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Autore: Lennyk192    11/06/2013    1 recensioni
Quinn lo studiò atterrita per qualche secondo, prima di urlare e riprendere a muoversi, tirando i ceppi con strappi violenti, con l'unico risultato di provare ancora più dolore.
Sentì la sua guancia bruciare quando uno dei demoni le assestò uno schiaffo da rivoltarle la faccia.
La testa vorticò e quasi svenne per la violenza dell'impatto, ma prima di scivolare nell'oblio qualcosa pizzicò i suoi polsi e gli avambracci e uno stupido pensiero le sfiorò la mente.
Il giorno dopo sarebbe stata la Vigilia di Natale.
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From beneath you it devours'
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Capitolo 24: Sacrifice




Alec sembrava un leone in gabbia. 
Poche ore prima, Aud gli aveva portato del sangue per far curare la ferita allo stomaco. Non le aveva rivolto la parola, aveva afferrato la sacca trasparente e chiuso la porta con un tonfo violento, lanciando un'imprecazione che aveva fatto trasalire Quinn.
Non aveva aperto bocca per un bel pò, dopo, rendendo l'aria elettrica intorno a loro.
La sentì schiarirsi la gola rumorosamente e le lanciò un'occhiata in tralice, trovandola stesa sul letto a baldacchino protetto da cortine bianche, un braccio a sorreggere la testa riccioluta mentre lo scrutava attentamente.
"Perché diavolo mi fissi in quel modo?"
La vide scrollare le spalle. "Sei di nuovo incazzato, il che è strano considerato che sono io quella che potrebbe morire domani"
La sua ironia gli strappò un sorriso e grugnì sentendo una stretta allo stomaco quando fu investito dall'immagine di lei stesa inerme su un qualche altare. La cosa lo colpiva più di quanto avrebbe dovuto.
"Non dovresti essere capace di scherzarci su. Sei umana, mettiti a fare una scenata isterica!"
"Quello sarebbe più normale?"
Alec annuì, pensando distrattamente a quanto fosse dannatamente difficile restare arrabbiato con lei intorno.
Stavano già tornando ad essere gli stessi di prima, capaci di beccarsi con freddure e battute sarcastiche anche nel territorio nemico.
Anche sapendo tutto quello che sarebbe successo.
"Beh, mi dispiace, ma io ho tempi di reazione molto lenti"
"Non me n'ero mai accorto"
Il tono malizioso ed equivoco con cui pronunciò quelle parole, la fecero arrossire di colpo e lui scoppiò a ridere.
"Sai, per essere così vecchio, sei terribilmente infantile" brontolò lei, affondando la testa nel cuscino con la federa di seta nera.
"Certe cose non cambiano mai" si giustificò il demone, serafico.
Un secondo dopo si sdraiò al suo fianco, attirandola tra le sue braccia, senza sapere bene se lo faceva solo per fornirle una mera consolazione e distrarla dalle preoccupazioni o semplicemente perché gli procurava un enorme senso di appagamento.
In ogni caso, quel gesto non gli era mai appartenuto prima.


Quinn gli si raggomitolò contro, come se per lei quello fosse il posto migliore al mondo.
Alec sentì il suo respiro accelerare e sorrise compiaciuto dell'effetto che sortiva su quella ragazza.
Si puntellò su un gomito, mentre premeva il proprio corpo contro di lei, poi abbassò la testa in modo da far incontrare le loro labbra. Aumentò progressivamente la pressione, alternando leggeri baci a piccoli morsi e tenere carezze con la lingua, finché non la sentì gemere piano. Spinto dal bisogno di assaporarla, si staccò dalle labbra di Quinn per farle scorrere la lingua sulla gola pulsante.
Si aspettava che lei si ritraesse, che lo respingesse... che cercasse di fermarlo.
Invece, gli affondò le mani nei capelli e si premette la sua bocca contro il collo.
La udì emettere un mormorio di sorpresa quando con una mano le afferrò la nuca, e con l'altra le strinse la vita per avvicinarla di più a sé, una gamba muscolosa infilata tra le sue, ancora sorpreso di come lei lo lasciasse fare.
Era come se gli si affidasse completamente e questa consapevolezza lo rese euforico.
Incapace di trattenersi più a lungo, fece scivolare la mano sinistra sotto la maglia pesante che indossava, a contatto con la sua pelle morbida e bollente, fino a posarla intorno al seno.
Il battito del suo cuore gli rimbombò nelle orecchie mentre memorizzava la forma perfetta di quel morbido rilievo, accarezzandolo con gesti esperti. Lei soffocò un gemito di piacere e posò la fronte contro la sua.
Aveva il respiro affannoso e il desiderio di andare fino in fondo gli incendiava i sensi.
Un unico pensiero gli aleggiava nella mente: doveva averla. Sapeva che quegli attimi rubati con lei l'avrebbero tormentato ogni ora una volta lontani, mentre li riviveva con la mente, ma in quel momento non gliene importava.
Era stranamente affamato, selvaggio. Qualcosa non andava.
Sentì sbriciolarsi quel pò di autocontrollo che era solito mantenere in certe occasioni. Troppo presto le gengive cominciarono a bruciare, a farsi calde e pesanti. Alec si strappò da quel bacio per paura di non riuscire a trattenere la fuoriuscita delle zanne del demone, che lottava per emergere. Sembrava che nemmeno quella parte di lui la detestasse più di tanto.
Il profumo dolce della ragazza lo spingeva oltre i limiti della ragione, una parte irrazionale di sé lo pungolava urlandogli di continuare e approfittarsi della situazione, ma si accontentò di tenerla semplicemente stretta, avvertendo improvvisamente la sua paura come se fosse un urlo lancinante nella testa.


La notte silenziosa era accogliente, l'oscurità profondamente sensuale, tuttavia le riusciva impossibile dormire.
Quinn non voleva che quella fosse la sua ultima notte. Non voleva finire in un posto dove non sarebbe stata altro che un ricordo.
Quando era piccola aveva creduto nel Paradiso, come la maggior parte delle persone. Poi, crescendo, la sua visione del mondo aveva iniziato ad indurirsi. Ora non vedeva più colline verdi e nuvole soffici nel suo futuro.
Solo il buio. 
Pensò a quanto alcune cose fossero difficili da confessare persino a se stessi, perché se solo si facesse, bisognerebbe smettere di essere ciò che si è da sempre e quell'immagine costruita con tanta fatica si sbriciolerebbe.
Tuttavia Quinn non riusciva a smettere di ripetere nella sua testa che aveva paura. Tanta. Troppa.

Non poteva credere che non avrebbe visto il Colonnello e Hope nemmeno per un'ultima volta. Adorava sua madre e quell'uomo burbero e autoritario a cui non aveva mai detto 'ti voglio bene'.
Si pensa sempre di avere tutto il tempo del mondo per recuperare certe mancanze, ma se così non fosse stato?
Lui non l'avrebbe mai saputo.
Alla sua amica Cassidy non avrebbe mai confidato di aver visto il suo attuale marito baciare la seconda damigella d'onore a tredici ore dalle nozze. Aveva sempre atteso che si presentasse l'occasione giusta...
Con sua grande sorpresa, tra i suoi pensieri spuntò anche il volto di Alec. Lui era elettrizzante. Pericoloso. Misterioso.
E lei era stata così stupida da innamorarsi.
Ne era più sicura che mai, specialmente in quel momento, mentre lui le passava lentamente la mano tra i capelli, quasi a volerla tranquillizzare.
Nonostante i suoi sentimenti, Quinn non nutriva illusioni sulla possibilità che lui li ricambiasse.
Imboccando quella strada, avrebbe finito per uscirne distrutta. E aveva già abbastanza preoccupazioni, senza doverci aggiungere anche quelle, combattendo una battaglia persa.


Odiò le lacrime che all'improvviso le colarono lungo le guance, mentre il suo corpo tremava convulsamente per i singhiozzi appena trattenuti. Sentì il demone irrigidirsi contro di lei e pianse più forte per la sua patetica dimostrazione di fragilità. La stanza le sembrava sempre più stretta e non riusciva a trovare una via di fuga o quantomeno abbastanza aria per poter continuare a respirare.
"Quinn" si sentì chiamare dalla sua voce incerta.
"Oh mio Dio, sono davvero..." cercò di recuperare il fiato. "
Questa non sono io, e mi fa sentire stupida. Solitamente non sono così deprimente" si sentì blaterare senza senso.
Lui si schiarì la gola.
"Lo so" sussurrò esitante, mentre le accarezzava il volto con un tocco leggerissimo, facendo scorrere le dita sopra la guancia ad asciugarle le lacrime, passandole il pollice sul labbro inferiore.
"A dire la verità è quasi un sollievo. Hai mantenuto il controllo troppo a lungo, con tutte le cose che ti sono accadute, e stavo iniziando a sviluppare un complesso di inferiorità" la schernì debolmente il demone, rammentandole che lui era il suo esatto opposto.
"Già, ma reprimere le emozioni è una cosa normale per me. Piangere come un'idiota no...e poi qui, con te..." fece con voce rotta, quasi rimproverandosi di essere miseramente ridotta ad un fagottino tremante, mentre stringeva a pugno la mano sulla camicia di lui.
Oh Dio...sono la Regina dei patetici!


La mascella di Alec era serrata così forte che i suoi molari sarebbero potuti andare in frantumi, la sua testa pulsava come dopo aver affrontato una trasformazione.
Riusciva a percepire la mortificazione di Quinn così profondamente, che gli sembrava di provarla lui stesso.
Non avrebbe dovuto legarsi in quel modo a lei, era senza alcun dubbio la più grande cazzata che avesse mai fatto.
"Mmh, sei insopportabilmente orgogliosa, me lo ricordo bene" si sforzò di controbattere in modo scherzoso, sebbene continuasse a rassicurarla, quasi cullandola tra le sue braccia. La sentì ridacchiare e si rilassò un poco anche lui.
Cristo, si era proprio rovinato. Da quanto tempo qualcuno o qualcosa non gli ispirava tenerezza?
Gli erano bastate poche settimane con lei ed ecco che si ritrovava in quelle condizioni.
Un mezzosangue era già di per sé una barzelletta vivente.
Ma un mezzosangue che lasciava prevalere i sentimenti era un coglione totale.
Avrebbe dovuto approfittarsi di lei e della sua sofferenza, sentiva che aveva bisogno di essere consolata, rassicurata e lui avrebbe dovuto fingere di assecondare i suoi desideri, curandosi in realtà di se stesso.
Ne avrebbe tratto piacere, quello lo sapeva per certo, e se fosse stato lo stesso demone di qualche settimana prima lo avrebbe fatto.
Si sarebbe comportato dal solito bastardo, lasciandola sola subito dopo senza curarsi d'altro, tornando al suo lussuoso appartamento e alla guerra tra clan.
Ma la sola idea gli sembrava assurda adesso. Semplicemente non riusciva a imporsi di ferirla in quel modo.

                                                                                                                             
                                                                                                                                    ***
 

Risvegliandosi, Quinn si stiracchiò languidamente.
Era stato il peggior sonno della sua vita, ma stranamente privo degli incubi che si era aspettata.
Aprendo gli occhi, fu sorpresa di trovare la propria testa appoggiata sul ventre di Alec. L'aveva tenuta stretta per tutto il tempo?
Non indossava la maglietta e la sacca di sangue era completamente vuota sul pavimento. Dunque doveva essersi alzato, nutrito, per poi sistemarsi di nuovo al suo fianco, pensò quasi deliziata.
La mano destra di lui affondava fra i suoi capelli, e dai respiri profondi e regolari capì che era ancora addormentato.
Erano passate più o meno tre ore, ma la luce dell'alba filtrava dalla piccola finestra e illuminava debolmente entrambi. Le pareva che osservarlo a sua insaputa potesse farle scoprire qualcosa di più sul suo conto. Ma era sempre il medesimo: il profilo netto, la bocca ben
disegnata, l'espressione calma e vagamente divertita. 
Si sporse un po', sfiorando dolcemente la bocca con la punta delle dita. Ne seguì i contorni e sentì vagamente gli occhi pizzicarle al pensiero di quello che le sarebbe successo di lì a poco. Fece un respiro profondo e decise di approfittare ancora di quei secondi di tranquillità. Si chinò a posare le labbra su quelle di lui.


Doveva essere una sorta di bacio d'addio, o qualcosa di simile, ma a quanto pareva il suo corpo non aveva recepito il messaggio e la fece indugiare più a lungo di quanto volesse in principio.
Nell'istante in cui si ritrasse gli occhi del demone si aprirono di scatto, e lei trasalì, perché non aveva mosso nemmeno un muscolo prima, per avvisarla. Non sembrava arrabbiato o infastidito, però.
"Non volevo svegliarti" In realtà non volevo svegliarmi neanch'io oggi...
"Non importa" le disse con voce roca e sensuale, che le fece scorrere dei brividi di eccitazione lungo il corpo.
Lui la studiò con uno sguardo di fuoco, le sembrò che volesse toccarla. O divorarla. L'osservò sollevare un braccio muscoloso per scostarle un ricciolo dal viso e la sua temperatura corporea s'innalzò bruscamente al pensiero di quello che avrebbe potuto seguire quel gesto. Invece Alec si allontanò bruscamente e si alzò con movenze leggere, infilandosi la maglietta abbandonata sulla sedia senza staccarle gli occhi di dosso.
"Avresti dovuto dormire di più" mormorò una manciata di minuti dopo.
"Ah sì?"
"Beh, l'hai detto tu: stasera rischierai di morire, hai bisogno di forze" la beffeggiò, guadagnandosi uno sguardo sconcertato.
"Divertente" sibilò lei, incrociando le braccia al petto.
"Vai da qualche parte?" gli domandò poi, vedendo che si sistemava le armi alla cintura.
"Ho una cosa da fare. Tu non uscire da qui per nessun motivo, chiaro?" fu la risposta autoritaria che le biascicò prima di sparire.
Beh, se il buongiorno si vede dal mattino...
"Hai...intenzione di tornare?" Si odiò immediatamente per quella domanda stentata, ma non era riuscita a trattenerla. Il demone la guardò scocciato, come se l'avesse offeso nel peggiore dei modi. Con passo da predatore tornò accanto a lei, che si sforzò di non indietreggiare, con una mano le sollevò il mento e i suoi occhi carbone catturarono il suo sguardo spaurito.
"Pensi davvero che ti lascerei qui?" fu il suo mormorio rabbioso.
"Non sei costretto a restare. Non lo sei mai stato"
"Siamo insieme in questa cosa, Quinn" ribatté energicamente, irritato che lei non l'avesse ancora capito.
Lei scosse il capo. "Non è vero. Tu, al contrario di me, puoi tirarti indietro quando vuoi" Ma ti prego, non farlo.
Una sorta di ringhio gli risuonò nel petto, profondo e animale. Un suono basso e tormentato. "No, non posso"
Sparì prima che potesse chiedergli spiegazioni.
 


                                                                                                                                 ***


"Legala" ordinò svogliatamente Zane, molte ore più tardi. Aveva passato la giornata a contatto con i ribelli, preparandosi per il rituale.
Il corpo di Thren era stato 'scongelato' ed era pronto al risveglio.
"Cosa?" domandò Quinn, mentre il succubo le teneva fermi entrambi i polsi e stringeva forte le corde robuste.
 "Maledizione, sono troppo strette!"
"Davvero?" le fece l'altra, controllando che le sue unghie laccate di rosso non si fossero spezzate.
"Non ti aspetterai che ti porti a morire in carrozza, principessa" la schernì il demone. Spostò lo sguardo alle sue spalle, verso la camera che avevano occupato quella notte ed emise un ringhio poco incoraggiante. "Dov'è il mezzosangue?"
Quinn soffocò una protesta nel sentire pronunciare quella parola con tanto disgusto.
"Ti mancavo già?" replicò con tono beffardo una voce alle sue spalle. Soffocò un sospiro di sollievo nell'avvertire la presenza di Alec così vicina. Lui le posò le mani sulla vita e la portò contro il suo petto, il respiro caldo nell'orecchio.
"Cerca di fare la brava bambina e urla parecchio, ok? Ricorda che tecnicamente ti consegna a loro contro la tua volontà" sussurrò, mentre strappava di mano le corde a Aud e le sistemava in modo che i nodi sembrassero più sicuri, ma fossero allo stesso tempo più lenti, per non farle male. Con il pollice le accarezzò dolcemente l'interno del polso, un gesto che gli altri non notarono.
Le gambe tremolarono di gratitudine e la sensazione di morso allo stomaco le impedì di aprire la bocca per dire qualcosa di coerente, così si limitò ad annuire. Lo sentì sfiorarle una tempia con le labbra, in un contatto veloce ma bollente, prima che la lasciasse andare.
Zane lanciò un'occhiata ai suoi polsi e sollevò gli occhi arancioni sul demone. "L'hai imparato nei boy scout, nullità?"
"No, era l'hobby notturno di tua madre"
Quinn sbarrò gli occhi, preoccupata di una reazione violenta, ma entrambi si limitarono a fulminarsi reciprocamente.


Raggiunsero un magazzino che sembrava abbandonato da secoli.
Le finestre ad ampi pannelli erano scure, alcune rotte e parzialmente sbarrate con assi di legno. Le porte un tempo rosse ora erano scrostate e tenute assieme da una spessa catena con lucchetto che Aud fece saltare, prima di andare a trovarsi un posto sicuro per radunare il resto dei demoni della vendetta che li avrebbero raggiunti in seguito.
Entrando nell'edificio uno a uno, si sparpagliarono a ventaglio e si soffermarono all'interno della stanza buia e vuota, ricoperta da almeno un decennio di polvere, ragnatele e sporcizia.
Un paio di uomini di Zane si erano già uniti a loro e apparivano piuttosto contrariati dalla presenza di Alec.
"Il luogo dove si svolgerà il rituale è di sotto" annunciò Zane con voce dura. "Voi sbarazzatevi di loro il più silenziosamente possibile, prima che arrivino gli eserciti. Io penso al sacerdote" ordinò, fingendo di non notare quanto uno dei tre uomini fosse riluttante nell'eseguire. Quinn si lasciò trascinare dimenandosi e imprecando fino al seminterrato, che scoprì essere una grande caverna di pietre scure come la pece. Il rumore cupo e sordo della pietra che si spostava e apriva loro il passaggio le fece venire la pelle d'oca.
Il tipo che  aveva indicato come il sacerdote, era il demone più imponente che avesse mai visto. Perfino più di Dahak e Zane.
Un paio di occhi gialli e crudeli la studiarono sotto le folte sopracciglia scure, mentre delle corna gli giravano tutto intorno alla testa, donandogli un'aria particolarmente orrenda.
L'essere li accolse con finto entusiasmo, anche dopo averla riconosciuta, ma sembrò che il piano funzionasse bene.
I ribelli si racchiusero in cerchio attorno a lei, che si dimenava e scalciava, guardandola avidi e pronunciando delle strane parole in una lingua sconosciuta.
Il sacerdote le afferrò un braccio e le procurò un lungo taglio dal gomito al polso, raccogliendo delle gocce vermiglie e posandole sulla propria fronte, disegnando quello che Quinn riconobbe come una sorta di croce con una freccia in cima, il tutto all'interno di un cerchio.
Quella che doveva essere una recita ben presto si tramutò in realtà. Aveva talmente tanta paura, che si sforzò di non mordere a sangue il braccio di Zane, che la teneva immobile, per poter scappare a gambe levate.
Quando quella cantilena finì, un vampiro alto e dalle fattezze minacciose si complimentò con il demone per l'ottimo intervento, mentre gli altri tre individui si preparavano per il rito di mezzanotte.


                                                                                                                                     ***



Nascosto in una delle rientranze nella parete umida, Alec attese che il demone Satariel gli si avvicinasse ancora di qualche passo.
Coraggio, mostriciattolo.
Ci sei quasi.
Silenziosamente si sistemò alle sue spalle e gli tagliò la gola in modo abile e veloce, riducendo il rumore della caduta afferrandolo per le braccia, prima di scaricarlo in un angolo buio.
Quando arrivò il turno del mostro dalle grandi corna blu, quello si voltò verso di lui con un sibilo e cercò di accoltellarlo. Alec gli spezzò il polso, facendogli cadere il coltello di mano. Gli tappò la bocca facendo attenzione ai suoi denti aguzzi, mentre lo finiva.
Mancavano il
Verandert, la cui presenza lì restava un mistero, il vampiro e quell'imbecille del sacerdote.
Aud aveva detto che, passeggiando nella mente dell'ultimo, aveva scoperto che oltre il sangue di Quinn, serviva una goccia di ciascun demone coinvolto che, sfortunatamente, possedevano già.
Questo metteva l'umana in una gran brutta situazione, poiché niente avrebbe potuto evitare che il risveglio venisse portato a termine, se avessero fallito.
Avvertì distrattamente i due demoni di Zane occuparsi di altri due ribelli il più silenziosamente possibile, seppur con violenza.
Niente male.
Qualcosa sfrigolò nell'aria e le luci si spensero. Poi dei demoni uscirono dall'oscurità e attaccarono.
Mentre combatteva, Alec ascoltò il vampiro schernire Zane. "Pensavate seriamente di poterci cogliere di sorpresa?"
Decisamente no. Ma i demoni sottoposti ai potenti non erano alla loro altezza, per quanto potessero essere numerosi.
"Io e miei uomini avevamo voglia di sgranchirci un po', succhiasangue" lo sentì rispondere con voce affannata, prima che colpisse la creatura con una paletto, sparandola nell'aria in mille scintillanti frammenti inceneriti.
Si ritrovarono schiena contro schiena, a fronteggiare le schiere di demoni che sembravano crescere di minuto in minuto.
Alec non aveva mai pensato che Zane potesse essere un alleato così valido. Era una strana collaborazione che fruttava ottimi risultati.
Poi delle urla femminili interruppero la loro danza letale e Zane gli diede il via libera, prima che il sacerdote trascinasse via Quinn.
L'aveva quasi raggiunta quando una sensazione di soffocamento lo colse all'improvviso. Come se annegasse sulla terraferma avvertì l'aria abbandonare i suoi polmoni, appena prima che al suo corpo venisse imposta la smaterializzazione.
L'ultima cosa che sentì fu Quinn che gridava il suo nome, mentre spariva dalla sua vista.


Una solida massa di muscoli la colpì al fianco, facendole uscire tutta l'aria dai polmoni, e due braccia robuste la strinsero.
Si sentì sollevare da terra e portare via a una rapidità incredibile.
Quinn si dimenò furiosamente, continuando a fissare il punto da cui il demone era stato strappato via. Non riuscì a credere che fosse scappato intenzionalmente, lasciando che la prendessero, perché l'espressione scioccata sul viso di lui era ben impressa nella sua mente.
Due vampiri la tennero ferma, mentre un terzo uomo incappucciato le fissava i polsi e le caviglie al freddo altare di pietra scura, in fondo alla caverna. Ansia e senso d'impotenza s'impossessarono di lei e il cuore iniziò a batterle forte contro la cassa toracica.

Il gelo le paralizzava il sangue nelle vene, la trama dei pensieri.
Con gli occhi sbarrati fissava le crepe su quel soffitto grigio fatto di roccia irregolare ed umida. Sentiva il freddo nelle ossa mentre la certezza che la sua ora fosse arrivata si faceva strada nelle sue membra come una strisciante nenia, e come aveva più volte temuto, era sola in quel momento, come aveva immaginato, come era previsto. 
Al suo fianco venne sistemato una sorta di sarcofago al cui interno era posto un uomo del tutto simile a Zane, privo di conoscenza e dall'aspetto simile ad un frutto essiccato. Le vene in rilievo erano scure e la pelle diafana s'increspava intorno agli occhi e la bocca bluastra. Il sacerdote utilizzò ancora il suo sangue per tracciare altri segni sulla sua fronte, i suoi occhi luccicavano di lussuria mentre un sorriso gli imperlava le labbra.
Sembrava impaziente di terminare il rituale, quasi fremeva per l'emozione quando le sorrise malignamente e la ringraziò di aver reso le cose così semplici.
Quinn lo studiò atterrita per qualche secondo, prima di urlare e riprendere a muoversi, tirando i ceppi con strappi violenti, con l'unico risultato di provare ancora più dolore.
Sentì la sua guancia bruciare quando uno dei demoni le assestò uno schiaffo da rivoltarle la faccia.
La testa vorticò e quasi svenne per la violenza dell'impatto, ma prima di scivolare nell'oblio qualcosa pizzicò i suoi polsi e gli avambracci e uno stupido pensiero le sfiorò la mente.
Il giorno dopo sarebbe stata la Vigilia di Natale.


                                                                                                                                       ***



"No, maledizione. No!" esclamò distinguendo il buio antro della fortezza, nel sottosuolo.
La smaterializzazione non funzionava e per quanto si sforzasse non riusciva a tornare alla caverna.
"Dalla tua reazione presumo che stessi proprio fremendo dalla voglia di combattere, laggiù" la voce profonda di Dahak, gli fece stringere i pugni dalla collera.
"Riportami indietro, figlio di puttana!"
Il Signore dei demoni della rabbia non si scompose minimamente, guardandolo con il capo inclinato da un lato, come se stentasse a riconoscerlo. "Ho dovuto utilizzare molte delle mie energie per attirarti qui. Immagino che tu sappia come questo sia potuto accadere" disse con una finta calma che gli gelò il sangue nelle vene.
Alec lo sapeva eccome. Quando demoni potenti cominciavano a perdere il controllo sui loro sottoposti, significava che questi erano morti, feriti...o perduti. Se la sua parte umana avesse preso il sopravvento, Dahak avrebbe smesso di esercitare qualsiasi potere su di lui.
"Ascolta" tentò di ammorbidirlo "Sono riuscito a trovare tutti i ribelli rimasti. L'umana è con loro adesso. Devo tornare e impedire che il sacrificio avvenga"
"Hai già mandato i miei soldati ad occuparsene, mi sembra"
Era vero. Aveva avvertito Kegan poche ore prima che si avventurassero al magazzino, quando aveva lasciato Quinn da sola alla residenza di Zane. Dopo averle detto che non poteva tirarsi indietro.
Non aveva mentito, in effetti. La sua stupida umanità lo avrebbe ucciso per i sensi di colpa se le fosse successo qualcosa. L'unico modo per impedirlo era che la fazione dei demoni della rabbia entrasse a far parte del piano. Quando c'era da uccidere, nessuno di loro si tirava indietro. Tuttavia, nessuno si sarebbe curato di salvare Quinn, nessuno se non lui.
"Devo esserci!"
"E perché mai?"


Per la mia vendetta.
Per lei.
Quando lui rimase in silenzio, Dahak lo studiò con un'espressione sprezzante. "Sei cosciente del fatto che lei non è Liz? Salvarla non ti priverà del senso di colpa per averla lasciata morire. Niente potrà mai farlo" rigirò il dito in una piaga aperta da secoli.
"Lo so" ringhiò fra i denti. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era trovarsi in un dannato stato di impasse.
Il sangue ribolliva nelle vene dalla voglia di uscirne al più presto.
"Ma vuoi comunque aiutarla. Dopo ciò che ha riportato alla luce? La tua debolezza, la tua coscienza. I sentimenti. Quella donna ti ha distrutto, ora lascia che riceva lo stesso trattamento" concluse con disprezzo.
Un perfetto discorso da padre palloso, se solo non avesse scelto quel momento per calarsi nel ruolo...
"Smettila con queste stronzate e lasciami andare!" Alec emise un basso ringhio nella gola mentre ricacciava indietro l'impulso di scaraventare l'uomo contro la parete opposta. I tratti del suo viso cominciavano a mutare, a testimonianza della furia crescente.
Non avrebbe attaccato un Signore, avrebbe significato morte certa,  ma le mani gli prudevano comunque dalla voglia di spaccargli la faccia. Riusciva solo a pensare alle urla di Quinn.
Urla di un'altra persona che lui non sarebbe stato in grado di proteggere.
"Hai perduto tanto tempo fa le parti di te che ti rendevano umano. Non rovinare tutto adesso, figliolo"
Troppo tardi, pensò, cosciente che lui l'avrebbe udito.
In un nanosecondo si ritrovò a colpirlo con tutta la forza che possedeva, facendolo crollare al suolo, con aria vagamente ferita, ma non sorpresa. Sapeva cosa stava pensando. Questa versione di lui gli ricordava il ragazzo del club in cui l'aveva trovato.
Un mezzosangue a cui non importava di rischiare di morire. Pieno di furia e voglia di vendetta.
Alec lo colpì con un calcio alla schiena e, appena quello cadde in ginocchio, lo afferrò per i capelli e lo costrinse a piegare la testa all'indietro. Avrebbe potuto liberarsi in un attimo, senza sforzo, ma Dahak non lo fece. Voleva vedere fin dove si sarebbe spinto.
Allora lui parlò.
Quando lo fece, una corrente di aria gelida lasciò le sue labbra insieme alle parole, pronunciate con una voce che non aveva nulla di umano. "Io non sono tuo figlio. Sono solo un mezzosangue che hai reclutato per il tuo esercito" sputò al demone con livore.
"Sei stato scelto per uccidere"
"E allora fammi tornare indietro, cazzo!"
Osservò gli occhi di Dahak farsi vuoti, e si preparò ad un violento assalto cerebrale. Ma non accadde nulla nella sua testa. Il Signore si stava collegando alla mente di qualcun altro. Ghignò con soddisfazione e tornò in sé.
Brutte notizie. Fu l'ultima cosa che Alec pensò.


                                                                                                                                       ***


Quando piombò nel mezzo della battaglia che infuriava nella caverna, atterrò un vampiro annullando il suo tentativo di morderlo, ma prima che potesse voltarsi a cercare Quinn, un paio di occhi grigi si fissarono nei suoi.
Il fiato gli si arrestò in fondo alla gola, quando riconobbe nel demone i suoi tratti estetici: stessa mascella squadrata, stessi zigomi alti, stesso naso dritto e regolare, lo stesso lampo di odio nello sguardo.
Era troppo tardi ormai. Per questo quel bastardo di Dahak l'aveva mandato in battaglia.
Non c'é più niente che possa fare.
Thren era stato risvegliato.


Non riuscì a fare neanche un passo nella sua direzione, perché una grande montagna di muscoli lo sbatté a terra con un violento pugno che gli fece vedere le stelle. Alec alzò lo sguardo furente sull'enorme demone che gli si era parato davanti.
Lo circondava un'aura oscura e letale. Un'aura come quella attorno a un predatore selvaggio che prometteva una morte lenta e dolorosa. Il gigante gli trafisse lo stomaco con tale velocità che lui non riuscì neppure a riconoscere l'arma usata.
Il metallo penetrò in profondità e un fiotto di sangue sgorgò dalla ferita, inzuppandogli il petto e il ventre.
La bile gli bruciò in gola e nel naso, mentre Alec si dimenava e imprecava.
Quello lo colpì nuovamente. E poi ancora.
Il dolore era terribile, la pelle sembrava ardere. Ebbe a malapena il tempo di prepararsi prima che la mazza chiodata del demone entrasse finalmente nella sua visuale e gli penetrasse di nuovo nella carne. La fitta fu lancinante quanto le precedenti.
Lo vide sollevare l'arma, quando una lama saettò sulla gola del mostro. Una sottile linea rossa cominciò ad espandersi attorno al suo collo, prima che crollasse al suolo. Tra il dolore e la confusione, Alec riconobbe la sagoma sbiadita di Zane.
Gli aveva appena salvato la vita.
"Ringrazia che non era uno dei ribelli o ti avrei lasciato a morire" bofonchiò Zane, offrendogli la mano per tirarsi su. Lui la respinse e si puntellò sulla mano insanguinata, sollevandosi con uno sforzo smisurato, ma una punta di orgoglio.
"E' stato comodo abbandonare la lotta per la maggior parte del tempo, eh? Sei tornato solo per farti pestare?" lo stuzzicò il moro, gli occhi arancioni puntati nei suoi.
"Fottiti"
Non aveva tempo per rispondere a tono alle sue provocazioni. Aveva solo una cosa in mente: uccidere Thren.
"Non vorrai togliermi l'onore" ringhiò Zane, accennando al padre, intento a fare brandelli ogni singolo demone incrociasse il suo cammino. Per essere uno appena risvegliato, la forza che mostrava era impressionante.


"La storia insegna che non ci si può fidare nemmeno dei propri figli. Un'amara lezione" sibilò Thren con la voce rauca che Alec ricordava così chiaramente, quando li vide schierarsi armati contro di lui.
Erano tre secoli che aspettava un momento del genere: far pagare a quel bastardo tutto quello che lui aveva dovuto subire.
Gli orrori commessi contro sua madre.
Prima di scappare dal suo campo d'addestramento, sanguinante e in fin di vita, da buon discendente del Signore della vendetta, aveva giurato che sarebbe arrivato il giorno in cui lo avrebbe fatto a pezzi.
Beh, eccolo. Quale migliore occasione.
Aveva rinunciato alla sua vita nel clan per tornare alla caverna e affrontare qualunque fossero le conseguenze del rituale: ne sarebbe valsa la pena. Si sforzò di non pensare a Quinn e alla fine che aveva fatto.
Canalizzò la sua rabbia verso un unico obiettivo.
"Salute padre" disse Zane, con tono di finta riverenza. Era stato ferito, notò Alec abbassando distrattamente lo sguardo sul suo corpo. Aveva dovuto combattere con chiunque gli si trovasse davanti, ribelle o demone della rabbia.
Un centinaio contro uno, ma incredibilmente riusciva ancora a stare in piedi, con un guizzo di follia nello sguardo diretto al padre.
L'aria attorno a lui sfrigolò e schioccò a tempo col suo stato mutevole. La trasformazione si completò in un secondo, sotto gli occhi compiaciuti di Thren, che pregustava la loro sconfitta con quel suo modo di fare strafottente.


Zane si lanciò verso suo padre, che respinse ogni attacco con il minimo sforzo, rendendo vano ogni tentativo di colpirlo.
Gli aveva sferrato una quantità di pugni senza scalfirne minimamente l'energia o la forza. Erano ancora impegnati in quel corpo a corpo, quando uno degli altri demoni presenti aveva sparato.
Zane si era subito chinato, rotolando su se stesso e schivando il colpo per un pelo, mentre Alec lo disarmava.
Dopo averlo sistemato, si voltò in direzione del fratello e, guardandolo con attenzione, si accorse che perdeva sangue copiosamente da una ferita alla testa e aveva la schiena squarciata da un colpo di mazza chiodata.
A quanto sembrava, il gigante di prima aveva messo sotto anche lui.
Thren utilizzò la sua debolezza per far penetrare una delle mani artigliate nel suo petto.
Gli avrebbe strappato il cuore, se solo Alec non gli avesse fatto saltare via un orecchio con un colpo di pugnale. Il dolore lo distrasse per un momento, lasciò cadere il corpo del figlio rumorosamente sul terreno polveroso, per potersi dedicare all'altro.
Uno sprazzo d'incredulità brillò nei suoi occhi grigi, nel trovarsi faccia a faccia con quello che aveva reputato un errore di passaggio.
Aveva pensato che fosse morto durante qualche scontro sul ring, dopo essere scappato dalle sue grinfie, e non si trattenne dall'apprezzare la sua resistenza
ad alta voce, con un ghigno compiaciuto.
Una strana forza lacerò Alec, come se qualcuno stesse separando i suoi muscoli dalle ossa. La pelle diventò scura e il resto della trasformazione si innestò. Il demone strinse i denti e resistette.


No.
Non adesso.

L'avrebbe ucciso, ma in forma umana. Sarebbe stato ancora più umiliante.
Tuttavia utilizzò quell'energia per colpirlo più forte. I due rotolarono a terra in un violentissimo corpo a corpo, una tecnica di combattimento in cui Alec eccelleva proprio a causa degli anni passati a combattere per il divertimento del padre.
"Non hai il fegato di affrontarmi nella tua vera forma, ragazzo?" lo schernì, torcendogli il braccio, prima di colpirlo forte in faccia.
Alec si sollevò e gli piantò un pugnale nella gola, sforzandosi di non gemere di dolore.
"E' proprio quello che sto facendo"
Entrambi i demoni continuarono a colpirlo e ferirlo con diverse armi: per fermare uno dei Signori, bisognava indebolirlo dissanguandolo.
Thren afferrò Alec per la nuca e lo sbatté ripetutamente contro la parete della caverna, finché non la vide macchiata di sangue a sufficienza da tirarlo indietro e sibilare al suo orecchio "Sei troppo umano, figliolo"
Quella voce derisoria fece ribollire il sangue nelle vene del figlio. La stessa identica frase che gli urlava quando lasciava che i demoni lo pestassero nel suo campo, quando lo considerava solo un pietoso spreco di aria e spazio.


"Dovresti ringraziarmi, Alexander. Se non fosse stato per i miei geni, non saresti sopravvissuto così a lungo" aggiunse, sinceramente soddisfatto di sé quando lo sentì imprecare.
"E' la tua voglia di vendetta che ti ha spinto fino a questo punto"
Zane si sollevò e colpì brutalmente l'addome di Thren con un pugno e un'atroce agonia accompagnò il suono bagnato e orrendo della carne che si lacerava, facendogli mollare la presa sul fratello, che ne approfittò per scivolare a terra e procurarsi una di quelle asce arrugginite con cui i demoni Satariel si divertivano ad andare in battaglia.
Mentre Zane lo teneva fermo per le braccia, lasciandosi colpire nei diversi tentativi di liberarsi, lui lasciò roteare il manico nell'arma e la sollevò imprimendole tutta la forza che possedeva.
Il colpo vibrò veloce e violento, fischiando nell'aria pesante, tagliando di netto la testa di Thren.
L'ascia scivolò dalle mani insanguinate di Alec. Cadde nella pozza di sangue che si allargava ai suoi piedi sul pavimento polveroso.
Privo della parte superiore, il corpo del demone crollò a terra con un'insolita grazia, atterrando in un groviglio di arti inanimati.


Era andato. Finito.
Mentre il fratello veniva trascinato in un altro violento scontro, senza neanche avere il tempo di godersi la vittoria, Zane si alzò faticosamente da terra, reggendosi alla parete di pietra, sentendola umida e fredda sotto il palmo.
Una volta in piedi, per qualche insana ragione le sue gambe gli ricordarono due di quelle lampade che sembrano contenere lava fluida, perché entrambe sembravano liquide, all'interno.
Il ginocchio sinistro cedette, facendolo crollare giù.
Qualcosa non va. Quel pensiero lo colpì profondamente.
Si accorse appena della presenza di Aud, al suo fianco, e si domandò quando fosse arrivata.
Gli stava sussurrando qualcosa dal suono dolce. Ti amo. Gli aveva detto così?
Sperò di non esserselo immaginato, avvertendo un gran senso di calore nel petto,
mentre si lasciava trascinare nel buio.
  
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