Fanfic su artisti musicali > Big Bang
Ricorda la storia  |      
Autore: _ImADreamer_    04/06/2013    3 recensioni
... e poi c'è quell'incidente che ti stravolge completamente la vita.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Taeyang
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il mio angelo custode



Molte persone si domandano quale sia il tempo esatto della durata della vita.

C’è chi dice che si può vivere fino agli ottant’anni, altri fino a cinquanta. Addirittura c’è chi dice che si possa vivere oltre i cento anni, come Abramo, Mosè, Noè.

I più pessimisti, invece, dicono che la vita sia talmente breve  da poter finire in qualsiasi momento, anche a vent’anni, nel pieno della giovinezza e della fierezza fisica.

E, poi, ci sono io. Religioso fin dentro alle ossa, amante della musica in tutti i suoi aspetti e costantemente impegnato nella mia passione, nonché anche mio lavoro, ho sempre pensato che la vita fosse bella così come si presentasse e che bisognasse viverla al meglio, sempre con il sorriso e la positività.

Ma, quando ti ritrovi davanti ad uno di quegli eventi che cambiano completamente il tuo mondo, quello che credevi veritiero ma che di veritiero non aveva nulla, allora inizi a farti delle domande, ad apprezzare di più ogni attimo che ti capita di vivere, ogni persona che incontri sul tuo cammino.

Ogni persona e ogni gesto d’amore che ella può donarti, anche se questo fosse l’ultimo.

Mi ritrovai a stringere i pugni contro quel gelido vetro che avevo sotto le mani, lo stesso vetro che mi stava mostrando gli ultimi attimi di un’anima che, come ultimo gesto della sua vita, aveva fatto una cosa che, molto probabilmente, sarebbe stata la sua fonte di salvezza dopo la morte.

Eppure, non potevo fare a meno di continuare a chiedermi il perché.

Perché aveva agito a quel modo?

Perché aveva deciso di salvare proprio me, sacrificandosi?

E, per l’ennesima volta, la risposta non volle arrivare. Era un enigma destinato a rimanere irrisolto.

I miei occhi, posati sulla figura all’interno della stanza, si riempirono di nuovo di lacrime, le stesse lacrime che avevo versato ormai per ore, le stesse lacrime che avrei versato forse per sempre.

Le stesse lacrime che avevano scavato un canyon deserto nel mio cuore addolorato.

Mi lasciai andare contro quel vetro trasparente, non avevo più forze, non avevo più nessuna positività da donare a nessuno, in quel momento.

Ero secco, prosciugato da quella fitta che continuava a propagarsi dal petto fino all’intero corpo.

Mi sentivo esausto… e distrutto dentro.

Frantumato.

Demolito.

Raso al suolo.

-Dovresti riposare un po’-

Una voce calda e accogliente, profonda, mi accarezzò l’udito, accompagnata dalla stretta di una mano che si posò delicatamente sulla mia spalla.

-Va bene così- risposi, cercando di fare un sorriso, seppur forzato, alla figura che mi si presentò davanti, appena mi voltai. Era elegante come sempre, era la stessa persona che vedevo tutti i giorni da ormai sette anni. Eppure, vi era qualcosa di diverso nel suo viso, ora tirato in una smorfia di tristezza, come se anche lui fosse stato toccato così tanto da tutto quello che era avvenuto quel giorno.

Un giorno maledetto.

Seung Hyun sospirò. –Le ho donato un po’ del mio sangue, i medici hanno detto che c’era il bisogno urgente di una trasfusione- mi informò, ricevendo in risposta un mio cenno, assente, simile a quello di un robot.

-Bae… l’unica cosa che possiamo fare è aspettare- aggiunse, cercando di consolarmi un po’.

Sorrisi, un sorriso che di felice però non aveva nulla.

Solo amarezza. Un’amarezza che nasceva dall’impotenza di non poter fare nulla.

Di non poter cambiare le cose, anche se lo volevo con tutto me stesso.

-Seung Hyun- lo chiamai per nome, alzando lo sguardo ormai divenuto serio ma sempre spento.

-Lei è lì per colpa mia… perché, se fossi stato attento, se avessi avuto maggiore considerazione di quello che mi stava accadendo intorno…-

Non riuscii a continuare perché la voce mi si spezzò, facendomi stringere di nuovo i pugni con tutta la forza che avevo in corpo.

E iniziai a singhiozzare, forte, lasciandomi completamente andare quando due braccia familiari mi strinsero e il profumo del mio migliore amico mi invase le narici.

Quel petto così piccolo, in quel momento, mi sembrò così accogliente e caldo e sfogai lì tutte le mie lacrime, il mio dolore e la mia angoscia.

-Shh, tranquillo… sono sicuro che tutto si sistemerà- lo sentii sussurrare contro il mio orecchio, per consolarmi ma non mi sfuggirono quelle sue calde lacrime che mi stavano bagnando i capelli e la pelle del viso, contro il quale era poggiata la sua guancia.

Ji Yong stava soffrendo, contagiato dalla mia tristezza e da ogni mia emozione, stroncato dal dolore di vedere il suo migliore amico addolorato a quel modo quando, per me, aveva sempre voluto solo il meglio.

-Ho paura Ji…- confessai, approfittando della forza apparente di quelle braccia per sfrontare tutta la mia fragilità, tenuta dentro per troppi anni. Quanti i pianti che avevo trattenuto, quanta la tristezza che avevo celato dietro i sorrisi quelle volte che mi capitavano delle brutte giornate.

Eppure, restava tutto insignificante quando, improvvisamente, si metteva in mezzo la morte.

Perché tutto era rimediabile ma la morte era irreversibile, in qualunque momento.

Non esisteva tempo nella morte.

Un attimo prima c’era il mondo, la luce… un attimo dopo, le tenebre e un mondo da cui nessuno poteva più fare ritorno.

E lei era lì… stesa su quel lettino ma con l’anima divisa tra i due mondi.

Altre lacrime fecero capolino nel momento in cui mi ritrovai a pensare che, se mai ci avesse lasciato quel giorno, sarebbe volata direttamente in cielo, fra gli angeli, come era giusto che fosse.

Perché, per una persona che aveva fatto un gesto del genere, l’unico posto che poteva spettarle di diritto era quello di un angelo, con tanto di ali bianche e sorriso luminoso.

-Non piangere hyung…-

Altre braccia si unirono a quelle del mio leader e SeungRi e Daesung mi strinsero a loro volta, donandomi tutto il calore di cui avevo bisogno in quel momento.

Sapere di non essere solo… un po’ mi confortava.

-Andrà tutto bene. Andrà tutto-

SeungRi si bloccò di colpo.

Un suono.

Un suono, lungo ed interminabile, penetrò nella mia mente, facendomi voltare di scatto verso la comitiva di dottori che fecero il loro ingresso nella stanza, accerchiando velocemente il letto.

-Il battito cardiaco è a zero… la stiamo perdendo!- urlò un’infermiera al dottore che ordinò di prendere il defibrillatore e di metterlo in funzione.

-Uno, due, tre!- urlò mentre le infermiere procedevano alla rianimazione.

Ma io non fermai a vedere il resto.

Mi liberai di tutte quelle braccia, ignorando completamente le urla dei miei compagni. Erano suoni ovattati, indistinti, che mi raggiunsero a stento mentre camminavo a ritroso lungo quel corridoio bianco.

Non c’era più nulla da fare ormai, lo sapevo. Ero inerme, senza forze, un robot che trascinava le gambe come in una scena al rallentatore.

Lo sguardo perso nel vuoto, le mani penzoloni… e, ancora, quelle lacrime che iniziarono a scendere appena caddi sulle ginocchia e i flash dell’incidente si fecero spazio, nitidi più che mai, nella mia mente.

 

-Bae, ti piace quella maglietta?-

Ji Yong mi stava facendo segno di osservare la vetrina e quella che lui riteneva una bella maglietta, una decisamente del suo stile ma che di mio non aveva proprio nulla.

-Credo che ti starebbe bene- commentai, sorridendo. Ji Yong aveva dei gusti strani e particolari ma alla fine dovevano riguardare solo lui. Il mio compito era quello di accettarlo così com’era, di volerlo bene e appoggiarlo, per poi sgridarlo nel caso in cui si fosse comportato male.

-Allora vado a comprarla- si decise, facendomi segno di aspettare fuori dal negozio.

Gli altri ancora dovevano tornare, eravamo usciti tutti e cinque insieme ma ognuno si era perso da qualche parte.

Sorrisi. Era bella quella giornata, c’era un sole luminoso che faceva da motore all’intero mondo e mi donava una bella prospettiva anche dei giorni a seguire.

Un calore piacevole, ecco.

Mi guardai intorno notando quanta vitalità albergasse le strade trafficate di Seoul. Quanto fosse intenso il passeggio da un quartiere all’altro.

Al semaforo, erano accalcate moltissime persone, molte delle quali trascinavano delle borse e delle buste piene di acquisti, divisi tra articoli di abbigliamento e spesa.

Quando il semaforo divenne verde, tutti attraversarono, lasciando fuori dal gruppo una vecchina che camminava in modo lento, a causa del peso della busta che aveva tra le mani.

Intenerito da quell’immagine decisi di rendermi utile e la raggiunsi, aiutandola ad attraversare e portandole, da gentiluomo, quel peso che per lei risultava faticoso.

Però, durante il tragitto, non mi accorsi che una busta di ramen era caduta dal sacchetto e continuai a camminare fino a raggiungere il marciapiede opposto.

La vecchina mi ringraziò e, nel voltarmi, notai il pacchettino giacente al centro della strada; mi scusai della distrazione e ritornai sulle strisce, afferrando l’oggetto che alzai in segno di vittoria sotto lo sguardo della signora.

E fu in quel momento che accadde l’irreparabile.

Un camion non accennò a rallentare e si dirigeva a tutta velocità verso di me, bussando il clacson come un matto. Non feci nemmeno in tempo a vederlo che mi sentii spinto all’indietro da una forza che mi fece solo sbattere la testa sull’asfalto duro.

Un tonfo sordo e poi… silenzio.

Avevo i sensi annebbiati ma potei facilmente notare la folla di persone che si era ammassata intorno a me e il crescente vociare che si faceva spazio in quel silenzio.

-Sono feriti… il ragazzo ha solo una ferita alla testa ma la ragazza è grave- sentii quasi indistintamente dire da una delle persone lì intorno.

Ferita?

Facendo ricorso a tutta la mia volontà, aprii gli occhi e mi alzai leggermente, seppur una di quelle persone mi stesse intimando di rimanere giù a causa della brutta ferita alla testa.

Ma io non volevo stare giù. Volevo sapere cos’era successo.

E quello che vidi mi scioccò, segnando la mia esistenza.

Lei era lì, distesa per terra e in un mare di sangue. I capelli erano intrisi di quel liquido rosso e il viso era marmoreo, pallido, accarezzato dalla ciglia lunghe che giacevano su quelle guance senza colore.

Lei era lì… la stessa ragazza che mi aveva salvato, prendendo il mio posto come vittima, quel giorno.

 

Urlai, sfogando tutto il mio dolore, portando le mani ai capelli e tirando con tutta la forza.

Sentii alcune ciocche staccarsi dalla cute ma non percepii nessun dolore fisico che potesse anche solo comparare l’intensità di quello che mi stava struggendo dentro.

Era una semplice ragazza eppure, ai miei occhi, era diventata importante per il solo fatto che avesse avuto il coraggio di prendere il mio posto, di sacrificarsi a causa di un mio stupido errore.

Ti prego, non odiarmi.

Urlai, assalito dai rimorsi.

Ti, prego, non odiarmi.

Urlai, mangiato vivo dal dolore che sempre più mi stava sopraffacendo.

Ti prego… non odiarmi.

Urlai… urlai, perdendo completamente la cognizione del tempo e dello spazio.

La coscienza di me stesso… la coscienza di tutto.

Urlai… anche se ero cosciente che lei fosse divenuta immediatamente un angelo in quel posto meraviglioso che era il Paradiso.

Un angelo che mi avrebbe protetto anche da lassù, per tutta la vita.

Un angelo.

Il mio angelo.

Il mio angelo custode.

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Big Bang / Vai alla pagina dell'autore: _ImADreamer_