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Autore: SavannahWalker    13/05/2013    0 recensioni
"Così comincia un nuovo anno con tanti buoni propositi che non verranno mantenuti e le stesse sfighe. Un po' tutti speriamo che una semplice data possa attuare un cambiamento nelle nostre vite ed io sono la prima. 20 anni della mia vita passati a invocare qualche strana forza suprema, come sto facendo ora, con il mio bicchiere di plastica rossa in mano, seduta in un divanetto alquanto scomodo. Devo essere abbastanza ubriaca per intraprendere questo monologo ma infondo nessuno sta ascoltando i miei pensieri."
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- STO SOGNANDO –

 
­“Non è possibile, mi ritrovo sempre quella nanerottola tra i piedi! Cos’è una stalker? Come se non avessi già abbastanza problemi a cui pensare! Il primo è che la mia casa è un completo disastro, sta sera passa la biondina e non ho nemmeno il tempo di preparle la cena. Troverò una soluzione, in fondo le mie capacità sono sopra la media. Mi si potrebbe considerare quasi un superuomo... Dannatamente in ritardo. Maledetto me che mi perdo nei miei pensieri!”
 
Non so come, ma in quella sera riuscii a sistemare casa e cucinare nel giro di un’ora. Come sempre la mia amica era in perfetto orario annunciandosi con la sua scampanellata e il rumore dei suoi passi “leggeri”.  Entrò e guardò la casa da cima a fondo per poi girare la testa verso la tavola apparecchiata, aveva un’ aria rassegnata.
“Non ti smentisci mai, sempre all’ultimo minuto...”
Abbassai la testa toccandomi i capelli, non sapendo se provavo vergogna o imbarazzo.
“Oh , insomma! Dovresti conoscermi ormai!” disse sorridendo.
Le scompigliai i capelli e ci sedemmo a tavola davanti alla misera pasta che avevo preparato, ma quando si hanno problemi finanziari non si può fare altro. Lei lo sapeva bene, per questo non disse una parola al riguardo ed in un certo senso mi faceva piacere non parlare di certi argomenti. L’intenzione era di passare una serata tranquilla.
“Tu ci credi nel destino?”
“Certo che no.”
“Non si direbbe, visto tutti i bigliettini dei biscotti della fortuna che hai nel terzo cassetto della tua scrivania”
“Come diamine...”
“Non puoi nascondermi niente, lo sai benissimo!”
“Beh, sono lì solo per ricordarmi quanto stupide sono le persone che ci credono!”
“Di sicuro!”
Un momento di silenzio fu seguito da una sua sonora risata, effettivamente non potevo nasconderle niente. Mi accorsi che era strana perché si strinse sulle spalle, intimidita da qualcosa. Aveva un’ aria pensierosa come se dovesse chiedermi qualcosa di cui aveva paura di sapere la risposta.
“C’è qualcosa che devi chiedermi?”
“No, nulla... Pensavo”
Sapevo che era una bugia ma tante volte è meglio non sapere, sennò si rischia di ingranare quel meccanismo che fa diventare la situazione spiacevole.
Mi accorsi che era tardi e la accompagnai alla porta dove ci salutammo con il solito abbraccio.
Dopo aver chiuso quest’ultima mi diressi verso il mio letto, mi ci buttai sopra con le mani dietro la testa. Il dubbio su cosa volesse chiedermi mi tormentò per una buona mezz’ora, prima di cadere nel sonno.
 
***
 
Dicesi “Alzarsi con il piede sbagliato”, quello che feci io quella mattina.
La sveglia non suonò, non trovai i vestiti puliti e dimenticai il cellulare sul tavolo. Per miracolo arrivai al lavoro con pochi minuti di ritardo, con la camicia che usciva dai pantaloni e due occhiaie che toccavano terra. Appena mi sedetti alla mia scrivania arrivò il mio capo con il suo solito sorriso a trentadue denti, incorniciato da una barba folta e non curata. Certo non potevo dire che non era un tipo simpatico, anche fin troppo. Mi sistemai i vestiti mentre il pc si accendeva e controllavo gli appuntamenti del giorno, per fortuna pochi, nella speranza di un qualche risvolto positivo durante la giornata.
Dopo l’ultimo appuntamento cominciava ufficialmente la mia pausa pranzo così mi diressi verso la macchinetta automatica per prendermi un caffè quando sentii una persona correre nel corridoio, verso l’ufficio del mio capo. Nel girarmi vidi solo una mano femminile che chiuse la porta. Pensai fosse la donna del mio capo anche se non era solita venirlo a trovare. Qualche secondo dopo si sentì un urlo che mi fece sussultare ed andare il caffè di traverso. Sporsi la testa per vedere cos’ era successo e... Non volevo crederci! Quella nanerottola spalancò la porta continuando ad urlare.
“Diventerò zia! Finalmente! Bisogna festeggiare!”
Cominciò a saltellare da una parte all’altra con il mio capo che cercava invano di fermarla. Si accorse che avevo sentito tutto e, dopo averla presa per un braccio, se la portò sotto la spalla.
“Baffetto, ti presento la mia sorellina che, come avrai capito, sta per diventare zia!”
I miei pensieri si fermarono per un secondo. Non riuscii subito a realizzare che quella nanerottola era seriamente la sorella del mio capo e che quest’ultimo stava per avere un figlio.
“Sto sognando”fu l’unica cosa che riuscii a pensare.
Dovevo avere un’ espressione al quanto basita perché il mio capo storse la testa mentre la sua “sorellina” continua ad agitare le braccia. Lei si fermò per un momento, mi fissò e corrucciò le labbra.
“Non mi dire che questo qui lavora per te!”
“E’ una specie di mio protetto! Vi conoscete?”
“Non proprio, per fortuna!”
Risposi alla sua affermazione con uno sguardo decisamente freddo. Figuriamoci se mi facevo mettere i piedi in testa da una ragazzina.
“Sono contento per lei, spero che vadi tutto bene per il futuro nascituro”
Girai l’angolo e mi fermai.
“Siamo sicuri che non vi conoscete?”
“Ci siamo incrociati un paio di volte, nulla di che”
“Mmm... Capisco, beh è un tipo simpatico sai?”
“Tsk! Non credo proprio visto il caratterino che si ritrova”
Non ascoltai oltre, come si permetteva di screditarmi davanti al mio capo? Come se lei fosse la persona perfetta! Presi le mie cose, per oggi avevo finito. Mi diressi verso la scuola superiore del quartiere e aspettai mio fratello.
 Sapevo fin troppo bene che non vedeva l’ora di vedermi. Fa sempre la solita scena di guardarsi in giro come se non gli interessasse ma appena mi vede gli si illuminano gli occhi... Non lo si può biasimare. Lo presi sotto braccio e lo trascinai verso il nostro solito bar.
Lo guardai mentre addentava un panino come se non mangiasse da mesi, senza preoccuparsi delle persone che lo guardavano. Mi portai la mano alla fronte e chiusi gli occhi.
“C’è qualcosa che non va fratello?”
“Sembri un animale”
Rimase immobile un secondo per poi alzare le spalle, come se non ci potesse far nulla.
Era una giornata ancora lunga e non c’era speranza che le cose migliorassero.
   
 
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