Storie originali > Thriller
Segui la storia  |       
Autore: StefanoReaper    04/06/2013    1 recensioni
Ian Madton, nato il 6 giugno 1944, all'età di 25 anni inizia a fare strani incubi su guerre mai combattute, lettere mai lette e donne mai conosciute. Decide allora di partire alla ricerca una risposta ai suoi interminabili incubi, ritrovandosi sulla costa della Normandia dove, tra sogno, follia e delirio dovrà riconciliare il passato con il presente, in un mortale scontro contro se stesso.
Genere: Drammatico, Mistero, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

3. SEPOLTO NEGLI INCUBI

 

"I am here
Buried in my dreams
Drowning in my fears
Trapped in the night upon the cemetery’s hill
Here
Under a red moon
Looking for myself
Find out trough the moonbeams
Buried in my dreams"


Lady Reaper - Buried In My Dreams



Ininterrottamente colpito dalle gelide gocce di pioggia che cadevano dal cielo nero come la pece, Ian correva forsennatamente, trasportando sulle spalle il peso del badile, con la vista annebbiata ed il passo frenato dal fango.

Fuori pioveva. Riusciva a sentire il ticchettio delle gocce sul legno e il rumore sordo e strascicato dei passi nel fango. Ma non riusciva a vedere niente. Si sentiva costretto, immobilizzato, rinchiuso in uno spazio angusto senza via di scampo. E ancora aveva nella mente i corpi dei compagni e il fragore delle esplosioni. E nel cuore la rabbia.

Correva tra le croci che si stagliavano bianche nell'oscurità della notte, cercando in quel groviglio di pensieri, ricordi e voci la stessa del pomeriggio. Era un'impresa impossibile. Le gocce di pioggia gli annebbiavano la vista e ogni passo risultava più difficoltoso, come se una forza oscura lo trattenesse lontano dalla sua meta, aumentando sempre più la sua morsa di fango.
Alla fine cedette. Cadde a peso morto nel fango, stremato dalla fatica.

C'erano delle voci fuori. Mormorii indistinti che accompagnavano il ritmare della pioggia. Tentò di urlare, ma non un gemito uscì dalla sua bocca, non un sospiro. Immobilizzato in quello spazio angusto, lottava contro sé stesso nel tentativo di muoversi o urlare aiuto. E ad ogni tentativo si stringeva con più forza la morsa intorno al suo corpo, si serrava come paralizzata la sua lingua, e l'oscurità si faceva più profonda. Poi si sentì cadere e, precipitando, capì d'essere giunto alla fine.

Un fulmine, accompagnato dal suo fragore come di esplosione, illuminò a giorno l'intera spiaggia, e lo vide. Vide il nome inciso a chiare lettere sul marmo bianco, proprio davanti a lui. Si tirò in piedi a fatica, appesantito dalla pioggia e dal fango. Chiuse gli occhi, tirò un lungo respiro e ferì la terra con la lama del badile. Sollevò la zolla di fango e terra e la gettò via.
E uno...

Era sceso il silenzio. Perfino la pioggia non si sentiva più. Era rimasto solo coi suoi pensieri, con le sue urla silenziose, il suo dolore, la rabbia e la paura.
Sentì un forte tonfo e come un franare provenire da sopra su di lui. Non c'era più scampo.
E uno...


Non si potevano distinguere terra e cielo. Ogni singolo particolare si perdeva nell'oscurità della notte, così che terra e cielo erano un tutt'uno, e solo le pallide croci risaltavano nel denso buio come spiriti in processione. Andò nuovamente a ferire il terreno, e scartò un'altra zolla nera di fango e terra.
E due...

Perso in quella densa oscurità, i suoi sensi erano annebbiati. Non un suono arrivava alle sue orecchie, le sue mani immobili non sentivano più nulla.
Ma dentro di sé era una tempesta. Era come braccato da un senso di angoscia e inquietudine, da un desiderio viscerale di morte e vendetta. Un fuoco gli ustionava l'intero corpo, e si sentiva soffocare e fremere. L'eternità gli si scaraventò davanti come una notte buia e spettrale illuminata dalla sola fievole luce della candela della vendetta.
E due...


Un altro fulmine, seguito dal tuono. La pioggia ancora cadeva fine come lacrime dal cielo, mentre lui dissotterrava le proprie paure. E la notte era ancora lunga.
E tre...

Era il giusto prezzo da pagare per avere soddisfazione, per avere vendetta, per vedere i colpevoli puniti per i loro peccati.
Ghignò. Chiuse gli occhi e si protese verso quella lunga notte.
E tre...

***


Colpito da gelide gocce di pioggia sul viso, Ian aprì gli occhi e si sollevò dal fango. Sono svenuto, si disse. Ma cosa è successo?
Si alzò in piedi e cercò di distinguere in quel denso buio qualche particolare o contorno. Era ancora lì, davanti alla croce, con la fossa ben scavata davanti a sé. Devo essere crollato dal sonno improvvisamente, riuscì solo a pensare. Non aveva altre spiegazioni.
Si scrollò il fango di dosso e cercò con lo sguardo il badile, ma non riuscì a scorgerlo da nessuna parte. Sparito. Sommerso da pioggia e fango, suppose. Ma non diede peso alla cosa e si avvicinò meglio alla fossa. L'ennesimo lampo illuminò a giorno l'intera spiaggia e ciò che Ian riuscì a scorgere non fu altro che la bara ancora in parte sotterrata, ma scoperchiata. E vuota.
Si lasciò cadere. Non ricordava di aver aperto lui la cassa, ma nessun altro avrebbe potuto esser stato. Ma la cosa che più lo sconvolse fu il non trovare nessun corpo. Ma che motivo c'è per la bara allora? Era confuso.
Si alzò, agitato, e prese a camminare tenendosi la testa e mordendosi le labbra. Com'è possibile? Le risposte... Era tutto chiaro, avrei risolto tutto, e invece... Cosa devo fare ora? Era qui che...
- Ti stavo aspettando! - sussurrò una voce dietro di lui.
Gelò. Ma prima di potersi voltare si sentì sferrare un forte colpo tra capo e collo, e capitolò ancora nel lurido fango, con la vista annebbiata e un fischio nelle orecchie.
- Ti ho aspettato per tanti anni, sai? Per molti anni ho atteso questo momento.
La testa gli girava, e non aveva più forza nei muscoli. Aveva paura, e quella voce gli provocava una strana sensazione, come un ricordo ancestrale.
- Qui, da solo, per venticinque anni, ho meditato vendetta. Ho preparato questo momento in ogni singolo particolare, affinché tu sappia quale orrendo crimine macchia la tua anima.
Tentò faticosamente di tirarsi carponi, ma il peso di un piede sul collo lo fece affondare di nuovo nel fango. Si abbandonò al panico, mentre grosse lacrime gli bagnavano gli occhi e faticava a ingoiare ossigeno.
- Chi sei tu? - riuscì solo faticosamente a chiedere. E lui rise. Si sentì tirato senza nessuna fatica e riuscì a vederlo.
- Chi sono io? Sono quello che cercavi, sono la risposta ai tuoi incubi! - urlò sbattendolo a terra.
- È patetico come tu ora fugga davanti a ciò che hai agognato trovare. È debolezza, ce l'hai nel sangue...
Ormai completamente intriso di fango, con la testa dolente e l'adrenalina che gli scorreva come un fiume nelle vene riuscì ad alzarsi, mentre un fulmine illuminava la spiaggia. E non credette ai suoi occhi. Davanti a lui stava, ritto in piedi con il badile stretto in mano, il cadavere di un uomo. Aveva perso tutti i capelli, la mandibola era spaccata e pendeva dalla mascella. Metà torace era sparito e la gamba sinistra era ripiegata al contrario. Ma era vivo.
- Tu - urlò puntandolo col dito - lurido verme! Hai un'oscura maledizione sulla tua anima, impressa a fondo dai tradimenti della tua famiglia. Hai il peccato addosso, e pagherai con la morte per redimerti.
Era paralizzato. Il terrore gli aveva bloccato ogni forma di pensiero, di ragionamento. Non riusciva a scappare, inchiodato com'era davanti a quel mostro.
Ci fu un lungo attimo di silenzio, durante il quale il rumore della pioggia riprese possesso del mondo. La creatura iniziò a vacillare verso di lui, ghignando e ridendo.
Era bloccato in quella posizione, ritto davanti alla creatura che avanzava verso di lui.
- Stai lontano, non toccarmi!
Era un'inesorabile lotta contro sé stesso, contro la sua volontà. Era come se una forza gli impedisse di reagire.
È solo un incubo, è solo un incubo! ripeteva a mente nel tentativo di svegliarsi.
Ormai abbandonato alla paura, strinse gli occhi e si preparò alla morte. Sentiva i lenti passi del mostro trascinati nel fango e il profondo rantolo che proveniva da quella creatura.
Poi non sentì più nulla.
Aprì gli occhi, e si ritrovò faccia faccia col mostro. Urlò, mentre quello lo afferrava alla gola con le sue putride mani.
- È inutile urlare, devi morire!
Improvvisamente riuscì a sbloccarsi, riprese il controllo di sé e con tutta la forza e la rabbia che possedeva spinse la creatura lontano da sé facendole perdere il badile e, con un urlo disumano, gli si avventò contro piegandosi in avanti.
I due finirono l'uno nella morsa dell'altro, tentando di avere il sopravvento.
Era fuori controllo: l'adrenalina aveva raggiunto il limite massimo, e forti spasmi lo invasero da capo a piedi mentre affondava la testa nel putridume di quel corpo e con i denti staccava grossi tranci di carne decomposta.
Poi i due, nel pieno di quella danza mortale, caddero nella fossa sotto la croce.
Passarono lunghi minuti, senza che nulla accadde. Poi una figura emerse dalla terra, sollevandosi a fatica e rotolando fuori.
Prese il badile dal fango e riempì la fossa sotterrando la bara.
Poi si allontanò zoppicante verso il sole che cominciava a salire.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Thriller / Vai alla pagina dell'autore: StefanoReaper