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Autore: waferkya    28/05/2013    1 recensioni
[pre-Dom/Bri] Ricorda con impietosa vividezza la faccia di quel meccanico segaligno che, una vita fa, aveva avuto il coraggio di canzonarlo e dirgli, Questa non è più zona tua, capo.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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But if you close your eyes,
Does it almost feel like
Nothing changed at all?




Ricorda con impietosa vividezza la faccia di quel meccanico segaligno che, una vita fa, aveva avuto il coraggio di canzonarlo e dirgli, Questa non è più zona tua, capo. Dom guarda il sole arancione gonfiarsi sopra Los Angeles, e sorride attorno al collo della Corona, prosciugando quel che rimaneva del liquido ambrato in un unico sorso.

È un cittadino rispettabile, ora, ripulito e graziato e schifosamente ricco, ma Los Angeles è ancora la sua città, il suo circuito personale.

Dom ha voglia di comandare. Ha voglia di saltare al volante della Charger e macinare una per una tutte le strade, un quarto di miglio alla volta, e rivendicarle. Ha voglia di far spaccare il traffico al suo passaggio, ha voglia di vedere e farsi vedere.

È stato lontano da Los Angeles troppo a lungo, ma guardarla srotolarglisi sotto gli occhi, sonnacchiosa e dorata, è servito a ricordargli che anche lei è parte della famiglia; anche lei è roba sua, tutta quanta, e Dom, finalmente, capisce che privarsi di Los Angeles è stato quasi come privarsi di un braccio, di un polmone, di benzina nel serbatoio.

Il tocco di una bottiglia ghiacciata contro il bicipite lo distrae dal profilo del suo quartiere; Dom alza gli occhi, e Brian gli fa un sorriso tranquillo, l’arco arrossato delle sue labbra che si arriccia agli angoli.

Dom accetta la birra con un cenno, e Brian gli si siede accanto, stiracchiando le lunghe gambe e lasciandole penzolare oltre il bordo del tetto. Dom si acciglia, beve un sorso di birra per tenersi le mani occupate—per impedirsi di agguantare Brian per la collottola, neanche fosse un gattino, e trascinarlo all’indietro, al sicuro; più vicino.

Brian è sereno, quegli occhi azzurri come un cielo di giugno incredibilmente limpidi persino nella luce aranciata del tramonto; dovrebbe essere esausto, dato che ha dovuto occuparsi di un intrattabile Jack per tutto il pomeriggio, e invece Brian sembra zuppo di energia, e non sta fermo un momento: si dondola lievemente, come un pendolo accordato a Dio solo sa che ritmo, e scolla l’etichetta dalla bottiglia di birra, o gratta un’unghia contro una tegola, oppure osserva fisso Los Angeles con quella concentrazione bruciante e predatrice che in genere riserva solamente ai motori.

E poi, di tanto in tanto, Brian guarda Dom, e inarca un pochino le sopracciglia e il suo sorriso si fa più marcato, i suoi occhi più brillanti; beve un sorso di birra, e il colore della Corona sembra una cosa triste e pallida in confronto alla sua pelle dorata.

Dom è ancora uno di quelli che sanno apprezzare una bella carrozzeria indipendentemente dalla marca.

«Jack si è addormentato,» dice Brian, alla fine, sottovoce, come se temesse di poter svegliare il bambino. «Mia è crollata con lui.»

Dom annuisce, distratto. «Il ragazzino ha i polmoni di un Toretto.»

La risata di Brian è leggera, sorpresa, un po’ senza fiato; Dom si ritrova a sogghignare, e poi tutti e due si portano la propria birra alle labbra, nel medesimo istante. Dom la tiene per il collo, inclinandola all’indietro con la pressione del pollice, mentre Brian, oh, Brian sotto sotto è ancora un ragazzino bianco con la faccia pulita e neanche la più vaga idea di come gestire le due taniche di NOS che tiene sul sedile posteriore: le sue dita si arricciano attorno alla base della bottiglia, circondandola tutta, e la sua presa è salda—responsabile.

Anni fa, Brian era un cherubino col sorriso impertinente e non un grammo di muscoli addosso, e che nonostante tutto aveva tenuto testa a quel carrarmato di Vince; adesso è un uomo, è un padre, porta i capelli tagliati cortissimi eppure, a guardarlo, a Dom non sembra poi così tanto cambiato.

Come tutto quello che passa per il garage dei Toretto, Brian è la versione modificata e perfezionata di quel modello che ogni giorno chiedeva a Mia un panino col tonno: è cresciuto, si è rifinito, ma conserva intatta la sua essenza—e il marchio di fabbrica che sono quegli occhi impossibili, e le stupide scarpe da tennis.

A volte Dom si ritrova ad alzare la testa dal motore su cui sta lavorando, e quando vede Brian chino sul cofano di una macchina, la fronte corrucciata e la punta della lingua tra i denti, quasi si aspetta di trovare Vince rannicchiato nell’angolo più buio del capannone a tentare di farsi passare una sbronza. Quasi si aspetta di vedere Jesse varcare la porta del garage con una bracciata di nuovi piani di costruzione. Quasi si aspetta di sentire Leon ridere e masticare il più rumorosamente possibile solo per tormentare Vince.

Dom non è mai stato bravo ad accettare sconfitte e perdite—che sono un po’ la stessa cosa, quando la tua vita è una corsa e la corsa è la tua vita,—ed è una sensazione dolceamara, ma non impossibile da affrontare, ora che Mia sorride così tanto, ora che Letty è di nuovo com’era a diciannove anni, ora che c’è Jack, e ora che Brian—ora che Brian è Brian, Dom non saprebbe definirlo diversamente.

In fondo, riflette Dom, un sogghigno pigro a incurvargli le labbra, non è cambiato davvero un cazzo rispetto ai giorni in cui Brian era Spilner, piuttosto che O’Conner; il ragazzino è ancora e sempre un pensiero che lo tormenta, una trave nel fianco che Dom, semplicemente, ha finito per inglobare al proprio corpo più profondamente di qualsiasi altro membro della squadra: ora Brian è un braccio, è un polmone, è benzina nel serbatoio.

Senza fretta, Dom allunga una mano, la appoggia sulla nuca di Brian, strizzando brevemente il collo tra le dita; Brian, imprudentissimo idiota, non si prende neanche il disturbo di preoccuparsi del fatto che Dom è trenta volte più forte di lui, che potrebbe spezzargli la spina dorsale senza neanche doversi sforzare. Piuttosto, si rilassa e persino si spinge incontro al suo tocco, al suo palmo calloso; non schioda gli occhi dall’orizzonte, e sospira, contento.

  
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