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Autore: _Uneksia_    18/06/2013    2 recensioni
I protagonisti sono un filosofo e quella che egli avrebbe voluto diventasse la sua donna.
Conoscete Lou Salomè e Friedrich Wilhelm Nietzsche? Ecco, sono loro.
E se conoscete il secondo, saprete anche che egli, quando la follia aveva cominciato a portarlo via con sé, scrisse dei biglietti che inviò a amici, conoscenti, talvolta anche parenti. Questi erano i Wahnbriefe, o Biglietti della follia.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Il Novecento
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I biglietti della follia.

26 febbraio 1900, Berlino      
 Lou Salomè stava da circa tre ore nel suo studio, china su un trattato di psicoanalisi mentale di Sigmund Freud.
Domani avrebbe avuto un colloquio con il suo amico Viktor Tausk per discutere di un caso patologico molto simile a quello analizzato anni prima dal suo mentore. “Der Wolfsmann”, chiamavano quel paziente che da quando aveva 5 anni, non aveva fatto altro che sognare lupi di colore bianco fuori dalla finestra della propria camera.
Questo, invece, sognava cornacchie.
 Avevano varie teorie, lei e Viktor, ma non erano ancora tanto sicuri da effettuare una diagnosi definitiva. ues
Per questo era da giorni dedita ai suoi studi.

“Caffè?”
Lou alzò lo sguardo dal volume. Per un attimo la testa le sembrò pesantissima, come avviene quando si sta troppo tempo con il capo abbassato e mai ci si riposa.
“Sì, grazie”.
Prese la tazzina dal vassoio che suo marito, Friedrich Carl Andreas, le porgeva con un sorriso.
“Non smetti ancora di studiare? Sei da settimane chiusa qui dentro. Perché non prendi una boccata d’aria?”
“Perché se lo facessi porterei il trattato con me e non mi rilasserei.”
“Secondo me dovresti staccare un po’ la spina, Lou. Finirai per ammalarti di studio e stress, se continui così”.
Per tutta risposta Lou scosse la testa, risoluta. “Non finché non riesco a risolvere questo caso. Ci tengo troppo.”

Le parole del marito vennero sovrastate dall’altissimo trillo del campanello. L’uomo lasciò perdere la discussione con la moglie e andò ad aprire la porta.

Tornò poco dopo, con una busta tra le mani. “E’ per te”.
“Chi la manda?”
“Friedrich Wilhelm Nietzsche”.

Alla ragazza cadde di mano la stilografica con la quale scriveva i suoi appunti per la sorpresa.
Era da secoli che Friedrich non si faceva sentire. Da quando ella aveva rifiutato per l’ennesima volta di sposarlo, per la verità.
E ora, cosa voleva?

“Buttala, non ho voglia di leggerla. Sarà un’altra proposta di matrimonio, magari” disse lei, sarcastica.
“Come, buttala? Eravate amici, o sbaglio? Dovresti leggerla e rispondergli, secondo me”. La rimbeccò il marito.
“Dici bene, eravamo. Abbiamo tagliato i ponti tanto tempo fa, dopo il mio rifiuto. La vuoi buttare o no?” Disse lei, guardando con astio la busta bianca che Friedrich le aveva poggiato di fronte, sulla sua scrivania.
L’uomo sospirò, amareggiato e sconfitto. La fissò poi con decisione.
“No, non me la sento di buttarla. La conserverò, casomai ti venisse voglia di leggerla”.
“Se non lo fai tu lo farò io, prima o poi, Friedrich”.
“A che pro? Non dovrebbe interessarti: vuoi buttare una lettera che neanche apriresti per leggere. E’ un controsenso, Lou”.
Andreas prese la busta dal tavolo e uscì dalla porta chiudendola alle sue spalle con un tonfo secco.

Lou continuava a fissare la porta, pensierosa.
Si chiedeva cosa diavolo avesse potuto volere Nietzsche con quella lettera ma, in fin dei conti, si rese conto che non le importava più di tanto.
Piuttosto, era curiosa di sapere come mai suo marito fosse tanto restio a gettarla nell’immondizia.
Lou chinò di nuovo la testa e riprese i suoi studi.
Spazzatura, ecco cos’erano quel foglio e quella busta bianca.  





Eppure, se avesse aperto quella lettera, forse il disprezzo avrebbe lasciato il posto alla professionalità.
Quello era un biglietto della follia, uno di quelli che Nietzsche aveva inviato a amici e politici quando la sua mente aveva cominciato a sfiorare le porte dell’insanità.

Cara Lou Salomè,
da quando tu mi hai rifiutato non ho mai, tuttavia, smesso di amarti. Non riesco a capire come tu ora possa stare con quell’Andreas. Che poi ha anche il mio stesso nome.
Vedila così: quando, nella vostra intimità, lui ti fa sua e ti manda in estasi, ebbene, sappi che quell’uomo in realtà sono io.
Vedo il tuo viso perso nel nulla e nel piacere, pronunciando il mio nome nella disperazione di volere di più prima dell’oblio.
Sono quelle mani che ti toccano rudi e dolci allo stesso tempo. Sono quel Cristo che invochi quando non riesci più a resistere.
Anzi no. Non sono Cristo, sono l’Anticristo.
Ma sono anche Dio. Sono Dio, e tu hai rifiutato di unirti a me. Pagherai all’Inferno la tua superbia.
Mai rifiutare Dio. Mai.
Ricorda, posso decidere di ogni tuo momento. Posso farti soffrire, posso farti gioire. Posso farti vivere nell’apatia. Cosa preferisci tra questi? Il secondo appunto, ovviamente, non è da prendere in considerazione.
Posso ucciderti.
Mai mettersi contro Dio, Lou Salomè, mai.
Ricordati di una cosa semplice, faccio tutto questo perché ti amo. Perché così facendo tu stessa ti renderai conto, in realtà, di essere sempre stata innamorata del sottoscritto.
Moglie di Dio. E’ una bella aspettativa, no?
Madre nella tua verginità. Tu stessa mi avevi detto, anni orsono, di voler restare pura e casta fino ai 36 anni. Ecco, questa promessa, ora, non l’hai mantenuta. E tu avevi giurato.
Mai giurare, perché i giuramenti arrivano fino a Dio.
E tu sei già a un passo dalle porte del Tartaro.
Sono io che lo decido.
Ti amo, Lou. E questo amore è per te, per te soltanto.
Con amore.
 
L’Anticristo.


Lou non sapeva in cosa il suo vecchio amico si stava perdendo. O meglio, non aveva voluto saperlo. L’aveva lasciato solo, a se stesso. L’aveva lasciato a dilaniarsi all’interno della sua mente. Perché fuori le carni mostravano un uomo in perfetta salute.
La malattia l’aveva divorato dall’interno.
E solo quando F. W. Nietzsche si era avvicinato a quel Dio che tanto diceva di essere, Louise Salomè si era finalmente resa conto dell’enorme follia che ella stessa aveva compiuto.
Non aver letto quella lettera aveva portato alla morte quello che, un tempo, era il suo migliore amico.
Lei, ora, era dilaniata dai sensi di colpa.




Note dell’autrice:
Smorzare l’ansia per l’esame di maturità che inizierà domani, non mi è riuscito poi così bene con questo scritto. Almeno, mi ha permesso di staccare un po’ la spina dallo studio!
J
Alcune note e alcune precisazioni:
-I personaggi citati sono tutti reali (chi studia filosofia all’ultimo anno di superiori, ma anche chi si diletta con questa materia, sa di chi parlo).
-I biglietti della follia sono una serie di scritti che F.W. Nietzsche inviò ad amici e politici quando aveva iniziato a soffrire di un forte squilibrio mentale. I biglietti vennero spediti dal 1889 fino alla data della sua morte, nel 1900, il 26 agosto.
Tra i biglietti a noi pervenutici, neanche uno è mai stato spedito alla cara Lou Salomè, di cui il nostro filosofo si era infatuato ma la quale, alla sua proposta di matrimonio, l’aveva rifiutato.
Il biglietto di cui sopra è frutto della mia fantasia, l’ho creato ispirandomi a un altro biglietto da lui inviato a Jacob Burckhardt. Vi lascio il link, casomai vogliate dargli un’occhiata.
http://www.friedrich-nietzsche.it/index.php/i-biglietti-della-follia

L’ultima precisazione e poi vi lascio (purtroppo lo studio mi attende!)
- “Der Wolfsmann”(tr. L’uomo dei Lupi) è un caso clinico psichiatrico iniziato ad analizzare, da Sigmund Freud, attorno al 1910. Chiedo venia, per esigenze di scrittura l’ho anticipato un po’, come se fosse stato analizzato e risolto prima del 1900, anno in cui questa OS è ambientata.
Sperando l’abbiate apprezzata (so che è un argomento un po’ difficile, effettivamente), confido nelle vostre recensioni. Un parere è sempre ben accetto.
Beh, vi auguro buone vacanze. :)

Un bacio,
Frà.

   
 
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