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Autore: Sylvia Ruth    24/05/2013    0 recensioni
Questa storia era stata pubblicata precedentemente con un altro account. L'azione si svolge in Normandia nel 1943, durante l'occupazione nazista. L'idea mi era venuta guardando una foto in cui Martin Gore indossava la giacca di un'uniforme militare e ascoltando una sua composizione.
Per due mie amiche, Agnese e Babs.
Genere: Avventura, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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PIMPF


NORMANDIA 1943

Periferia di Mosles, un piccolo villaggio sulla costa.


Da una finestra di una tipica casa a graticcio due occhi fissano la strada, pieni di paura.
Due occhi che si illuminano di gioia quando vedono un uomo, anziano ma ancora vigoroso, scendere da un auto nera, guidata da un militare tedesco.

"Papa! Pensavo di non rivederti!" Corre ad abbracciarlo.
"Tutto bene, ma petite. Per questa volta è andata." Tira un sospiro di sollievo.
"Cosa...volevano?"
"Avremo L'ONORE di ospitare un ufficiale tedesco in casa nostra. Non ti preoccupare. L'ho visto...E' ferito, in convalescenza...Io, come medico e...come sindaco, devo essere d'esempio..." Dice senza trattenere una smorfia.
"Come faremo?"
"In qualche modo ce la caveremo...Adesso corri dagli altri...Che si tengano lontani. Non voglio che corrano pericoli inutili. Torna a casa più presto che puoi...Dobbiamo decidere dove farlo dormire."
La ragazza obbedisce e si precipita fuori.


Due ore dopo, con il tramonto che indora la facciata, la stessa macchina, guidata dallo stesso autista, si ferma davanti alla casa. Ne scende per primo un ufficiale. Giovane, non molto alto, biondo, il viso pallido e stanco. Indossa un cappotto appoggiato alle spalle. L'altro, un graduato in divisa, è più anziano. Mentre il sottuficiale scarica i bagagli, l'altro rimane a guardare a lungo la facciata prima di entrare.

"Capitano Goerhe, lieto di ospitarla nella mia casa." Lo accoglie il dottore in un pessimo tedesco.
"Non credo, Dott. Pommard, non credo proprio...Mi dispiace arrecarle questo disturbo..." Ha parlato in un perfetto francese, anche se con un lieve accento. "Avrei preferito essere alloggiato in un albergo...Ma, come lei, ho ricevuto degli ordini..."
Si guardano negli occhi, studiandosi reciprocamente. Il primo a cedere è il francese.

"Venga, si accomodi...Intanto mi lasci esaminare la sua ferita...Susanne, mi puoi dare una mano? Susanne è mia figlia. Mi assiste, come può, nel mio lavoro."
I due si accomodano nello studio medico. Il tedesco lascia scivolare il cappotto. Sotto si vede che ha infilato una mano nello spazio tra un bottone e l'altro della giacca dell'uniforme. Con cautela e un certo sforzo, la sfila. Grocce gocce di sudore brillano sul volto ora terreo. Gli occhi si chiudono e la bocca si piega in una smorfia di dolore.

"Aspetti...L'aiuto..." Si offre.
"Grazie...Ma devo fare...da...solo." Mormora l'altro.
"Sciocchezze. Mi devo rendere conto delle sue reali condizioni." Lentamente l'aiuta a spogliarsi. La giacca, la camicia. Una vistosa fasciatura copre buona parte del torace e della spalla. Alcune gocce di sangue macchiano le bende.

"Si è riaperta...Susanne...Sbrigati!"
"Arrivo papà..." Trattiene un grido. "Per la miseria..."
"Prepara subito una fiala di morfina."
"No. Niente morfina o altri calmanti." Le parole escono a stento dalla bocca contratta.

"Ma le farà un male cane." Susanne guarda alternativamente i due. Suo padre le risponde sollevando le spalle.
"Andate...Avanti." Questa volta non ci sono dubbi. E' un ordine preciso.
I due lavorano in silenzio e il più veloce possibile.

"Da quanto è..." Gli chiedono mentre la ragazza deterge il sudore dalla sua fronte.
"Due mesi." La ringrazia con un cenno. " Ora il peggio è passato."
"Per oggi ho finito. Susanne, prendi il calvados. Ne abbiamo bisogno." Dice con voce tremante il dottore. "Chi l'ha conciato così?"
"Una nostra sentinella."

"Un tedesco??"
L'altro annuisce. "Un ragazzino appena arrivato al fronte. Non conosceva tutti i suoi ufficiali. Io ero di ritorno da una missione. Cose che capitano."
"Qui in Francia?"

"In Nord-Africa." Dice una voce dalla porta. " Sta bene Signor Capitano?"
"Sì Hans...Tutto bene. Un tempo era il mio sergente, ora è il mio attendente." Lo presenta.
"Dove devo mettere il bagaglio?" Susanne li invita a seguirlo, ma solo il sergente l'accompagna portando due valige.

"Era con Rommel?" Intanto gli versa un bicchierino di liquore.
"Sì...Perlomeno fino a quando sono stato ferito. Poco per me, grazie." Ascolta i rumori sopra la sua testa. Si sentono dei passi pesanti lungo le scale.

"L'accompagno in camera. E' stanco e deve riposare."
"Non fare la chioccia..." Ma lo segue.

Padre e figlia si guardano in faccia. "Sarà sempre in casa. Dove può andare in quello stato?"
"Mmm...E' più coriaceo di quanto tu creda. Non ha emesso un lamento...e non sono stato di mano leggera."
"Ascoltiamo quanto dicono?" Si avvicinano alla grande stufa di ceramica situata in un angolo e aprono piano lo sportellino di ghisa.

"Adesso scendo a prendere il resto...MARTIN!!"
"Calma...Adesso passa...E' solo un capogiro..." Dice con un gemito.
"Non riesco a capire perchè ti infliggi questa tortura...Perchè non vuoi la morfina?"
"Ho le mie buone ragioni."
"Sei caldo. Stanotte avrai di nuovo la febbre..."
"Sai che novità! Ci sono abituato." Si sente un altro lamento.
"Il pigiama?"
"Solo i pantaloni...Ora sbrigati a tornare...Se scatta il coprifuoco..."
"Bah...Io resto qui...Con te..."
"TU VAI IN LICENZA...E QUESTO E' UN ORDINE!"
"Ma..."
"Niente ma. Hai UNA possibilità di vedere la tua famiglia e la vuoi sprecare? Lascia il resto del bagaglio giù. Ci penserò io...domani..."
"Signor Capitano." Lo si sente battere i tacchi.

Lo guardano uscire e scaricare altri bagagli, tra cui una custodia di chitarra.
"Diamogli una mano."
"Ma...Papà..."
"Prima ce lo togliamo dai piedi..."

Il sergente li ringrazia, leggermente meravigliato, e li saluta. Lancia un' ultima occhiata ad una finestra e risale im macchina.
"Capitano...Dove preferisce che le mettiamo quste cose?"
Uno sguardo stanco in due occhi verdi, lucidi dalla febbre.
"Dove volete." Mormora ricadendo sui cuscini.


I giorni passano lenti e monotoni. Susanne si sta abituando alla presenza discreta del tedesco nella sua casa. Le occasioni in cui lo incontra sono poche. Alla mattina, quando aiuta il padre nella medicazione della sua ferita e ai pasti che si svolgono nel più completo silenzio.L'uomo si congeda sempre con un cenno di ringraziamento e di saluto. Passa la maggior parte del suo tempo in camera, intento a leggere o assorto nella contemplazione del paesaggio. Se il tempo lo permette esce per una lunga, solitaria, camminata. La ferita migliora e le passeggiate diventano sempre più lunghe. Anche gli abitanti si stanno abituando a vedere la sua figura camminare per le stradine e lungo la spiaggia. Sempre solo, sempre in silenzio.

"Mademoiselle Pommard...Sa dove potrei trovare del caffè-caffè?" Le chiede all'improvviso una mattina.
"Cosa?" La ragazza trasale. E' la prima volta che le rivolge una domanda.
"Sì...Borsanera...Contrabbando..." Continua con un sorriso che lei, istintivamente, ricambia.

"Ma...ecco...io...."Balbetta confusa.
"Non mi dirà che non sa a chi rivolgersi... Sono stufo di questa brodaglia." Susanne arrossisce. Che si sia accorto che fa apposta a servirgli un pessimo surrogato?
"Non lo dirò certo a un..."

"Crucco? Mangiacrauti? Mangiapatate?" La guarda ironico e lei non sa come replicare. "Non mi interessa nè CHI nè COME. Vorrei solo bere del vero caffè e, se possibile, fumare qualche sigaretta decente."
"Chiederò in giro."

"Potrebbe privare con quei cosiddetti pescatori spagnoli." Suggerisce lui.
"LO SA!! " Esclama in tono d'accusa.
"Ho buoni occhi e...buone orecchie. Non intendo denunciare nessuno. Diciamo che...mi aggiungerò alla lista dei clienti."
"Non prometto niente."


"Ho un ufficiale tedesco alloggiato in casa. Mi ha chiesto di procurargli caffè e sigarette." Susanne parla esitante con un uomo bruno che indossa solo un paio di pantaloni neri e un gilet, sempre nero, sbottonato.
"Cheri...che problema c'è? Rifornisco metà degli ufficiali stanziati in Normandia." Risponde il capitano del peschereccio con un ampio sorriso. "Basta che paghi."
Aggiunge con un lampo divertito nello sguardo. "Prima, però, vorrei sapere di che pasta è fatto."

"Dovrebbe passare tre qualche minuto."
"Il biondino? E' arrivato." Con la mano lo invita ad avvicinarsi.

"Capitano..." Si presenta.
"Niente cognomi. E' meglio...per lei...e per me."
Lui non si scompone. "Martin."
"Diego." Si stringono la mano.

"Il tuo nome mi suona strano. Non è comune per un...basco?"
"Sei il primo che lo capisce."
"Sono stato in Spagna. Il tuo accento...La croce tatuata sul tuo braccio...E' un disegno celtico."
Susanne li guarda stupita. Percepisce tra i due una strana corrente. E' come se dialogassero usando gli occhi.

"La tua ferita..." Accenna con la testa.
"Uno stupido contrattempo. In guerra succede. "Replica con una scrollata di spalle."
"La piccola...." Guardano entrambi verso di lei. "...dice che vuoi del caffè e delle sigarette...Inglesi o americane?"
"Preferirei inglesi...ma mi accontento anche delle americane."

"Pedro?" Al richiamo del capitano spunta una testa arruffata. " Cafè y cigarillos...Rapido..."
Aspettano in silenzio. "Ecco qua...Caffè e sigarette."

Martin li passa a Susanne. "In camera mia, per favore." Paga l'uomo." Suppongo che mi convenga stare attento a dove metterò i piedi. Specialmente lungo le scogliere."
"Solo se ci fermano." Sorride mostrando i canini appuntiti.
L'altro lo saluta portando due dita alla visiera. " Auf Wiedersehn."
"Hasta luego!"
   
 
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