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Autore: Shari Deschain    11/06/2013    5 recensioni
[Will/Alana/Hannibal]
L'unica cosa che Will ricorda chiaramente è che inizia tutto con un ballo.
Genere: Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Warnings: Allucinazioni sanguinolente, gente non molto stabile di testa, accenni di manipolazione mentale, Hannibal Lecter.
Word Count: 1367 (fdp)
N/A: Scritta per l'Hannibal!kinkmeme, prompt “Say goodbye/As we dance with the Devil tonight/ Don't you dare look at him in the eye/As we dance with the Devil tonight (Dance with the devil - Breaking Benjamin)” @ hannibal_ita e per 500themes_ita, prompt #4. Ballando col diavolo.





Danse macabre






L'unica cosa che Will ricorda chiaramente è che inizia tutto con un ballo.

La musica intorno a loro è lenta e decisa, come se le mani del pianista non si limitassero a sfiorare i tasti ma ci affondassero dentro con un senso di sfida. Le note si susseguono quindi limpide e chiare, con una precisione più da chirurgo che da artista. Da qualche parte, intanto, un orologio ticchetta piano, con la placida tenacia delle cose eterne.

Alana sorride mentre volteggia tra le sue braccia.

Ha addosso un vestito di velluto rosso cupo, lungo fino a terra. Lo strascico di tulle si raccoglie dietro di lei come una scia scarlatta che li segue, allungandosi sempre di più, ogni volta che i passi del valzer li costringono a spostarsi.

Tutto intorno c'è odore di fiori e di candele profumate. Le luci basse fanno perdere a Will il senso della profondità, e i contorni della pista da ballo sfumano nel nero del nulla. Potrebbero essere ovunque e in nessun luogo, potrebbero essere in uno di quei raffinati locali che piacciono tanto ad Alana o sospesi nel vuoto, da qualche parte tra il cielo notturno e il mare in tempesta.

Perché il mare è lì in agguato, Will lo percepisce. Sente lo scrosciare delle onde insinuarsi nello spazio tra una nota e l'altra, e l'odore di sale sotto quello della cera e delle rose. Non gli importa. Non ora.

La mano di Alana, avvolta in un guanto di pizzo, anch'esso rosso, si stringe un po' di più nella sua, e lui la fa volteggiare di nuovo. La gonna del vestito si gonfia, creando una ruota che gli accarezza le gambe con uno strusciare leggero. Will nota il collarino di seta intorno al collo di lei, un filo sottile di un rosso un po' più scuro del vestito e tempestato di candidi brillanti.

Non l'ha mai vista così elegante e così bella.

Mentre continuano a ballare la musica diventa sempre più tenue, sempre più lenta. Quasi intima. Will allora si piega leggermente verso la donna tra le sue braccia. Anche le sue labbra sono rosse. Così belle. Così invitanti. La bacia sfiorandole appena la bocca con la propria, rabbrividendo poi quando il respiro caldo di lei si infrange contro le proprie labbra ancora umide.

«Non posso, Will», sospira Alana, ma sta ancora sorridendo. È un invito a fermarsi o ad andare avanti? Nel dubbio Will le stringe le mani intorno alla vita e se la tira contro, sentendo la morbidezza del tessuto e dei suoi fianchi sotto le dita.

È a quel punto che la musica si ferma del tutto.

Will alza lo sguardo e finalmente riconosce il luogo in cui si trovano. Non è un locale, ma lo studio del dottor Lecter. Ora riconosce le colonne, i quadri appesi alle pareti, la scrivania accostata alla finestra per far loro spazio. Riconosce anche il pianista, e gli si avvicina sorridendo.

Hannibal gli sorride a sua volta, le dita immobili sollevate pochi centimetri al di sopra dei tasti del pianoforte. Ha le mani blu. Will ci mette qualche secondo a capire che l'uomo indossa guanti da chirurgo. Gli sembra strano. Buffo, anzi. Apre la bocca per dire qualcosa al riguardo, ma in quell'istante un urlo trafigge improvvisamente il silenzio e Will si volta immediatamente verso Alana.

Di nuovo gli ci vogliono più di un paio di secondi per capire cosa c'è di sbagliato. Lei è in piedi di fronte a lui, nel mezzo della stanza, proprio dove l'ha lasciata, e ha ancora addosso il suo vestito rosso, ma ora sembra... più attillato. Disegnato sulla pelle, anzi. È come se tutte le balze, le volute e i fiocchi di tessuto le si fossero fuse addosso, creando un effetto quasi... liquido.

Mentre lui si strofina forte gli occhi, Alana urla ancora, e questa volta Will riconosce il sangue. La ricopre tutta, dalle spalle fino ai piedi, ne ha imbrattate anche le mani e la faccia. Sul suo petto quelli che sembravano ornamenti si rivelano ora essere segni scuri e profondi, e lui sa che sono i fori lasciati dalle corna di un cervo. Quel filo sottile che aveva scambiato per un collarino di seta è in realtà un'incisione che va da una parte all'altra della gola, e il biancore che si intravede alla luce delle candele non sono diamanti ma ossa. Quando la donna tenta di gridare ancora, il sangue gorgoglia e si riversa dalla gola tagliata, soffocando ogni parola.

Will urla al posto suo e scatta in avanti per raggiungerla, ma subito una mano si posa con fermezza sulla sua spalla.

«Che peccato. Un vero peccato», dice Hannibal, tirandolo indietro e stringendo piano la presa in segno di conforto. «Ma so perché lo hai fatto, Will. Davvero, lo capisco. Non è stata colpa tua. Se menti a te stesso abbastanza spesso inizi a credere alla tue stesse bugie. Se indossi troppo a lungo una maschera cominci a dimenticare la tua stessa faccia. Era solo questione di tempo, amico mio.»

Will scuote forte la testa.

«Non sono stato io», sussurra, pur sentendosi le mani vischiose di sangue. Non abbassa lo sguardo per accertarsene. Subito dopo ripete, gridandolo con quanta più forza possibile, tentando di convincere se stesso più che l'altro: «Non sono stato io!»

Hannibal sorride, condiscendente.

«Certo che no», concorda, con quel tono che invece significa certo che sì. Poi si china su di lui fino a sfiorargli l'orecchio con le labbra. «Ma non preoccuparti, non lo dirò a nessuno. Sarà il nostro segreto. Uno tra i tanti», gli sussurra, complice.

Rabbrividendo, Will si scosta appena.

«Non sono─», inizia a dire, ma la voce gli muore in gola. Il cadavere di Alana ora giace sul pavimento in una larga pozza di sangue, e accanto a lei, in ginocchio, Abigail le stringe una mano fredda e livida e la guarda con tristezza.

«Dovremmo onorarla», mormora a bassa voce. «Se non la onori è solo omicidio.»

Accanto a lui, Hannibal annuisce. Dopo una pacca di incoraggiamento la sua mano si sposta dalla spalla alla schiena di Will, e lì le sue dita iniziano a ticchettargli lentamente contro la giacca, come se stessero ancora suonando quella melodia lenta e precisa.

Will sente la testa girare forte. Vede sangue e velluto rosso; sente il rumore delle onde e il suono del pianoforte; il tocco di Hannibal gli sembra a tratti una carezza e a tratti una pugnalata poco profonda. Abigail è un fantasma che appare e scompare davanti ai suoi occhi. Alana gli rivolge alternativamente un sorriso caldo e vivo o la smorfia stupefatta della morte. Non capisce. Non riesce a distinguere cosa è vero e cosa non lo è. Specchio dentro lo specchio. Incubo dentro l'incubo.

La stanza inizia a girare proprio come la sua testa. All'improvviso non è più in uno studio psichiatrico ma a bordo di un carosello fatto di musica classica e urla disperate, di sangue sui muri e libri rari sugli scaffali.

La mano di Hannibal si posa alla base della sua schiena e lo sospinge gentilmente in avanti. La giostra si ferma di colpo. Il mondo prende la forma della soglia di una porta, e poi, passo dopo passo, quella di due poltrone di fronte ad un camino.

«Will, amico mio, non ti vedo per niente in forma», dice il dottore, e una ruga di sincera preoccupazione gli attraversa la fronte. «Siediti, lascia che ti offra qualcosa da bere. Non è molto etico e va contro i miei interessi professionali, ma rimango convinto che a volte un sorso di alcool aiuti più di mezz'ora di terapia.»

Il volto di Will si accartoccia in una smorfia che spera essere abbastanza simile ad un sorriso.

«Credo di essermi perso per un attimo», confessa, mettendosi a sedere. È tutto a posto adesso. Non c'è il cadavere di Alana nel mezzo della stanza. Non c'è nemmeno Abigail. Non ci sono pozzanghere di sangue. Non c'è nessuna musica se non il battere ritmico della pioggia contro i vetri della finestra.

Hannibal annuisce di nuovo e gli porge un bicchiere di cristallo pieno per metà di vino rosso.

«Dov'eri?», gli domanda poi con tono colloquiale, prima di mettersi a sedere di fronte a lui.

«Non molto lontano da qui», risponde Will, mandando giù un lungo sorso di vino. E se per un attimo gli sembra troppo pastoso e con un retrogusto amaro e metallico, s'impone immediatamente di non farci caso.


   
 
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