Growing Up
Even if you will never
realize it
Disclaimer: i personaggi sono di proprietà esclusiva delle Clamp,
e il mio utilizzarli non vuole essere a scopo di lucro, ma mio puro e semplice
divertimento (oltre che ozio durante le lezioni ù.ù)
Note: questa oneshot nasce durante le mie amate due ore di
Storia. Il che, può essere inquietante XD Era il periodo in cui avevo appena
concluso la parte del manga (ovviamente spoilerosa) in cui si parlava di questi
gemellini pucchosi e dei cacciatori fratelli che, per le accoppiate fatte,
hanno il chiaro significato "oh voi, che avete fantasticato sullo yaoi
intercambiabile fra questi quattro... sbizzarritevi ora ancor di più!" XD
Non so, sinceramente, se
sono caduta nell'OOC, e pregherei quindi di avvisarmi così che possa provvedere
ad avvisare *inchino*
Ammetto che ci ho pensato
quasi un mese prima di pubblicarla, quindi mi farebbe piacere sapere che ne
pensate e, nel caso, cosa posso aver sbagliato ^__^
Enjoy >**<
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Quel mondo, dove si era
ritrovato a vivere per tre anni, da solo, non era il classico esempio di luogo
in cui vorresti vivere.
Pioggia acida che cade da
un tempo troppo lungo, perché Tokyo possa essere ricordata com’era prima.
Distruzione e mostri, che
sono un pericolo per gli abitanti.
Quelli rimasti, ovviamente.
Mostri… veniva quasi da
ridere a pensarci: per gli essere umani, quelli come lui erano mostri. Vampiri,
che nelle leggende, tanto vecchie quanto sciocche, si sciolgono alla luce del
sole, mal sopportano aglio e croci… Beh, a dirla tutta, se anche lui avesse
rischiato di sciogliersi al sole, a Tokyo con quella pioggia non avrebbe
nemmeno potuto usare l’astro solare come opzione per il suicidio.
Per lui, invece, erano
proprio alcuni di quegli stessi umani, i cosiddetti “mostri”: non perché ne
avesse paura, figurarsi. Aveva – non per mancanza di modestia, ma per un dato
di fatto – una forza maggiore alla loro.
Però, come altro avrebbe
potuto definire quel maledetto cacciatore, se non “mostro”?
Seishiro, a suo avviso, non
poteva essere definito se non con aggettivi estremamente volgari o comunque
poco gentili.
Un maledetto bastardo, era
quello che forse gli “piaceva” di più: l’odio che provava nei suoi confronti
era qualcosa che andava oltre il concepibile umano, forse. Era qualcosa che si
sentiva dentro ogni volta che ci pensava, ogni volta che rifletteva sul fatto
che quella sua vita era così solo ed esclusivamente a causa sua.
Lui era sempre stato
possessivo e sì, lo ammetteva, poteva anche essere un difetto.
Ma questo non dava il
permesso a quel cacciatore di rubargli la cosa per lui più preziosa.
Non aveva alcun diritto di
rubargli la sua ragione di vita, né ora, né mai.
Per questo, proprio perché
Seishiro – mai avrebbe usato cortesia nel dire quel nome! – cercava di portare
via da lui Subaru, lui, Kamui, si era ripromesso di indirizzargli tutto il
proprio odio, la propria frustrazione e qualsiasi altro sentimento negativo
abbastanza da far venire, se non un senso di colpa – dubitava che quel bastardo
di un cacciatore ne provasse -, almeno la sensazione che dovrai sempre
guardarti le spalle.
Sempre.
Odiava vederlo, malgrado
sfuggendogli quei loro incontri fossero ridotti al "mai".
Non sopportava il suo
sguardo arrogante, nemmeno il ricordo, che troppo spesso gli tornava in mente.
Odiava, inoltre, che quei ricordi - o doveva chiamarli incubi? - gli fossero
portati alla mente da Subaru.
Ogni sospiro rassegnato,
ogni espressione triste... era colpa di Seishiro.
I ricordi più dolorisi, ma
la tempo stesso più amati da suo caro gemello, erano quelli che vedevano
protagonista il cacciatore. Lui, Kamui, non poteva farci nulla.
Il suo ruolo, era fuggire
da Seishiro portandosi dietro Subaru, per impedire che accadesse il peggio.
Subaru non doveva
allontanarsi da lui, non più di così, non anche fisicamente.
Pensarlo nelle mani di quel
cacciatore - e la cosa critica, era immaginarlo fra le sue braccia -, gli
faceva ribollire il sangue nelle vene, aumentando la sua collera, il suo
odio...
...o il suo istinto
omicida, che poteva essere DECISAMENTE pericoloso.
-Kamui...- si sentì
chiamare, e non occorreva voltarsi per riconoscere la voce della persona per
lui più importante. In piedi, dietro di lui, di Subaru poteva indovinare
persino l'espressione del volto in quello stesso istante: preoccupata per lui,
che di spalle non rispondeva, mentre mente e cuore erando rivolte ad altro.
Un altro.
-Dimmi.-
-Come mai sei tornato qui?
Oramai... non è necessario.-
-Lo so.-
Però sentiva quasi il
bisogno di non allontanarsi da quel lago dove il suo gemello era stato
intrappolato per tre lunghi anni: aveva temuto che quel cacciatore arrivasse,
temeva che non avrebbe avuto abbastanza forza da sconfiggerlo, o meglio,
ucciderlo. Durante quei tre anni, aveva imparato a mascherare quel timore con
la forza, con gli scontri, nascondendo i pensieri, ogni sentimento che non
fosse l'indifferenza.
E la solitudine, l'aveva
accantonata, ripetendosi "Devo difenderlo. Devo difendere Subaru".
Suo fratello, sangue del
suo sangue.
La persona più importante,
più amata.
Si alzò, con un movimento
fluido, voltandosi verso Subaru e trovndo sul suo volto l'espressione che si aspettava:
lui l'osservava, ma vedeva un altro luogo e un altro uomo. E lui, Kamui, non
poteva cambiare la cosa; non importava quanto lo desiderasse: quando un cuore è
malato a tal punto, tanto che guardabndo chiunque non vedi che una sola
persona... non c'è nulla, che si può fare.
Forse aspettare, ma senza
sperare.
-Subaru...- mormorò,
l'espressione triste come solo con lui si concedeva, mentre la mancina si
avvicinava al volto dell'altro, carezzandolo con dolcezza ignorata dal mondo e
dovuta a Subaru. Solo a lui. Lasciò scorrere l'indice lungo la guancia, a
contatto con la pelle liscia a chiara, in silenzio, arrivando alle labbra.
Quelle labbra che temeva
fossero già state toccate da quel maledetto, quelle labbra che lui, Kamui,
avrebbe voluto...
-Mi dispiace, Kamui...-
Ritrasse la mano,
l'espressione che non mostrava nulla. Perché lo sapeva, Kamui, che se avesse
mostrato anche un solocenno di sofferenza, Subaru sarebbe stato male.
-Saluta chi vuoi salutare.
Domani mattina ce ne andiamo da qui.- disse, voltandosi. La risposta di Subaru,
giunse subito: -Va bene.- mentre lui si allontanava.
-Mi dispiace.-
***
La notte a Tokyo era
esattamente come il giorno: buio e pioggia, senza poter scorgere nulla in
cielo. Né stelle, né nuvole.
Malgrado questo, Kamui
teneva lo sguardo verso l'alto, come se cercasse di vedere qualcosa che nessun
altro sarebbe riuscito a trovare in quel cielo scuro e indefinito a causa della
pioggia acida.
-Te ne stai spesso con
l'intento di buscarti un raffreddore?-
Come non riconoscere quella
voce a dir poco insopportabile?
-E' un tuo passatempo
irritare le persone?-
-Ma tu sei sempre irritato,
Kamui-chan.- Eccolo, il nomignolo che pronunciato da lui era qualcosa di a dir
poco odioso.
-Quale parte di "Non
chiamarmi a quel modo" non capisci?-
-Ma è molto meglio di un
serioso "Kamui", no? E poi siamo più o meno coetanei, non c'è nulla
di male. O preferisci "niichan"?- buttò lì il ragazzo, lo sguardo su
Kamui.
Bastò un attimo, perché il
vampiro portasse la mancina alla gola dell'altro, le unghie allungate e letali:
-Se vuoi restarci secco e non ricongiungerti mai più a quel tuo amato quanto
insopportabile fratello, basta dirlo.- ringhiò contro Fuuma, che non faceva che
sorridere tranquillo. Lo fissava, semplicemente.
-Sembrerebbe proprio che
mio fratello ti sia antipatico.-
-Ti facilito le congetture,
escludi le ipotesi da questo nostro discorso, quando c'è di mezzo quel tipo.-
rispose seccato, l'odio palesato nel tono.
-Sei gentile a non dargli
del bastardo davanti a me. Devo prenderlo come riguardo nei miei confronti,
Kamui-chan?- il sorriso serafico non accennava a sparire, mentre lo sguardo era
mantenuto sul giovane vampiro.
-Se inizi a prenderlo come
riguardo avvisami, comincerò ad insultarlo tutte le volte che ci sei.- replicò
beffardo, ritirando la mano. Distolse anche lo sguardo, come se Fuuma non fosse
più lì; realtà sperata, ma non realizzabile.
-Cosa odi, di Seishiro,
tanto da non poterlo nemmeno sentire nominare?-
Inspirò, imponendosi di non
ucciderlo.
Non subito, almeno.
-Perché ci caccia come se
fossimo animali da collezione, perché è insopportabile, perché non ci lascia in
pace e suppongo stia tentando di ucciderci... devo continuare?- domandò
retoricamente.
-Io ci aggiungerei
"perché mio fratello non pensa che a lui". Calcherei sul
"mio", e ci accosterei la constatazione "pensa anche in modo non
molto pulito".- rispose al vampiro con semplicità e una buona dose di
incoscenza, visto l'umore instabile del ragazzino.
Kamui lo fissò con astio,
scagliandosi contro di lui: -Mi hai stancato.- lo sguardo letale e pericoloso.
Lo sguardo di un mostro, dopotutto.
Fuuma, tuttavia, non era un
semplice essere umano con le debolezze del caso: gli aveva tenuto testa tre
anni, il che la diceva lunga. Afferrò entrambi i polsi del più giovane,
bloccandone l'attacco, il viso di fronte al suo, non molto distante.
Rimasero così per diversi
istanti, il vampiro cercando di portare a termine il suo attacco, Fuuma
trattenendolo. Lo lasciò solo quando avvertì Kamui fare meno forza: -Ci siamo
calmati?- domandò, osservandolo prendere le distanze.
-Non ne vali la pena.-
sibilò di rimando.
L'altro lo fissò, in
silenzio, l'espressione seria che scemò in un mezzo sorriso, tipico di chi ha
capito qualcosa di cui il suo interlocutore non sospetta nemmeno l'esistenza.
-Le parole ti feriscono,
Kamui?- domandò, il tono serio e nessun nomignolo.
-Perché dovrei
risponderti?-
-A me ogni tanto succede.-
disse Fuuma, ignorandolo.
-Non te lo sto chiedendo.-
disse, voltandosi di lato, lasciando vagare lo sguardo.
-Kamui, ti feriscono più le
parole che ti fanno pensare a mio fratello, o le parole di Subaru?- chiese,
come se più che sentire le risposte di kamui, ragionasse da solo.
-Piantala.- ringhiò il
vampiro, voltandosi verso di lui nuovamente. Si immobilizzò, quando avverti il
tocco dell'altro sulla propria guancia.
-Fa male, eh Kamui?-
-T-togli la mano.- replicò,
preso alla sprovvista, e con un lieve rossore a colorare la pelle chiara del
viso. Ma, stranamente, da Fuuma non giunsero prese in giro, né risate;
continuava quella carezza leggera sul volto del vampiro, l'espressione seria.
-Tuo fratello, credo ami
Seishiro, Kamui... lo capisci questo?-
-Non trattarmi da bambino!-
-Scusami, non intendevo
questo.- disse, il tono gentile. Gentile come solo Subaru era stato con lui,
fino ad allora.
-Quello che intendevo...
capisci che, nel modo in cui Subaru ama mio fratello, si può amare una sola
persona, Kamui?-
E benché, a volte, i
bambini soffrano nell'apprendere le verità degli adulti, questi devono comunque
dirgliele sempre. Anche se farà male.
-Kamui, Subaru non può
amarti come tu vorresti.-
-Lo so, per chi mi hai
preso?! E Subaru non ama Seishiro, non lo ama, è colpa di quel cacciatore, gli
ha certamente fatto qualcosa!- sbraitò contro di lui, scostandosi come se la
mano di Fuuma bruciasse. Il ragazzo fissò Kamui in silenzio, senza riuscire a
celare la sorpresa di quella reazione; un modo di pensare egoistico e una voce
carica di così tanta tristezza, da sembrare una preghiera:
"smettila".
Semplicemente, un essere
umano.
-Kamui, tuo fratello ama
Seishiro, indipendentemente dal suo volere...- spiegò paziente e con attenzione
le proprie parole.
-Sta zitto! Subaru non
s'innamorerebbe mai...-
-Smettila Kamui!-
rimproverò Fuuma, lo sguardo duro.
Purtroppo, la pazienza
degli adulti non dura all'infinito con i bambini, anche se servirebbe.
-Non c'è nulla che puoi
fare se non accettarlo, Kamui, non sei tu la persona che Subaru ama di più,
quello è Seishiro e tu non puoi incolpare nessuno!-
Purtroppo, non puoi
spiegare ai bambini che la severità è giusta, né puoi dirgli verità importanti
senza ferirli.
Lo osservò strabuzzare gli
occhi, fissandolo come si fissa la propria paura più grande. Fuuma sostenne
quello stesso sguardo, fino a quando Kamui non glielo permise più, abbassandolo
a terra. Il ragazzo sospirò, avvicinandosi a lui lentamente, prendendo in
considerazione la possibilità che il vampiro lo attaccasse nuovamente.
-Vattene.- solo parole,
senza attaccare, senza urlare, né alzare lo sguardo. Tacquero entrmabi, finché
una mano si posò sulla testa di Kamui, scompigliandone appena i capelli.
-Ci sono cose, che è ora
che tu capisca...- disse, le dita fra i capelli scuri.
-Vattene.-
-Mi dispiace, Kamui.-
-NON PARLARE COME SUBARU,
NON SCUSATEVI DOPO! DOPO E' TARDI!- esplose il vampiro, alzando il volto di
scatto. Niente lacrime, e gli occhi forse, - essendo buio, Fuuma non riusciva a
vederlo con certezza - non erano nemmeno lucidi. Ma l'espressione, parlava da
sé.
I bambini vivaci urlano
spesso, specie quando giocano.
Se un bambino che non
parla mai urlasse, significherebbe che sta molto male.
L'adulto, se è - e lo
sarà - colpevole, dovrà andarsene in silenzio, o il bambino, in caso di gesti
consolatori o gentili, sarà ancor più confuso.
Non ci furono ulteriori
domande, ulteriori parole.
Solo le labbra del ragazzo
che si posavano sulla fronte del vampiro, mentre la mano carezzava appena i
capelli. Pochi istanti, dopo i quali Fuuma si allontanava da lui, rientrando.
E Kamui, desiderò di non
essere uscito quella sera.
***
-Kamui, ho trovato qualcuno
che può darci informazioni su questa nuova dimensione dove...- iniziò Subaru,
bloccandosi quando si accorse di non essere ascoltato.
Da quando avevano lasciato
Tokyo e la dimensione che li aveva ospitati - o lui doveva dire
"intrappolati"? - per tre anni, Kamui era distratto e parlava poco.
O meglio, ancor meno del
solito.
E temeva fosse colpa sua,
delle proprie parole, dei propri atteggiamenti.
Era totalmente perso nei
propri pensieri, quando si sentì chiamare, riconoscendo la voce di Subaru.
Sospirò, voltandosi quando sentì la sua voce scemare: -Dimmi, Suba...ru?-
tentennò, mettendolo a fuoco e scuotendo il capo.
-Kamui, tutto bene?-
-Sì, scusami. Ti avevo
scambiato per un'altra persona, guardandoti di sfuggita.-
Già, era stato solo un
attimo, ma aveva confuso Subaru con quel tipo insopportabile che lo sfidava in
continuazione a Tokyo.
-Capisco... Andiamo?-
-Sì.-
La mente dei bambini è
molto semplice; lo stesso il loro cuore, che è l'unico a non essere
"malato". Ogni persona, per loro, è sé stessa, ogni volto è diverso
dall'altro.
Ma i bambini sono
ingenui.
Non si accorgono di
quando, crescendo, iniziano ad avere il cuore "malato".
Owari.
Note Post Oneshot: Prometto che vi scoccio poco! >__< Solo
qualcosina per eventuale comprensione: la questione del cuore malato, è ripresa
da una frase di X 1999, detta dalla nonna di Subaru nello special su di lui.
"Solo chi ha il cuore
malato può pensare sempre e soltanto ad una sola persona".
A questo, Subaru di X
risponde mormorando il nome di Seishiro, ma non è questo il punto e sto
divagando ç_ç"
Credo che Kamui, su
Tsubasa, sia più bambino di Subaru, e per questo non riesce a capire
esattamente cosa prova il gemellino. Ora, ho voluto ipotizzare la crescita del
"Kamui bambino" sotto questo aspetto.
Così come Subaru vede in
chiunque Seishiro, perché è a lui che è rivolto il proprio cuore, allo stesso
modo Kamui inizia a vedere Fuuma. La cosa che però dovevo cercare di cambiare e
comunicare, era che Kamui pensa semplicemente di aver visto male.
Detta in tutta sincerità,
vorrei un parere sia su quanto io effettivamente abbia comunicato e/o fatto
comprendere, sia se i personaggi sono OOC o meno. L'intenzione era farli IC, ma
se non ci fossi riuscita (cosa di cui ho il forte sospetto), vi prego di
segnalarmelo, cosicché io possa anche cambiare l'avviso ^__^
Grazie dell'attenzione ^*^