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Autore: _Maisha_    16/06/2013    2 recensioni
Il mare se ne frega, ma noi siamo capaci di farlo? Finnick no, ma scoprire cosa c'è al di là comporta un prezzo. Perderesti una parte di te per capire il mondo? Seconda classificata nel concorso "Cantami, o autore"
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Finnick Odair, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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only the sky calms the storm

Seconda classificata nel concorso Cantami, o autore di AriiiC_Martichan97 ^^


Only the sky calms the storm.

 

 

 


 

 

Il mare se ne frega è pieno di sé, la pioggia lo sfiora appena,
questo mare se ne frega è grande e pieno di sé, la pioggia lo sfiora appena.
Mica è come me, il mare se ne frega.


Finnick guarda il mare dalla finestra, guarda il vento smuovere quell'infinita massa azzurra, guarda quella che fino a poche ore prima era stata una tavola andare a infrangersi contro la ripida scogliera. Guarda la schiuma bianca creare strani effetti nell'aria, quasi come la neve. La neve che lui non ha mai visto, perché nel Distretto 4 non nevica. Mai.
Il Distretto 4 è quello della pesca, dell'acqua, del mare.
Il problema è che il mare prende tutto. Afferra completamente le vite degli abitanti del Distretto e li isola, li isola da tutto quello che c'è intorno, da tutto quello che può essere più bello di lui; un prato pieno di fiori, un folto bosco, un sole pallido che scioglie il ghiaccio da un albero, la vita che rinasce.
Il mare se ne frega di tutto e costringe gli abitanti a fregarsene. Ma Finnick non ci riesce.
Finnick vuole vedere, Finnick vuole affrontare le onde, Finnick vuole vivere fuori dalla bolla in cui si è rifugiato per non affogare.




Avrei mille cose da dirti e da raccontarti che non so da dove cominciare, mamma,
il mare se ne frega, ci sente appena, guarda il tempo e vive il mondo alla sua maniera.
E' un po' che non parliamo come facevamo, gli sbagli ci hanno allontanato più degli anni,
e quante volte ho pensato che non mi capissi, ti chiedevo di abbracciarmi in tutti i miei strilli.
Ma il male viene fuori in tutti i modi e l'amore è un'arma tanto cuce, tanto taglia,
e mettici pure che ho preso il caratteraccio di p
apà, arrivo dove posso mai un passo più in là.
Quando ho fatto la valigia e sbattuto la porta, ho pensato che sarebbe stata l'ultima volta
in cui mi avresti detto che mi avevi perso, ora mi chiedo se stanotte mi cerchi, perché io ti cerco.





Finnick sente le onde, sente la lieve brezza che scompiglia i capelli e che diffonde nell'aria quel particolare profumo di salsedine, sente il calore bruciante del sole, sente la sabbia nell'aria, sente la voce del silenzio violato solo dal brusio delle maree. Finnick sente di essere tornato a casa.
Finnick sente, ma non vede, non guarda dalla finestra, guarda negli occhi azzurri di una donna provata, distrutta, sfinita. Di una donna morta e rinata.
Guarda negli occhi di una madre, di sua madre.
Avrei tanto da raccontarti, tante storie da cantarti, ma non ce n'è bisogno, mamma. Io sono qui e quelle erano favole. Io sono qui.
Lacrime nascoste, trattenute per troppo tempo. Lacrime amare, distruttive. Lacrime liberatorie, che scendono copiose sul viso di una madre che aveva perso ogni speranza, di una madre che non aveva dato niente di sé a una città meschina e sadica, ma che aveva perso un figlio, divorato da un gioco perverso.
Sai, mi è mancata la tua voce, il tuo profumo. Lo metti ancora? Il profumo di conchiglia, come dicevi tu. Lì ho odorato tante conchiglie, ma nessuna mi ha ricordato te, mi ha ricordato casa, per il semplice motivo che quella non era casa. Casa è qui, con te.
E lo so che non sono stato un figlio esemplare, lo so che non ti ascoltavo, lo so che ti urlavo addosso per ogni cosa, lo so che non ti ho mai dato soddisfazioni, lo so che avresti voluto di meglio, lo so che avresti voluto vedermi morire piuttosto che uccidere, ma ehi, io combatto, mamma, sono un gladiatore, sono un guerriero, come lo era papà. E se non riesci ad amarmi perché ho ucciso, perché ho distrutto vite, spezzato anime, sappi che io ti amo.
E tuo figlio è qui, di nuovo, per sempre.
Nessuna parola fuoriuscì dalla bocca della donna dagli occhi color del cielo, nessun suono nascose il rumore della tempesta. Poi, però, cielo e mare s’incontrarono, e l'amore circondò tutto. L'amore di una donna per il sangue del suo sangue, l'amore di un ragazzo per colei che lo ha portato in grembo. Un amore indistruttibile, completo, puro. Un amore indicibile a parole, trasmettibile solo con un abbraccio. E così anche il cielo abbracciò il mare, e il fulmine colpì.



Lui non è come me, il mare se ne frega,
La pioggia cade ma lo sfiora appena.
Lui non è come, io che...
io morirei per te.





Finnick è seduto sulla sabbia. La odiava, quand'era un bambino, la odiava prima che quella sabbia gli mancasse, prima che gli ricordasse casa nell'arena. Prima che gli ricordasse di vivere, di tornare.
Ed è tornato, ma non per sempre; non era quello che gli avevano promesso. Non era quello che si era promesso.
Finnick deve tornare nel luogo dove ha conosciuto la gloria, il successo, l'omicidio.
Finnick deve insegnare a distruggere, a massacrare, a vincere, a vivere a discapito degli altri.
Finnick vorrebbe un aiuto, lo cerca, al largo, scrutando il sole che scompare nel blu della distesa infinita che ha di fronte.
E il mare gli lambisce i piedi, lo chiama, gli soffia contro e poi lo accarezza. Ma non parla, non gli dice niente, lo ignora, lo culla come se fosse una bambola di pezza, lo usa, lo manipola, lo affronta, il mare se ne frega dei suoi pensieri.
Sono passati cinque anni e ancora il mare se ne frega della morte, se ne frega dell'amore.
Ma Finnick no, Finnick ha promesso ad Annie che l'avrebbe aiutata. Finnick è innamorato e la salverà.
Finnick imparerà dal mare e fingerà che vada tutto bene.
Finnick è forte e lei vivrà, a costo della sua vita.




Ora lontano da casa tutti i problemi sembrano un po' meno neri e seri, meno grandi di ieri
saranno i miei vent'anni, stupidi vent'anni, sai fatico ancora ad indossarli.

Vorrei vestire la tua calma mamma,

ma il sangue preme dentro le vene piene e balla.
Ho una tua foto da ragazza in questa stanza, bella che a dire bella non è mai abbastanza.
Il mondo mi vuole forte veloce ed in gamba,
il mare se ne frega se non resto a galla
e quindi nuoto e corro, il resto viene dopo,
e poi m’importa poco , basta che mi muovo,
e se prima mi vergognavo per quanto ci assomigliamo
adesso amo i lati nei quali siamo uguali: stessi occhi stesse labbra,
il mare non ci cambia, è lui che ci tocca appena, torno presto mamma.





Finnick guarda Annie mentre scappa dalla morte, mentre affronta quello che ha passato lui.
Finnick deve mantenerla in vita, è questo il suo scopo.
Finnick si rende conto, mentre parla con una donna dai ricci capelli blu cobalto, che i problemi che credeva di avere non esistono.
Non sono niente; il non riuscire a fare una buona pesca, un vetro rotto, una tempesta che distrugge una nave, un sole troppo tiepido, la siccità, la sua collana preferita scomparsa. Finnick ora deve occuparsi di una vita.
Finnick pensa alla madre, una donna pressoché sola, che lo ha cresciuto vivendo di stenti, che si è presa cura di lui a costo dei crampi allo stomaco, della dignità, della vita. Una sola anima, un solo cuore, un solo corpo per due vite. É dura, è dura.
É troppo dura per Finnick. Perché lui non è la madre. Lui è un ragazzo, un ragazzo cresciuto troppo in fretta, ma che desidera ancora ridere per una linguaccia, ballare per una qualsiasi musica, illuminarsi per un sorriso. Ma Finnick non ci riesce, il suo corpo può sopportare due vite, ma la sua anima? No, la sua anima non può. La sua anima è menomata, monca, dispersa e disciolta nel sangue delle sue vittime.
Com'è paradossale, la vita. Un giorno ti trovi a distruggere e il giorno dopo a creare.
Ma non è questo, in fondo, il normale mutamento delle cose? Senza morte non può esserci vita.
Finnick vorrebbe credere che dalla morte dei ragazzi - bambini - che ha ucciso nascano nuovi volti, nuovi corpi, nuove anime.
Vorrebbe, ma non può.  E così si tormenta, si distrugge ed esterna un sorriso.
Ride alla vita, al presidente di quella nazione della morte, a quel popolo assetato di sangue e ai genitori delle vittime che non hanno più visto i figli tornare a casa. Finnick ride perché la tristezza uccide lentamente e lui è nato per combattere, non per morire.
Finnick può farcela, può farcela a cambiare il suo destino, può scegliere.
E sceglie la vita, sceglie di aiutarla a sbocciare, come un fiore, sceglie di affrontare la tempesta, sceglie di correre il rischio.
Finnick stringe la mano della donna dai capelli color della notte, ha firmato un contratto per aiutare Annie.
Ha dato il primo sorso d'acqua alla terra arida della sua anima e il primo raggio di sole alla vita della donna che ama.
Finnick pensa alla madre, seduta a guardare il figlio rivivere i giochi, rivivere le morti di ventitré ragazzi.
Ma Finnick è calmo, è forte. Finnick si rende conto che la madre, quando ha diviso la sua anima con la sua, gliene ha regalato un pezzetto; un misero, inutile brandello di carattere. Finnick non aveva mai immaginato che fosse capace di non crollare, per l'ennesima volta.
Il radiante sorriso della madre quando leggeva una favola, insegnava a fare un nodo, gli allacciava le scarpe, mentre tutto intorno crollava a pezzi, il padre moriva, il cibo mancava, la malattia divagava, gli aveva inconsciamente trasmesso tenacia e coraggio.
Finnick ha sempre creduto di avere gli occhi del padre ma ora si rende conto che non è così.
Il mare e il cielo sono paralleli, non si toccano mai, ma si guardano e si plasmano a vicenda; sono uguali.
Il cielo e solo il cielo ha colorato il mare e solo lui può riuscire a calmare la tempesta.
Finnick vede un paracadute argenteo cadere nelle mani di Annie. Finnick sente suonare l'ultimo cannone. Finnick ce l'ha fatta. Ha vinto, per la seconda volta.
Il mare, almeno oggi, è calmo.








Martina's corner: : Voglio chiarire una cosa. Nella storia si parla spesso del cielo e del mare. A volte, ma capirete voi leggendo quando, il mare è la personificazione di Finnick, il cielo della madre. Giusto per non evitare confusione. *si dovrebbe capire dal fatto che la mamma di Finn ha gli occhi color del cielo e così via.* Okay, passiamo alle cose serie, sono sopresa di esser arrivata seconda considerato il livello delle altre. Davvero, grazie. Per voi che leggete, invece, chiedo una recensioncina, così mi dite la vostra. Pace e amore :3
Ps: siate clementi, è la mia prima ff su Finnick çç

  
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