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Autore: bulmasanzo    26/05/2013    10 recensioni
Una breve serie di riflessioni su un personaggio amato, quasi un tributo.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Heinz Doofenshmirtz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Doof side

 

 

Ripensandoci dopo tanti anni, si rendeva conto che la sua vita era stata misera, miseranda, penosa, con rarissimi sprazzi di spensieratezza che non lo avevano mai aiutato, anzi avevano acuito il suo odio e il suo desiderio di rivalsa nei confronti della città in cui viveva, dell'Area dei tre Stati, del mondo.

Aveva avuto un'infanzia che definire traumatica sarebbe stato ridicolo.

Per puro spirito di conservazione, si era limitato a definirla semplicemente triste.

Ma era una bugia.

I suoi genitori non c'erano mai, non lo avevano mai seguito, non gli avevano dato l'amore che si meritava, non lo avevano formato e, cosa peggiore, non gli avevano mai insegnato quale fosse la differenza tra il bene e il male.

Ed era per questo che si era visto costretto a impararlo da sé, a compiere spontaneamente le proprie scelte senza alcuna guida.

Il fallimento era stata una conseguenza naturale, e sapeva che era tutta colpa loro.

Se mai c'erano stati, non si erano curati di lui, e non avevano mai minimamente dissimulato il fatto che gli preferivano l'odiato fratello, perfetto sotto tutti i punti di vista.

Il quale, naturalmente, aveva sempre avuto la parte migliore.

Gliel'avevano dimostrato in moltissimi modi, odiarlo era il sentimento più naturale.

Perché non poteva essere allevato dalle tigri, non poteva essere costretto a passare le notti all'addiaccio per sostituire uno stupido gnomo da giardino, non poteva indossare abiti femminili inadatti ed essere esposto al pubblico ludibrio.

L'amore che gli avevano offerto, negandolo a lui, lo aveva accompagnato anche nel futuro.

Non per niente era diventato sindaco e si era costruito una vita appagante ed equilibrata.

Quello che lui aveva sempre ricercato e mai ottenuto.

Le tragedie che aveva vissuto sembravano una serie infinita, erano traumi che un bambino non avrebbe mai dovuto subire, che lo avrebbero segnato per sempre, che avrebbero improntato la sua vita adulta all'insegna del fallimento.

Nonostante quelle orribili premesse, aveva cercato disperatamente di vivere in modo dignitoso, aveva avviato diverse storie d'amore che l'avevano distratto per poco tempo dal suo incessante tormento interiore.

Ma erano sempre finite male, per i motivi più disparati.

Era come se il destino avesse deciso di punirlo, tutto era contro di lui.

E lui, che non aveva mai fatto niente di male per meritarselo, aveva reagito in maniera ancora peggiore.

Eppure, una tantum era arrivato a un passo dalla felicità, ed era stato quando era nata sua figlia.

Ma neanche quell'avvenimento gioioso era riuscito a placare le sue ire.

Come era stato costretto a constatare, si era trattato nient'altro che di un sogno, e il risveglio da esso era risultato come una doccia gelida.

Adesso riusciva a vedere la ragazza solo quando riusciva a superare i capricci dell'ex moglie.

Aveva creduto in Charlene, come aveva creduto in Vanessa ma, come sempre, era finita male.

E la sua incompetenza si era riflessa nel rapporto discreto che aveva costruito con la figlia.

Un rapporto che non lo aveva mai appagato, che sembrava non poter migliorare ma per fortuna nemmeno peggiorare.

L'aveva vista andare nella direzione sbagliata e non l'aveva fermata.

Non voleva che facesse i suoi stessi errori, eppure si sentiva orgoglioso di averle instillato un po' di male.

L'avrebbe disciplinata, l'avrebbe portata a crescere, a compiere con consapevolezza le decisioni che avrebbero segnato la sua vita, le avrebbe dato ciò che non era stato concesso a lui.

Una scelta.

Si trattava di un gesto d'amore, nel modo contorto in cui lo concepiva.

Ciò che forse non capiva, era che Vanessa fosse troppo giovane per comprenderlo, per apprezzarlo.

Ma non sarebbe venuta su come lui e la consapevolezza di ciò lo aiutava.

Vanessa era l'unica cosa giusta che avesse fatto nella sua intera vita.

Tutto il resto era deprimente.

Ma aveva smesso da tempo di autocommiserarsi.

Aveva cercato il proprio riscatto, la propria vendetta, pur essendo pienamente consapevole che non sarebbe mai riuscito a ottenerli.

Sapeva che colui che lo contrastava faceva soltanto il suo lavoro, non si aspettava altro da lui.

Ma sfidarlo oramai era diventata una routine quotidiana. Si sarebbe sentito solo e senza scopo, senza di lui.

Il suo era un ruolo superficiale.

La sua cattiveria si limitava in realtà a uno strato superiore del suo essere, in fondo al cuore era neutro.

Era in grado di amare, di affezionarsi anche al proprio nemico, di vedere in lui qualcosa di simile al compagno di vita che non aveva mai ottenuto.

E se un giorno avesse raggiunto la felicità che agognava da un'intera vita, probabilmente avrebbe smesso quella maschera e avrebbe finalmente ricominciato a essere se stesso.

Nell'attesa di quel giorno, che con molta probabilità non sarebbe mai arrivato, avrebbe dovuto continuare a fare ciò che gli riusciva meglio.

 

 

 

Un rumore di vetri infranti lo distrasse dalle proprie riflessioni.

Un sorriso di crudeltà che non gli apparteneva gli si disegnò sulle labbra.

Aveva spaccato il secondo, era arrivato esattamente quando se lo aspettava.

E la trappola, fedelissima, era scattata.

Guardò l'Inator che aveva costruito e ripassò a mente per l'ultima volta il suo Antefatto, preparato e scelto ad hoc per l'occasione, che avrebbe dovuto giustificare le sue ingiustificabili azioni.

Sapeva che non avrebbe suscitato alcuna misericordia nel suo avversario, eppure ci teneva a spiegarsi.

Era l'unico modo che avesse per dimostrare la propria umanità, la propria lucidità di pensiero.

Prese un bel respiro e si presentò orgogliosamente all'animaletto intrappolato per dire la solita frase, per dare il via alla solita scena che si ripeteva ogni giorno e che ormai era diventata praticamente irrinunciabile.

“Salve, Perry l'Ornitorinco.”

E la speranza sopita si riaccese come ogni singola volta, dando nuova e immeritata luce alla sua miserevole vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

angolo autrice:
Come posso definire questa roba che ho appena scritto?
Ieri ho rivisto il film di Phineas e Ferb e ho iniziato a riflettere sul personaggio di Doofenshmirtz, a comprenderlo meglio e ad amarlo. E questa one-shot è ciò che ne è scaturito.
Trovo che il nostro caro Heinz sia un personaggio con una grande profondità, ma che troppo spesso venga relegato alla dimensione del cattivo insensato, malvagio perché-un-malvagio-deve-esserci. Spero di averlo reso un po' più umano, un po' più vero, un po' più simpatico, almeno.
Grazie a tutti quelli che hanno letto questa piccola storia, spero che vi sia piaciuta, se volete lasciateci su un commentino...
Naturalmente, non l'ho scritta a scopo di lucro e il personaggio trattato non è di mia proprietà, ma appartiene alla Disney.

  
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