Le rêve à la fin de la décadence

Eleganza.
 Tutto ciò che a Celes importava era quel semplice concetto. Raffinatezza, ricercatezza. Pompa, secondo i sempliciotti che non sapevano comprendere. D’altronde, a lei, neppure importava più di morire, quali che fossero le circostanze: le bastava un’uscita di scena barocca, che facesse scalpore e che restasse sulla bocca di tutti.
Camminare verso il patibolo su un tappeto rosso, la strada cosparsa di omaggi.
 Certo è che per il suo agnello sacrificale avrebbe desiderato utilizzare un metodo meno grezzo, più confacente ai suoi gusti – anche se, a ben pensarci, soffocare un tipo come Yamada-kun tra le rose sarebbe stato un grande spreco. Avrebbe voluto soltanto costruire un immenso palcoscenico di morte, coinvolgendo quelle anime sfortunate nel suo grandioso progetto. Ma – ahilei! – non era bastato creare un grande intrico di spine per farla sotto il naso a tutti, uscendone illesa. Accecata dalla bellezza del suo sogno eccentrico, di quelle idee nei cui confronti non poteva che provare orgoglio ed una punta di gelosia, non aveva prestato la dovuta attenzione ai dettagli – imperdonabile davvero. E si era congedata serenamente dai suoi compagni, perché fino alla fine la calma e la compostezza avevano prevalso sulla tensione.
 Fece una piccola riverenza, sorrise e, senza urla o pianti, attese che gli eventi facessero il loro corso. Era tranquilla – forse sin troppo per una condannata a morte -, poiché ciascuno aveva ricevuto un castigo conforme alla propria persona, e confidava che così toccasse in sorte anche a lei. Celes quasi fremeva all’idea della finezza che Monobear aveva escogitato appositamente per lei.
 Infine, giunse l’ora fatale.
 Stette fiera sul rogo, le mani giunte e lo sguardo estatico, quasi che volesse emulare Giovanna d’Arco nei suoi ultimi momenti. Pensò, con una dose di giusta fierezza, di essere alla stregua di grandi donne che avevano dato la vita nel corso della storia. Cleopatra, Erzsbét Bàthory, Marie Antoinette.
Che mangino le brioche, quei pezzenti disse tra sé Io me ne vado degnamente.
 Attese che le fiamme cominciassero a consumarla, avvolgendola come in splendidi manti scarlatti e dorati, fiori letali che divoravano i lembi delle sue vesti, la pelle sottostante, spingendosi poi sin nelle ossa. Sudava, oltre che per l’ovvia temperatura insopportabile, d’eccitazione.
 
Almeno, fin quando il camion dei pompieri non spense i suoi bollenti spiriti e il suo sogno di decadenza, investendola brutalmente. 

***
 

Good, ho trovato il secondo sfigafandom su cui intripparmi. Evviva le serie molto cagate, mi dicono. In ogni caso, sono profondamente affascinata da Celes perché OVVIAMENTE è un'esteta, una stronza fatta e finita e ha LE TWINTAILS. E spero di aver fatto un buon lavoro con l'introspezione (ci tengo, a lei!). Spero che il pubblico abbia gradito, fufufu.