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Autore: CosaSonoLeStelleSeNonVoi_    08/06/2013    0 recensioni
[Musicale]
"Devo andare adesso, abbi cura di te." disse tenendola stretta a sè ancora una volta, non volendosi staccare mai da lei. "Ti amo, non dimenticarlo." furono le ultime parole che le disse, prima di salire sul treno che li avrebbe allontanati per giorni, settimane, mesi. Lo stesso treno che lo avrebbe riportato indietro, forse vivo, come sperava.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
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"Tornerò da te."

 



"Mi scriverai? Promesso?" lei lo sapeva, sapeva che lui non avrebbe avuto tempo per scriverle a meno che non avesse avuto un po' di pace la sera tardi. Sapeva a cosa andava incontro, lo sapeva benissimo anche se non era la prima volta che accadeva. Lui stava rischiando la vita e ne era consapevole, anzi, lo erano entrambi. "Certo che ti scriverò, tutti i giorni. E tornerò prendendo lo stesso treno che adesso mi sta portando via da te. Te lo prometto." promettere era una cosa che gli riusciva bene, senza dubbio. Fino a quel momento aveva mantenuto ogni singola promessa e sperava di riuscir a mantenere anche questa. In cuor suo sperava di riuscirci davvero, perchè un pezzo di carta ed una penna era l'unica cosa che avessero per tenersi in contatto qualsiasi cosa sarebbe accaduta.  "Devo andare adesso, abbi cura di te." disse tenendola stretta a sè ancora una volta, non volendosi staccare mai da lei. "Ti amo, non dimenticarlo." furono le ultime parole che le disse, prima di salire sul treno che li avrebbe allontanati per giorni, settimane, mesi. Lo stesso treno che lo avrebbe riportato indietro, forse vivo, come sperava.
 
 
 
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Un altro tuono, di nuovo; forse il sesto in dieci minuti. L'ennesimo che ha fatto svegliare Emma di soprassalto. Non fa niente, comunque: non riesce a dormire, continua a rigirarsi nel letto per cercar di prendere sonno, ma inutilmente. Ha sempre quel pensiero in testa, l'unico che la perseguita da un mese e mezzo oramai. Francesco.
Il suo punto fisso, la sua ragione di vita, l'unico ragazzo che ha amato e che ama con tutta se stessa.
Da tre mesi è partito con l'esercito e da un mese e mezzo non si fa vivo. Le ha provate tutte: chiedere informazioni alla marina, inviare lettere, ma nulla. Nessuno sa niente. 
E' un mese e mezzo che lei non chiude occhio, non si da pace. 
Non vuole credere al fatto che possa essere morto.
Emma è distrutta, non ce la fa più, non sa minimamente cosa fare. L'unica cosa certa è che domani una gran parte di soldati sarebbero tornati a casa e tra quelli spera davvero che ci sia anche lui.
 
 
 
"Buongiorno Emma! Vuoi un caffè?" solito saluto di Gemma, la donna che lavora nel bar accanto alla stazione. Credo sia l'unica che capisce come io mi possa sentire in questo momento e che fa di tutto per non farmici pensare. "Ciao Gemma." ricambio il saluto, sorridendole appena. Sospiro. "si, grazie." rispondo sedendomi sullo sgabello del bancone. In meno di tre minuti, Gemma mi porge la tazza piena di caffè, rivolgendomi nuovamente un sorriso. La ringrazio mentre gli occhi vanno a finire sulla tv accesa: c'è il telegiornale mattutino. 
'Circa quattro soldati italiani sono morti questa mattina in prossimità dell'Afghanistan, di cui due non si sa ancora il nome purtroppo.' ansia, ansia, fottutissima ansia e paura. Inizio a tremare, quasi fino a scoppiare in un pianto atroce. Gemma se ne accorge e mi stringe la mano che avevo lasciato involontariamente ferma e tesa sul bancone. "Sta tranquilla, lui non fa parte di quel gruppo." prova a darmi conforto, come ha sempre fatto da tre mesi a questa parte. Abbasso lo sguardo, cerco di calmarmi per un secondo. "Vuoi che ti accompagni alla stazione?" faccio cenno di no, scendendo dallo sgabello. Le lascio i soldi sul bancone e la saluto, ringraziandola per il gesto. Ce l'avrei fatta da sola, devo essere forte, perchè l'ho promesso a me stessa e soprattutto a lui. 
 
 
Decine e decine di ragazze ci sono intorno a me ad aspettare il treno per gli uomini dell'esercito. Alcune piangono, altre sono sedute sulla panchina a darsi coraggio da sole; e poi ci sono io, con lo sguardo verso i binari, ferma senza batter ciglio. Ho il cuore che batte fortissimo, penso che se stessero tutti zitti si sentirebbe senza problemi, ma non mi interessa. Ciò che mi interessa è sapere che Francesco è vivo e che è su quel fottutissimo treno che arriverà tra un minuto. 
Finalmente, il fatidico rumore di quell'ammasso di ferraglia che sta arrivando comincia a farsi sempre più forte. In dieci secondi sta sfrecciando davanti a me, cercando di fermarsi piano piano. Il fischio afferma che è arrivato a destinazione.
Uomini e ragazzi scendono e corrono ad abbracciare le proprie compagne, i propri bambini e familiari. 
Scenderà da quel treno.
Nel primo vagone sono scesi tutti e lui non c'è. Forse è nel secondo.
Nel secondo vagone non c'è.
Non c'è due senza tre, provo nel terzo. Ma tutti scendono e di lui nemmeno l'ombra.
E' nel quarto, sono sicura.
Mi sbagliavo, non è nemmeno lì.
I vagoni sono finiti. 
Non c'è, non era sul treno. Mentre una valanga di persone corrono a destra e manca intorno a me, sento che mi sta crollando il mondo, la terra, il cielo addosso. Le mie speranze erano appese ad un filo e.. nulla. Non c'era. Mi sento improvvisamente sola, vuota, spenta, confusa. Ogni minima parte di me si rifiuta di parlare, e tra poco anche di respirare. Non credo che riuscirò a rimanere immobile ancora per molto. Tantovale farsene una ragione, non tornerà e non mi resta che ritornare a casa, se mai ce l'avessi fatta.
Torno da dove sono venuta, spalancando il portone d'entrat; mi guardo intorno, fino a quando i miei occhi non si fermano ad osservare il ragazzo davanti a me, appoggiato alla fontana difronte alla stazione. 
Divisa da militare, capelli più corti del solito ed occhi vivi, più vivi che mai. E quel sorriso che non vedevo da più di novanta giorni. 
"Francesco!" urlo a pieni polmoni, mettendoci anima, cuore, fegato, stomaco, di tutto e di più mentre corro verso di lui, finendo stretta tra le sue braccia iniziando a piangere. Mi stringe a sè, come non faceva da mesi, senza parlare. Più di novanta giorni senza di lui sono stati una tortura e credo lo sappia; non c'è stato giorno in cui io non abbia immaginato, sognato, questo momento. "Mi sei mancata Em." dice baciandomi più volte, teneramente. Mi è mancato troppo, immensamente e non mi sembra nemmeno vero di averlo qui tra le mie braccia. "te l'ho detto che il treno mi avrebbe riportato qui, te l'avevo promesso." dice ancora, asciugandomi le lacrime e rassicurandomi che non sarebbe più partito perchè non avrebbe mai voluto perdere la donna della sua vita. 
  
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