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Autore: LADY ROSIEL    18/06/2013    2 recensioni
{ Haunting ~ Horror Psicologico }
Le nuvole si macchiarono di una colorazione particolare, tendente al nero alla sua sinistra, mentre dalla parte opposta, illuminate dagli ultimi sprazzi di sole, s’acquarellarono d’arancio. Uno scenario surreale.
La strada era buia, e i pochi lampioni presenti dovevano ancora destarsi dal loro meritato riposo giornaliero. I pali delle linee elettriche e l’interminabile filodiffusione si stagliava alta con presunzione nei cieli della città.
Man mano che la notte avanzava, inghiottendo le luci del giorno, i suoi passi riecheggiavano nelle sue orecchie con maggior impeto, risultando quasi irritanti.
Un paio di grandi occhi eterocromatici l'osservarono.
Si portò l’indice e il polline alla bocca e , forse frutto di un’insana stregoneria, dalle sue rosee labbra agguantò un piccolo e soffice petalo screziato bianco e rosa.
Un petalo di Ciliegio.
Un’attraente proibizione che poteva stroncare il fiato.
"Io sono… Shizuka.”
La notte affamata, s’inghiottì anche la disperazione.
Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Nonsense | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Il Bacio del Silenzio

450ppbb

Camminava da solo verso casa.
E come ogni tardo pomeriggio tagliò il percorso incamminandosi verso quella desolata e piccola strada di periferia. Lo sferragliamento del treno poco lontano era l’unico rumore che riusciva a percepire, oltre a quello dei suoi stessi passi sull’asfalto intiepidito dalla giornata di sole appena trascorsa.
Solo le voci di qualche gruppo di passanti riuscì a ricordargli che la città non era mai per davvero dormiente. E a quel fulgido pensiero l’inquietudine del suo cuore placò leggermente.
Era una giornata come tante altre, non c’era ragione per essere nervosi, soprattutto per un motivo futile come quello: aveva diciassette anni, ormai avrebbe dovuto smettere di aver paura a camminare al buio.
Era ridicolo – quel suo comportamento.
L’imbrunire avanzava veloce come ogni sera, e l’immagine carica di significato che il cielo mostrava ai suoi occhi era sempre meravigliosa.
Aveva un fascino misterioso che sapeva sconvolgerlo con una semplicità schiacciante.

Quel pomeriggio, il cielo si tinse di un blu intenso, cupo, verso il grigio scuro. Le nuvole si macchiarono di una colorazione particolare, tendente al nero alla sua sinistra, mentre dalla parte opposta, illuminate dagli ultimi sprazzi di sole, s’acquerellarono d’arancio.
Uno scenario surreale. 
Un incanto divino dipingeva, giorno dopo giorno, panorami mozzafiato che mai e poi mai avrebbe desiderato scordare.

La strada era buia, e i pochi lampioni presenti dovevano ancora destarsi dal loro meritato riposo giornaliero. I pali delle linee elettriche e l’interminabile filodiffusione si stagliava alta con presunzione nei cieli della città. Una presenza imponente e a tratti rassicurante che gli donava la certezza di essere nato in un’epoca all’avanguardia e moderna. E anche quel cellulare, stretto con forza dalla sua mano pigramente poggiata nella tasca dei pantaloni della sua uniforme scolastica, acquistò un valore maggiore ai suoi occhi.
Una sicurezza tangibile.

Man mano che la notte avanzava, inghiottendo le luci del giorno, i suoi passi riecheggiavano nelle sue orecchie con maggior impeto, risultando quasi irritanti.
Da lontano, una figura minuta e buia sostava con apparente tranquillità vicino al piccolo parco del quartiere. Non vi era nulla di cui preoccuparsi; era solo una persona.
E’ questo che avrebbe desiderato credere,  e tentò con tutto sé stesso di non farsi prendere dal panico, ma per quanto continuasse ad avanzare e i suoi piedi continuassero a picchettare contro l’asfalto, non riuscì a mettere a fuoco né il viso né i lineamenti di quella figura oscura. E quasi si convinse fosse solo una fantomatica presenza immaginaria, partorita dalla sua mente, tentando di scartare con violenza l’idea che potesse essere un fantasma o qualcosa di simile.

Solo quando arrivò davanti all’ingresso del parco riuscì a scorgere il volto sottile di quella presenza oscura e qualche istante più tardi non poté che tirare un sospiro di sollievo, accorgendosi che si trattava solo di una giovane ragazza – forse più grande di lui di qualche anno. Era bella, ma qualcosa in quella graziosa ragazza gli fece affogare il cuore nella malinconia.
I capelli corvini danzavano scossi dal vento, accarezzando dolcemente il suo volto, le sue labbra, tinte di un rosa naturale, seducevano silenti, risaltando il chiarore della pelle che incorniciava quel particolare viso. Una pelle così diafana da sembrare bianca, di porcellana. Forse poco più chiara del maquillage utilizzato dalle Geishe.
Era davvero umana?

Il profumo dei fiori di Ciliegio si librò nell’aria e solo in quell’attimo s’accorse di quella maestosa pianta sospinta dal vento. Quel paesaggio innaturale s’animò con veemenza davanti ai suoi occhi.
Non era più solo il cielo a sembrargli stregato, ma lo era anche quella visione, quella presenza femminea e quell’insolito incresparsi di petali e corolle.
Quella fragranza era inspiegabilmente più intensa del solito. Così forte che si sentì soffocare, rantolando alla ricerca dell’aria.
E quella donna lì: ferma, completamente immobile.
Continuava ad osservarlo con sapiente devozione, squadrandolo da capo a piedi con quei suoi grandi occhi eterocromatici: uno verde e l’altro rosso.

Quegli occhi erano strani, del tutto insoliti ed inespressivi; freddi.
Non aveva mai visto nessuno con gli occhi rossi.
Non aveva mai visto nemmeno quel particolare grado di rosso, ad essere onesti. Era così intenso da sembrare caldo come il fuoco.
Scottava.
Così vibrante da sembrare sangue.
Violento.
Scarlatto.

Forse, a ben guardare, l’altro occhio era molto più confortante di quella pupilla macchiata di peccato. Però, riflettendoci, anche quel tono di verde era innaturale.
«Ch-chi sei? Sei reale?» domandò con voce tremante, indugiando leggermente di qualche passo non appena la vide muoversi verso di lui.
Non disse nulla, non rispose. Semplicemente sorrise.
Un sorriso fresco, quasi fanciullesco, eppure ai suoi occhi apparve ugualmente agghiacciante. Totalmente privo di sentimento.
Un sorriso menzognero.
«Ti stavo aspettando, Asakura Shun.[1]» proferì poi, avvicinandosi pericolosamente al suo volto. La sua voce era inequivocabilmente quella di una normale donna, certamente più squillante di un’ottava della sua. Eppure era così chiara da sembrare quasi incolore; eterea.

«Co-come fai a conoscermi?» domandò con sorpresa il ragazzo, facendo inevitabilmente accelerare i suoi battiti in un groviglio altalenante di sentimenti, mentre l’inquietudine s’insinuava nella sua anima senza alcun permesso.
«Io conosco tutto. Sono qui per te.» rispose pacatamente, accarezzandogli una guancia e scottandosi con il calore emanato da quel corpo, ancora pieno di vita.

La sensazione di quel flebile contatto paralizzò all’istante Shun.
Quelle sue mani non erano umane: così fredde da sembrare ghiacciate quanto la neve più gelida. E forse anche di più.
Nessun umano avrebbe potuto avere una simile temperatura corporea.
La paura lo annichilì in un breve istante.
L’aveva capito.
Ormai non aveva scampo.

Quella bellissima presenza stregata, si portò l’indice e il pollice alla bocca e, forse frutto di un’insana stregoneria, dalle sue rosee labbra agguantò un piccolo e soffice petalo screziato bianco e rosa; un petalo di Ciliegio. Con delicatezza lo poggiò sulle calde e morbide labbra di quel generoso ragazzo.
«Ichi, Ni, San… Shi![2] »
Le sue labbra s’incresparono, assecondando i movimenti delle parole, enunciando quei numeri con una fermezza senza eguali e al suono di quello che forse era un vero e proprio incantesimo proibito, Shun si sentì mancare le forze.
Lentamente, ogni arto del suo corpo risultò talmente pesante che ricadde scompostamente su sé stesso, avvertendo una forza sconosciuta attrarlo verso un luogo altrettanto sconosciuto.
Non poteva opporsi.
Non riusciva ad opporsi.
Diabolicamente si sentì privare anche del respiro e arrivati a quel punto comprese che la sua vita gli stava scivolando inesorabilmente dalle mani.
Stava diventando una piccola molecola d’infinito.
Stava diventando inutile quanto un granello di sabbia, leggero come la polvere.
Si stava privando della sua stessa esistenza: della sua vita. E non sapeva come combattere quell’infausto destino.
«Non voglio morire. – ammise debolmente il giovane Shun, faticando persino a parlare. – Tu… Chi diavolo sei?»
«Diavolo?! – a quel nomignolo sorrise impercettibilmente, chinandosi verso il ragazzo. –
Io sono Shizuka[3].» sussurrò al suo orecchio in un attimo inseguito dal terrore più buio.

Gli occhi di Shun si spalancarono increduli, sopraffatti dalla paura.
Non era uno scherzo, né tanto un brutto sogno, ma solamente una maledetta verità.
La speranza vacillò, schiacciata da un peso sin troppo grande da sopportare e  in breve s’annientò, sfiorando appena quelle labbra gentili.
Labbra all’apparenza aggraziate e dolci, ma che nel profondo celavano il potere degli inferi:
la distruzione assoluta.
Un’attraente proibizione che poteva stroncare il fiato. E così, inerme e piegato al proprio fato, la sua vita perse colore e luce, prosciugandosi come un ruscello in una calda giornata d’estate. Semplicemente svanì, soffocato da quella fragranza fiorita coccolata dall’ira del vento. E come in un pericoloso gioco di equilibri contrapposti, in un breve attimo rincorso dal tempo, gioiosi fiori di purezza si macchiarono di rosso vermiglio, assorbendo i peccati commessi e il sangue versato, scintillando all’imbrunire come vivaci aceri rossi colmi di passione.
Una bellezza contorta: agghiacciante e così maledettamente feroce da apparire completamente irreale.
La sua anima venne risucchiata lasciando cadere al suolo il corpo ormai già privo di vita.
Non era rimasto più nulla; solo un’altra vita spezzata.
Nulla di più.
La notte affamata, s’inghiottì anche la disperazione. E nell'alba di un nuovo giorno, l'amara consapevolezza di quella vita strappata divenne una realtà inconfutabile che stravolse l'anima e i pensieri di chi aveva conosciuto quel giovane ragazzo così pieno di vita.

«E’ stato ritrovato il corpo privo di vita di un ragazzo di appena diciassette anni:
Asakura Shun, studente del Liceo Nishidate di Tokyo. Ancora sconosciute le cause della morte,  s’indaga cercando di vagliare ogni possibile ipotesi…»
Il notiziario del mattino era irritante, sempre a parlare di economia e di persone tragicamente scomparse. Nessun rispetto nemmeno per le famiglie che avevano perduto un loro caro e con esso il loro stesso cuore.

Erano solo dei numeri. E lui, Asakura Shun, non era diverso dagli altri.
Era solo un frammento di vita; una piccola e breve meteora.
Non avrebbe mai potuto opporsi al suo destino.

SHIZUKA
Colei che veglia sui morti.
Il profumo del silenzio.

 

 



NOTE:
[1] Asakura: 朝 倉, 浅倉, 麻倉 Cognome Giapponese – Noto sin dal periodo Sengoku grazie ad un famoso Clan. (Sengoku Jidai 1467-1615; periodo storico nel quale vi furono anche le guerre ad opera di Oda Nobunaga), Asakura è anche  il nome di una città giapponese della prefettura di Fukuoka.
Shun:  (nome prettamente maschile) 駿 significa velocità/scintillio

[2] Ichi – Ni – San – Shi : (Ici-ni-san-sci) Corrispondono alla comune lettura e pronuncia dei prima quattro numeri cardinali (1; 2; 3; 4) in giapponese.

[3] Shizuka: (nome femminile) È composto da un primo elemento (shizu, "tranquillo") combinato con (ka, "estate") o con (ka, "profumo"). Il suo significato può essere tradotto in: profumo del silenzio.

Sakura: Fiori di Ciliegio. E’ anche utilizzato come nome femminile. (Tre varianti di scrittura in ideogrammi: oppure in alfabeto hiragana さくら oppure anche  咲良.  I Ciliegi sono fra le piante più comuni e amate dai Giapponesi; ne esistono di molte varietà, dal  Somei Yoshino (famiglia del Prunus) fiore dai classici 5 petali dal colore bianco candido screziato con un rosa tenue alla varieta " yaezakura" che vantano grandi fiori, di spessore e con ricchi petali rosa.

In Giappone si festeggia la primavera con l’HANAMI 花見 ("guardare i fiori"; Festa Nazionale.)
Ogni anno l’Agenzia Meteorologica Giapponese rilascia diversi bollettini per le previsioni di fioritura dei ciliegi che indicano l’inizio e il periodo di massima fioritura per le maggiori località delle 47 prefetture del Giappone. Per tradizione l'HANAMI si festeggia facendo grandi pic-nic annuali sotto gli alberi di Ciliegio che colorano le città, i parchi e le zone rurali.

I magici fiori di ciliegio (Sakura) rivestono un significato profondo nella cultura giapponese:
La caducità della vita, la pazienza e lo sforzo per dare il massimo e la consapevolezza che tutto passa e sfiorisce rappresenta il vero messaggio. Il saper apprezzare quel fulgido momento di bellezza senza rimpianti. Significa saper ammirare la ciclicità della vita.

Ai Ciliegi in fiore si associano svariate immagini: dal fascino di una donna nel suo momento di maggior bellezza e anch'essa, con velocità cangia. All'amore, quello candido e puro; magari un primo amore o quell'ultimo amore dal sapore agrodolce. Ma anche i Samurai venivano paragonati ai fiori di ciliegio: la loro vita era magnifica e potente ma sempre pronta a spegnersi nel momento di maggiore vigore.

Si narra che il colore dei fiori del ciliegio in origine fosse candido ma che, a seguito dell’ordine di un imperatore, di far seppellire i samurai caduti in battaglia sotto gli alberi di ciliegio, i petali divennero rosa, per aver assorbito il sangue di quei nobili guerrieri.




   
 
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