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Autore: _nottedimezzaestate_    05/06/2013    8 recensioni
Diana stava fissando l'infinito seduta sul suo plaid a quadri rossi e verdi, i lunghi capelli neri liberi al vento, le mani intrecciate sulle ginocchia strette al petto, le braccia magre coperte dalla sua solita felpona grigia.
Stringeva gli occhi e fissava le sfumature tenui dell'alba che andavano a confondersi con il blu del mare e con l'azzurro del cielo, che lentamente si illuminava del tutto.
Era il giorno del suo compleanno.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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(grazie Linda)
(grazie Gaia)



Give Me Love.


A Ally, che l'ha letta per prima. A Narci, perchè mi ha aiutato così tanto con il giallo che merita di vedersi dedicate tutte le mie storie. Alla Dani, che avrebbe dovuto leggerla, ma non era collegata (mi pare). A Sara, perchè primo le voglio tanto bene, e secondo perchè l'ho scritta con Autumn Leaves di sottofondo , e lei adora Eddy. (Anche io) Poi a Linda M., perchè è per lei che l'ho scritta. All'altra Linda e a Gaia per il banner. E a Giovy. 

Diana.
Diana stava fissando l'infinito seduta sul suo plaid a quadri rossi e verdi, i lunghi capelli neri liberi al vento, le mani intrecciate sulle ginocchia strette al petto, le braccia magre coperte dalla sua solita felpona grigia.
Stringeva gli occhi e fissava le sfumature tenui dell'alba che andavano a confondersi con il blu del mare e con l'azzurro del cielo, che lentamente si illuminava del tutto.
Era il giorno del suo compleanno.
Aveva deciso di passarlo sola, lontano da tutto e da tutti, così aveva lasciato un biglietto a casa, aveva preso una coperta e il motorino ed era andata al mare.
Quel posto per lei era speciale. D'estate si riempiva di ombrelloni colorati, di bambini urlanti, di allegria e profumava d'estate, ma lei lo preferiva di gran lunga durante l'inverno.
Era silenziosa, fredda e tranquilla. La sabbia da dorata assumeva una strana sfumatura quasi grigia, le conchiglie madreperla facevano capolino tra le dunette. La mattina poi sembrava tutto un magico sogno, come se l'intero paesaggio fosse avvolto da una leggera nebbiolina perlescente.
Diana rifletteva. Rifletteva sulla sua vita. Non era niente male. Era bella, aveva tanti amici, una madre, una sorellina e un fidanzato fantastico.
Prese istintivamente in mano il ciondolo a forma di aeroplanino di carta. Gliel’aveva regalato lui, Andrea, per il loro primo anniversario.
Stavano insieme da tre anni. Tre bellissimi, felicissimi anni.
Poggiò i piedi sulla sabbia fredda e mosse leggermente le dita.
Amava la sensazione che le procuravano i granelli freddi, come se fossero una protezione.
Si sdraio e fissò per qualche minuto il sole che veniva filtrato dalle nuvole grigie, poi si addormentò.

Andrea.
Non era venuta a scuola. Andrea era perplesso.
Perché non c’era?
Lui era già lì, pronto a farle gli auguri, a baciarla e ad abbracciarla, quando la professoressa di Arte aveva scritto “assente” con una grafia svolazzante e incomprensibile.
Non poteva essere malata, perché gli avrebbe detto qualcosa.
No: lei era andata via. Lui la conosceva troppo bene.
Sapeva che all’apparenza era una ragazza estroversa, simpatica e amichevole, ma dentro nascondeva un’indole pessimista, chiusa e lunatica.
Lei era speciale, in tutto e per tutto.
Ogni cosa che faceva era speciale, dal fatto che si mordeva sempre il labbro inferiore quando era nervosa o quando faceva qualcosa di sbagliato, a quando si pettinava distrattamente i capelli neri.
Andrea sapeva dov’era andata. Era fuggita nel posto a lei più caro.
Gli aveva parlato di una spiaggia dalla sabbia bianca e le conchiglie invernali.
Salutò i genitori, accese il motorino e si diresse verso sud.
Ladoveva raggiungere.
Dopo poco più di un’ora scorse il mare, e finalmente raggiunse quel posto che Diana gli aveva tanto descritto.
Sabbia, tanta sabbia, che formava dune causate dal vento e dalle maree, sassolini neri qua e la che contrastavano con il colore chiarissimo della sabbia, il mare era grigio, come a preannunciare una tempesta.
Nel mezzo della spiaggia c’era una ragazza addormentata su un plaid.
Si sfilò le converse, le poggiò sul muretto e camminò silenziosamente verso di lei.
Provava un piacere assurdo ad affondare i piedi nella sabbia e le sue orecchie erano cullate dallo sciabordio dell’acqua.
Si sedette vicino a Diana e la fissò per qualche minuto.
Indossava la sua solita felpa enorme che la nascondeva fin troppo, questa volta grigia, le braccia formavano un delicato intreccio vicino alla testa, e si mescolavano ai morbidi capelli scuri.
Le gambe erano coperte da un paio di jeans attillati e scoloriti.
Era struccata. Nonostante ciò era bellissima. Le labbra leggermente schiuse formavano una perfetta o.
Lei era perfetta.
La baciò sulla guancia e le soffiò leggermente nell’orecchio.
La osservò aprire di scatto gli occhi azzurri e poi sorridere.

Diana.
Si sentì soffiare nell’orecchio e si svegliò controvoglia.
Era bellissimo dormire sulla comoda lana che copriva una morbida sabbia capace di adattarsi perfettamente alle sue curve.
Si girò e vide Andrea.
Sorrise.
«Ciao.» Sussurrò.
«Ciao. Scusa il disturbo.» Il suo ragazzo le ricambiò il sorriso.
Cosa ci faceva lì?
Come faceva a sapere dove era andata?
Lei rise e si mise a sedere, con le gambe magre strette al petto.
«Mi mancavi. Questa giornata non era completa senza di te. Grazie di essere venuto.»
Non erano soliti dirsi romanticherie ventiquattro ore su ventiquattro, o baciarsi ogni secondo, o scriversi frasi dolci presi da siti del cazzo su facebook.
Diana nemmeno aveva facebook.
Loro due erano una coppia stranissima. Due persone che non erano quello che sembravano e che si erano esposte solo l’una all’altro.
Lei aveva vissuto molti dolori che le avevano lasciato cicatrici profonde, e lui era pronto a farle sparire tutte.
«Come stai?» Le chiese Andrea.
« Mi sento vecchia.» Rispose lei prontamente. « Insomma, dài cavolo, ventitré anni sono tanti, troppi. Quando avevo sedici anni era tutto più semplice.
Potrei essere la madre di mia sorella.»
Sofia aveva quattro anni.
Era una bambina solare, bassina e dai capelli biondi come la madre.
Lei il colore di capelli lo aveva preso dal padre.
Suo padre…
Andrea sembrò leggere i pensieri di Diana e le prese il viso tra le mani.
« Non pensare al passato. Il passato è passato. Dimenticatene. Vivi ora. E ora io sono qui con te.»
Annuì.

Andrea.
Lui sapeva cosa aveva passato.
E forse era l’unico.
Sapeva cosa aveva dovuto sopportare Diana.
Era agitato.
Aveva fatto tutto un altro programma per quel giorno.
A quel punto avrebbero dovuto essere dove si erano fidanzati, nascosti dalla vista dei curiosi dalle fronde del loro salice.
Lei avrebbe dovuto essere vestita bene, o almeno felice e allegra, ignara della scelta a cui sarebbe state messa davanti poco dopo.
E invece erano seduti su una coperta in spiaggia, al tramonto. Lei era struccata e tratteneva a stento le lacrime.
Era bella anche sul punto di piangere.
Gli occhi color cielo iniziavano a brillare, e assumevano un velato scintillio unico.
Le sue labbra si posarono delicatamente su quelle morbide e carnose della ragazza.

Diana.
Non ricordava l’ultima volta che si erano baciati.
Le veniva da ridere. Una di quelle risate sincere ma piene di amarezza.
Di quelle risate che si possono fare solo in due, quelle risate ogni volta diverse.
Forse l’aveva fatto perché era il suo compleanno, come regalo, tutto qui.
O forse era diventato romantico e appiccicoso come quei ragazzi muscolosi che avevano le sue amiche.
No, impossibile. O almeno, catastrofico.
Rise.
«Che ti ridi?» Le chiese Andrea, a metà tra il perplesso e il divertito.
Lei scosse la testa.
«Ti immaginavo nei panni di un moro palestrato con tutte le ragazze ai suoi piedi.»
Lui riflettè un attimo.
« Ma moro verso il biondo o molto scuro?» Domandò sinceramente spaesato.
Diana lo osservò qualche secondo sconcertata prima di capire che era una presa per il culo.
«Ti voglio bene» Gli disse.
Lo vide mordicchiarsi il labbro come faceva sempre lei, mentre un lampo di indecisione e agitazione gli attraversava gli occhi ambrati.
I suoi capelli  erano spettinati come al solito e gli ricadevano sull’occhi in modo buffo. Lui li scostò con un gesto secco.
Capelli biondo scuro con qualche leggerissimo riflesso moro, occhi ambra dalle sfumature verdi, più scuri al centro, molto tendenti al verde, mentre ai lati si intravedeva anche qualche vena azzurra.. Grandi. Pronti a vedere, a fissare, a curiosare, a scoprire e a esplorare. Perfetti.
Lui era perfetto.
«V-Voglio darti il tuo regalo di compleanno.» Balbettò.
Lei scosse energicamente la testa.
«Non devi!» Esclamò.
Sorrise. « Devo invece.»
Si mise una mano nella tasca dei pantaloni.
«Vedi, io amo una ragazza.»

Andrea.
Era così difficile. Ma avrebbe dovuto farcela.
Si era preparato un bellissimo discorso profondo, dove lui le dichiarava tutto il suo amore.
Lo aveva provato davanti allo specchio, davanti a una fotografia di Diana, anche davanti a sua madre, che aveva applaudito e l’aveva abbracciato commossa.
«Io amo una ragazza. Lei è bella, bellissima. Ma non ci crede. Lei ha dei bellissimi capelli neri che però odia e che vuole tenere lunghi solo per poterci passare le mani in mezzo per trovare conforto.
Lei ama pucciare la girella dentro il caffelatte la mattina, lei odia il cappuccino ed è l’unico essere vivente che non mangia le gocciole.
Non le piacciono i jeans perché crede che siano troppo duri ma li indossa lo stesso perché pensa che i leggings le facciano le gambe grosse.
Lei sembra fragile, ha le gambe e le braccia magrissime, ma una volta mi ha steso con un pungo.» Sorrise, vedendo che Diana aveva iniziato a piangere. «Lei disegna da Dio, fa dei disegni bellissimi che poi butta nella spazzatura e che poi io recupero in silenzio. Lei è la ragazza che ho capito di amare davvero quando come niente ha fatto un gol dal metà campo.
Con lei io voglio passare tutta la mia vita.»

Diana.
«Con lei voglio passare tutta la mia vita.»
Un’ultima lacrima rotolò giù dalla sua guancia, e se la asciugò con la manica della felpa.
«Diana» Sospirò Andrea. «Mi vuoi sposare?»
Lei annuì, e lo abbracciò.
 
  
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