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Autore: bluefireworks    12/05/2013    1 recensioni
Nessuno ha mai detto che sarebbe stato semplice.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Oh brother, I can't, I can't get through. I've been trying hard to reach you cause I don't know what to do. Oh brother, I can't believe it's true, I'm so scared about the future and I wanna talk to you.”
 
Jaymi's POV.
Afferrai il solito vassoio grigio, su cui posai il solito grigio e noiosissimo cibo di sempre. Hamburger e patatine. Niente male, se non si trattasse degli hamburger e delle patatine che ti rifila la scuola. Roba genetica, quella di cui ti viene il voltastomaco solo a guardarla. Ringraziai l'addetta mensa con un finto sorriso, ma lei non ricambiò, anzi, sembrava molto turbata.
Mi avviai verso l'ultimo tavolo, quello più in fondo possibile. Era il mio tavolo. Ormai ero abituato a mangiare da solo. Neanche la mia migliore ed unica amica Savannah aveva mai osato sedersi accanto a me. O meglio, io non gliel'avevo mai permesso. Non sarei riuscito a sopportare il fatto che sarebbe stata presa di mira da tutta la scuola per colpa mia. "Il tavolo dei froci", come Carter aveva ben pensato di soprannominarlo.
«Hey, Hensley!» gridò Bonham, dandomi una pacca poco amichevole sulla schiena, per poi girarsi verso gli altri della banda.
«Cos'è, il piccolo frocetto prende ancora il budino alle fragole? Aaaw!» fece il verso McPitty. Jules mi diede un calcio nello stomaco che mi fece piegare in due, facendo scaraventare il vassoio a terra. Caddi in ginocchio dal dolore. Li guardai esausto. Ridevano di gusto, spalleggiati dalla massa di studenti che si era creata attorno a noi. McPitty si mise a cavalcioni su di me. Mi guardò negli occhi e io feci un respiro profondo per prepararmi alla botta. Un pugno. Due. Tre. Si alzò soddisfatto. Non c'era parte del corpo non dolorante; soprattutto il cuore. Mi faceva male da morire. Mi toccai il naso e appena vidi tutto quel sangue e riuscii addirittura a percepirne l'odore devastante, sentii la mia testa girare come non mai. Mi rifilò un altro calcio sul polpaccio destro. Una lacrima rigò la mia guancia pallida. Non mi ero mai azzardato a disturbare nessuno, né a cercare di fare amicizia con qualunque persona mi rivolgesse anche un semplice saluto. Tutti, dopo aver saputo chi fossi, iniziavano ad evitarmi il più possibile, tranne Savannah. Avevano paura di me. Ai loro occhi ero un pagliaccio. Solo a causa del mio (anormale) orientamento sessuale. Strano, vero? No. Per niente. Ma ancora non riuscivo ad abituarmici. Era un rifiuto psicologico, più che fisico. 
Ero un mostro e avrei dovuto iniziare a conviverci.
 
 
Savannah's POV.
Appena entrata in mensa, notai che una cerchia di persone dominava il centro della stanza. 
«No, ti prego Dio, non un'altra volta» sussurrai mettendo le mani a mo' di preghiera e chiudendo gli occhi.
Mi feci spazio tra la gente, quando finalmente (e sfortunatamente) riuscii a vedere cosa stava succedendo, anche se, in cuor mio, già ne ero a conoscenza.
«Lasciatelo stare!» gridai con le lacrime che iniziavano ad offuscarmi la vista, spingendo Matthew McPitty verso il muro con tutta la forza che avevo in corpo. Spostai lo sguardo su Jaymi che si era appena alzato sistemandosi la giacca. Il suo viso era inespressivo. Neutro. I suoi occhi lucidi erano un palese grido di aiuto. Cercai di andare da lui ma sentii qualcuno tirarmi per un braccio, trasportandomi fuori dall'edificio. Appoggiai le spalle sulla porta d'ingresso. Sentivo l'aria fresca di aprile che mi torturava i capelli. Mi abbracciò. Ero nervosa, arrabbiata con il mondo intero. Avrei voluto prendere a pugni quegli stronzi che da cinque fottuti anni torturavano il mio migliore amico.
«Piccola, ma cosa ti è saltato in mente? Avrebbero potuto farti del male!» esclamò Josh, preoccupato per me.
«Ti prego Joshua, lasciami andare dentro, ha bisogno di me...» riuscii a sussurrare tra i singhiozzi. Sospirò e mi guardò negli occhi.
«Ma non devi muoverti da vicino a me, ok? Se dovessero anche solo sfiorarti con un dito, li ammazzerei tutti quanti, a quei bastardi» stringeva i pugni e sapevo che faceva sul serio. Tutti avevano paura di lui, a scuola.
«Ragazzi! Savie! Perché stai piangendo?» JJ corse verso di noi, abbracciandomi. Appoggiai la testa sul suo petto caldo e inspirai il suo profumo dolce. Continuava a chiedermi come stavo, se mi avessero colpita, ma io negavo. Riuscivo solo a pensare a Jaymi e al modo in cui stesse soffrendo.
 
 
George's POV.
Cosa cazzo avevo fatto? Non potevo crederci. Ero io? Davvero? 
Fissai il mio pugno arrossato, dopodiché notai Bonham e McPitty stesi a terra. Jules mi fissò per tre secondi con la bocca e gli occhi spalancati, poi corse via.
«Shelley picchia!» urlò un membro della folla.
E Jaymi? Jaymi mi guardava incredulo, come se avesse appena visto un alieno. Mi prese per mano portandomi nei bagni del secondo piano.
«George, ma cosa... Cioè, come?» balbettava, non riusciva a scandire ordinatamente le parole. 
«Non lo so Jaymi! Non lo so» abbassai lo sguardo. Venne lì e mi abbracciò.
«Mi hai salvato la vita» sussurrò al mio orecchio. Riuscivo a sentire il suo respiro caldo sulla pelle. Ma ero incazzato con lui.
«Jaymi, guardami. Ci hanno visti ieri nello spogliatoio, non è vero? Rispondimi!» gridai, prendendo a calci il cestino della spazzatura che si rovesciò a terra.
«Sì Georgey, però...»
«Però un cazzo! Mi avevi detto che non ci avrebbe notati nessuno!» la mia rabbia repressa uscì completamente fuori mentre pronunciai quelle parole.
«E invece è successo! Che colpa ne ho io?!» iniziò a piangere. Mi distruggeva vederlo in quelle condizioni. Era pieno di lividi e stava piangendo per colpa mia. Cinque minuti prima lo avevo difeso da tutto e da tutti, e ora? Ero io l'artefice del suo dolore. Alzai lo sguardo al cielo. Mi sentivo terribilmente in colpa.
«N-non volevo, scusa...» sussurrai avvicinandomi a lui. Mi protesi in avanti fino a far toccare le sue labbra con le mie. Combaciavano perfettamente, sembravano fatte apposta per baciarsi. Erano in perfetta sintonia le une con le altre. Mi staccai, assaporando il suo sapore di fragola. 
«Scusami tu, George» sorrise timidamente.
«Ti amo JayJay» dissi solennemente, cercando di farlo credere più a me stesso che a lui. Rimase evidentemente sopreso da quel che gli avevo appena detto, e in men che non si dica mi abbracciò di nuovo. 
In quell'istante entrò Savannah, che si fiondò di corsa su Jaymi. 
«Cucciolo mio, come stai? Ti hanno fatto tanto male? Vieni da me stasera? Ti prego...» disse tutto d'un fiato. Si notava da un miglio di distanza che stava soffrendo più del suo migliore amico. Lui annuì, spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio. 
Si staccò da Jaymi, venne da me e mi ringraziò dandomi un dolce bacio in fronte seguito da una carezza. Chiusi gli occhi mentre un brivido mi pervase la schiena. Appena li riaprii, vedevo che mi stava tenendo il viso tra le mani. Era così vera, penetrante, sincera.
«Sei un angelo, George»
«Il mio» sussurrò Jaymi in un angolo della stanza, sorridendo a braccia conserte.
 
“You could take a picture of something you see in the future where will I be? You could climb a ladder up to the sun, or write a song nobody has sung, or do something that's never been done.”
 
  
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