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Autore: telesette    28/05/2013    0 recensioni
[Amici Miei]
A distanza di decenni ormai, dalle imprese del gruppo originale, tornano le beffe feroci e l'irriverente goliardìa di quattro amici ventenni.
Pur con qualche variazione sul tema, la storia è più o meno la stessa: la voglia di ridere e divertirsi, malgrado lo squallido grigiore della quotidianità e dei tanti problemi personali; le zingarate e la versione riveduta e corretta della mitica "supercàzzola", che ancora mietono vittime tra gli ingenui, non mancano certo all'appello.
AMICI MIEI non è solo risate e battute messe a casaccio, bensì tutto un insieme di cose: la passione, l'estro, il desiderio; il saper alternare momenti tristi a folli sbalzi d'umore; le risate che, sgorgando dal cuore, a volte nascondono assai più dei silenzi; e il gusto difficile del non prendersi mai sul serio...
Genere: Comico, Generale, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Amici Miei, oggi come nel 1975, rappresenta un'icona intramontabile e incancellabile della cinematografia italiana ( soprattutto a Firenze, dove le vicende tragico/umoristiche del giornalista Giorgio Perozzi, dell'architetto Rambaldo Melandri, del conte decaduto Raffaello Mascetti, del barista Guido Necchi, e del professor Alfeo Sassaroli vivono ormai come una sorta di "tradizione" ).
Gli scherzi goliardici che caratterizzano la genialità ( e la "bastardaggine" ) dei protagonisti; le Zingarate senza tempo e senza meta, all'insegna della "fuga momentanea" dallo squallore e dalle realtà quotidiane della vita; e ovviamente l'intramontabile Supercazzola che, nel gergo del film, indica un giro di parole senza senso al solo scopo di confondere le idee al proprio interlocutore...

Amici miei - schiaffi alla stazione (scena cult)
( clicca qui per guardare )

Amici Miei - e ora tocca a noi...

Firenze, culla del Rinascimento senza tempo...

Da' tempi remoti di quel villaggetto, che avanticcrìsto ancora nominassi "Florentia", la cittadina nostra gli è 'n sòggolo di storia e di bellezza.
Formosa e vanitosa, come na baldracca del Casentino, e si specchia notte e dì sull'Arno icché divino.
Gli è bella, gli è brutta, gli è na gran zoccolona.
Chi l'ama e chi l'odia lo sa quant'è bona.
Gli è l'anima de' cittadini, altrimenti fiorentini, che tutto gli si po' di' meno che "juventini".
Bischeri, tu gli po' dire, montati a i'contrario!
Co' du mele pe' faccia da fa 'nvidia al Vasario.
Città d'arte, di grazia, gusto e'ccultura.
La fa presto a 'nvecchià ma poi quanto la dura.
Son anni, secoli, millenni tra poco.
E gli è sempre così, ni'sserio e ni'ggioco.
E si l'Arno racconta di madonne e poesie, tra frasi di core e pietose bugie, i'canto che s'arza nill'aria gustosa gli è i'verso dei figli... che cosa gioiosa!

Te un lasciàlla sola
mammina bella tua
'n pohìno bucaiola
sarann affari sua...

Di già rimase 'ncinta
pe' mette a'mondo te
ma fece tante 'orna
e i' babbo 'issà chi è...

"Come t'ha fatto màmmete
o sàccio meglio e te"
per questo posso dire
che gran puttana gli è!

Sfrecciando tranquilli sul Lungarno, coi finestrini abbassati e cantando a piena voce, quattro giovani figli di buona donna si godono pienamente il sole e l'aria di questa bella giornata. L'estate ha aumentato i prezzi dei gelatai ma, in compenso, ha ridotto parecchio i vestiti delle straniere.
Difatti, subito oltre il semaforo dell'incrocio, ecco due biondine di spalle con tondeggianti monili che sembrano dire: "toccami, toccami"...
Figurarsi se quell'arrapato di Edo, nobile di nascita e galantuomo di principio, possa esimersi dall'omaggiare le formose donzelle con un saluto degno del suo ( poco ) illustre antenato.
Soffiando nell'orecchio a Pino di tenere l'andatura a passo d'uomo, Edo si sporge e, con braccio teso e mano sicura, accarezza le morbide rotondità europee con somma delizia.

- Complimenti, signorine, viva l'Europa!
- Your mother... FUCK, FUCK !!!
- Italiani schifosi... MAIALI !!!
- E icché sarà mai, na palpatina... Diobono!

A giudicare dalla reazione, il fascino dei Monteleone di Poggio a Caiano è dunque da ritenersi in ribasso.
Edoardo non può fare a meno di sentirsi profondamente umiliato.
Ai tempi del suo ( ancor meno ) illustre nonno, certe cose non succedevano.
Le straniere erano più gentili, bendisposte, educate...

- Manco ce l'avessero d'oro - osserva Cecco con una smorfia. - Du' straniere così, che sembrano tanto i troioni di Novoli a notte fonda...
- Magari lo son davvero - commenta Pino, spingendo sul gas. - Per questo se la son presa: O Edo, la prossima volta e prova a strusciàlle co'n cinquantino... vedrai che un lo butti via!
- Ma vaffanculo - risponde Edoardo. - Un conte, figlio di conti, nipote di conti, erede dei Monteleone di Poggio a Caiano, figurati se s'ha da abbassarsi a i'vvile denaro!
- Avercelo, "i'vvile denaro" - ribatte Pino. - E un è più i'mmedioevo, quando te la davan via gratis o quasi, oggi tocca a pagare pure pe' vederla!
- O bischero, un tu lo vedi ch'è rosso ?!?
- Frena, Diocristo!

Fortunatamente i danni si riducono ad un concerto di clacson, degno di uno dei gironi dell'inferno dantesco, ma il fischio acuto proveniente dall'isola pedinale preannuncia tristemente una botta di euro con cifre da tre zeri. Già il vigile fa segno a Pino di accostare la macchina al marciapiede, in modo da non intralciare ulteriormente il traffico, e i quattro amici trattengono a stento le varie imprecazioni.

- Ci mancava solo questa - esclama Cecco.
- Ora chi la sente la mi' mamma - borbotta Pino, nascondendosi il volto tra le mani. - C'ho pure l'assicurazione scaduta, stavolta mi va via la patente...
- Boni lì - interviene Duccio, sporgendo la testa fuori del finestrino. - Lasciate fa i'mmaestro!
- O Duccio, un fa i'bbischero - sussurra Cecco nervoso. - Che voi che ci porta via tutti co'i carro-attrezzi ?!?
- Te un ti preoccupare - sussurra l'altro tranquillo. - Guarda e impara!

Pallido come un cencio, a differenza di Duccio che quasi sogghigna, Pino tiene entrambe le mani sudate sul volante.
Il vigile si avvicina senza fretta, tenendo in mano il blocchetto per le multe, e subito chiede di poter vedere i documenti.

- Agente, mi scusi - esclama Duccio. - Il fatto è che ci s'ha un po' fretta, un si potrebbe chiude 'n occhio pe' stavolta?
- Sì, certo - risponde il vigile, senza alzare la testa dal blocchetto. - Infatti io c'ho scritto in fronte "giocondo"...
- Oddìo, un esageriamo: giocondo giocondo no però, co' na toccatina in prefettura, sarebbe i'mmeno de la quinta scazza; ora che ci penso, mi pare anche un po' i'ffisso da articolo quindici; un vorrei sbagliarmi, gli è anche un codice rosso, ma a semaforo rosso la mi pare un po' eccessivo su un caso di emergenza... lei 'apisce, vero!
- Prego?
- No, dicevo: è un caso d'emergenza, bisognerebbe telefonà 'n questura pe' avvertire, ma se la mi fa la cortesia... giusto pe' stavolta eh, intendiamoci, un ci sarebbe da prendere il nominativo suo; a mezzogiorno scade il tempo-limite, e son già quindicimilanovecentosettantasett'euri, poi se la vede lei co i'questore!
- Il questore ?!?

Sgranando tanto d'occhi, il vigile pareva alquanto perplesso.
Duccio parlava talmente in fretta che, in buona fede ed ingenuità, chiunque sarebbe stato colto alla sprovvista.
Scendendo dalla macchina, continuando a sciorinare parole a metà tra il senso e il nonsenso, Duccio si lavorò per bene il malcapitato. Come il giovane ebbe tirato fuori poi la propria carta d'identità, ostentando spudoratamente il cognome di suo padre ( ossìa uno stimato giudice di Firenze! ), la recita assunse la forma di una cosa estremamente seria.

- Mi... Mi scusi, io... io non potevo immaginare che...
- Ma certo, la ci mancherebbe, gli è i'su dovere!
- Non... Non vuole sporgere reclamo?
- No, ma scherza - fece Duccio, con una faccia tosta grande quanto quella di un bue maremmano. - Gli è tutto apposto: la ci fa un bel frego qui, io un dico nulla in questura, e gli è tutto in regola!
- Allora, grazie!
- Di nulla, ovvìa, pe' così poco!

Rimontando dunque in macchina, Duccio salutò il vigile cordialmente. Questi fece ritorno alla sua postazione, rivolgendo al ragazzo un rispettoso cenno col capo, e fece segno a Pino che poteva mettere in moto e proseguire.
Non appena si furono allontanati di qualche metro, sempre guardandosi indietro nel timore che il vigile ci ripensasse, Cecco e gli altri si abbandonarono alle convulsioni di una risata incontenibile. Quel piccolo capolavoro verbale portava la firma di Duccio, c'era poco da fare, una cosa simile era privilegio solo per pochi eletti.

 

( continua )

   
 
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