanno impazzire. Odio quando mi guarda >>

 

<< Non può guardarti, è cieca >>

 

<< E io ti dico che mi guarda, fidati >>

 

<< Povera ragazza. Non dà mai problemi >>

 

<< Dicono che sia la figlia del proprietario di una grande casa farmaceutica nel nord dell’Europa. Hanno fatto degli esperimenti su di lei quando era un embrione in provetta, ed è per questo che è finita così >>

 

<< Ma è mostruoso >>

 

<< E non è finita. Hai presente i test settimanali ? Quelli del giovedì ? Fanno qualcosa di strano. Non sono solo controlli sulla sua salute perché se ne occupano dei dottori che non sono dell’ospedale. Io credo che stiano ancora sperimentando su di lei, è per questo che la tengono qui e spendono tutti quei soldi per tenerla in vita, perché è ancora utile >>

 

<< Sembra la trama di un film dell’orrore >>

 

<< Infatti probabilmente sono tutte idiozie. Andiamo a mangiare ? >>

 

 

 

 

✿ ✿ ✿

 

 

 

 

 

 

<< C’è mancato poco eh ? >>

 

Nessuna risposta.

 

<< Sei bravo a cavartela in queste situazioni. Figurati se quei tipi potevano aspettarselo, ah ah. Dove hai imparato a combattere così ? Fai parte di una gang ? >>

 

Kiba prese a camminare più veloce.

 

<< Come ti chiami ? Io sono-

 

<< Ci hanno lasciato andare >>

 

Hige si fermò di colpo, il panino che stava mangiando ancora tra le mani. Kiba aveva fame, stava morendo di fame, ma non poteva non poteva lasciare che accadesse. Non potevano diventare amici.

 

<< In ogni caso, io avevo solo dieci dollari >>

 

<< Perché hai rubato allora ? >>

 

Un’alzata di spalle

 

<< Perché no ? >>

 

Kiba, suo malgrado, sorrise.

 

<< Immaginavo >>

 

<< Te sai prendere a pugni la gente, io sono bravo in questo. E orientarmi. È la prima volta che mi beccano però, forse dovrei cercare di imparare a combattere anche io… >>

<< Non ti hanno ‘beccato’ >>

 

<< Che intendi dire ? >>

 

Kiba sedette sul bordo del marciapiede, tirò fuori le mani dalle tasche e iniziò a mangiare.

 

<< Ah, adesso è tutto più chiaro >>

 

 

 

 

✿ ✿ ✿

 

 

 

 

 

Aveva continuato a incontrare Hige.

 

Per caso. Ovviamente, tutto capitava per caso, anche se non era così.

 

Kiba lo detestava e detestava più di ogni altra cosa non poter evitarlo.

 

E poi ci fu quella sera, fuori dal supermercato, e Hige era ubriaco.

 

<< Oi. Sei Kiba vero ? Kiba, Che ci fai qui ? >>

 

Non gli aveva mai detto il suo nome

 

<< Ci lavoro qui >>

 

<< Lavori ! E da quando quelli come te lavorano ? Quelli che… che in realtà sono… insomma… hai capito >>

 

Avrebbe voluto ridere. Avrebbe dovuto, perché c’era veramente da ridere.

 

Ricordava Freeze City e dover accettare di apparire e comportarsi da essere umano per sopravvivere. Era nato lupo. Sembrava mostruoso.

 

Adesso, ogni volta che guardava le sue mani e vedeva gli artigli, si voltava dall’altra parte.

 

Era nato essere umano, e dopo aveva scoperto di essere un lupo. Non era stato facile. Non lo era tuttora.

 

Un lupo non dovrebbe lavorare. Ma lui cos’era ? Era tutto molto più complicato, più difficile. Non erano solo i lupi a doversi nascondere adesso.

 

Aveva continuato a scaricare e caricare casse, e non aveva visto che Hige si era seduto sul marciapiede, e guardava il fondo della sua bottiglia dentro la quale non si rifletteva nulla.

 

<< Sai, l’altra notte ho fatto un sogno stranissimo >>

 

Lo sapeva. Lo sapeva bene.

 

 

 

 

✿ ✿ ✿

 

 

 

Ti porterò via di qui, Cheza. E non sarà il Paradiso. Il paradiso non esiste, che cosa sciocca. Io lo so perché sono morto centinaia, migliaia di volte, e il paradiso non c’è mai stato. Abbiamo questa terra, e l’acqua, e il cemento. Ma ci sono ancora i fiori. Andremo in un posto dove i fiori possano vivere senza che nessuno li porti via, senza che nessuno li ferisca.

 

Ti piacerebbe un posto così ?

 

Sembra meraviglioso. A ‘lei’ sembra meraviglioso… Kiba… Sembra quasi il Paradiso.

 

 

 

✿ ✿ ✿

 

 

 

 

 

Nel sogno che ho fatto, Kiba, correvamo continuamente, e il paesaggio continuava a cambiare sotto i nostri piedi.

 

Solo che non erano piedi. Eravamo qualcosa di completamente diverso

 

Mi sentivo… Era come essere elettricità, lo sai ? più veloce di un treno. Era incredibile. E potevo sentire la terra che cambiava, prima l’asfalto di questa città orrenda e poi la neve, la sabbia e l’erba e il ghiaccio. Correvamo a una velocità allucinante. Ed eravamo in quattro. No, in cinque. A volte di più era difficile da dire. Anche quando eravamo fermi, era difficile da dire chi fossimo, o quanti fossimo.

 

Sai una cosa divertente ? C’era anche quel tipo. Quello che aveva cercato di rubarci il cibo ! Che stronzo.

 

Insomma correvamo di continuo perché stavamo cercando qualcosa, no ? Ed eravamo noi solo che eravamo anche tipo animali velocissimi. Era fantastico. E poi c’era questa ragazza che… wow.

 

Quando mi sono svegliato avevo una fame incredibile.

 

 

 

 

✿ ✿ ✿

 

 

 

 

 

Non avrebbe dovuto lasciarla da sola.

 

<< Chi sei tu ? >>

 

Che domanda stupida. Lo sapeva benissimo. Sapeva già tutto. Era sempre stato il primo a ricordare.

 

<< Scusami, scusami tantissimo. E’ una tua amica ? Mi dispiace, non volevo disturbare >>

 

Anche quando non avrebbe voluto.

 

<< Non importa. Cheza, stai bene ? >>

 

Cheza sorride. Da quanto non sorride così ? Sente il peso trascinarlo più in basso quando si rende conto che non riesce a ricordarselo.

 

E’ una barzelletta. L’unica cosa che vorrebbe ricordare, e la dimentica.

 

<< ‘lei’ sta bene. Toboe è stato qui tutta la mattina, e ha portato del pane >>

 

<< Cheza non può mangiare >> risponde Kiba automaticamente.

 

Toboe abbassa la testa in segno di sottomissione.

 

<< Me lo ha detto, non lo sapevo. Mi dispiace >>

 

<< Devi stare attento. Potresti metterla in pericolo >>

 

<< N-Non lo farei mai >>

 

<< Però lo hai appena fatto ! >>

 

Cheza incomincia a singhiozzare piano, e Kiba cade in mille pezzi.

 

Riesce a sentire il battito del suo cuore. Quello di Toboe, che corre all’impazzata e trattiene il respiro.

 

Il suo è muto.

 

<< E’ meglio che vada >> si ferma alla porta, e i braccialetti sul suo polso tintinnano come delle campanelle << Cheza, scusami >>

 

Non è lui quello che dovrebbe scusarsi.

 

<< Perché fai questo ? Kiba… Tu ricordi tutto. ‘lei’ non capisce perché >>

 

Kiba si avvicina al letto e la abbraccia per tutto quello che non riesce a dire, e perché è l’unica cosa che abbia senso in questo momento.

 

 

 

 

✿ ✿ ✿

 

 

<< Ehi, Hige, che cos’hai sul collo ? >>

 

Il ragazzo si era toccato il collo con aria un po’ imbarazzata.

 

<< Questo ? E’ un tatuaggio, credo. Non mi ricordo neanche quando l’ho fatto, però credo simboleggi un numero o qualcosa del genere. Figo eh ? >>

 

Kiba non aveva chiesto nient’altro.

 

 

✿ ✿ ✿

 

 

 

 

 

 

Da lì in poi, tutto era tornato insieme abbastanza velocemente.

Sapeva che sarebbe dovuto scappare nel momento stesso in cui aveva visto Toboe di fianco al letto di Cheza, in quella stanza d’ospedale. Sapeva anche che non l’avrebbe mai fatto.

 

Kiba sa quello che sta per accadere ma non cerca di evitarlo solo perché sarebbe inutile, questa volta come le altre cento precedenti.

 

Non c’è nulla che lui possa fare, nulla che possa dire per salvarli. Sono destinati a fallire, a morire cento morti diverse, e a ricordarne ogni secondo.

 

Inizia sempre allo stesso modo, e finisce sempre allo stesso modo.

 

In questo universo, in questa città, in questa versione della storia, inizia così: è notte, ci sono tre coltelli e due armi da fuoco.

 

E Tsume.

 

 

 

✿ ✿ ✿

 

 

 

 

 

 

Tsume ? Cos’è successo ?

 

Non è successo niente. Sveglierai gli altri. Torna a dormire.

 

Gli altri sono già svegli, e stanno solo facendo finta di dormire lo sai anche tu. Stavi… urlando.

 

Non facevo niente del genere. Dormi o domani farai qualche altro casino. Non ho più intenzione di prendermi una coltellata sul culo per colpa tua.

 

Era solo un graffio !

 

Torna a dormire.

 

Era un altro di quegli incubi ?

 

Tsume.

 

Tsume, so che non stai dormendo.

 

Va bene. Non importa. Non c’è bisogno che mi dici niente. Io capisco. Preferisco quando non parliamo rispetto a quando ti arrabbi con me, sai ? Mi sembra quasi di capirti quando stiamo in silenzio. Non mi credi vero ? E’ perché ho detto che ti capisco. Ma io capisco. L’altra notte mi hai tirato un calcio perché piangevo nel sonno. Lo sai che i nostri sogni sono simili. Siamo simili, Tsume. A volte faccio sogni così orribili… Ci sono spari, e grida, e una musica tristissima. Ma questa notte era diverso sai. Era quasi bello. Non eravamo più soli, e c’erano altre persone che erano come noi. Correvamo un sacco. Ed eravamo liberi. La luna piena sorrideva tanto era bella. Hai mai fatto un sogno così, Tsume ?

 

Ero libero da tutto. Tranne che da te.

 

 

 

✿ ✿ ✿

 

 

 

 

Stupido, ingenuo Toboe. Non sono mai libero, neanche nei miei sogni.

 

Non sono libero dal tradimento, dall’infamia, non sono libero da questa cicatrice.

 

E’ come se non lo fossi mai stato.

 

 

✿ ✿ ✿

 

 

 

 

<< Ancora voi ! Ma non è possibile ! >>

 

C’è Tsume, e dopo un attimo Kiba si accorge che anche Toboe è con lui. Sono compagni, loro insieme agli altri umani.

 

Kiba è stanco di tutto questo. E’ stanco di scappare senza riuscirci, è stanco di evitare l’inevitabile. E’ stanco di questa immobilità, del peso dei ricordi e della consapevolezza di non poter fare niente.

 

Non riuscirà mai a salvare Cheza, a portarla via di lì.

 

Questa volta non parla. Non ascolta Hige, né Toboe. Guarda Tsume, e sa che da qualche parte il lupo dentro di lui capirà.

 

Kiba scopre le zanne e per la prima volta da quando si è svegliato riscopre il sapore del sangue.

 

 

 

 

 

✿ ✿ ✿

 

 

 

 

 

Kiba ricorda tutte le loro vite passate. E’ questo il suo dramma.

 

La prima volta era a Freeze City, e il suo orgoglio gli aveva impedito di vedere l’orrore che li attendeva. Ma poi si era risvegliato, e si era ripromesso che non sarebbe successo di nuovo, che questa volta li avrebbe condotti nel Paradiso dei lupi, e tutto sarebbe stato perfetto. Si sentiva forte, quasi invulnerabile.

 

La seconda volta la città si chiamava Pittsburgh, e anche se erano rinati senza alcun ricordo, avevano sentito la chiamata, e seguito il fiore, e presto erano di nuovo uniti. Ma erano stati colti da un’imboscata ai piedi dell’Albero della Vita, e avevano deciso che era meglio morire che farsi catturare, e dare il paradiso in pasto agli umani. Il suo ultimo ricordo erano le unghie di Cheza piantate nella sua pelle mentre cadevano nell’oscurità.

 

La terza volta si erano svegliati in un posto chiamato Ghamelan, e Kiba era deciso a capire dove sbagliava. Perché sicuramente c’era qualcosa di sbagliato in lui, se doveva essere destinato a fallire. Sicuramente qualcosa che avrebbe potuto correggere per portarli tutti in salvo.

 

Aveva iniziato a dubitare di essere il prescelto.

 

Alla fine, quella era stata la volta che Hige li aveva traditi tutti, ed erano morti per mano di Jagara.

 

Dopo la quinta volta, le città avevano smesso di avere un nome. Ed ogni volta che si risvegliava, era in un incubo.

 

Ogni volta era diverso in qualche modo, ma sempre lo stesso. Finiva sempre con la disperazione, e la morte, e la solitudine. Come la volte in cui Tsume aveva ucciso Toboe, o quella in cui il fiore era appassito tra le sue braccia. La volta in cui era impazzito e aveva fatto strage di tutti loro, il manto bianco macchiato di sangue e linfa. Ricordava quando Blue aveva attaccato Hige durante i primi giorni della loro ricerca, e lui l’aveva uccisa senza rimorso, spezzandole il collo, e solo dopo aveva capito e si era ricordato di lei, e quella volta, quell’Hige, Kiba preferisce non ricordarlo. Aveva visto Cheza spezzata in mille diversi modi, il suo corpo abusato e vivisezionato dagli umani ogni volta, e ogni volta partire alla ricerca del Paradiso sembrava l’unico modo per salvarla.

 

Ma alla fine di quella lunga strada non c’era nessun paradiso, nessuna salvezza, solo morte e un infinito incubo. E quella voce, che si prendeva gioco di lui e lo chiamava incessantemente.

 

Aveva smesso di ricordare il numero delle volte da molto tempo. Forse era successo quando era impazzito. Forse era l’unico motivo per cui in fondo, manteneva ancora la sua sanità mentale.

 

In realtà sapeva benissimo che quello era solo merito di Cheza.

 

 

 

 

✿ ✿ ✿

 

 

 

 

 

<< Che cosa ci fai qui ? >>

 

Il ragazzo si fermò di colpo, i pugni chiusi e gli occhi spalancati nell’oscurità.

 

<< Tsume… Volevo parlarti >>

 

<< Ma io no. Adesso vattene, prima che ti ammazzi >>

 

Suo malgrado, Toboe sorrise.

 

<< E-E come avresti intenzione di farlo ? Vuoi accoltellarmi ? Non ti sono mai piaciute le pallottole. Oppure hai intenzione di aprirmi la carotide con le tue zanne ? >>

 

Il pugno arrivò all’improvviso, ma non totalmente inaspettato.

 

Toboe si rimise lentamente in piedi, asciugandosi con una mano il sangue che colava dal naso.

 

<< Ah, eccoti. Credevo non saresti mai uscito dal buio >>

 

<< Piccolo stronzo, io ti… >>

 

<< Smettila di comportarti come un’idiota e affronta la realtà ! Sono passate più di due settimane, e tu ancora di rifiuti di guardare in faccia le cose ? E’ per questo che ti trovi così bene nell’oscurità, non è così ? >>

 

I suoi occhi gialli brillarono, e lasciò un basso ringhio.

 

<< Non c’è niente di cui dobbiamo parlare. Non è successo niente. >>

 

<< Certo, una persona che improvvisamente diventa un lupo di fronte ai tuoi occhi non è niente, non è così ? Ma non è quello il punto. Il punto è che hai iniziato a ricordare e adesso hai paura, non è vero ? >>

 

<< Toboe, ti avverto… >>

 

<< Che cosa ? Che cosa farai, mi ammazzerai ? >>

 

Tsume si fece scuro in volto.

 

<< Non dire quello >>

 

<< Sta succedendo qualcosa ! Io non lo so, ma sta cambiando tutto, e invece mi sembra che sia sempre stato così, e so che per te è lo stesso e sei l’unico ! Non puoi abbandonarmi adesso, Tsume >>

 

Però forse dovrei.

 

<< Non sai quello di cui stai parlando. Il rischio che corri. Devi dimenticarti tutta questa storia, non finirà bene. Te lo ricordi, questo ? Vai via Toboe. Allontanati, torna dalla tua famiglia. Vivi questa vita in pace, non c’è nient’altro per noi. Niente >>

 

Il ragazzo rimase in silenzio per qualche secondo, come indeciso sul da farsi.

 

<< Oh, Tsume, possibile che tu non capisca ? Non abbiamo scelta >>

 

 

 

✿ ✿ ✿

 

 

 

 

 

Vorrebbe andare via.

 

Guarda il cielo e per la prima volta forse capisce gli esseri umani, e il loro desiderio di volare pur non avendo ali. Perché quando sei in trappola l’impossibile ti sembra l’unica via di fuga.

 

Potrebbe lasciare questa città, abbandonare Cheza e i suoi compagni e salvarli da morte certa: lo ha già fatto. Non ha funzionato.

 

E’ stato il Paradiso a sceglierlo. E’ il prescelto. Ed è una maledizione.

 

Quindi non fugge, non scappa. Sa che non può evitarlo. Anche quando sente l’odore di Hige avvicinarsi, rimane immobile, e aspetta.

 

<< Ehi, Kiba >>

 

<< Ehi >>

 

Il suo tono è diverso, guardingo. Ma c’era da aspettarselo.

 

<< Che cosa sta succedendo, eh ? >>

 

<< Credo che tu lo sappia >>

 

La sua risata è stridula e innaturale.

 

<< No, no non credo di saperlo affatto. Kiba devi dirmi la verità di quello che sta succedendo. Queste due settimane sono state… Strane >>

 

Si siede di fianco a lui, prendendosi la testa fra le mani, il cappuccio calato sul viso.

 

<< E’ tutto così confuso, non riesco più a distinguere i sogni dalla realtà. Stamattina mi sono svegliato lontano dalla città, in un bosco, ed ero sporco di sangue. Ma poi non so neanche come ho fatto a tornare qui ! Non ricordo, ho camminato ? Per una giornata intera ? Ero lontano chilometri non ce l’avrei mai fatta ! >>

 

Rabbrividì prima di frugarsi nelle tasca. Tirò fuori un pacchetto di sigarette schiacciate e ne accese una.

 

<< E poi, anche quando sono cosciente… Ho questi pensieri e non so di chi siano né da dove arrivino. Ho l’impressione di aver fatto qualcosa di terribile ma non riesco a ricordare >> iniziò a sfregarsi il collo in un gesto convulso << Sì, è successa qualcosa ed è stata tutta colpa mia. Mi sento lontano. Ma da cosa ? Da chi ? >>

 

E poi si voltò a guardarlo.

 

<< E so che tu puoi rispondermi, Kiba >>

 

 

 

 

✿ ✿ ✿

 

 

 

 

 

La prima volta che si trovarono tutti insieme attorno a Cheza, fu come tornare a casa. L’aria, che di fianco a lei era già normalmente così diversa, sembrava brillare, tutti i problemi e gli incubi svaniti come la nebbia di primo mattino.

 

<< E’ così bella. E che buon profumo >>

 

<< Mi ricordo. Ti piace il rosa, vero ? >>

 

<< Tsume, perché non dici niente ? Dovresti parlare con Cheza. E’ passato così tanto tempo, dille qualcosa >>

 

<< Non importa Toboe, ‘lei’ è felice così. Ora che siamo tutti insieme, possiamo finalmente trovare il Paradiso >>

 

Kiba uscì dalla stanza.

 

 

 

✿ ✿ ✿

 

 

 

 

 

Era bello essere di nuovo insieme, un branco, anche se non ancora completo.

D’altronde, l’inizio era sempre così. Idilliaco.

C’era un senso di completezza in tutto ciò: la ricerca li teneva uniti, Cheza dava loro uno scopo comune, e poi i ricordi

 

I ricordi che avrebbero finito col distruggerli.

 

<< …E poi uno dei ricordi più frequenti che ho è Tsume che prende a calci il piccoletto perché non si voleva mai muovere >>

 

<< Hige, questo non è vero ! Ho solo bisogno di più tempo per prepararmi ! Non è colpa mia se non sono vecchio >> 

 

<< A chi hai dato del vecchio ? >>

 

Iniziava sempre così, ma non sarebbe durata a lungo.

 

 

 

✿ ✿ ✿

 

 

 

 

 

<< Non andiamo da nessuna parte >>

 

Nell’ultima settimana a Kiba era parso di muoversi in un sogno. Le parole ovattate, i contorni offuscati. Stava velocemente perdendo il controllo, gli avvenimenti degli ultimi giorni stavano dando frutto a conseguenze per precise: i loro movimenti erano cambiati, una nuova consapevolezza nata nei loro occhi, c’era qualcosa di diverso in tutti loro. Stavano ricordando quello che era stato, e stavano accettando quello che erano.

 

E volevano il Paradiso che era stato loro promesso.

 

<< Che intendi dire con questo ? >>

 

La voce di Tsume era fredda come la lama di un coltello.

 

<< Quello che ho detto. Non andremo a cercare il Paradiso. Non vi posso guidare da nessuna parte >>

 

<< Stai scherzando, vero ? Insomma è praticamente l’unica ragione per cui siamo ancora vivi >>

 

No, pensò Kiba, è la ragione per cui siamo morti.

 

<< Cos’altro dovremmo fare ? Rimanere qui a marcire in questa città di merda ? >>

 

<< Potete fare quello che volete, Hige. Non è affar mio >>

 

Fu Toboe il primo a parlare:

 

<< Io non capisco. Sei sempre stato così sicuro, era come se sapessi già tutto… Cosa ti è successo, Kiba ? >>

 

Non poteva rispondere a quello.

 

<< Forse è diventato un codardo >>

 

Strinse i pugni. Tipico di Tsume, cercare di provocarlo. Lo conosceva così bene.

 

Infatti aveva funzionato in passato. Ma non questa volta.

 

<< Puoi pensare questo, se ti aiuta ad accettarlo >>

 

<< Quello che mi aiuterebbe sarebbe andare via di qui e fare quello che andava fatto mesi fa ! O hai forse intenzione di abbandonare Cheza in quell’ospedale ? >>

 

<< Cheza è affar mio e non vi riguarda ! >>

 

<< Riguarda tutti noi ! Siamo lupi dannazione ! Smettila di comportarti come un codardo traditore e partiamo ! O hai forse paura di morire, e preferisci rimanere qui a invecchiare ? E’ questo che sei diventato ? >>

 

Poi intervenne Hige:

 

<< Tsume, stai esagerando, lascialo in pace >>

 

<< Hige, stanne fuori >>

 

Ma era troppo tardi ormai.

 

Tsume scoprì le zanne ponendosi di fronte al lupo bruno.

 

<< Che c’è, ti sei sentito chiamato in causa, traditore ? >>

 

Hige si fece subito più scuro in volto, la testa bassa e le zampe ben piantate per terra.

 

<< Non ci provare neanche, Tsume >>

 

<< Questa volta non puoi più nasconderti, lo sai ? Sappiamo benissimo cosa sei e cosa significa quel simbolo >>

 

<< E allora saprai che non ricordo nulla ! >>

 

<< Molto conveniente, hai ricordato tutto tranne quello quindi >>

 

<< E tu invece ? Che mi dici della tua cicatrice ? C’è qualcosa che vuoi dirci ? Sbaglio o sei tu quello con qualcosa da nascondere… >>

 

Questa volta, Tsume non gli rispose.

 

In un attimo i due lupi erano l’uno addosso all’altro, Tsume prese Hige per la giugulare, mentre l’altro gli azzannò la schiena. Venne versato il primo sangue.

 

<< Fermatevi ! Fermatevi subito ! >>

 

Le grida di Toboe erano inutili. Le parole non potevano raggiungerli.

 

Ma forse qualcos’altra sì.

 

Una zampata nello sterno mandò Tsume a terra, ma il lupo grigio era più veloce di Hige, e presto ebbe nuovamente il vantaggio. Lo scontro stava rapidamente degenerando in una lotta fino alla morte.

 

E poi, tutto sembrò fermarsi. Tsume si bloccò, le fauci ancora scoperte e gli occhi vitrei. Qualcosa lo aveva bloccato. Anche Hige, inspiegabilmente, sembrò irrigidirsi. Tutti guardarono verso l’alto, mentre Toboe si copriva le orecchie, gemendo.

 

Qualcuno stava piangendo.

 

<< Cheza… >>

 

 

 

 

✿ ✿ ✿

 

 

 

 

 

 

<< Kiba >>

 

Si avvicinò al letto cautamente, con passi misurati, come chi debba affrontare un animale ferito.

 

Non sapeva cosa dire. Non era vero che aveva sempre la risposta per tutto. Non più.

 

<< Cheza, mi dispiace. Non so perché stavamo combattendo. Credo sia colpa mia. Non so cosa fare per tenere questo branco unito. Non posso >>

 

Lo guarda con i suoi occhi del colore del loro sangue:

 

<< Devi trovare il Paradiso, Kiba. E’ l’unico modo per cui tutti voi, insieme, troverete le pace >>

 

<< Ma come posso farlo ? Ho provato così tante volte, e li ho solo condotti alla morte. Non posso farlo di nuovo. E’ davvero questo il nostro destino ? Non c’è nient’altro che ci aspetta alla fine della strada ? >>

 

Ma Cheza non risponde, limitandosi ad accarezzargli il pelo dolcemente.

 

Non risponde.

 

 

 

✿ ✿ ✿

 

 

 

 

 

<< Non posso portarvi là. Mi dispiace >>

 

E’ la quiete dopo la tempesta, e nessuno dice nulla. Solo Toboe sembra sperarci ancora.

 

<< Non posso portarvi nel Paradiso perché vi ho ucciso già troppe volte. Hige, Tsume, Toboe, Cheza… e anche Blue. Il vostro sangue è sulle mie mani. Ora so perché non ci siamo mai riusciti, perché i nostri sforzi si sono sempre ridotti a questo >>

 

Non può dirlo.

 

<< E allora perché, Kiba ? Perché le leggende, perché questo richiamo, ogni volta ? C’è qualcosa, un motivo… Non è tutto solo nella nostra testa, lo hai visto anche tu. Cheza ne è la prova >>

 

<< Cheza è stata creata dagli esseri umani. Ma hai ragione, Toboe. C’è qualcosa. Un motivo che ci spinge, una ragione per tutto. Ogni volta ci siamo risvegliati in un universi sull’orso del collasso, in fini di vita. E alla fine siamo morti. E’ tutto quello che abbiamo sempre fatto, e allora io mi chiedo se non fosse quella la vera ragione della nostra esistenza. La leggenda dice che alla fine del mondo arriveranno i lupi, e apriranno il paradiso. E allora ho capito: questo è il paradiso che abbiamo aperto, e questo è il paradiso che dobbiamo uccidere, in mondo che un nuovo mondo rinasca, e per fare questo è necessario il sacrificio. Un infinito cerchio di morte e vita, che inizia sempre allo stesso modo e finisce sempre allo stesso modo >>

 

Si guardano in silenzio. Il cielo è grigio e pesante, ma non piove.

 

<< E’ tutto qui ? Stai dicendo che è tutto qui ? Siamo solo pezzi di carne mandati al macello ? >>

 

Le macchine sfrecciano lungo la strada colpendo le pozzanghere.

 

<< Non c’è nient’altro ? >>

 

Toboe nasconde il volto tra le mani, e piange silenziosamente.

 

<< Tu non puoi saperlo. Non hai mai saputo niente ! Kiba ! Sei stato tu a condurci verso questa follia la prima volta, e adesso con la stessa faccia ci dici che era tutto finto ? >>

 

Tsume ringhia, e sembra pronto a scagliarsi addosso a lui, ma Kiba non può rispondere perché non c’è niente che possa dire, niente di vero perlomeno.

 

<< Cosa faremo adesso ? >>

 

Dopo lungo tempo è Hige che parla, e la sua voce è piatta e priva di qualsiasi espressione. Rassegnata.

 

<< Dobbiamo semplicemente andare avanti così ? Come umani o come lupi, abbiamo questi ricordi e ora cosa ne dobbiamo fare ? >>

 

Kiba si siede a terra. Il marciapiede è umido e sente il pelo impregnarsi di pioggia e sporcizia. Vorrebbe dire loro che non devono semplicemente vivere ma non ci sono parola per una cosa così semplice. Vorrebbe dire che in mezzo a tutto il dolore e le morti e le sofferenze loro hanno vissuti, e hanno riso, e si sono riposati, e che quei momenti del loro viaggio sono gli unici che hanno mai avuto senso e che adesso non devono più scappare e possibile che non capiscano ? Sono liberi, e non è un paradiso, come potrebbe esserlo d’altronde, ma Kiba è stanco, così stanco.

 

Abbassa la testa, e si addormenta.

 

 

✿ ✿ ✿

 

 

C’è un sole pigro che entra dalla finestra, e Cheza sorride con la fronte appoggiata al vetro della finestra, mentre Kiba le tiene stretta la mano.

 

<< Che cosa farai adesso ? >>

 

Hige non risponde. E’ appoggiato al muro dietro di lui e guarda lontano. Invece dice:

 

<< E’ una bella giornata, ma non durerà. C’è odore di pioggia >>

 

<< Lo so >>

 

<< Ho incontrato Tsume oggi, per caso, credo >>

 

<< Ha fatto finta di non vederti, non è così ? >>

 

<< Ovviamente >>

 

<< Toboe era con lui ? >>

 

<< No >>

 

C’è un odore strano nell’aria. E non è solo la pioggia, il piscio e disinfettante dell’ospedale o il profumo della ragazza-fiore. C’è qualcos’altro. Non sta per arrivare una tempesta, non c’è nessuna battaglia da combattere, nessun nemico da distruggere. La storia non è finita, ma Kiba sente di essere uscito dal libro.

 

<< Vado via. Parto oggi pomeriggio. A nord, verso le montagne >>

 

Kiba non si volta. Continua a tenere Cheza per mano, e guarda la polvere illuminata dal sole danzare davanti alla finestra.

 

<< Questa città mi fa ricordare cose… Tutte le cose sbagliate. Ma poi ho pensato che scappare è inutile, e che non posso fermarlo. Quindi voglio capire, e voglio trovare le risposte >>

 

Una pausa.

 

<< Voglio trovare Blue >>

 

Hige esce dalla stanza. La porta si chiude alle sue spalle, i suoi passi risuonano appena, e alla fine anche il suo odore diventa appena percettibile, prima di sparire del tutto.

 

Kiba sorride, ma non si volta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

But I have seen nearly every city from a rooftop
without jumping.

I have realized

that the moon
did not have to be full for us to love it,


that we are not tragedies


stranded here beneath it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- FINE -

 

 

 

 

 

 

  
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