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Autore: cyberkira    31/05/2013    3 recensioni
Inizialmente doveva essere solo una dedica, ma poi mi sono lasciata prendere la mano e l'ho trasformata in una Oneshot sui pensieri di Tokiya che fa mente locale su tutto ciò che gli è accaduto fino ad oggi. Realizzando qualcosa sui suoi sentimenti riguardo Otoya.
Buona lettura. *D*
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Otoya Ittoki, Tokiya Ichinose
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Quando il sole incontra il mare.

 
Ricordi la prima volta che ci siamo visti?
Io si, la ricordo benissimo.
Era il primo giorno all'accademia Saotome ed io, Ichinose Tokiya, ero stato appena assegnato nella mia stanza. A quel tempo ero solo il fratello gemello minore di Hayato. Tutti mi scambiavano per lui e poi, quando dicevo di essere Tokiya, ne restavano delusi. Potevo leggere tutto il disprezzo che provavano per me nei loro occhi.
Poi, mentre ero nella mia nuova stanza, arrivasti tu. In ritardo, pieno di scatoloni tra le braccia. Camminavi goffamente perchè tutte quelle scatole ti impedivano di guardare davanti a te. Fu proprio questo a farti inciampare, rovesciando tutto a terra, creando disordine.
Io che avevo sistemato tutte le mie cose e avevo appena assistito alla scena, ti squadrai da capo a piedi e la prima impressione che ebbi fu che dovevi essere un tipo davvero imbranato.
Tu ti scusasti non appena notasti la mia presenza, presentandoti a me.
Ittoki Otoya, avevi detto di chiamarti.
Io non ricambiai subito quei convenevoli, credevo che da un momento all'altro tu mi avessi chiesto se io ero davvero Hayato, il famoso idol.
Invece, dopo una decina di secondi, tu eri ancora lì, in piedi ad attendere che io mi presentassi.
Ed anche dopo averlo fatto, dopo averti detto che io ero Tokiya, tu mi sorridesti dicendomi che era davvero un bel nome.
Incredibile, non ti ricordavo Hayato? Era la prima volta che qualcuno si comportava così con me.
Non ancora soddisfatto, ti domandai se il mio viso ti ricordasse qualcuno. Solo allora tu te ne rendesti conto, ridendo come un bambino.
 
''Deve essere bello avere un fratello così famoso.''
 
Per la seconda volta tu parlasti in modo da separare Tokiya e Hayato. Non facesti nessun commento sulla nostra somiglianza ne ci chiamasti 'gemelli'.
 
Eri diverso dagli altri, lo avevo capito quel giorno.
Ma a differenza di Hayato, io ero severo e riservato. La cosa non sembrava turbarti ed ogni giorno, quando passavamo del tempo assieme come coinquilini, tu facevi del tutto pur di interagire con me. Mi offrivi i tuoi dolci, mi chiedevi aiuto. La maggior parte delle volte io rifiutavo, dicendoti che non amavo i dolci e che ero già abbastanza impegnato per poter pensare a te. E tu, dopo un paio di minuti in cui assumevi un'espressione demoralizzata, riprendevi la solita allegria, dicendomi che avresti atteso che io fossi stato libero, perché la pazienza era una virtù. Tuttavia dimostravi puntualmente il contrario, lamentandoti in modo infantile mentre aspettavi che io finissi con le mie cose.
 
Sei sempre stato diverso.
 
Durante l'anno conseguito all'accademia, fino al diploma, tu non sei mai cambiato. Non potevo di certo dire la stessa cosa di me.
In quell'anno di stretta convivenza io non ho fatto altro che cercare di allontanarti con i miei modi freddi di fare. Eppure tu non hai mai gettato la spugna. 
Che strano...Eri il primo a fare una cosa del genere. E forse, proprio per questo, iniziai ad osservarti, a studiarti. Volevo conoscere il motivo, la causa per la quale tu ti impegnavi tanto pur di strapparmi un sorriso.
''Perché siamo amici, no?''
Fu questa la tua risposta. Essere amici, non avevo avuto amici prima di allora. Non ne avevo bisogno. Avevo il mio obiettivo, la mia meta, e volevo arrivarci da solo.
Non mi accorgevo di sbagliare.
Me ne resi conto solo quel giorno in cui, guardandoti cantare da uno degli schermi dell'accademia, ascoltai la tua melodia, quella che Nanami aveva composto per te.
Le tue parole, il tuo viso e le tue espressioni mentre le pronunciavi. Tutto ciò mi era sconosciuto. La tua tecnica non era perfetta, eppure quella canzone aveva una strana carica, quasi la stessa energia che avevi tu quando sorridevi. E anche in quel momento, mentre cantavi, stavi sorridendo.
Possibile che io non possedessi una qualità tale?
Quella volta fui sicuramente invidioso di te, Otoya.
Così tanto che, volendo avere ciò che avevi avuto tu, decisi di scegliere proprio Nanami come mia compositrice. Lei avrebbe composto per me ed io avrei potuto cantare con quella tua stessa energia. Fu così che scrissi il suo nome e lo consegnai a Ringo-sensei.
Ancora una volta però mi sbagliavo.
Non era la melodia di Nanami a rendere le tue parole armoniose. 
Eri tu. Erano le emozioni che racchiudevi nel tuo cuore. Ed io, Tokiya Ichinose, non possedevo un cuore per poter emularti.
Rivali.
Ecco cosa saremmo stati da quel momento in poi.
Poi, arrivò il giorno in cui Nanami mi convocò.
Credevo che avesse deciso di accettare la mia richiesta di averla come compositrice.
Sapevo che anche tu volevi lavorare con lei e che avevi scritto il suo nome come avevo fatto io.
Ma non ero il solo in quella stanza. C'erano anche Ren e Syo, miei compagni di corso. C'erano Masato e Natsuki, componenti della classe A. Poi c'eri tu.
Perché eravamo lì? Lo scoprimmo subito dopo. Nanami non voleva scegliere uno di noi, lei desiderava lavorare con tutti.
''Formare un gruppo? Ci sto!''
Avevi risposto tu, pieno di entusiasmo. 
Entusiasmo che io non mostrai, rifiutando la proposta della ragazza.
Io dovevo conseguire il mio scopo da solo. Non potevo permettermi distrazioni. Tokiya Ichinose doveva conquistare il suo riscatto per Hayato da solo.
Ero un tale stupido.
 
I giorni si susseguirono. Tu assieme agli altri iniziasti a lavorare ad una nuova canzone assieme a Nanami.
Non potevo credere che davvero voi aveste accettato una simile condizione. 
Ma poi, un giorno, vi osservai.
Ridevate, vi divertivate. E nel momento in cui provavate le vostre parti, la melodia prodotta era carica di emozione e allegria. Cantavate con il cuore.
Era questo ciò che intendevi Otoya..Quando parlavi di essere amici?
Era una realtà così lontana da me.
Io continuavo con i miei doveri, tu con i tuoi. Era strano che non mi chiedessi più aiuto.
''Hai rinunciato anche tu, eh? ''.
I miei pensieri corsero indietro nel tempo, a quando ero ancora solo un bambino.
Volevo diventare un idol famoso, volevo cantare perché amavo farlo.
Ma non comprendevo quanto fosse instabile il percorso che avevo scelto di percorrere. Mio padre me lo aveva fatto notare più volte, mi sgridava, distruggeva le mie speranze, ma io volevo realizzare il mio sogno, forse un po' egoisticamente.
Poi un giorno, mio padre mi abbandonò. Abbandonò mia madre. Ed io, testardo, non avevo ancora rinunciato.
Poi il mio debutto. Finalmente, era fantastico. Avevo scelto un nome d'arte: Hayato.
Ma solo dopo pochi anni mi resi conto che io non ero diventato un idol.
Cos'era Hayato?
Un'idol commerciale, un'icona dello spettacolo.
Dov'erano le mie aspettative?  
Dove i miei sogni di gloria?
Dove la mia felicità?
Tutto dissolto.
 
Qualcosa mi distolse da quei ricordi. Un foglio agitato davanti al viso.
Eri tu, ancora una volta, che cercavi di coinvolgermi.
''Ora sono impegnato con le mie cose.''
Ti avevo risposto amareggiato.
''Ma anche queste sono tue cose!''
Confuso allora guardai il foglio. Una melodia composta da Nanami. Avevi scritto le tue parti con una penna rossa per distinguerle da quelle degli altri, il solito infantile.
Ma c'erano delle sezioni scoperte, volevi aiuto per quelle?
''Queste sono le tue parti.''
Nonostante io avessi rifiutato, avevate lasciato un posto anche per me.
Voi avevate bisogno di me.
Era la prima volta.
 
Avevo scelto una nuova strada. Non più quella solitaria. Ed eri stato proprio tu, Otoya, a farmi cambiare idea. Potevo affermare che finalmente, dopo la mia prima disfatta, avessi ritrovato il vero spirito e la voglia di cantare di una volta. Ma questa volta la mia voce non era da sola, era accompagnata dalle vostre, un'armonia di sei intonazioni differenti. Era piacevole aver trovato dei compagni, degli amici. Avevo finalmente capito che la tecnica non poteva sopraffare il sentimento. Ed i miei sentimenti, per te, erano mutati inesorabilmente.
 
Il mio secondo debutto fu completamente diverso dal primo. Non ero più Hayato, ero me stesso, non più una facciata di falsi sorrisi o parole cantate a ritmo di musica.
Nelle mie, nelle nostre, canzoni aleggiava quel forte sentimento, quella forte emozione che raggiungeva i cuori di chi ci ascoltava.
 
Un anno è passato da allora, sono accadute così tante cose, eppure non ne ho dimenticata neppure una. Il tuo sorriso è rimasto lo stesso, anzi, si è rafforzato ora che anche sulle mie labbra vengono disegnate dolci incurvature chiamate sorrisi.
 
Sapevo che eri diverso dagli altri, dal nostro primo incontro.
Tu non mi avevi scambiato per Hayato. Tu non mi hai mai paragonato a lui. Tu non hai mai smesso di provare a diventare mio amico. 
Tu credevi in me.
Per questo, ora che frequentiamo il Master Course e abbiamo il compito di scrivere un nuovo testo, mi sono permesso di aiutarti per la primissima volta di mia spontanea volontà.
 
''Io credo in te.'' Ti avevo suggerito.
''I believe you! Suona bene, non è vero?'' Hai sempre avuto un entusiasmo travolgente.
 
Ma questa realtà, quella dell'amicizia tra di noi, la  sento così sbagliata. Ti sono grato per tutte le volte che hai insistito nel coinvolgermi, eri così invadente a volte. Ma tu eri convinto che fosse la cosa giusta da fare. Ora ne sono convinto anche io.
Mi hai donato il sorriso, mi hai donato un cuore. Ed io.. Non avrei mai dovuto farti una cosa del genere. Non avrei mai dovuto innamorarmi di te che eri stato così disponibile con me. Sto approfittando della tua gentilezza, della tua ingenua spontaneità. Sei stato tu ad insegnarmi a cantare i miei sentimenti ed è esattamente ciò che farò.
Canterò, canterò per te ogni volta. E tu sarai sempre lì, con il tuo entusiasmo a dirmi che sono stato fantastico, che vorresti essere come me. Quando invece tu non sai che sei stato proprio tu a salvarmi dalle ombre del mio cuore.
I tuoi capelli rossi, li trovai tanto particolari quando ti conobbi. Così come i tuoi occhi, mi ricordavano il colore del sole al tramonto. Caldi e frizzanti quando si scontravano con i miei del colore del mare. Era una scena familiare. Da bambino disegnavo spesso il tramonto, mi piaceva, era uno spettacolo sereno il sole che si tuffava nel mare calmo. E quella stessa scena mi si ripresentava ogni volta che ti guardavo.
Quegli stessi occhi che ora mi guardano sconvolto. Quando io, finalmente..
 
''Otoya, penso di amarti.''
   
 
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