Gan_HOPE326 presenta…
I malvagi saranno puniti! Io sono un
dio!! NULLA PUO’ FERMARMI!!!
…
Porc… proprio adesso doveva finire la penna?
I VECCHI METODI SONO
SEMPRE I MIGLIORI
-
Ti
ho scoperto, Light Yagami.
Tu sei Kira.
Il ragazzo che tutti all’università conoscevano
con il nome di Hideki Ryuga,
e che in realtà altri non era se non il celebre
detective soprannominato Elle sotto mentite spoglie, pronunciò questa
drammatica dichiarazione con la massima naturalezza. Dopodichè riprese a
contare i peletti di lana sulla manica destra del suo
maglione.
Light non si scompose più di tanto.
Inizialmente simulò una reazione di sorpresa, poi capì che non c’era niente da
fare. Sorrise soddisfatto, con aria di sfida:
-
Non
mi stupisce sentirtelo dire, Elle. In realtà, io sapevo già che tu lo sapevi.
-
Lo
so. – ribatté Elle – Lo avevo intuito.
-
Immaginavo
anche questo.
-
Davvero?
Elle restò un attimo pensieroso, con
gli occhi sgranati.
-
Mi
cogli di sorpresa. A questo non c’ero arrivato. – concluse
infine.
Tornò ai peletti
del maglione.
I due ragazzi iniziarono a
camminare, allontanandosi lentamente dal campus.
Nessuno avrebbe potuto immaginare che quelli che sembravano due normalissimi
compagni di studi che discutevano del più e del meno erano in realtà,
rispettivamente, il più grande criminale e il più
grande detective del mondo.
-
E ti dirò di più: so anche come hai fatto a capirlo. – riprese Light,
sicuro di sé – Quando mi hai rivelato di essere Elle,
tu hai cercato di mettermi sotto pressione, per indurmi a tradirmi e rivelare
qualcosa che solo Kira potesse sapere.
-
Ma non l’hai fatto. – osservò Elle, pacato.
Aveva finito con la manica destra, e
adesso era passato alla sinistra. Teneva gli occhi bassi e sfiorava i peletti di lana, uno a uno, con le
dita della mano.
-
E’
vero! E proprio qua sta il trucco. – esclamò Light, trionfante – Perché se io non fossi stato Kira, sentirmi sospettato
avrebbe dovuto mettermi in agitazione, farmi perdere lucidità, e così avrei
finito per dire qualcosa di strano, o stupido, o contraddittorio. Ma io sono Kira: perciò ho potuto mantenere l’assoluta freddezza e il
controllo della situazione, e non cadere in nessuno dei tuoi tranelli, in
nessun modo!
Light concluse
il suo discorsetto e guardò Elle, cercando di
cogliere la sua sorpresa e ammirazione per tanta sagacia. Ah, che soddisfazione
mostrare a quello sgorbio chi era quello davvero intelligente, tra loro due!
-
Avevo
pensato anche a questo, lo ammetto. – disse Elle, atono – Ma, ricordando che a Kira
servono il volto e il nome per uccidere una persona, la certezza assoluta l’ho
avuta solo quando ti ho visto con quello.
E indicò un punto della giacca di
Light. Da una tasca faceva capolino un libro dalla
copertina rossa su cui campeggiava a grandi lettere gialle il titolo “Come scoprire il vero nome del vostro
peggior nemico che si spaccia per un collega di università in dieci facili
lezioni”.
-
Ah,
questo… - farfugliò Light, pestando il volumetto dentro la tasca nel tentativo di farlo sparire.
La tasca però era troppo piccola. A un certo punto si sentì uno strappo, il libro scomparve
alla vista e Light tornò a guardare soddisfatto il suo rivale, come niente
fosse successo.
-
L’ho
scritto io, quel manuale, sai? – disse Elle.
-
Davvero?
-
Una
delle mie opere giovanili. – ricordò il detective, con un sorriso che tradiva
la nostalgia dei bei tempi andati – Ero ancora un bambino, all’epoca.
“Che
sbruffone!” pensò Light. “Cos’è, vuol farmi pesare il fatto
che lui scriveva libri già da bambino? Ma la
vedrà! Non sono mica da meno, io!”
-
Eh,
già! – esclamò – Se ne fanno di cose da bambini! Anch’io, il mio primo saggio
l’ho scritto quando avevo cinque anni.
-
No,
no, la mia età era molto diversa. – fece Elle, scuotendo la testa.
“Ti ho beccato, bastardo! Lo sapevo!
Lo sapevo, che io sono più intelligente di te! Che sono più…”
-
Io
avevo sei mesi.
Light sentì che la bile stava per
schizzargli fuori dagli occhi.
-
I
miei mi avevano messo nel box con una matita e qualche foglio di carta, e
allora, per passare il tempo… sai com’è, i sonaglini sono così noiosi una volta che hai calcolato
tutte le frequenze di risonanza dei campanelli!
-
Vero,
vero… - sospirò Light.
-
Certo che allora scrivevo tante scemenze. – Elle si portò un dito alla
bocca, concentrandosi per ricordare meglio – Ad esempio, “Lezione n°1: mentre parlate
col vostro nemico, infilate nel discorso all’improvviso nomi
e cognomi particolarmente comuni, gridandoli ad alta voce. Se lui risponde
‘PRESENTE!’, vuol dire che avete indovinato il suo
vero nome.” Che cretinata, eh?
-
Già!
– disse Light, divertito – Davvero una cretinata! Ah, ah, ah!
Scoppiarono tutti
e due a ridere, a ridere come pazzi, piegandosi in due, in mezzo alla
strada.
-
Una
vera stupidata! – continuò Light, in preda a risate sempre più incontrollabili
– Voglio dire, come si fa a credere che una cosa del
genere possa funzionare? Insomma, è talmente idiota che è ovvio che l’abbia
pensata un bambino di sei mesi! Davvero, una trovata stupida fino a questo
punto ASDRUBALE BONACCORSI!
-
Come,
scusa? – chiese Elle, confuso.
-
Niente.
– borbottò Light.
Estrasse un taccuino su cui era
trascritta una lunga lista in calligrafia fitta e nervosa e cancellò una riga
con un tratto di penna.
Elle non ci prestò attenzione più di
tanto. A ventitrè centimetri e tre millimetri di distanza dal suo polso
sinistro c’era una zona in cui i peletti si erano
ingarbugliati tra loro, e il conto s’era fatto complesso.
Ormai i due ragazzi avevano
abbandonato completamente il campus universitario.
Erano entrati in un vasto parco pubblico, un’insolita oasi di pace nel caotico
tessuto metropolitano giapponese. La strada era in leggera pendenza: risaliva
il declivio di una bassa collina alberata.
-
Comunque, se sai chi sono, sai anche che cosa cercherò di fare,
giusto? – disse Light, che aveva ripreso il suo
contegno.
-
Naturale.
Cercherai di scoprire il mio vero nome e di uccidermi.
-
E tu, invece, cercherai di scoprire delle prove su di me per mandarmi al
patibolo.
-
Ma questo – fece Elle, preoccupato – non comprometterà mica la nostra
bellissima amicizia, vero?
-
Beh…
Light era piuttosto imbarazzato. L’altro
si aggrappò improvvisamente a lui e cominciò a gridare in tono lamentoso:
-
Tu
sei l’unico amico che io abbia mai avuto, Light! Non
puoi essere così superficiale! Non lasciare che queste piccolezze ci siano
d’ostacolo! Non…
-
E MOLLAMI!
Con uno scossone, il ragazzo gettò
Elle a terra. Quello restò lì, imbambolato, a fissarlo con due occhioni lucidi
grandi così che sembrava stessero per riempirsi di
lacrime.
-
Che schifo! – esclamò Light, sinceramente disgustato –
Mica è una yaoi, questa fanfiction!
Elle non si mosse. Gli occhioni
erano sempre più lucidi. Light non riuscì a resistere:
-
Va
bene, va bene, saremo dei buoni amici che cercano di
ammazzarsi a vicenda, d’accordo? Non sarà così strano, i
manga sono pieni di situazioni simili. Accidenti a me che mi faccio pure impietosire. Ma
dov’è che hai imparato a fare così?
-
Dal
Gatto con gli Stivali. – spiegò Elle, che nel frattempo si era rialzato ed era
tornato all’abituale disinvoltura (e ai peletti del
maglione) - L’altro giorno ho guardato la parte argentata del DVD di “Shrek
-
Ah,
quello. – Light fece un cenno di noncuranza – I
contenuti speciali non erano un granché. Però, senti…
La mente di un genio non cessa mai
di funzionare, e trova talvolta soluzioni inaspettate nelle situazioni più
disparate. Perciò un’idea strepitosamente intelligente s’era fatta
strada nel cervello di Light, che ora, con immensa perfidia, si preparava a
metterla in atto. Un piano diabolico che gli avrebbe consentito di sfruttare la
situazione a suo vantaggio!
-
…visto
che siamo amici, che ne diresti se, invece, facessimo come tutti gli amici di
questo mondo, tu chiudessi un occhio sul fatto che io sono il più grande
assassino seriale che la storia ricordi e rinunciassi ad
arrestarmi, eh, Elle?
Fine del piano diabolico.
Elle guardò Light con un’espressione
estremamente seria e quando parlò la sua voce era
commossa, struggente.
-
Io
– disse – ti manderò di sicuro sulla forca, lo farò il prima possibile, e,
quando ci riuscirò, starò lì a fissarti mentre ti
contorci negli spasmi dell’agonia e la tua vita ti abbandona; ma, credimi…
E qui non riuscì a trattenere una lacrimuccia.
-
…ti
giuro che mi dispiacerà tantissimo!
-
Bella
consolazione. – bofonchiò Light, frustrato dall’ennesimo insuccesso – Non che
mi aspettassi nulla di diverso da un testone come te. Ad
ogni modo, GIANDOMENICO IMPACCIATORE!
-
Come,
scusa?
-
Niente.
I due amici (o nemici, a seconda dei punti di vista) continuavano la loro lunga
passeggiata. Adesso erano giunti quasi in cima alla collina del parco, su
un’ampia terrazza belvedere da cui si godeva di un
magnifico panorama della città. Il sole brillava in cielo
illuminando ogni cosa e donando all’aria un gradevole tepore; gli uccellini
cinguettavano; i peletti del maglione censiti fino a
quel momento erano trecentoventisettemiladuecentocinquantatré;
ed Elle, avendo finito con la manica sinistra, era passato, tutto contento,
alla schiena. Per far ciò aveva dovuto sfilarsi il maglione e indossarlo
nuovamente alla rovescia, con il retro sul davanti. La cosa non lo infastidiva
più di tanto.
Dopo un lungo silenzio, Light riprese il discorso:
-
Comunque, saremmo amici proprio strani, noi due. Voglio dire, ci
pensi che non siamo mai stati nemmeno ad una festa
insieme?
-
Non
pensavo dessi importanza a queste frivolezze, Light. –
fece Elle, distratto.
-
Bisogna
pur divertirsi un po’. Ammazzare un centinaio di criminali al
giorno è un lavoro molto stancante.
Elle ci pensò un po’ su.
-
Probabilmente
hai ragione. – ammise.
-
Visto?
E poi, gli amici si fanno regali in occasioni
speciali. Per esempio…
Il ragazzo esitò un momento, poi,
con l’aria più innocente del mondo, chiese:
-
…quand’è
il tuo onomastico?
-
Il
trentuno febbraio. – rispose pacato l’altro.
Light aveva già in mano un calendario e
lo sfogliava con frenesia. Capì la risposta di Elle
solo con qualche secondo di ritardo; a quel punto gettò il calendario di lato
con un’abominevole imprecazione.
-
Sei
spiritoso. – commentò con una risatina falsa quanto una moneta da 3,56 Yen.
-
Grazie.
-
Prego.
Si appoggiarono entrambi alla
ringhiera del belvedere, respirando ampiamente l’aria pura di quel luogo (Light
valutò, a naso, che la concentrazione di monossido di carbonio e biossido di azoto era di gran lunga al di sotto dei valori abituali
in un ambiente urbano; non gli riuscì invece, con suo grande rammarico, di
stimare l’esatta quantità di PM10), respirandola a pieni polmoni, dicevamo, e
sorridendo in quella giornata luminosa. Una giornata di quelle che ti mettono
di buonumore, che ti riempiono di ottimismo: che ti
convincono che otterrai quella promozione, che la tua ragazza tornerà con te,
che riuscirai ad uccidere il più grande investigatore di tutti i tempi e
diventare finalmente l’unico e incontrastato padrone del mondo.
A meno che qualcuno non rovini tutto.
-
Sai
– disse Elle – non riuscirai mai a scoprire il mio
vero nome, non hai alcun modo per riuscirci. Invece io finirò per capire come
fai tu ad uccidere i criminali, e allora ti sbatterò in prigione, e di lì sulla
forca. Non puoi battermi.
-
Questo
lo dici tu! – gridò Light, in preda a tremiti
isterici. Aveva una voce tremendamente acuta – Io ho
MILIARDI di modi per scoprire il tuo nome, e te lo dimostrerò! Guarda, proprio
qui, proprio adesso, ho qualcosa che ti ho sottratto, qualcosa che mi dirà ciò
di cui ho bisogno, qualcosa…
Posò gli occhi sulle grosse lettere
nere stampate sul tesserino plastificato che teneva
nella mano destra. Lesse:
LLLLLL...
Gettò via la targhetta.
Dopotutto, rubargli il codice
fiscale non era stata una grande idea.
-
Beh,
diciamo MILIONI di modi! – esclamò, con una voce appena più pacata
– Ma ci riuscirò, vedrai. Non crederti tanto più furbo di me, solo perché ALDEMARO
VADAVOLINI!
-
PRESENTE!
– saltò su Elle, che subito si portò le mani al volto, a chiudersi la bocca.
-
AH-HA!!!!
– gridò Light, trionfante.
Ormai era in delirio. Estrasse dalla
tasca posteriore dei pantaloni il portafoglio, dal portafoglio un rimasuglio di
carta, dal taschino della camicia una penna, tolse il tappo con la bocca, lo
inghiottì, quasi ci si strozzò, lo risputò tossendo, bestemmiò qualche Dio
della Morte, cercò di scrivere sul foglietto appoggiandolo sulla manica ma quello si bucò con la punta della penna, allora
cercò il libro in tasca per usarlo come appoggio, però la tasca era sfondata e
il libro non c’era più, si mise a parlare da solo, contro l’aria, urlando a un
certo Ryuk di smetterla di sghignazzare che sennò lo
sapeva lui dove gliele ficcava, le mele, finalmente, gettandosi a terra, riuscì
ad avere un piano solido su cui scrivere e copiò il nome che aveva urlato poco
prima, proprio quello, Al-de-ma-ro Va-da-vo-li-ni, sul foglietto, e a quel punto prese il
tempo con l’orologio, fissò Elle e prese a ridere come un pazzo.
Elle osservava la scena con curioso
interesse, tenendo un dito sulla bocca.
-
Sei
finito, Elle! – ghignò Light, sventolando il pezzetto di carta bucato su cui
aveva scritto il nome – Ora che ho scritto il tuo nome qua, su questo pezzo di
carta del QUADERNO DELLA MORTE, tu morirai di ARRESTO
CARDIACO entro QUARANTA SECONDI!!! E non puoi fare nulla per impedirlo! Ahahahah! Ventisette… ventotto…
Elle osservava la scena con curioso
interesse, tenendo un dito sulla bocca.
-
Trentanove…
e quaranta!
Elle osservava la scena con curioso
interesse, tenendo un dito sulla bocca.
Light restò perplesso un momento. Guardò
l’orologio. Il foglio di quaderno. Elle. Di nuovo l’orologio.
-
Oh,
cazzo… - mormorò.
-
Allora
è così che fai, eh? – disse Elle, sorridendo felice come un bambino di tre anni
che abbia appena vinto il suo primo Nobel per la
fisica – Un quaderno della morte… non ci sarei mai arrivato, davvero! Grazie
per avermelo spiegato così bene.
-
Ti
prego, non infierire… - mugolò lamentoso Light, che si
teneva la testa tra le mani.
Non si era mai sentito così idiota
in vita sua.
-
Molto
bene, ora chiamo la polizia e ti faccio arrestare. – disse pacato
Elle – Ma prima devo fare qualcosa di molto importante…
-
Che
cosa?!? – esclamò Light, con la speranza di poter
cogliere una impossibile via d’uscita.
-
Devo
finire di contare i peletti del maglione. – fece Elle con la massima solennità, dopodichè tornò a
spiluccare la lana con le dita.
In fretta, perché Kira doveva essere assicurato alla giustizia il più presto
possibile.
A Light
restarono pochi secondi per pensare. Ma non c’erano
soluzioni. Nessuna soluzione.
Una sola, desolante certezza.
Senza il suo nome, non poteva
ucciderlo.
Senza il suo nome, non poteva
ucciderlo.
Senza il suo nome, non poteva
ucciderlo…
Il detective fece un gridolino:
-
Finito!
Sono esattamente quattrocentocinquantatremilacinquecentodue!
Light ebbe un’idea fulminante. Diede una
rapida occhiata al maglione dell’altro ragazzo:
-
Io
ne conto quattrocentocinquantatremilacinquecentocinque.
– disse atono.
Elle fu preso dal
panico, cominciò a girarsi su se stesso, a guardarsi il maglione, lo
rivoltava, se lo sfilava, se lo rimetteva, gridando come, come? Light gli arrivò accanto, lo afferrò bruscamente per le
spalle e lo spinse contro il parapetto. Il detective volò oltre la ringhiera e
precipitò giù, nel burrone, verso un suolo che distava più di cento metri.
Dall’abisso provenne il suo ultimo
grido, sempre più distante:
-
Ah,
ah, ah, Light, avevo ragione io, sono quattrocentocinquantatremilacinquecentodueeeeee…
Poi un tonfo, ed il silenzio.
Light osservò la scena dall’alto,
finalmente soddisfatto di sé. Già pregustava il futuro; già immaginava il
radioso mondo che sarebbe venuto, il SUO mondo: un mondo senza
più crimini e criminali, un mondo di ordine, governato da una sola
legge, la legge, perfetta e inesorabile, del divino Kira.
Ma prima di tornare a casa e iniziare l’ultima e più
sublime fase del suo piano, si concesse un momento di compiacimento, osservando
il dirupo che era divenuto la tomba del suo più acerrimo nemico.
Sorrise.
“Dopotutto”, si disse, “i vecchi
metodi sono sempre i migliori”.
FINE
La mia
prima fanfic del 2008… buon anno nuovo a tutti!