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Autore: Queenofsockpuppets    13/06/2013    0 recensioni
In un futuro non troppo lontano,un gruppo di amici lotta per sopravvivere all'apocalisse zombie. Ma scopriranno ben presto che non ci si può nascondere a lungo dalla morte...
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Maledizione!” sussurrò Roberta,gettando a terra la scatoletta di cibo che stava esaminando.
“Che c’è?” bisbigliò Marta,allarmata.
Roberta sbuffò: “E’ scaduta…” rispose.
“Allora,che cazzo è questo casino?” sibilò Nicole spuntando da dietro uno scaffale,il fucile stretto in mano.
“Non sapete che il rumore li attira? Ci volete vedere tutte morte?!”.
“Avevi detto che era sicuro,qui” ribattè Marta.
“Nessun posto è sicuro,ti sei dimenticata cos’è successo?” sussurrò Nicole: sospirò,poi prese a massaggiarsi le tempie.
“Avete trovato qualcosa?” domandò.
Roberta si alzò in piedi,raccogliendo la sua borsa di tela e guardandoci dentro: “Tre lattine di zuppa al pomodoro, quattro di carne secca sotto sale, sei di ravioli, una bottiglia di succo di papaya e una confezione di zucchero” elencò.
Nicole scosse il capo: “Non basteranno…”mormorò.
“Tu,Marta, cos’hai trovato?”.
Marta rispose,sconsolata: “Otto scatolette di sardine, un pò di frutta secca,noccioline, un pacco di riso e un vasetto di funghi.”.
Fece una pausa,poi disse: “Non basteranno,vero?”.
Nicole e Roberta non risposero, ma la verità sembrava evidente a tutti: ovviamente quelle poche cose che avevano faticosamente cercato non sarebbero durate molto per venti persone, e allora avrebbero di nuovo dovuto uscire di fuori, a raspare in qualche altro supermercato abbandonato,rischiando la loro vita per un po’ di cibo.
Questa era la routine al tempo dei morti viventi.
Mentre uscivano cautamente dal retro con i fucili spianati Nicole non potè fare a meno di pensare come sei mesi prima tutto fosse perfettamente normale: lei andava a scuola, nel weekend usciva con il suo fidanzato, il pomeriggio andava a pranzo con la sua migliore amica,Clara…
Già,Clara: era suo il fucile che aveva in mano.
Cos’era successo tutt’a un tratto? Beh, per dirla come l’avrebbe detta lei, “alcuni sono morti,si sono svegliati,hanno mangiato i vivi,che sono morti, si sono rialzati e si sono mangiati tra loro”.
Era così che Clara la metteva giù sbrigativamente.
Quando la pandemia era iniziata,Clara aveva portato Nicole e altri superstiti in un posto sicuro,il più sicuro di tutti: il carcere della loro città.
Ma tre settimane prima, durante una delle uscite per il cibo, una di quelle bestie l’aveva morsicata.
Era stato allora che le aveva consegnato il suo fucile,ordinandole di ucciderla: Nicole aveva afferrato l’AK-47 che la sua amica le porgeva,annuendo come in trance,gli occhi sbarrati, la voce atona,le orecchie che le fischiavano.
Perfino di notte molte volte sognava quel momento,gli altri che urlavano e fuggivano,rumore di spari,Clara a terra,i capelli neri pieni di polvere,la felpa squarciata al’altezza della spalla da dove spuntava un vistoso morso color rosso vermiglio che zampillava sangue.
Clara che le chiedeva di spararle alla testa, lei che annuiva stringendo il fucile tra le mani tremanti.
La voce di Roberta la riportò alla realtà: “Nicole,devi farci aprire la porta”.
Nicole fece scorrere lo sguardo lungo il grosso e liscio cancello grigio chiazzato di sangue del carcere: non si era accorta di essere arrivata a destinazione, era come se avesse camminato con il pilota automatico.
Uno spioncino s aprì sulla cima di una delle torri di guardia: Nicole si affrettò a fare,con la torcia montata sul fucile,i segnali per farsi riconoscere,accendi e spegni tre volte, come al solito.
Il suo walkie talkie gracchiò: “C’è qualche infetto? Qualcuno è stato morso?”.
“No,siamo tutte a posto” rispose Nicole.
Una scala di corda si srotolò giù dalla torre,mentre Roberta e Marta si preparavano alla scalata facendo passare i cordoni delle loro borse sulle spalle, assicurandole come zainetti.
Non usavano più il cancello da quando, una settimana prima, avevano fatto entrare uno di quegli esseri per errore: stava inseguendo un ragazzo che era uscito in cerca di carburante per il generatore, e aprendo il cancello erano entrati entrambi.
Quel giorno erano morte sei persone, e avevano rischiato di infettare l’intero rifugio.
Dieci metri di scalata tutte le volte che si usciva poteva sembrare scomodo, ma tutto sommato era un buon modo per tenersi in esercizio, e la cosa era fondamentale per sopravvivere ad un incontro con quelle bestie maledette.
Nicole si mise il fucile a tracolla e iniziò ad arrampicarsi dietro a Marta e Roberta su per la scala di corda.
Nel rifugio Clara era riuscita a riunire tutti i suoi compagni di classe, con cui era fuggita non appena all’interno della loro scuola avevano visto una suora avventarsi sulla loro professoressa di italiano e addentarla senza tanti complimenti.
In tutto vi erano una ventina di persone: Eleonora, che aveva il compito di sorvegliare la zona intorno al carcere dalla torre, Iris, che teneva il conto delle scorte e le razionava, Betta, che cercava continuamente contatti radio con altri sopravvissuti, Federica, che si occupava della manutenzione delle armi e Andrea, che sostanzialmente non serviva a nulla ma ogni tanto tirava su il morale con qualche battuta di dubbio gusto.
Era arrivata a destinazione: si aggrappò al bordo di cemento della torre di guardia, ansimante, mentre due braccia l’afferravano e la tiravano su.
“Trovato niente?” le domandò Eleonora,aiutandola ad issarsi sulla cima della torre.
“Non molto” rispose Nicole,distrattamente: “Dovremo aumentare le uscite,e non mi piace. E a te,come va? Betta ha novità? Qualcuno ha risposto al nostro annuncio?”.
Sei giorni prima Betta aveva diramato un annuncio via radio, che invitava coloro che fossero sopravvissuti a recarsi al carcere:lì avrebbero trovato cibo,riparo e assistenza medica,ma non aveva ricevuto risposta,così da quel momento diramava quell’annuncio tutti i giorni per tutto il giorno.
Eleonora fece spallucce,rispondendo: “Ancora niente,Betta lo sta facendo ripetere automaticamente giorno e notte.Gli altri sono in mensa,se vuoi raggiungerli”.
Nicole le fece un piccolo segno di saluto col capo,poi si avviò verso la mensa,dove Roberta e Marta stavano mostrando agli altri ciò che avevano trovato.
“Bella merda” sbottò Iris,sbattendo una scatoletta sul tavolo: “Dovrete di nuovo uscire in settimana,questo non basta.”.
“Lo sappiamo,il cibo scarseggia sempre di più” ribattè Marta: “I supermercati e le case sono stati già razziati, e non siamo gli unici sopravvissuti in città.”
“Moriremo tutti,di questo passo” bofonchiò Andrea.
Federica,che era seduta su una sedia in un angolo,pulendo un fucile con una sigaretta in un angolo della bocca,esclamò: “Oh,che stronzata. Perché devi dire cose del genere?”.
“Sono solo realista” rispose Andrea: “Insomma,non potrà andarci bene sempre,no? Prima o poi qualcun altro verrà morso durante un’uscita,poi un altro,poi un altro…”
“Oh,smettila” sbottò Betta,strappandosi le grosse cuffie dalla testa e staccandosi dalla radio con cui armeggiava di solito.
Andrea borbottò qualcosa, imbronciato.
Nicole si tolse gli occhiali da sole,passandosi una mano tra i capelli: “Smettetela,tutti quanti” sospirò,stancamente,incamminandosi verso la porta tagliafuoco che conduceva all’uscita della mensa.
“Io vado a stendermi un attimo. Cercate di non scannarvi” disse,uscendo.
Roberta si assicurò che se ne fosse andata,poi si voltò verso gli altri e chiese: “Qualcuno ha la vaga idea di dove se ne vada Nicole tutti i giorni tutto il pomeriggio?”.
“Ha detto che andava in camera,no?” rispose Marta.
“Si’,l’ha detto,ma tre giorni fa sono andata a bussare alla porta della sua cella, e lei non rispondeva. Sono entrata per vedere se per caso stesse male, ma lei non c’era. Ho girato per tutto il carcere,ma non l’ho trovata: solo quando sono passata davanti alla porta per il seminterrato, l’ho sentita parlare da sola.” Disse Roberta.
“Da quando Clara è morta, Nicole è diventata…strana” fece notare Betta.
“Il fatto che parli da sola non mi sorprende affatto. Quando Clara è morta, Nicole non ha parlato affatto, è rimasta muta per una settimana” disse Iris.
“Questo non mi piace” mormorò Federica: “Un equilibrio è fondamentale in un posto come questo,in una situazione come questa. Voglio dire, tutti gli anelli della catena devono combaciare,non ce ne deve essere nessuno difettoso,altrimenti l’intero sistema crolla.”
“Non dovresti dire queste cose” la rimproverò Iris: “Cosa vorresti intendere,che dobbiamo tenere sotto controllo Nicole come se fosse una pazza pericolosa?!”
Federica non rispose,ma si limitò a lanciarle un’occhiata che lasciava intendere perfettamente come la pensava.
“Dovremo tenerla d’occhio,se volete il mio parere” sospirò infine:“Potrebbe combinare qualche grossa stronzata”.
Roberta sbuffò, aprendo la porta della mensa con fare deciso.
“Io vado a vedere nel seminterrato” disse fermamente,uscendo.
“Devo scoprire il motivo per cui Nicole va sempre lì.”
Federica annuì aggiungendo: “Mi raccomando,fai attenzione”, e detto ciò sputò lontano il mozzicone della sua sigaretta,fece spallucce e continuò a pulire il suo fucile.
 
 
Intanto,quattro piani più sotto,Nicole scendeva le scale di pietra che portavano al seminterrato,ignara del fatto che le sue compagne stessero discutendo del suo futuro all’interno del rifugio.
Si guardò dietro la spalla,sospettosa: lo faceva sempre, doveva essere sicura che nessuno la stesse seguendo o sapesse dove si stava recando, per questo chiudeva sempre dietro di sé la porta del seminterrato, e indossava la chiave intorno al collo.
Nessuno doveva sapere del suo piccolo segreto.
Nessuno.
Lo avrebbe protetto fino alla morte,l’avrebbe protetto come non aveva fatto quando era in vita.
Proseguì fino all’ultima cella del corridoio sotterraneo: in esso si trovavano le celle di isolamento,imbottite,ben sigillate e dotate di un ampio vetro antiproiettile per poter guardare all’interno,che in passato doveva essere servito a sorvegliare i detenuti più “difficili” e a permettere agli psichiatri del carcere di monitorarli e analizzarli.
Si avvicinò al vetro dell’ultima cella e si fermò lì davanti.
“Sono tornata,amica mia” disse,piano,appoggiando una mano sul vetro.
 
 
Roberta si avvicinò alla porta del seminterrato, spingendola piano.
Inutile,era chiusa a chiave: “Nicole deve avere qualcosa da nascondere,se si chiude là sotto” pensò,armandosi di piede di porco per forzare la porta.
Ci riuscì dopo non molto, e si apprestò a scendere le scale cautamente,pensando: “Non devo farmi sentire…ma perché,che diavolo?Cosa mi aspetto?”.
Giunse al corridoio delle celle di sicurezza,Nicole era in piedi davanti ad una di esse,l’ultima in fondo al corridoio: stava parlando a qualcuno presumibilmente chiuso dentro la cella,con la mano appoggiata al vetro per guardarci dentro.
Roberta raccolse il coraggio e disse: “Nicole? Cosa stai facendo?”.
Nicole si girò di scatto al suono della sua voce, e Roberta fece un passo indietro: sul volto aveva un’espressione stravolta, gli occhi sbarrati,un sorriso folle.
“Come hai fatto ad entrare?” le domandò.
“Ho forzato la porta…”rispose Roberta,avanzando verso di lei.
“Stai bene,Nicole?Cosa….”
In quel momento, mentre le veniva incontro,Roberta notò che nella cella dentro cui stava guardando Nicole c’era qualcuno: qualcuno che si agitava ringhiando e lanciandosi contro le pareti imbottite color bianco sporco,macchiate di schizzi di sangue fresco e rappreso.
Con orrore guardò attraverso il vetro: era Clara.
O almeno,quello che una volta era Clara: gli occhi erano color bianco,vitrei, una guancia mezza decomposta cascava,mostrando parte dei denti, e sulla spalla si vedeva il grosso morso che l’aveva uccisa tre settimane prima,trasformandola in uno di quei morti viventi che avevano invaso la loro città e ucciso i loro cari.
“Cosa…che ci fa lei qui?” chiese a Nicole,con voce tremante.
“Credevamo….credevamo l’avessi lasciata in quel supermercato,tu avevi detto che l’avevi uccisa!” urlò.
“Come hai potuto anche solo pensare che avrei potuto ucciderla?!” esclamò Nicole,gli occhi che guizzavano follemente da una parte all’altra.
“Prendi il tuo fucile,spara in testa a Marta! SPARA IN TESTA ALLA TUA MIGLIORE AMICA!”.
Roberta indietreggiò,cercando di farla ragionare: “Se quella cosa esce di lì ci ucciderà tutti!” disse.
“Quella non è più Clara,devi capirlo! Dobbiamo ucciderla!”.
Nicole si fermò,spalancando ancora di più gli occhi : “Non te lo permetterò! Mai!” urlò,con tutto il fiato che aveva nei polmoni.
“Nicole,ti scongiuro,guardala!” gemette Roberta,indicando il vetro: in quel momento, Clara si lanciò ringhiando verso di esso,cozzandoci contro e facendosi sanguinare la testa già in parte sfondata (immaginò Roberta) dalle altre testate che doveva aver dato.
Nicole guardò l’amica,preoccupata: “Clara non fare così!” strillò.
Clara di tutta risposta lanciò un urlo acuto,sbavando e sputando sangue, e continuando a lanciarsi contro il vetro.
“Clara smettila,così ti farai del male! Smettila!” urlò di nuovo Nicole,isterica.
“Non ti sente” intervenne Roberta: “Non ti può sentire,Nicole,quella non è più la tua amica!”.
“Zitta!” la interruppe lei.
“Stai zitta,non voglio più sentire le tue bugie! Clara non può morire,non morirà…sta solo male,devo darle il tempo di riprendersi…E’ solo malata,deve solo avere tempo per riprendersi… le passerà,vedrai,presto starà di nuovo bene…presto” mormorò,accasciandosi a terra.
Roberta si inginocchiò accanto a lei: “Vado a chiamare gli altri” le disse.
“Loro ci aiuteranno,tu aspettami qui,ci metto un minu….” Continuò,ma non riuscì a finire la frase perché si sentì una potente fitta all’altezza dello stomaco.
Nicole le aveva piantato un grosso coltello da caccia in pancia,e si stava rialzando da terra con un sorriso folle.
“Tu non andrai a chiamare proprio nessuno” cantilenò.
Roberta si lasciò cadere sul pavimento,stringendosi la pancia tra le mani,che si inzupparono immediatamente di sangue.
“Sarà il nostro piccolo segreto…il nostro piccolo segreto” continuò Nicole,come se stesse intonando una canzoncina.
Si diresse verso la porta della cella dove aveva rinchiuso Clara e armeggiò con una chiave che estrasse dalla tasca dei pantaloncini.
“Devo portare Clara via da qui” disse.
“Devo portarla al sicuro…non vi permetterò di ucciderla” continuò,inserendo la chiave nella serratura e facendole fare un giro.
Roberta intanto vedeva il mondo sempre più sfocato,il mondo attorno a lei si stava sbiadendo gradualmente: la pancia le doleva da morire,ed era sdraiata nel suo stesso sangue,che aveva formato una grande pozza vermiglia sul pavimento.
Portò la mano dietro la schiena,dove teneva sempre nascosta una pistola di piccolo calibro e la impugnò, mirando faticosamente Nicole.
 “Vaffanculo” rantolò, premendo il grilletto.
La detonazione fu assordante,e la ragazza,colpita alla schiena,lanciò un urlo,e mentre cadeva spalancò la porta della cella.
In quel momento fecero la loro comparsa Andrea,Marta,Iris e Federica.
“Cosa cazzo è successo?” urlò Federica,vedendo Roberta a terra.
“Andate via!” gemette Roberta: “Scappate! Sbarrate la porta del seminterrato! Nicole ha…”
Mentre Roberta parlava, Clara uscì dalla cella dove era stata rinchiusa,ringhiando e puntando i quattro ragazzi.
“Oh Cristo!” urlò Andrea: “Ma che cazzo…”
“Togliti di mezzo!” esclamò Federica spingendolo da parte e sollevando il suo fucile.
Clara le corse incontro: Federica esplose un colpo,ma la mancò di poco.
In un attimo Clara le fu addosso,azzannandole un braccio.
“Correte!” urlò Federica agli altri: “Correte!”
“Oh mio Dio,Roberta! Dobbiamo aiutare Roberta!” disse Marta.
“Non c’è tempo,andiamo,andiamo!” ribattè Iris,prendendola per un braccio.
Marta si svincolò dalla sua stretta,correndo verso l’amica e urlando: “Resisti,sto arrivando!”.
“Iris andiamo,sbrigati!” strillò Andrea,correndo verso le scale.
Iris lanciò un’ultima occhiata alle sue amiche, poi si voltò e fuggì anche lei.
Marta si chinò per prendere Roberta, ma venne morsa da Clara sul collo, e successivamente anche Roberta subì la stessa sorte.
 
 
Otto ore dopo,Federica,Marta e Roberta si trasformarono nei mostri che avevano temuto e combattuto per tutto quel tempo.
Nelle ore successive,sentendosi particolarmente affamate,sfondarono la debole barricata che Iris e Andrea,insieme agli altri sopravvissuti,avevano eretto dalla porta del seminterrato.
Il giorno dopo,tutti e venti i sopravvissuti che abitavano il carcere erano diventati dei morti viventi che vagavano affamati,ringhiando e sbattendo tra di loro.
 
 
Due giorni dopo un gruppo di sei persone riuscì a raggiungere il carcere,avendo sentito l’annuncio alla radio,e non avendo ottenuto risposta alla loro richiesta di farli entrare,scalarono le mura con l’aiuto di corde e rampini.
   
 
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