Ogni mattina,
alle porte del quotidiano Inferno,
io lo abbracciavo.
Abbracciavo l'amico ?
No.
Io abbracciavo il
figlio amante, il
lucido pscicotico, il
casuale calcolatore, il
bambino adulto, il
padre uccisore della mia esistenza.
Abbracciavo il
suo aulico dialetto, il
suo classico avanguardismo, la
sua cieca supervista, il
suo bigottismo ateo, la
sua matura sessualità inconsapevole.
E con le braccia abbastanza grandi da stringeli tutti
io volevo
soffocarlo d'amore,
resuscitarlo d'odio.