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Autore: Gan_HOPE326    01/01/2008    42 recensioni
Light ed Elle sono probabilmente i due esseri umani più intelligenti della Terra. Sono dei fuoriclasse. Sono dei geni. Davvero.
Sono così intelligenti che, se giocassero una partita a scacchi, alla fine perderebbe la scacchiera.
Sono così intelligenti che, quando vogliono vedere un film, non hanno bisogno del lettore: basta che guardino molto bene la parte argentata del DVD.
Sono così intelligenti che, comunque, non guardano mai la parte argentata del DVD di “Pirati dei Caraibi 3”.
Sono così intelligenti che…ehm…
…insomma, ci siamo capiti. Sappiamo tutti com’è finita la sfida tra loro. Ma cosa sarebbe successo se Elle avesse scoperto la vera identità di Light quando ancora frequentava la sua stessa università, sotto falso nome? Come sarebbero andate le cose? Chi l’avrebbe spuntata? Ma vi interessa davvero sapere una cosa del genere? Allora leggete questa fanfiction, e preparatevi a una sfida di intelletti senza precedenti dai tempi di Gianni e Pinotto!
Genere: Parodia, Demenziale, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: L, Light/Raito
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Gan_HOPE326 presenta…

Gan_HOPE326 presenta

 

I malvagi saranno puniti! Io sono un dio!! NULLA PUO’ FERMARMI!!!

Porc… proprio adesso doveva finire la penna?

 

I VECCHI METODI SONO SEMPRE I MIGLIORI

 

-         Ti ho scoperto, Light Yagami. Tu sei Kira.

Il ragazzo che tutti all’università conoscevano con il nome di Hideki Ryuga, e che in realtà altri non era se non il celebre detective soprannominato Elle sotto mentite spoglie, pronunciò questa drammatica dichiarazione con la massima naturalezza. Dopodichè riprese a contare i peletti di lana sulla manica destra del suo maglione.

Light non si scompose più di tanto. Inizialmente simulò una reazione di sorpresa, poi capì che non c’era niente da fare. Sorrise soddisfatto, con aria di sfida:

-         Non mi stupisce sentirtelo dire, Elle. In realtà, io sapevo già che tu lo sapevi.

-         Lo so. – ribatté Elle – Lo avevo intuito.

-         Immaginavo anche questo.

-         Davvero?

Elle restò un attimo pensieroso, con gli occhi sgranati.

-         Mi cogli di sorpresa. A questo non c’ero arrivato. – concluse infine.

Tornò ai peletti del maglione.

I due ragazzi iniziarono a camminare, allontanandosi lentamente dal campus. Nessuno avrebbe potuto immaginare che quelli che sembravano due normalissimi compagni di studi che discutevano del più e del meno erano in realtà, rispettivamente, il più grande criminale e il più grande detective del mondo.

-         E ti dirò di più: so anche come hai fatto a capirlo. – riprese Light, sicuro di sé – Quando mi hai rivelato di essere Elle, tu hai cercato di mettermi sotto pressione, per indurmi a tradirmi e rivelare qualcosa che solo Kira potesse sapere.

-         Ma non l’hai fatto. – osservò Elle, pacato.

Aveva finito con la manica destra, e adesso era passato alla sinistra. Teneva gli occhi bassi e sfiorava i peletti di lana, uno a uno, con le dita della mano.

-         E’ vero! E proprio qua sta il trucco. – esclamò Light, trionfante – Perché se io non fossi stato Kira, sentirmi sospettato avrebbe dovuto mettermi in agitazione, farmi perdere lucidità, e così avrei finito per dire qualcosa di strano, o stupido, o contraddittorio. Ma io sono Kira: perciò ho potuto mantenere l’assoluta freddezza e il controllo della situazione, e non cadere in nessuno dei tuoi tranelli, in nessun modo!

Light concluse il suo discorsetto e guardò Elle, cercando di cogliere la sua sorpresa e ammirazione per tanta sagacia. Ah, che soddisfazione mostrare a quello sgorbio chi era quello davvero intelligente, tra loro due!

-         Avevo pensato anche a questo, lo ammetto. – disse Elle, atono – Ma, ricordando che a Kira servono il volto e il nome per uccidere una persona, la certezza assoluta l’ho avuta solo quando ti ho visto con quello.

E indicò un punto della giacca di Light. Da una tasca faceva capolino un libro dalla copertina rossa su cui campeggiava a grandi lettere gialle il titolo “Come scoprire il vero nome del vostro peggior nemico che si spaccia per un collega di università in dieci facili lezioni”.

-         Ah, questo… - farfugliò Light, pestando il volumetto dentro la tasca nel tentativo di farlo sparire.

La tasca però era troppo piccola. A un certo punto si sentì uno strappo, il libro scomparve alla vista e Light tornò a guardare soddisfatto il suo rivale, come niente fosse successo.

-         L’ho scritto io, quel manuale, sai? – disse Elle.

-         Davvero?

-         Una delle mie opere giovanili. – ricordò il detective, con un sorriso che tradiva la nostalgia dei bei tempi andati – Ero ancora un bambino, all’epoca.

Che sbruffone!” pensò Light. “Cos’è, vuol farmi pesare il fatto che lui scriveva libri già da bambino? Ma la vedrà! Non sono mica da meno, io!”

-         Eh, già! – esclamò – Se ne fanno di cose da bambini! Anch’io, il mio primo saggio l’ho scritto quando avevo cinque anni.

-         No, no, la mia età era molto diversa. – fece Elle, scuotendo la testa.

“Ti ho beccato, bastardo! Lo sapevo! Lo sapevo, che io sono più intelligente di te! Che sono più…”

-         Io avevo sei mesi.

Light sentì che la bile stava per schizzargli fuori dagli occhi.

-         I miei mi avevano messo nel box con una matita e qualche foglio di carta, e allora, per passare il tempo… sai com’è, i sonaglini sono così noiosi una volta che hai calcolato tutte le frequenze di risonanza dei campanelli!

-         Vero, vero… - sospirò Light.

-         Certo che allora scrivevo tante scemenze. – Elle si portò un dito alla bocca, concentrandosi per ricordare meglio – Ad esempio, “Lezione n°1: mentre parlate col vostro nemico, infilate nel discorso all’improvviso nomi e cognomi particolarmente comuni, gridandoli ad alta voce. Se lui risponde ‘PRESENTE!’, vuol dire che avete indovinato il suo vero nome.” Che cretinata, eh?

-         Già! – disse Light, divertito – Davvero una cretinata! Ah, ah, ah!

Scoppiarono tutti e due a ridere, a ridere come pazzi, piegandosi in due, in mezzo alla strada.

-         Una vera stupidata! – continuò Light, in preda a risate sempre più incontrollabili – Voglio dire, come si fa a credere che una cosa del genere possa funzionare? Insomma, è talmente idiota che è ovvio che l’abbia pensata un bambino di sei mesi! Davvero, una trovata stupida fino a questo punto ASDRUBALE BONACCORSI!

-         Come, scusa? – chiese Elle, confuso.

-         Niente. – borbottò Light.

Estrasse un taccuino su cui era trascritta una lunga lista in calligrafia fitta e nervosa e cancellò una riga con un tratto di penna.

Elle non ci prestò attenzione più di tanto. A ventitrè centimetri e tre millimetri di distanza dal suo polso sinistro c’era una zona in cui i peletti si erano ingarbugliati tra loro, e il conto s’era fatto complesso.

Ormai i due ragazzi avevano abbandonato completamente il campus universitario. Erano entrati in un vasto parco pubblico, un’insolita oasi di pace nel caotico tessuto metropolitano giapponese. La strada era in leggera pendenza: risaliva il declivio di una bassa collina alberata.

-         Comunque, se sai chi sono, sai anche che cosa cercherò di fare, giusto? – disse Light, che aveva ripreso il suo contegno.

-         Naturale. Cercherai di scoprire il mio vero nome e di uccidermi.

-         E tu, invece, cercherai di scoprire delle prove su di me per mandarmi al patibolo.

-         Ma questo – fece Elle, preoccupato – non comprometterà mica la nostra bellissima amicizia, vero?

-         Beh…

Light era piuttosto imbarazzato. L’altro si aggrappò improvvisamente a lui e cominciò a gridare in tono lamentoso:

-         Tu sei l’unico amico che io abbia mai avuto, Light! Non puoi essere così superficiale! Non lasciare che queste piccolezze ci siano d’ostacolo! Non…

-         E MOLLAMI!

Con uno scossone, il ragazzo gettò Elle a terra. Quello restò lì, imbambolato, a fissarlo con due occhioni lucidi grandi così che sembrava stessero per riempirsi di lacrime.

-         Che schifo! – esclamò Light, sinceramente disgustato – Mica è una yaoi, questa fanfiction!

Elle non si mosse. Gli occhioni erano sempre più lucidi. Light non riuscì a resistere:

-         Va bene, va bene, saremo dei buoni amici che cercano di ammazzarsi a vicenda, d’accordo? Non sarà così strano, i manga sono pieni di situazioni simili. Accidenti a me che mi faccio pure impietosire. Ma dov’è che hai imparato a fare così?

-         Dal Gatto con gli Stivali. – spiegò Elle, che nel frattempo si era rialzato ed era tornato all’abituale disinvoltura (e ai peletti del maglione) - L’altro giorno ho guardato la parte argentata del DVD di “Shrek 2”.

-         Ah, quello. – Light fece un cenno di noncuranza – I contenuti speciali non erano un granché. Però, senti…

La mente di un genio non cessa mai di funzionare, e trova talvolta soluzioni inaspettate nelle situazioni più disparate. Perciò un’idea strepitosamente intelligente s’era fatta strada nel cervello di Light, che ora, con immensa perfidia, si preparava a metterla in atto. Un piano diabolico che gli avrebbe consentito di sfruttare la situazione a suo vantaggio!

-         …visto che siamo amici, che ne diresti se, invece, facessimo come tutti gli amici di questo mondo, tu chiudessi un occhio sul fatto che io sono il più grande assassino seriale che la storia ricordi e rinunciassi ad arrestarmi, eh, Elle?

Fine del piano diabolico.

Elle guardò Light con un’espressione estremamente seria e quando parlò la sua voce era commossa, struggente.

-         Io – disse – ti manderò di sicuro sulla forca, lo farò il prima possibile, e, quando ci riuscirò, starò lì a fissarti mentre ti contorci negli spasmi dell’agonia e la tua vita ti abbandona; ma, credimi…

E qui non riuscì a trattenere una lacrimuccia.

-         …ti giuro che mi dispiacerà tantissimo!

-         Bella consolazione. – bofonchiò Light, frustrato dall’ennesimo insuccesso – Non che mi aspettassi nulla di diverso da un testone come te. Ad ogni modo, GIANDOMENICO IMPACCIATORE!

-         Come, scusa?

-         Niente.

I due amici (o nemici, a seconda dei punti di vista) continuavano la loro lunga passeggiata. Adesso erano giunti quasi in cima alla collina del parco, su un’ampia terrazza belvedere da cui si godeva di un magnifico panorama della città. Il sole brillava in cielo illuminando ogni cosa e donando all’aria un gradevole tepore; gli uccellini cinguettavano; i peletti del maglione censiti fino a quel momento erano trecentoventisettemiladuecentocinquantatré; ed Elle, avendo finito con la manica sinistra, era passato, tutto contento, alla schiena. Per far ciò aveva dovuto sfilarsi il maglione e indossarlo nuovamente alla rovescia, con il retro sul davanti. La cosa non lo infastidiva più di tanto.

Dopo un lungo silenzio, Light riprese il discorso:

-         Comunque, saremmo amici proprio strani, noi due. Voglio dire, ci pensi che non siamo mai stati nemmeno ad una festa insieme?

-         Non pensavo dessi importanza a queste frivolezze, Light. – fece Elle, distratto.

-         Bisogna pur divertirsi un po’. Ammazzare un centinaio di criminali al giorno è un lavoro molto stancante.

Elle ci pensò un po’ su.

-         Probabilmente hai ragione. – ammise.

-         Visto? E poi, gli amici si fanno regali in occasioni speciali. Per esempio…

Il ragazzo esitò un momento, poi, con l’aria più innocente del mondo, chiese:

-         …quand’è il tuo onomastico?

-         Il trentuno febbraio. – rispose pacato l’altro.

Light aveva già in mano un calendario e lo sfogliava con frenesia. Capì la risposta di Elle solo con qualche secondo di ritardo; a quel punto gettò il calendario di lato con un’abominevole imprecazione.

-         Sei spiritoso. – commentò con una risatina falsa quanto una moneta da 3,56 Yen.

-         Grazie.

-         Prego.

Si appoggiarono entrambi alla ringhiera del belvedere, respirando ampiamente l’aria pura di quel luogo (Light valutò, a naso, che la concentrazione di monossido di carbonio e biossido di azoto era di gran lunga al di sotto dei valori abituali in un ambiente urbano; non gli riuscì invece, con suo grande rammarico, di stimare l’esatta quantità di PM10), respirandola a pieni polmoni, dicevamo, e sorridendo in quella giornata luminosa. Una giornata di quelle che ti mettono di buonumore, che ti riempiono di ottimismo: che ti convincono che otterrai quella promozione, che la tua ragazza tornerà con te, che riuscirai ad uccidere il più grande investigatore di tutti i tempi e diventare finalmente l’unico e incontrastato padrone del mondo.

A meno che qualcuno non rovini tutto.

-         Sai – disse Elle – non riuscirai mai a scoprire il mio vero nome, non hai alcun modo per riuscirci. Invece io finirò per capire come fai tu ad uccidere i criminali, e allora ti sbatterò in prigione, e di lì sulla forca. Non puoi battermi.

-         Questo lo dici tu! – gridò Light, in preda a tremiti isterici. Aveva una voce tremendamente acuta – Io ho MILIARDI di modi per scoprire il tuo nome, e te lo dimostrerò! Guarda, proprio qui, proprio adesso, ho qualcosa che ti ho sottratto, qualcosa che mi dirà ciò di cui ho bisogno, qualcosa…

Posò gli occhi sulle grosse lettere nere stampate sul tesserino plastificato che teneva nella mano destra. Lesse:

 

LLLLLL...

 

Gettò via la targhetta.

Dopotutto, rubargli il codice fiscale non era stata una grande idea.

-         Beh, diciamo MILIONI di modi! – esclamò, con una voce appena più pacata – Ma ci riuscirò, vedrai. Non crederti tanto più furbo di me, solo perché ALDEMARO VADAVOLINI!

-         PRESENTE! – saltò su Elle, che subito si portò le mani al volto, a chiudersi la bocca.

-         AH-HA!!!! – gridò Light, trionfante.

Ormai era in delirio. Estrasse dalla tasca posteriore dei pantaloni il portafoglio, dal portafoglio un rimasuglio di carta, dal taschino della camicia una penna, tolse il tappo con la bocca, lo inghiottì, quasi ci si strozzò, lo risputò tossendo, bestemmiò qualche Dio della Morte, cercò di scrivere sul foglietto appoggiandolo sulla manica ma quello si bucò con la punta della penna, allora cercò il libro in tasca per usarlo come appoggio, però la tasca era sfondata e il libro non c’era più, si mise a parlare da solo, contro l’aria, urlando a un certo Ryuk di smetterla di sghignazzare che sennò lo sapeva lui dove gliele ficcava, le mele, finalmente, gettandosi a terra, riuscì ad avere un piano solido su cui scrivere e copiò il nome che aveva urlato poco prima, proprio quello, Al-de-ma-ro Va-da-vo-li-ni, sul foglietto, e a quel punto prese il tempo con l’orologio, fissò Elle e prese a ridere come un pazzo.

Elle osservava la scena con curioso interesse, tenendo un dito sulla bocca.

-         Sei finito, Elle! – ghignò Light, sventolando il pezzetto di carta bucato su cui aveva scritto il nome – Ora che ho scritto il tuo nome qua, su questo pezzo di carta del QUADERNO DELLA MORTE, tu morirai di ARRESTO CARDIACO entro QUARANTA SECONDI!!! E non puoi fare nulla per impedirlo! Ahahahah! Ventisette… ventotto

Elle osservava la scena con curioso interesse, tenendo un dito sulla bocca.

-         Trentanove… e quaranta!

Elle osservava la scena con curioso interesse, tenendo un dito sulla bocca.

Light restò perplesso un momento. Guardò l’orologio. Il foglio di quaderno. Elle. Di nuovo l’orologio.

-         Oh, cazzo… - mormorò.

-         Allora è così che fai, eh? – disse Elle, sorridendo felice come un bambino di tre anni che abbia appena vinto il suo primo Nobel per la fisica – Un quaderno della morte… non ci sarei mai arrivato, davvero! Grazie per avermelo spiegato così bene.

-         Ti prego, non infierire… - mugolò lamentoso Light, che si teneva la testa tra le mani.

Non si era mai sentito così idiota in vita sua.

-         Molto bene, ora chiamo la polizia e ti faccio arrestare. – disse pacato Elle – Ma prima devo fare qualcosa di molto importante…

-         Che cosa?!? – esclamò Light, con la speranza di poter cogliere una impossibile via d’uscita.

-         Devo finire di contare i peletti del maglione. – fece Elle con la massima solennità, dopodichè tornò a spiluccare la lana con le dita.

In fretta, perché Kira doveva essere assicurato alla giustizia il più presto possibile.

A Light restarono pochi secondi per pensare. Ma non c’erano soluzioni. Nessuna soluzione.

Una sola, desolante certezza.

Senza il suo nome, non poteva ucciderlo.

Senza il suo nome, non poteva ucciderlo.

Senza il suo nome, non poteva ucciderlo…

Il detective fece un gridolino:

-         Finito! Sono esattamente quattrocentocinquantatremilacinquecentodue!

Light ebbe un’idea fulminante. Diede una rapida occhiata al maglione dell’altro ragazzo:

-         Io ne conto quattrocentocinquantatremilacinquecentocinque. – disse atono.

Elle fu preso dal panico, cominciò a girarsi su se stesso, a guardarsi il maglione, lo rivoltava, se lo sfilava, se lo rimetteva, gridando come, come? Light gli arrivò accanto, lo afferrò bruscamente per le spalle e lo spinse contro il parapetto. Il detective volò oltre la ringhiera e precipitò giù, nel burrone, verso un suolo che distava più di cento metri.

Dall’abisso provenne il suo ultimo grido, sempre più distante:

-         Ah, ah, ah, Light, avevo ragione io, sono quattrocentocinquantatremilacinquecentodueeeeee

Poi un tonfo, ed il silenzio.

Light osservò la scena dall’alto, finalmente soddisfatto di sé. Già pregustava il futuro; già immaginava il radioso mondo che sarebbe venuto, il SUO mondo: un mondo senza più crimini e criminali, un mondo di ordine, governato da una sola legge, la legge, perfetta e inesorabile, del divino Kira. Ma prima di tornare a casa e iniziare l’ultima e più sublime fase del suo piano, si concesse un momento di compiacimento, osservando il dirupo che era divenuto la tomba del suo più acerrimo nemico.

Sorrise.

“Dopotutto”, si disse, “i vecchi metodi sono sempre i migliori”.

 

FINE

 

 

La mia prima fanfic del 2008… buon anno nuovo a tutti!

  
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