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Autore: elyxyz    06/12/2007    20 recensioni
Quando, come e dove si sono conosciuti Maes e Glacier?
Cinque frammenti per raccontare la nascita della famiglia Hughes.
Vincitrice del Contest su FMA indetto nel Forum ‘Writers Arena’.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Maes Hughes, Roy Mustang
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Maple Café

Ringrazio di cuore quanti hanno recensito, e per aver condiviso con me la gioia del primo posto!

 

Dedicata a Flavia,

La miglior zia che una ficcina neonata possa avere.
E ad Andrea e Anna, per il supporto morale.

Grazie.

 

 

Maple Café

by elyxyz

 

Capitolo IV

Entrò nel pub, cercandola con ansia. Però lei non c’era. Tom gli portò il solito caffè lungo, prima ancora che lo chiedesse, abitudine consolidata nella quotidianità di quei mesi.
Lo sorseggiò piano, ma si scottò ugualmente la lingua. In realtà non se ne accorse neppure.
Nella tasca destra del cappotto, carta rovente bruciava contro il suo fianco. Ma stavolta le lettere erano due.
Una di Roy, un Roy che aveva scritto quattro pagine traboccanti falsità. Lo conosceva troppo bene, fin da quando erano bambini, per non capire che quell’allegria era fasulla dalla prima all’ultima riga. Senza contare i dispacci, politicamente manovrati, Maes credeva molto più alle altre missive, più realistiche e attendibili, inviate dai suoi commilitoni che avevano il disperato bisogno di sfogarsi con qualcuno, anche a costo di spaventare i propri cari. E parlavano di soldati che perdevano la ragione, di massacri, di cose inenarrabili.
E anche lui era terrorizzato, non tanto perché poteva toccargli quella sorte, ma atterrito dalla possibilità che Mustang, il giovane e scanzonato Mustang, potesse rimanerne irrimediabilmente traumatizzato.
A volte se lo sognava, di notte, un uomo ritornato dai campi di battaglia che faticava a riconoscere, un Roy semimpazzito, un Roy di sicuro sconvolto, dagli orrori che aveva visto, che aveva vissuto, che aveva creato. Perché sì, in quanto Alchimista di Stato, non era certo rimasto con le mani in mano...
Il suo inconscio dava forma alle sue paure più recondite. E lo sapeva, Maes, che erano solo sogni, solo incubi. Ma talvolta sembravano così veri! E poteva sentirne quasi il sapore, l’odore di presagio.
Ma adesso avrebbe potuto vedere coi propri occhi, sincerarsi che quel testone stesse bene, che tutto avesse una quasi parvenza di normalità.
La carta frusciò, a contatto con le sue dita affondate nella stoffa pesante.
La seconda epistola era in realtà un telegramma. “Presentarsi entro due giorni STOP Quartier Generale Est STOP Destinazione Ishbar STOP Divisione VI Reparto III STOP”
L’aveva letto così tante volte da saperlo ripetere a memoria. Se chiudeva gli occhi, vedeva ancora le parole telegrafate sul foglietto che aveva stropicciato a furia di tastarlo.
E così ora toccava pure a lui. Con un ritardo spaventoso, certo.
Roy era partito, in un giorno caldo di primavera. E lui aveva atteso.
Un mese, due, che poi erano diventati tre. Ed era arrivata l’estate, e poi era passata. E adesso erano in inverno. Nove mesi. Nove dannati mesi e quel dannato tarlo che rosicchiava i suoi nervi, aspettando un maledetto messaggio che forse non sarebbe mai arrivato.
“Abbiamo perso tanti uomini”, sentiva dire, o meglio sussurrare, tra i corridoi della caserma. “Ma ormai la guerra sta finendo.”
E lui voleva crederci, lo voleva disperatamente, ma non si illudeva. Finché non avesse riabbracciato quell’idiota di Roy Mustang, avrebbe indugiato col fiato sospeso e una vita in bilico. Una vita a metà.

“Questo lo offre la casa. Si sentì dire, come quel giorno di dieci mesi prima.
E fissò la fetta di torta e il sorriso innamorato di lei.
E stavolta fu la sua tasca sinistra a bruciargli contro la gamba.
La donna si chinò a sfiorargli le labbra con le proprie, accarezzando distrattamente la barba del giorno prima.
“Avevi un’espressione così triste e malinconica, che non ho potuto resistere.” Recitò, come prevedeva il copione, ogni mesiversario, da che si erano messi insieme.
Lui sorrise, senza riuscire a nasconderle del tutto la sua preoccupazione.
“C’è qualcosa che non va?” chiese Glacier, accomodandosi al suo fianco, lungo la panca di legno.
“Dov’eri finita? Non ti ho vista, entrando. Domandò invece lui, vezzeggiandole la mano piccola e sottile, adagiata sul tavolo.
“Stavo riordinando il ripostiglio. E’ arrivato il rifornimento dei liquori. Gli spiegò, con semplicità. “Dimmi, cosa c’è?” ripeté, annegando negli occhi dorati e preoccupati del suo uomo.
“Io...” sfilò il biglietto sgualcito e glielo consegnò. Perché nessuna sua parola, neppure tutti i discorsi che si era preparato in quelle ore, niente sarebbe servito a rendere tutto ciò meno doloroso.
Lei impallidì, portandosi la mano a coprire la bocca, reprimendo a fatica l’istinto d’inorridire.
“Oh, Maes!” gemette. Sebbene fosse conscia che, mettendosi con un militare, sarebbe potuto succedere. Erano in tempo di guerra, dopotutto, e Hughes non ne aveva mai fatto mistero.
Quando le cose tra loro due si erano fatte serie, avevano avuto un lungo colloquio. E si era parlato di progetti, di futuro, ma anche di trincee. “Se mi chiameranno, io partirò.” Le aveva detto, scuro in volto e mortalmente serio. “Ho giurato di difendere il nostro Paese e quindi di proteggere anche te.”
E lei s’era ritrovata ad annuire, in quel momento come allora, mentre anche nel presente lui ripeteva quelle medesime parole.
Una lacrima silenziosa le solcò il viso.
“Promettimi solo che tornerai, e io ti aspetterò. Sussurrò, cercando di sorridergli incoraggiante. Un coraggio che in realtà non provava.
Maes sospirò, raccattando a fatica la propria, di risolutezza.
Non seppe mai come, ma le porse la scatolina vellutata, blu notte con la scritta in oro.
Se torn-
Lo interruppe, scotendo il capo biondo con furia, escludendo a priori quelle parole.
Quando
tornerò...” ritentò lui, e la voce gli tremava leggermente “vorresti sposarmi, Glacier?”
Lei deglutì un groppo di lacrime amare ed emozione, pigolando un “Sì” che udì solo lui.
Hughes le infilò al dito l’anello di fidanzamento e sorrise felice, per la prima volta, in quella lunga giornata. Adesso non aveva più un solo scopo, bensì due: riportare a casa quello scapestrato di Roy - il suo inconsapevole testimone di nozze - e la propria pellaccia, perché la sua adorabile futura mogliettina lo aspettava in trepidante attesa.
“Mi scriverai?”
“Ti scriverò.”
“Una lettera al giorno?”
Lei rise. “Una montagna di lettere!”
“Ti amo, lo sai?”
Glacier assunse un’espressione deliziosa. “Me lo dici ogni istante...”
“Ma
ora non sarà più possibile.” Si rammaricò. “Bisogna provvedere.”
“E come?”
L’uomo sollevò il capo con aria guardinga, scrutando il locale semivuoto.
“Dov’è tuo zio?”
La ragazza lo imitò nella ricerca.
“Nel retro, credo. Si risolvette a rispondere.
“Bene!” ghignò. “Chiudi gli occhi.”
“Cosa?”
“Gli occhi. Chiudili.”
E lei eseguì, seppur con una certa apprensione.
“Ora puoi aprirli!” le fu detto, mentre la calda mano di lui copriva nuovamente la sua. Il diamantino incastonato brillava di luce propria, sotto i riflettori delle lampade del soffitto.
Glacier si ricoprì nuovamente la bocca spalancata, ma per una ragione diversa.
“Lo zio ti ucciderà. Lo sai, vero?” lo informò, trattenendo a stento la voglia di ridere.
“Beh, se adempie al suo scopo, ne sarà valsa la pena!” decretò, pratico.
Scrutarono entrambi la piccola incisione sul bordo del tavolo.
Un Ti amo’ inscritto in un cuore approssimativo.
“Così, ogni volta che verrai a pulirlo, ti ricorderai di me!” esclamò, con espressione furfante.
“Sciocchino! Non potrei comunque scordarmi di te...” lo rimproverò bonariamente, accarezzando il legno intagliato.
“Corri a dire a Tom che adesso te ne vai...” le consigliò. “E’ la mia ultima serata libera, vorrei passare ogni minuto con te.”
Lei non oppose resistenza. Si limitò ad annuire, sistemandosi la gonna stropicciata della divisa da cameriera.
“Vado a cambiarmi.”
E poi volarono fuori, stretti nei cappotti, mentre l’aria gelida si condensava tutt’attorno a loro.
Andarono incontro alla notte, incontro ai dubbi... e al loro amore, come unica certezza.


Continua…

Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Questo capitolo è il più lungo, per compensare la brevità del precedente ed è il frammento che ha più significati impliciti. Se riuscirete a coglierli e a dirmeli, ne sarò felice, altrimenti li chiarirò nel prossimo postaggio che sarà l’ultimo, purtroppo. Ç__ç

 

 

Writers Arena

 

     http://writersarena.forumfree.net/

 

 

Precisazioni al capitolo precedente: perdonate se non ho potuto dare precise anticipazioni, ma era per non rovinarvi la lettura di questo frammento.

Come avete visto (e vi avevo anticipato all’inizio), questa fic attinge sia all’anime che al manga.

Il Roy distrutto dalla guerra è la rappresentazione onirica di Maes, ma si rifà alla puntata in cui lui gli porta la famosa torta della fidanzata e trova un Mustang che è l’ombra di se stesso, deciso a riportare indietro coloro che ha ucciso, violando il tabù alchemico. Però ho deciso di farlo partire per il Fronte, come è accaduto nel fumetto.

 

Per Rika88: sì, quando Maes parte, è già fidanzato con Glacier.

Per Roy Mustang sei uno gnocco: sì, le tue informazioni credo siano corrette. Ma non è che pensasse di già proprio a Ed, diciamo che si stava preparando la strada! ^__=
Per Neverwinter: generalmente non rispondo persona per persona, principalmente perché le risposte finirebbero per assomigliarsi… di solito ringrazio in modo unico, generico, ma fortemente sentito! *__* (Vi voglio un mondo di bene, miei recensori! ^__=)

Se invece un commento contiene una specifica domanda, allora mi rivolgo ad un lettore specifico, replicando ad hoc.

 

Ok, credo sia tutto. In caso, chiedete!




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(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)




Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

   
 
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