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Autore: Liz Briel    01/06/2013    2 recensioni
Lucius e Claudia, un amore proibito, un errore. Una Vestale non si dovrebbe mai innamorare, ma Claudia no, lei sceglie di andare contro tutti e tutto. Ma non sempre il destino è dalla nostra parte...
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità greco/romana
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 Il fuoco di Vesta



Il sole era sorto da un po’ nella Roma imperiale.
I mercanti iniziavano ad esporre le loro merci pronte per
essere ammirate dai vari acquirenti, i bambini correvano per le
strade e in lontananza si sentivano le loro risate.
Claudia poteva solo immaginare o scorgere dalla piccola
finestrella tutto quello che accadeva fuori. Non si ricordava più
l’ultima volta che aveva passeggiato libera per le strade di Roma
senza che qualche guardia la scortasse.
“Claudia, quante volte ti ho detto di stare attenta che il
fuoco non si spenga?” le chiese severamente Sabina, la Vestale
Massima. Sbuffando, la Vestale si avvicinò al fuoco sacro sperando
che l’anziana donna non continuasse la sua solita predica. Aveva
sempre visto Sabina come una seconda madre. Quella donna
dall’aspetto severo e dagli occhi di ghiaccio l’aveva seguita da
quando era bambina trattandola come fosse stata una figlia.
“Vi chiedo scusa, Sabina. Ero curiosa di vedere cosa
succedeva” così si giustificò la ragazza aggiustandosi il velo bianco
che le fasciava delicatamente il capo. I suoi occhi neri come la pece
scrutavano, annoiati, il fuoco che ardeva nell’incensiere. Lei, fin da
bambina, era molto bella. I suoi corti capelli neri erano nascosti dal
velo e la sua pelle olivastra risaltava in tutto quel bianco.
Dopo che la donna se ne fu andata, Claudia si sedette sulla
sedia dov’era seduta prima che venisse Sabina e iniziò ad osservare
il fuoco. La gente credeva che fare la sacerdotessa volesse dire non
far niente, ma era lì che si sbagliavano. Si dovevano conoscere a
memoria tante preghiere, riti, frasi e gesti; se, malauguratamente, si
fosse dimentica qualcosa la punizione sarebbe stata terribile.
Ricordava ancora quando si dimenticò una preghiera e la domina
Livia la prese in disparte, la condusse sotto un albero e lì iniziò a
picchiarla violentemente.
Dovevi proprio amarli, gli dei, per scegliere una vita così,
ma Claudia non aveva mai voluto vivere così. Quello che pochi
sapevano era che era stata costretta a diventare una Vestale. Il
padre, Marcus, un famoso e rispettabilissimo senatore, aveva da
sempre desiderato che il primogenito nascesse maschio ma,
purtroppo, quando la sacerdotessa nacque l’uomo non l’accettò
come figlia e, insieme alla moglie, decise che al compimento dei
suoi sei anni lei se ne sarebbe andata per servire la dea Vesta.
Diventata novizia non vide più suo padre.
“Claudia, ti ho portato qualcosa da mangiare” annunciò
Lucrezia, un’altra Vestale, ma anche una cara amica della mora.
“Oh Lucrè, se non ci fossi tu non so come farei” ammise
Claudia iniziando a mangiare un po’ di pane. Lucrezia aveva dei
folti capelli castani lunghi fin sotto il seno e sembrava che al posto
degli occhi avesse due smeraldi.
“Ti annoieresti a morte senza di me” le disse la giovane.
Erano come sorelle, c’erano sempre l’una per l’altra. “Mi ha detto
la domina di riferirti che nel pomeriggio tua madre verrà a farti
visita” la informò la bruna raccogliendo il vassoio da terra.
“Ah, si è ricordata di avere una figlia?” le chiese
ironicamente Claudia avvicinandosi alla piccola finestra.
“Claudia, dovresti essere più gentile con lei”.
“Lo sai come la penso, ora vorrei stare sola” le disse la
mora. Detto questo Lucrezia se n’andò senza dire niente, sapendo
quanto all’amica facesse male parlare della madre.
Cercava in tutti i modi di non addormentarsi per paura che
Livia la scoprisse e che la punisse violentemente. Al pensiero della
domina si toccò il braccio dove c’era una lunga cicatrice che le
ricordava quando, l’altro giorno, a causa della sua lunga lingua
aveva risposto alla donna per difendere Diana, una novizia che
aveva dimenticato una preghiera.
 
Non vedo l’ora di compiere trent’anni, pensò la ragazza
osservando il cielo azzurro e immaginandosi quel momento in cui
se ne sarebbe potuta andare via da lì. Chiuse gli occhi per rilassarsi
un po’, ma all’improvviso il suono di una cetra attirò la sua
attenzione. Iniziò ad affannarsi per vedere il volto dello sconosciuto
che produceva quel dolce suono, però ad un certo punto la musica
cessò.
Quella dannata finestrella non le permetteva di vedere bene
e ciò la innervosiva parecchio. Rassegnata tornò a osservare il
fuoco ripensando a quella melodia.
“Claudia, è arrivata tua madre” annunciò Lucrezia facendo
spazio per far entrare una donna che un tempo doveva esser stata
bellissima. I suoi capelli grigi erano raccolti in una lunga treccia,
aveva due enormi occhi grigi come il mare e il suo esile corpo era
avvolto da una lunga tunica bianca che le risaltava la pelle olivastra
come quella della figlia.
“Figlia mia, è da tanto che non ti vedo” disse sorridendole la
madre.
“Non è colpa mia se raramente si ricorda di avere una
figlia”. Il tono che la Vestale usò fece capire quanto sgradita era
quella visita.
“Sai quanti impegni io abbia”.
“Allora vada a sbrigare i suoi impegni invece di venire qui”.
“Ma volevo sapere come sta la mia bambina”
“Sto bene, ora potete ritornare a casa e lasciarmi in pace”
“Non rivolgerti così con me. Io sono tua madre, devi a me la
tua vita”
“Madre… Chiamarla così sarebbe un’offesa alle vere
madri” disse con un sorriso amaro. Nella stanza si sentì il rumore
provocato dallo schiaffo che la donna diede ad Claudia.
“Pretendo un po’ di rispetto. Ora vado. A presto!” e detto
questo le girò le spalle e se n’andò. Appena fu sola scoppiò a
piangere. La guancia ora, diventata rossa, pulsava dolorosamente.
Chiuse gli occhi e iniziò a canticchiare quella dolce musica per
calmarsi.
 
Era da poco scesa la notte. Il cielo era coperto di grossi
nuvoloni, non si riusciva a scorgere nessuna stella e la luna
illuminava debolmente le strade. La stanza ovale era illuminata da
piccole fiaccole che la riscaldavano.
“Claudia, tua madre mi ha raccontato cosa è successo oggi”
la informò la domina Livia. L’aveva sempre odiata e questo
sentimento era corrisposto; sapeva che la domina provava felicità
ogni volta che aveva l’occasione di punirla, di vederla soffrire.
“Ah, qui le cose si sanno subito” disse la ragazza sorridendo
ironicamente. Doveva stare attenta a tenere a freno la lingua.
“Certo, siamo una famiglia, noi. Non mi piace che tu
manchi di rispetto a tua madre. Vesta non vorrebbe che tutti
trattassi così Sibilla”.
“Ma la dea sa come lei e mio padre trattano me”.
“Sei una Vestale e devi comportarti da tale” e detto questo
le diede uno schiaffo così forte che per poco non perse i sensi.
Claudia doveva essere forte; non doveva darle la soddisfazione di
farsi vedere sofferente, debole.
“Spero che tu abbia capito la lezione!”. Livia si sistemò il
mantello e se n’andò con il sorriso sulle labbra. La ragazza si stava
asciugando una lacrima che le era sfuggita quando, all’improvviso,
risentì quella musica. Si avviò verso la finestra, ma a causa del buio
non riusciva a vedere niente. Prese coraggio e chiese:“ Chi sei tu
che suoni questa soave melodia?”.
La musica cessò, seguirono minuti di silenzio e poi una
profonda voce le rispose: “Sono Lucius, un semplice musico. Tu
chi sei, invece?”
“Sono Claudia, una Vestale. Ti ho sentito suonare anche
stamattina, sei bravo!”.
“E’ un piacere che la mia musica ti allieti”.
“Ti prego, continua ancora” e così Lucius ricominciò a
suonare.
Passarono tutta la notte a parlare, scherzare e a suonare.
 
“Claudia, sveglia prima che la domina ti scopra” ripeteva
Lucrezia ormai da dieci minuti. La mora, dopo aver scherzato e
parlato, si era data appuntamento alla sera successiva per parlare di
nuovo con il ragazzo e alla fine il sonno aveva vinto su di lei.
La mora sbadigliando si alzò e velocemente cercò di
sistemarsi il velo che le stava lasciando liberi la maggior parte dei
capelli. Guardò la sua amica e le chiese: “Che ora sono?”. “Credo
che sia ancora presto. Il sole è sorto da poco” rispose la bruna
porgendole una brocca d’acqua e un telo per far sì che si lavasse il
viso.
“Meglio che mi sbrighi prima che Livia mi veda così” disse
Claudia ringraziando Lucrezia. Dopo che l’amica se ne fu andata, si
diresse verso la piccola finestra e alzò lo sguardo. Quel giorno il
cielo era di un azzurro intenso senza neanche una nuvola e il sole
illuminava il volte della giovane che si era svegliata con il sorriso
sulle labbra.
A pensarci bene, lei non sapeva com’era Lucius in viso a
causa del buio. Così iniziò a immaginare come fosse quel giovane
musico.
“Ehi Vestale!” salutò una voce profonda che Claudia
riconobbe subito di chi era: Lucius.
“Ehi musico!”. La ragazza moriva dalla curiosità nel vedere
il suo volto.
“Fatti vedere. E’ buon’educazione guardare negli occhi la
persona con cui si parla”.
“Allora sarà meglio non essere maleducato” e detto questo
il ragazzo si mise di fronte alla Vestale.
La ragazza rimase stupita nel vedere il volto del giovane. I
suoi occhi erano verdi come i prati dove correva da bambina, i
capelli erano neri come la notte e al sole avevano i riflessi blu e la
sua pelle era bianca come il latte. Dire che era bello era dire poco.
Le guance della Vestale si tinsero di rosso e, per la prima volta
nella sua vita, non sapeva cosa dire.
 “Hai perso la parola, mia sacerdotessa?” chiese Lucius con
un sorriso di scherno.
“No, ma sarà meglio che ritorni a controllare il fuoco. Ci
vedremo stanotte. Buona giornata” e detto questo si sedette vicino
all’incensiere ripensando a quel meraviglioso sorriso.
“Ehi Vestale, sei sveglia?”
“Eccomi, musico”.
“Non ti annoi a passare le giornate a controllare che il fuoco
non si spenga?” domandò curioso Lucius.
“Il mio compito non consiste solo in questo. Devo
conoscere preghiere, riti e frasi a memoria e se mi dimentico
qualcosa sono punita. La cosa più brutta però, è non uscire mai in
quanto devo controllare il fuoco” rispose tristemente Claudia.
“Vuoi uscire questa notte? C’è una fontana che vista di
notte è spettacolare” le propose il ragazzo sorridendole.
“Ma sei pazzo? Non posso, devo stare qui, è il mio
compito”.
“Non credo che se ti allontani solo per un po’, il fuoco si
spegnerà. Fidati di me”. Claudia era combattuta, non sapeva cosa
fare; da una parte fremeva solo al pensiero di essere fuori dal
tempio libera da tutti e dall’altro aveva paura, paura che venisse
scoperta o, peggio ancora, che il fuoco si spegnesse.
Ma l'ansia di libertà ebbe la meglio, corse per tutto il
corridoio cercando di non farsi scoprire e sorridendo si diresse
verso il ragazzo.
“Eccomi. Questa è la prima e l’ultima volta che esco,
capito?!” esclamò la Vestale avvolgendosi in un velo blu per non
farsi riconoscere. Ora che era fuori non le importava più di correre
rischi, voleva solo passeggiare e non pensare alle preghiere, al
fuoco, ai riti e a Livia. Voleva solo divertirsi e anche solo per una
notte essere una ragazza come tante, non una sacerdotessa.
 
Passeggiavano per le strade ridendo e scherzando. Lucius si
divertiva a stare con Claudia, a suonare ogni volta che glielo
chiedeva e a vedere i suoi occhi illuminarsi ogni volta che le
mostrava qualche posto.
“So io dove portarti, seguimi” e detto questo le afferrò la
mano e la portò di fronte a una taberna. Entrarono in quel piccolo
locale illuminato da una miriade di torce, un odore di carne si
espandeva dappertutto e c’era un vociare di sottofondo che rendeva
il tutto più accogliente.
“Antonio, il solito!” esclamò il ragazzo facendo sedere la
Vestale accanto a lui su uno sgabello trovato lì vicino. Un uomo
sulla cinquantina, capelli brizzolati e un sorriso contagioso portò ai
due giovani su un vassoio due calici pieni di vino e due piatti
stracolmi di carne.
Quella sera Claudia mangiò di gusto, bevve uno dei vini più
buoni che aveva mai bevuto e rise; rise perché era felice come non
lo era da anni.
“Antonio, la tua, è la carne più buona del mondo” ammise
la ragazza mangiando l’ultimo boccone che era rimasto nel piatto.
“Lucius, ho qualcosa che non va? Perché mi guardi?”
domandò la ragazza guardandolo con curiosità. Le sorrise.
“No, è solo che sei buffa” le rispose facendola arrossire.
“Mi spiace dirti che è ora di tornare al tempio, non vorrei
che notassero la mia assenza” disse Claudia cercando di nascondere
le sue guance rosse. Dopo aver salutato Antonio, s’incamminarono,
correndo, verso il tempio.
“Ti ringrazio per avermi fatto trascorrere una bellissima
serata”.
“Figurati, anch’io mi sono divertito tantissimo. Ora sarà
meglio che entra prima che qualcuno ci veda” affermò il musico
guardandosi intorno, poi, all’improvviso le prese il viso, la baciò in
fronte e corse via.
Claudia lo guardò andare via imbambolata. Sarà meglio che
mi sbrighi, se Livia si accorgesse della mia assenza sarebbero
guai, pensò la sacerdotessa mentre camminava nel silenzioso
corridoio. Entrò lentamente nella stanza ovale, si sistemò il velo
bianco e si avvicinò all’incensiere constatando che il fuoco ardeva
ancora.
“Dove sei stata?” chiese una voce alle sue spalle che la fece
trasalire. Si voltò di scatto e di fronte a lei vide Lucrezia bianca in
volto e con gli occhi rossi che dovevano aver pianto. Appena le si
avvicinò, la bruna le mollò un forte schiaffo che la fece rimanere
scioccata. Non aveva mai visto la sua amica così arrabbiata e non le
aveva mai alzato le mani.
“Ti rendi conto di quello che poteva succedere se al posto
mio fosse passata Livia? Sei un’irresponsabile, potevi essere
dappertutto e ti poteva succedere qualunque cosa” disse Lucrezia
scoppiando a piangere al solo pensiero della sua cara amica in
pericolo.
“Sono uscita” ammise Claudia a testa bassa aspettandosi un
altro schiaffo che però non arrivò.
“Questo l’avevo capito? Ma io vorrei sapere dove sei andata
e con chi sei stata” .
“Ho passeggiato per le strade di Roma, ho visto delle
fontane bellissime e ho mangiato in una taberna eccezionale”.
“E con chi avresti fatto tutte queste cose?”
“Con Lucius”.
“Chi è Lucius?” chiese stupita Lucrezia che non era a
conoscenza dell’esistenza di questo ragazzo.
“Un musico che ho incontrato sotto la finestra. E’ molto
simpatico” disse la mora sedendosi sorridente. Era da tanto tempo
che Lucrezia non vedeva Claudia sorridere così. Le sorrise e,
sedendosi accanto a lei, chiese: “Mi racconti com’è stata questa
serata?”. Passò tutta la notte ad ascoltare il suo racconto.
 
Erano trascorsi due mesi dalla prima uscita di Claudia e
ogni notte usciva insieme a Lucius. Come ogni sera anche quella
volte stava percorrendo silenziosamente il corridoio.
“Ehi Vestale” salutò il ragazzo sorridendole. La osservava
incantato mentre lei si sistemava il velo e più di una volta avrebbe
voluto sfiorare quei corti capelli neri così mossi che sembravano le
onde di un mare in piena tempesta.
“Salve musico, dove mi porti stanotte?”.
“C’è un posto che ho scoperto un paio di giorni fa, è
davvero carino” e detto questo la afferrò dalla mano e la condusse
per un lungo tragitto fino ad un ponte sotto il quale scorreva un
fiumiciattolo. L’acqua era nera, ma si vedeva benissimo il riflesso
della luna e il gorgoglio rendeva il tutto di una surreale calma.
“Ti piace?” le chiese Lucius sedendosi accanto alla ragazza
ed immergendo i piedi nell'acqua.
“E’ meraviglioso” rispose Claudia con gli occhi che le
luccicavamo di stupore e felicità.
“Però manca qualcosa” ammise il ragazzo guardandola
negli occhi. Gli smeraldi catturarono la notte, la notte catturò gli
smeraldi che quando furono prigionieri l’uno dell’altra si unirono
in un bacio. Un bacio lungo, un bacio atteso e desiderato, un bacio
che si trasformò in pura passione dove l’unica spettatrice di quel
segreto fu la luna.
“Muoviti musico, avevo detto a Lucrezia che sarei stata
fuori poco tempo” disse la ragazza mentre correva insieme al suo
amato mano nella mano. Ma la sorpresa che si presentò davanti alle
porte del tempio li fece raggelare il sangue. La domina li guardava
compiaciuta a fianco di due guardie, ma la cosa che riempì di
dolore Claudia fu vedere quella che considerava la sua migliore
amica vicino a Livia.
“Non è possibile” sussurrò Claudia stringendo ancora più
forte la mano di Lucius. Erano in trappola, sapeva che se li
avessero presi sarebbero morti in maniera atroce.
“Prendete quella traditrice di Vesta. Che si compi la pena
per chi non rispetta il voto di castità” urlò Livia puntando il dito
contro di lei. In pochi secondi le guardie corsero verso di lei.
Appena furono catturati vennero portati di fronte alle due donne.
“Come hai potuto, Lucrezia? Io mi fidavo di te” chiese
Claudia piangendo e guardando negli occhi la traditrice.
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“Claudia, tu sei sempre stata una grandissima ingrata che ha
avuto troppo dalla vita e non ha mai apprezzato niente. Hai avuto
l’onore di essere la protettrice del fuoco, ma hai mandato tutto
all’aria per uno stupido musico da quattro soldi che dopo averti
avuto sarebbe scomparso e tu saresti ritornata, dopo esserti
divertita, lì a controllare l’incensiere come se nulla fosse e io non
potevo permetterlo. Dopo che tu mi raccontasti tutto andai
direttamente a dirlo alla domina e lei mi disse che al momento
giusto saresti stata punita per la tua insubordinazione”. Quel
discorso fu una coltellata al cuore per la povera ingenua ragazza
che aveva sempre creduto che quella che considerava una sorella
l’aveva tradita.
Silenziosamente furono condotti dentro il tempio, ma
appena Sabina vide la scena corse verso di loro cercando
spiegazioni.
“Questa Vestale è colpevole di aver rotto il voto di castità
con questo vile musico” informò Livia con un sorriso maligno che
le cresceva parola per parola. Finalmente si sarebbe sbarazzata di
quella ragazza, avrebbe portato a termine il compito che le era stato
assegnato da Marcus.
“Sabina, salvi Lucius, la prego” urlò la mora cercando
l’anziana donna con lo sguardo. Non poteva vedere l’uomo che
amava morire a causa sua, lei aveva sbagliato. Non avrebbe dovuto,
quella notte di due mesi fa, chiedergli chi era. Doveva tacere e
ascoltare in silenzio quella musica.
“No, la prego. Voglio essere punito” disse il ragazzo
guardando la ragazza che amava piangere dalla disperazione. Non
doveva baciarla, non doveva chiederle di uscire; doveva solo
ignorarla così non si sarebbero trovati dove erano ora.
“Io non so…” e la frase non fu mai continuata poiché
Sabina fu accoltellata alle spalle da Lucrezia. Le guardie rimasero
spiazzate da quel gesto, ma Livia, prontamente, ordinò loro di
portarli di fronte a lei che avrebbe risolto tutto personalmente.
“Claudia sei colpevole di non aver rispettato i voti imposti
dalla dea Vesta e per questo sarai punita con la morte. Poiché hai
anche mentito sarò io stessa a punirti in nome della somma Dea” e
pronunciate queste parole si avvicinò lentamente a Claudia, prese
un pugnale e guardandola negli occhi la pugnalò al cuore. Un urlo
di dolore si espanse per tutta la stanza riscuotendo Lucius dallo
shock nel vedere l’amata morire davanti ai suoi occhi.
“No, perché?” urlò il ragazzo cercando di liberarsi. La
domina si avvicinò anche lui e lentamente gli trafisse lo stomaco e
poi il cuore.
Appena Lucius cadde a terra con le sue ultime forze si
trascinò accanto al corpo dell’amata, ormai privo di vita, e esausto
poggiò le sue labbra su quelle di lei; abbandonandosi al mondo di
Plutone. In quel momento una folata di vento spense il fuoco.
 

Salve questa è la mia prima One-shot, vi prego di essere clementi anche perchè questo è il mio primo racconto storico che ho scritto xD
Buona lettura,
Liz.

  
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