Negli
episodi
precedenti: «Jack
non è affatto come te, è il tuo opposto
esatto» disse Davis. __
«E per fare questo ti
serve tutto l’aiuto
possibile...» aggiunse Richard spostando lo sguardo da Jack
al paesaggio fuori
dall’auto. __
«Se Carrie avesse saputo
del tuo dono, per esempio,
oggi non avrebbe mandato Jensen in quel bar! __ Credo dovremmo
dirglielo.
Sarebbe più facile!» fece Davis.
«Non lo so...»
rispose Tru. «Non mi fido ancora di
lei...». __
Jack guardò Carrie negli
occhi. «...Invece tu?».
«Non male. Ho conosciuto
meglio Davis...» disse
Carrie, soddisfatta. «... ometto interessante».
«E...?».
«E si beve ogni singola
parola che io gli dico!».
Carrie brindò con Jack. __
«A cosa ti serve
l’appartamento, papà?».
«A nulla...»
rispose vago Richard. «Lavoro...». __
Harrison corse fuori
dall’appartamento. «Tu lavori
per Jack! Come ho fatto a non pensarci prima?!». Richard lo
segui.__
Richard assalì Harrison
e lo getto contro il muro.
«Non devi dire nulla a Tru!» lo
minacciò. «Nevicherà
all’inferno prima che lo
faccia!» rispose Harrison. Richard non ci pensò
due volte. Mise le mani intorno
al collo di Harrison e cominciò a premere. Harrison stava
soffocando.__
Harrison, dopo che suo padre aveva
tentato di
ucciderlo, si diresse al primo telefono pubblico che trovò.
Inserì la moneta.
«Avanti, Tru! Rispondi!».__
La giornata si riavvolse.__
«A cosa ti serve
quell’appartamento?» chiese
Harrison a Richard.__
«Ci sono volute settimane
per farti questo regalo, e
tu stavi rovinando tutto in un giorno!».
«Vuoi dire che
l’appartamento è mio?» chiese
Harrison. Richard sorrise e lo abbracciò, pensando che
questa volta era stato
fortunato. __
Richard guardò Jensen e
si rivolse a Jack senza
farsi notare. «Lui non doveva essere uno dei
tuoi?». «Dagli tempo!» rispose
Jack, con la stessa attenzione a non farsi notare. Richard volse lo
sguardo a
Carrie, che parlava con Davis.
«E che mi dici della
talpa?». __
«Vedi,
Carrie...». Davis non sapeva da dove
cominciare.
«Devo raccontarti un
segreto e questo segreto
riguarda Tru». __
Carrie annuì a Jack.
Questi si rivolse a Richard.
«Ce l’ha in pugno!».
Capitolo
1 “L’amore
è nell’aria”
Ore 10.40
Tru stava camminando sul
marciapiede con dei
sacchetti in mano: era andata da Darren Toys per comprare i regali ai
figli di
Jordan; da “Grace’s huose” per comprare
un pensierino ad Every; poi aveva fatto
compere per suo padre Richard, Harrison e Tiler a “Tecno
Point”; ed infine, ora
stava andando a comprare un regalo per Jensen. Mentre svoltava evitando
alcune
persone, il cellulare squillò. A fatica, con le borse
nell’altra mano, riuscì a
prenderlo e guardò sullo schermo chi la stava chiamando.
«Oh...» fece. «Ciao, Harrison!
Allora, hai tutto, vero?... Come devi ancora andare al
supermercato?!... Non mi
interessa se ti sei svegliato ora! Vestiti e vai subito a comprare da
mangiare!
Non voglio che la mia famiglia e i miei amici mangino grissini
integrali per la
sera di capodanno!!... No, ti ho già detto che non posso
andarci io! Sono...».
Tru guardò l’insegna del negozio “Love
Shop”. «...impegnata! Senti, ora devo
fare una commissione. Chiamami quando hai preso tutto, ok? Ah, non
prendere
cose strane, capito? Ok, ciao!». Tru era entrata nel negozio
e aveva raggiunto
il bancone. Una giovane commessa dai capelli rossi le rivolse un
saluto.
«Salve, cosa desidera?».
«Salve. Em...».
Tru non sapeva cosa dire. Jensen,
alla cena della Vigilia di Natale, era stato molto dolce, specialmente
con il
vischio. Per questo, con un regalo speciale, lei voleva essere
altrettanto
dolce. «Vorrei fare un regalo ad una persona
speciale...».
«Il suo
ragazzo?» chiese la commessa.
«Ecco... non è
una cosa ufficiale ma... sì!».
«Ok. Quindi lei vuole
trovare un regalo per fare un
passo decisivo... Bene... Credo dovremmo cercare qualcosa di dolce, un
qualcosa
che la rappresenti, cosicché si ricordi di lei ogni volta
che lo vede...».
Tru non avrebbe mai immaginato una
cosa del genere.
Sembrava più una campagna pubblicitaria che un pensiero.
«Allora...» aggiunse
la commessa. «Ora sta tutto nelle sue mani: cerchi nel
negozio qualcosa che la
possa rappresentare, come personalità, hobby...».
La porta del negozio si aprì.
«Ok... Grazie. Guardo
cosa c’è in giro...». Tru si
voltò e sulla porta vide Richard che cercava di uscire senza
farsi notare.
«Papà?!».
Richard si bloccò.
Tru l’aveva visto e non
poteva fare altro che
voltarsi e salutarla. «Ciao, Tru! Che sorpresa!»
fece imbarazzato. Richard
entrò completamente nel negozio e chiuse la porta. Fra i due
era calato un
silenzio imbarazzante.
«Allora, che cosa ci fai
qui?!» si chiesero
contemporaneamente. Tutti e due fecero un sorriso.
«Beh...» cominciò Richard.
«... sono qui per... comprare un... piccolo pensiero a... a
Jordan... E tu?».
«Io sono qui per prendere un regalo a... a... a Jensen...
sì... Jensen...» fece
lei.
«Oh,
sì!» esclamò suo padre. «Me
lo ricordo! Era il
ragazzo che c’era alla Vigilia di Natale, vero?».
«Sì, esatto!». Tru e Richard
si fissavano, mostrando falsi sorrisi, o, più che falsi,
sorrisi di cortesia.
Richard guardò l’orologio. «Oh,
sì è fatto tardi... Ho una... riunione molto
importante allo studio alla quale non posso mancare...».
Tru aveva capito che era la solita
scusa per evitare
una conversazione. Questa volta, però, non voleva rimanere
passiva. Voleva
agire, far capire a suo padre che lei c’era e che voleva
riallacciare i
rapporti con lui. «Ah, papà...» disse,
mentre lui stava già uscendo dal
negozio.
«Sì,
Tru?».
«Em... questa sera ti va
di venire a casa mia con
Jordan e i bambini? E’ una buona occasione per... per
festeggiare tutti
insieme. E... e così magari tu, Harrison ed io potremo stare
di nuovo tutti
uniti. Sai... mi è piaciuto molto a Natale... e... e non
vorrei perdere quello
che si sta creando. Sì, la famiglia che si
riunisce...». Tru fece un sorriso.
«Ma non ci
sarà Meredith...» precisò suo padre.
Il sorriso di Tru scomparve.
«Non è colpa mia... Sai
che dopo quello che è successo io e lei non ci parliamo...
Ok, senti, lascia
stare! Non dovevo chiedertelo. Ciao, papà». Per
Tru era stato difficile dire
quell’ultima parola.
«Tru... Non
volevo...». Ma Tru si era già messa a
guardare il negozio. Richard capì che era inutile cercare di
scusarsi. Aprì la
porta del negozio e uscì, senza neanche salutarla.
Davis era davanti alla porta
dell’ufficio di Carrie.
Le mani gli sudavano e lui tremava per l’eccitazione.
«Dai, Davis, non è la
prima volta che uscite insieme...» si disse.
«Allora... vediamo... Carrie...
sai... oggi hanno ucciso una ragazza bellissima e quando è
arrivata in obitorio
mi sei venuta in mente tu... oh mio Dio!... no, chi direbbe una cosa
così...».
Si voltò. Non aveva il coraggio di bussare almeno fino a
quando non avrebbe
trovato le parole da dirle. «Questo vestito, oggi, ti dona...
Hai tagliato i
capelli, perché sono fantastici!... No, non va
bene...».
«A dire il vero,
sì!».
Davis sobbalzò e si
voltò di scatto. La porta
dell’ufficio di Carrie era aperta e lei stava lì,
a fissare Davis sorridendo.
«Sì, ho tagliato capelli, anche se non si nota
molto...» ripeté lei. «E per di
più non so come tu abbia fatto a notarlo stando
girato...» aggiunse.
Davis avrebbe voluto sprofondare.
«Beh... io...
emh... stavo...». Si schiarì la voce.
«Bel taglio! E’... fantastico!» disse.
«Grazie. Ho sentito che
lo dicevi anche prima...»
fece Carrie, sorridendo.
Davis diventò rosso e il
silenzio non aiutava.
«Volevi chiedermi
qualcosa?» chiese Carrie.
Davis ringraziò Dio per
il fatto che lei avesse
rotto il ghiaccio. «Sì, beh, Tru questa sera vuole
fare una cena per... per
festeggiare... festeggiare...». Si era dimenticato che festa
era. «Capodanno?»
fece Carrie. «Sì, sì! Capodanno. Per
festeggiare capodanno... tutti insieme. Ci
saranno lei, suo fratello, i suoi amici
dell’Università... Ma se non vuoi,
potremmo andare da qualche altra parte... a... a...». Davis
non aveva ancora la
minima idea di dove sarebbero potuti andare. Carrie sorrise. In
effetti, Davis
imbarazzato era molto buffo.
«Beh...» disse
Carrie. «In effetti, potremmo andare
a cena in un ristorante, noi due, da soli...».
«Ah... emh...
Ok!» esclamò Davis, sorridendo.
«Allora... ci vediamo stasera alle otto a casa mia e... e poi
andiamo nel...
nel... nel nuovo ristorante che hanno aperto...». Le mani gli
tremavano ancora
e molto.
«Va bene. Sarà
una serata piacevole, ne sono certa»
fece Carrie.
Davis sorrise e, con passo indeciso
ed imbarazzato,
si diresse verso l’ascensore.
Ore 19.24
Una donna, alta, magra, capelli
neri entrò nel Gray
Market. Guardò il commesso e sorrise, ma era ovvio che aveva
fatto un enorme
sforzo nel compiere quel gesto. «Ho dimenticato lo
champagne...» disse
all’uomo.
«Non
c’è capodanno senza champagne!» le
rispose lui.
«A dire il vero avrebbe
dovuto occuparsene mio figlio,
ma... questa sera ha deciso di festeggiare con i suoi amici... Eh,
questo
capodanno sarà duro senza mio marito...» aggiunse
la donna.
Il commesso aveva capito che la
donna avrebbe
festeggiato da sola e non fece altro che farle un sorriso e tornare a
contare i
soldi nella cassa: il locale avrebbe dovuto chiudere alle venti. La
donna si
diresse ai frigoriferi, alquanto distanti dal bancone e nascosti dietro
gli
alti scaffali. Arrivata al corridoio dei frigoriferi, si
voltò verso destra e
si diresse verso le bibite.
Il commesso lanciò
un’occhiata allo schermo delle
telecamere per accertarsi che la donna non rubasse niente. Si strava
solo
dirigendo verso le bevande. Comunque, aveva finito di contare i soldi:
864
dollari. Chiuse la cassa. In quel preciso istante, la porta del
supermercato si
aprì ed entrarono tre persone mascherate ed armate. Il
commesso fu preso dal
panico ed alzò subito le mani. Uno dei tre, quello con in
testa una calza di
nylon nera, gli puntò la pistola al volto. «Dammi
tutti i soldi che hai in cassa!
Subito!». La voce era di sicuro quella di un ragazzo.
«Io... non... non li
ho...».
«Non mentire! Vuoi
morire?» sussurrò con rabbia il
ragazzo. Gli altri due, uno con la calza in testa verde e
l’altro marrone, si
guardavano in giro.
«Muoviti!»
urlò il rapinatore con la calza nera. Il
commesso aprì la cassa, dando uno sguardo alle telecamere.
La donna non si era
accorta che erano entrati dei rapinatori.
Quello con la calza nera vide che
il commesso aveva
guardato le telecamere. Anche lui guardò e notò
che qualcosa si era mosso al
reparto bibite, ma ora non c’era nulla sulla telecamera.
«Carl!» disse. Quello
con la maschera verde si avvicinò.
«C’è qualcuno nel negozio: occupatene
tu!».
Esitante, Carl si diresse tra gli scaffali.
«Muoviti! Dammi i
soldi!» urlò l’uomo con la calza
nera. Il commesso cominciò a prendere i soldi.
«Più veloce! E guai a te se fai
una mossa...».
Un urlo, uno sparo. Tutti si
voltarono verso gli
scaffali. Carl arrivò correndo. «Ho... ho
ucciso... una... una donna...» disse,
tremando.