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Lo squillo del cellulare la svegliò all’improvviso. Allungò
la mano verso il comodino tastando alla cieca alla ricerca del telefono. Paolo
sdraiato accanto a lei nel lettone matrimoniale cominciò ad agitarsi e ad
emettere dei grugniti infastiditi. Suo marito detestava essere svegliato
all’alba. Il trillo non cessava e lei ancora non era riuscita ad individuare il
cellulare. Poi ricordò che la sera prima
lo aveva lasciato a caricare alla presa elettrica vicino alla cassettiera.
Rabbrividendo al gelo della mattinata di gennaio gettò le coperte da una parte
e mise giù i piedi nudi. Il pavimento era di ghiaccio e le pantofole sparite
chissà dove. Intanto gli squilli erano cessati e lei prese in considerazione
l’idea di rituffarsi sotto le coperte, ma proprio in procinto di mettere in
atto il suo progetto ricominciarono. Facendosi coraggio si mise in piedi e
stringendosi le braccia intorno al corpo raggiunse la cassettiera. Afferrò il
telefono senza nemmeno guardare il display e con un saltò raggiunse il letto
facendo sobbalzare coperte cuscini marito e gatto. Paolo mugugnò qualcosa
simile ad un
- -
Ti
decidi a mandare a fanculo chiunque sia!!! –
Il gatto Micio invece si
stiracchiò sulle zampe anteriori, roteò un paio di volte su se stesso e tornò a
sdraiarsi come se niente fosse.
Finalmente guardò il display sul quale lampeggiava la scritta
Mamma. Che diavolo poteva mai volere da lei alle sette del mattino?! I suoi
genitori erano partiti da tre giorni per una crociera nel mediterraneo. Facendo
un breve calcolo e cercando di ricordare l’itinerario della nave, stimò che
quella mattina più o meno proprio a quell’ora avrebbero dovuto stare per
attraccare al porto del Pireo ad Atene. Perché invece di prepararsi all’escursione
chiamava lei?
- -
Pronto
Mamy. Com’è la Grecia? –
- -
Lo
zio Giovanni sta morendo –
Aggrottò la fronte per cercare di farsi venire in mente chi
fosse lo zio Giovanni. Mentre cercava nei cassettini della memoria sua madre la
chiamò
- -
Laura?
Laura, ci sei? Hai sentito cosa ho detto? Mio zio Giovanni sta morendo –
Dunque si parlava del prozio Giovanni, il fratello maggiore
di nonno Carlo, il padre il sua madre. Laura non pensava nemmeno che fosse
ancora vivo. Suo nonno Carlo era morto che lei era ancora bambina e, da quel
che ricordava, non aveva mai visto i due fratelli insieme. Non aveva proprio
mai visto questo zio Giovanni ma stimava che dovesse avere novant’anni almeno.
C’erano argomenti nella famiglia di Laura di cui non si
doveva parlare. Argomenti considerati tabù, e uno di questi era proprio il
litigio fra il nonno Carlo e suo fratello. Dai suoi ricordi di bambina, Laura
sapeva solo che il nonno aveva un fratello grande, che questo fratello era
cattivo, che aveva fatto una cosa sbagliata e che lei non doveva fare domande. Nella
sua fantasia di bimba lei immaginava lo zio Giovanni come uno stregone cattivo
o uno scorbutico signor Scrooge. Poi crescendo lo aveva quasi rimosso dai suoi
ricordi. Ora quella telefonata mattutina che le annunciava la morte di un
totale estraneo non le provocava nessuna emozione, anzi, quasi si vergognava a
dover ammettere con se stessa che la notizia la infastidiva un po’.
- -
Si
Mamy, ti ho sentita. Tuo zio è in fin di vita. Ma tu… come lo sai? –
Senti sospirare sua madre nonostante la linea lievemente
disturbata.
- -
Beh,
a quanto pare siamo i suoi unici parenti. Qualche mese fa si è trasferito in
una casa di riposo in città e ha iniziato a programmare la sua morte. –
Voleva assolutamente saperne di più ma Paolo aveva cominciato
a tirarle dei calci da sotto il piumone per farla stare zitta. Rispose stizzita
ai primi calcioni, poi, considerando che era presto e che quello era pure il
giorno libero di suo marito decise di sloggiare.
Col cellulare bloccato fra la spalla e il mento guardò sotto
il letto in cerca delle pantofole. Una era sotto il comodino e la infilò
subito. Dell’altra non c’era traccia. Saltellando sul piede pantofolato si
avvolse un caldo plaid attorno alle spalle e uscì dalla camera da letto.
Raggiunto il salotto si lasciò sprofondare sul divano.
- -
Cos’è
questa storia di programmarsi la morte? –
- -
A
quanto pare l’anno scorso gli avevano diagnosticato una brutta malattia. Quando
si è reso conto di non poter più vivere da solo ha preso accordi con questa
casa di cura per avere tutta l’assistenza necessaria. Sembra che abbia già
scelto i fiori e la bara. Adesso lo hanno trasferito all’ospedale Sacro Cuore. Dio
mio che cosa triste! Non trovi tesoro? –
Era una storia decisamente deprimente. Pensò allo zio
Giovanni, alla sua vita solitaria e ora alla sua morte solitaria.
- -
Si
si. Una storia tristissima. Ma cosa farai adesso Mamy? Non penserai di
interrompere la crociera per correre al suo capezzale?! È praticamente un
estraneo per noi. –
- -
Non
è che potresti farci un salto tu vero amore? Sai com’è… giusto per scrupolo. Ci
andrei io se potessi. –
- -
Andarci
io?! Ma se non mi conosce nemmeno! E poi sono sicura che non mi vorrebbe lì. –
Stava cercando di accampare mille scuse per non andarci. Una
piccolissima parte di lei si sentiva in colpa; la gran parte di lei invece
inorridiva all’idea di entrare in un ospedale e tenere la mano ad un uomo che
suo nonno detestava.
Alla fine sua madre ebbe la meglio e le strappò la promessa
che ci sarebbe andata. Laura riagganciò il telefono e gemette forte di rabbia.
Guardò fuori dalla finestra la pioggia cadere. L’idea di uscire non la
allettava per niente e poi doveva assolutamente consegnare alla rivista per cui
lavorava gli ultimi due racconti entro il giorno dopo. Il mensile doveva andare
in stampa entro il venti gennaio e lei era terribilmente in ritardo.
Scriveva mini racconti su “Lei Donna” ormai da cinque anni.
Dopo la laurea in lettere aveva provato a sfondare con un romanzo a cui
lavorava dai tempi del liceo. Diventare una scrittrice era il suo sogno da
quando era bambina e inventava favole e storie di fantasmi per far divertire
gli amichetti. Le case editrici l’avevano bocciata; intanto era arrivato il
contratto con “Lei Donna” e aveva iniziato a guadagnare i primi soldi. Il sogno
del grande romanzo era stato accantonato in un cassetto e ora si dedicava alla
stesura di storielle melense e lievemente erotiche sulla rivista preferita
dalle pensionate e dalle casalinghe del paese. A volte si sentiva frustrata, ma
i soldi del suo lavoro facevano comodo. Col solo stipendio da insegnante di
liceo di Paolo non si sarebbero potuti permettere di pagare il mutuo e fare
quei due, tre viaggetti l’anno che tanto amavano.
Le fusa di Micio la riportarono alla realtà. Lo prese in
braccio e si diresse verso la cucina. Mentre attraversavano il corridoio Laura
gettò uno sguardo alla cesta del gatto e individuò la sua pantofola scomparsa.
Il micetto di casa aveva un indole da ladruncolo. Fin da cucciolo rubacchiava
calzini, mutande, fazzoletti e tutto quello che più l’attraeva. Poi Laura o
Paolo trovavano il bottino nel suo cesto.
Posò il gatto, infilò la pantofola e mise la caffettiera sul
gas. Mentre armeggiava con tazze e cucchiai sentì i passi di suo marito alle
spalle. Sentì le sue braccia che la stringevano da dietro. Paolo stava ancora
sbadigliando quando farfugliò un buongiorno incomprensibile. Lei si girò,
ricambiò l’abbraccio e sorrise.
- -
Buongiorno
a te… –
Si scambiarono il bacio del mattino, stettero un altro po’
abbracciati e poi si staccarono. Lei tornò a controllare il caffè mentre Paolo
portava in tavola tazzine e biscotti.
- -
Allora?
Tua madre moriva dalla voglia di raccontarti della vacanza? –
La canzonò.
- -
No.
Vuole che corra al capezzale del prozio Giovanni che è in fin di vita. –
Paolo restò perplesso; era ovvio che non si aspettava una
risposta del genere. Non sapeva nemmeno chi fosse questo suo zio Giovanni.
Della famiglia di sua moglie conosceva e frequentava solo la parte paterna. Il
padre di Laura aveva due sorelle che, a loro volta avevano due figli più o meno
dell’età di Laura. Si andava tutti abbastanza d’accordo e spesso si usciva
assieme. Della famiglia materna invece non c’era nessuno da conoscere. Sua
suocera era figlia unica proprio come lo era Laura. Non c’erano cugini o zii,
almeno fino a quella mattina.
- -
Scusa,
chi è zio Giovanni? –
- -
Il
prozio Giovanni è il fratello maggiore di nonno Carlo –
- -
Tuo
nonno aveva un fratello. Non ne avevo mai sentito parlare –
Laura arrivò a tavola con il caffè fumante e si sedette di
fronte al marito.
- -
Hanno
litigato e rotto completamente i rapporti negli anni cinquanta. Io non lo
conosco. Anche mia madre l’avrà visto poche volte. Solo che adesso lui ha
voluto che l’avvisassero del suo stato di salute e lei vuole che vada io a
tenergli la mano. –
Gli aveva esposto i fatti col tono abbastanza scocciato di
chi non ha assolutamente intenzione di fare quel che gli si chiede. Ma Paolo
conosceva bene sua moglie.
- -
Vuoi
che ti accompagni? –
- -
Sei
un tesoro. –
- -
Si,
lo so. –
Si sorrisero a vicenda e finirono la colazione in silenzio.