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Autore: ElisaJ7B    17/06/2013    2 recensioni
[Amnesia:The Dark Descent]
Daniel come al solito è molto distratto e ha combinato un grosso guaio...
Riuscirà Alexander a risolverlo? E in fretta.
Genere: Comico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Hai fatto un ottimo lavoro, Daniel.”

Dichiarò soddisfatto il barone.

 

Il cadavere era lì, coperto di sangue, ormai irriconoscibile.

Daniel era rimasto paralizzato, ancora con il pugnale del rituale in mano.

A vedersi sembrava un semplice ragazzo inglese, educato e tranquillo, ma con quell’arma in mano incuteva un certo terrore.

 

Alexander si avvicinò all’amico e lo strinse a sé, in un caldo abbraccio.

Lui non si mosse, rimanendo immobile tra le sue braccia.

Non era ancora pronto a tutte queste emozioni.

 

Daniel, che sembrava ancora sconvolto, sospirò.

“Come dice lei, barone…”

 

“Non preoccuparti, era solo un assassino. Una persona orribile.

Si meritava tutto questo. Tu lo sai bene.”

“Però… non è giusto.”

 

Le lacrime scesero dagli occhi di Daniel.

Sicuramente a causa del senso di colpa e della paura.

Alexander lo aveva intuito, perciò provò a farlo sentire più a suo agio.

 

Batté leggermente le unghie su una candela spenta.

“Daniel, potresti prendermi qualche acciarino? Ne ho bisogno.”

 

Non era vero. Il vecchio uomo aveva un’ottima vista, anche al buio.

Il ragazzo, un po’ rincuorato, fece un largo sorriso.

“Subito, barone.”

 

Daniel si diresse saltellando al mobile in cui tenevano gli acciarini e con foga ne prese una decina.

 

Avendo paura delle tenebre sentiva un gran bisogno di vedere un po’ di luce.

Tra le tante paure che possedeva, questa era quella che aveva più effetto su di lui.

 

Nel frattempo Alexander era andato a depositare un po’ di Vitae nel grande serbatoio, come era suo solito.

 

“Eccomi!”

Daniel era molto contento del fatto che presto il buio sarebbe scomparso, così cominciò a correre verso l’amico.

 

“Non tutti insieme, sciocco!”

 

Come previsto dall’uomo più anziano, il ragazzo inciampò e i cilindri si dispersero sul pavimento.

Daniel era mortificato e subito si piegò a raccoglierli.

Chiedeva perdono per ogni acciarino recuperato.

“Scusami… scusami Alexander...”

 

Dopo averne ripresi più che poteva, gliene diede uno.

 

“Molto bene…”

Accese la piccola candela e gliela porse.

Subito la portò vicino al volto, per contemplare meglio la fiammella dorata.

Alexander lo ignorò e prese in mano un altro globo.

 

“Svuoto l’ultima sfera di Vitae e ci ritiriamo per la cena.”

 

Il barone si affrettò ad andare verso l’enorme contenitore,

ma distrattamente scivolò in uno degli acciarini rimasti per terra.

Tentò di aggrapparsi a qualcosa, ma cadde lo stesso dentro il serbatoio.

 

Daniel urlò e poi rimase pietrificato a guardare Alexander affogare,

si dimenava nel lago di Vitae in cui era caduto senza riuscire a uscirne.

 

Un grido di quest’ultimo lo risvegliò:

“AIUTAMI IDIOTA!”

 

Ripreso dallo shock momentaneo, Daniel, tremante, appoggiò la candela vicino alla cisterna.

Raggruppò tutta la forza che aveva e strattonò fuori, con molta fatica, il vecchio uomo dal serbatoio.

Entrambi si sdraiarono sul pavimento a recuperare le forze.

 

Dopo qualche minuto, Alexander si alzò e si diresse alla porta.

“Sarà meglio andare a cambiarci, siamo tutti bagnati.

Ti aspetto nella sala da pranzo, prima finisci di raccogliere gli acciarini e poi raggiungimi.”

 

 

 

 

Dopo un po’ erano a tavola a consumare la cena.

I servi avevano portato i piatti, colmi di pietanze deliziose.

Emanavano un profumo meraviglioso. E anche l’aspetto era molto gradevole.

Daniel rimase colpito dalla qualità delle cibarie e iniziò subito a mangiare.

Poi notò che qualcosa non andava.

 

Alexander sembrava perso nei suoi pensieri.

Non aveva quasi toccato cibo, forse per l’evento di poco prima.

Sentendosi responsabile dell’accaduto, il ragazzo allentò il ritmo fino a fermarsi.

 

Daniel era preoccupato.

“Tutto a posto, Alexander?”

 

“Sono solo un po’ stanco. Continua pure a mangiare.”

Disse, mentre giocherellava con il dolce.

 

“Sei sicuro?”

“Sicuro.”

“C’è qualcosa che posso fare per te?”

“Al momento no, grazie.”

 

Il barone si stava infastidendo.

 

“Sicuro che vada tutto bene?”

“Certo, Daniel, non essere insistente.”

“Ma io volevo solo…”

“Mi sembra che tu abbia già fatto abbastanza!”

 Ribatté alzandosi di scatto dalla sedia.

Si allontanò velocemente dal tavolo, lasciando il ragazzo da solo a finire il pasto.

 

Alexander si ritirò nella sua stanza e lo stesso fece Daniel.

Quella notte il ragazzo ebbe un altro dei suoi incubi, si svegliò sudato nel proprio letto.

Per abitudine andò alla porta, ma una volta messa la mano sulla maniglia si fermò.

Non aveva il coraggio di disturbarlo.

Non dopo quello che aveva combinato.

 

“Sicuramente sarà ancora arrabbiato con me…”

 

 

 

 

La mattina successiva, il barone si svegliò ben riposato.

 

Però c’era qualcosa di strano.

 

Alexander si guardò intorno.

“Non ricordavo che il letto fosse così grande…”

 

La stanza era diventata enorme.

Anche la vestaglia gli stava molto larga e quasi gli impediva di muoversi.

 

Scrutò attentamente la zona.

Era la sua camera. Identica a come l’aveva lasciata la sera prima.

Soltanto sembrava molto più grande.

 

Dopo molti sforzi, riuscì a scendere dal letto, per unirsi a Daniel a fare colazione.

Con la poca luce dell’alba che filtrava dalla finestra riuscì a guidarsi fino alla porta.

 

Si appoggiò al mobile in cui teneva gli abiti, mentre con l’altra mano si teneva il vestito.

“Di solito mi arrivava al fianco, adesso riesco addirittura ad appoggiarci la fronte.” Pensò.

 

Fece qualche altro passo quando vide lo specchio.

All’improvviso si fermò.

 

Nel riflesso non c’era il solito vecchio uomo burbero ed esile.

La figura grottesca era stata sostituita da quella di un piccolo e dolce bambino.

Inspiegabilmente aveva i capelli lunghi e bianchi.

 

I suoi occhi dorati stettero a fissare a lungo quel viso tondo e paffuto, non riuscendo a riconoscersi.

Eppure questo bimbo nel riflesso ripeteva esattamente i suoi movimenti.

 

Si guardò le mani. Piccole e morbide.

A quel punto capì.

 

La Vitae.

Di certo era la causa dell’accaduto.

Se solo quel ragazzo fosse stato più attento.

 

Con rabbia Alexander chiamò il suo nome.

 

“DANIEEEEEEL!”

La voce non era cambiata affatto, sempre tonante e imperiosa.

Era incredibile come da un piccolo essere potesse provenire un suono così spaventoso,

ma evidentemente insieme all’anima dev’essere l’unica cosa a non essere cambiata.

 

Quell’urlo terribile risuonò per tutte le stanze del castello fino al giardino, dove ad attenderlo c’era Daniel.

Per lo spavento la mano tremò e per poco non versò il the che era nella tazza.

 

“Il barone ha bisogno di me! Che cosa sarà successo?”

Di corsa il ragazzo si diresse da dove proveniva quell’urlo ed entrò nella camera.

 

“Mi ha chiamato?

Alexander? Dove sei?”

 

“Qui in basso, sciocco.”

 

Daniel guardò da dove proveniva la voce conosciuta e balzò indietro insieme a un urlo per lo stupore.

Stette a guardarlo per qualche secondo, mentre il bambino lo fissava arrabbiato.

 

D’istinto lo prese in braccio e lo avvicinò al volto per vederlo meglio.

Per accertarsi che fosse reale.

 

I loro occhi si incontrarono e a Daniel scappò un risolino.

Era così dolce.

 

“Alexander…? Sei tu…?”

 

“Dobbiamo trovare una soluzione. E in fretta.”

 

  
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