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Autore: Lennyk192    21/06/2013    6 recensioni
Quinn lo studiò atterrita per qualche secondo, prima di urlare e riprendere a muoversi, tirando i ceppi con strappi violenti, con l'unico risultato di provare ancora più dolore.
Sentì la sua guancia bruciare quando uno dei demoni le assestò uno schiaffo da rivoltarle la faccia.
La testa vorticò e quasi svenne per la violenza dell'impatto, ma prima di scivolare nell'oblio qualcosa pizzicò i suoi polsi e gli avambracci e uno stupido pensiero le sfiorò la mente.
Il giorno dopo sarebbe stata la Vigilia di Natale.
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From beneath you it devours'
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Epilogue



"Alec, maledizione, svegliati!" brontolò una voce profonda e scorbutica sopra di lui.
Subito dopo una mano grande e rude lo colpì con violenza alla guancia, il dolore gli attraversò tutto il viso fino a raggiungere la tempia che pulsò dolorosamente, svegliandolo.
"Grazie K, ma penso di averne prese abbastanza per oggi" gracchiò.
"Il tuo intestino sta facendo compagnia al pavimento, bello"
Immagini della lotta gli balenarono in testa e all'improvviso rammentò gli occhi grigi di Thren che si spalancavano increduli e irati prima che la vita lo abbandonasse per sempre. Il ricordo di tutto quello che era successo gli fece venire quasi la nausea, sensazione che aumentò quando incastrò i tasselli mancanti del puzzle. 
Cristo, il sacrificio.
"Dov'è lei?"
Non sapeva perché lo stesse chiedendo. Se il Signore della vendetta era stato rianimato, lei doveva essere morta.
Tuttavia voleva accertarsene. Forse poteva vederla un'ultima volta, come non era stato possibile fare con la madre.
"Lascia stare, devi rimetterti in sesto" gli rispose quello con voce dura, mentre incombeva su di lui, le mani sulle spalle, per aiutarlo ad alzarsi con gesti meccanici. Per un demone del genere, era ammirevole il fatto che gli offrisse il suo sostegno, nonostante lui avesse voltato le spalle a Dahak. 
"Levati dalle palle" gli ringhiò in risposta, per nulla interessato a quel raro momento di gentilezza. Respinse la forte vertigine che lo colse, e si ricordò di aver lasciato metà della sua testa su una delle pareti.
Chiuse gli occhi e si concentrò sulla ricerca.
Riusciva a distinguere l'odore del sangue dell'umana a pochi metri da lui, ma non poteva ancora individuarla attraverso le montagne di corpi ammassati tutt'intorno.
Barcollando si sollevò, portandosi una mano allo stomaco, quasi completamente squarciato. Pensò distrattamente che ci sarebbe voluto un secolo per rimettere tutto dentro.


Inquadrò la figura minuta sull'altare in fondo alla grande caverna e la raggiunse. Gli parve che ci volesse un'eternità a coprire quella distanza, ma finalmente si portò accanto a lei con le viscere strette in una morsa di paura.
Era cerea come non mai, di un bianco spettrale e le labbra quasi blu, ogni goccia del suo sangue era stata prosciugata dal corpo.
Il petto sembrava essere completamente immobile.
Alec sollevò la mano tremante e la portò alla sua gola, preoccupandosi nel panico di averle sporcato la pelle di rosso.
In un primo momento non sembrò avvertire nulla e il respiro gli si bloccò nel petto. Poi, con più attenzione si ritrovò a tastare delicatamente l'arteria e finalmente ottene una risposta.
Il battito sotto le sue dita era lento, debolissimo, ma almeno c'era.
Probabilmente la piccolissima traccia di DNA demoniaco aveva rallentato l'intero processo di dissanguamento. 
Trattenendosi dal ringraziare Dio, chiese a Kegan il suo pugnale, fulminandolo con uno sguardo carico di odio, quando gli consigliò di lasciarla morire.
Doveva funzionare, non aveva fatto tutta quella fatica per niente.
Voleva disperatamente che si svegliasse. Lei non poteva fare la stessa fine di Liz, non per colpa sua. Non di nuovo.
Aveva bisogno che i suoi occhi azzurri si aprissero. Voleva vederla alzarli al cielo quando lui faceva una battuta idiota, ridurli a due fessure quando gli disobbediva o lo sfidava e illuminarsi dopo una vittoria...
Andiamo dolcezza, svegliati.
Lo so che non me lo merito, ma tu fallo lo stesso.


Qualcosa di bollente e denso scorreva nella gola di Quinn.
Sapeva di vino rosso speziato con un retrogusto metallico, ma era fortissimo, come un concentrato di dieci bottiglie.
L'aveva già assaggiato prima.
Ne voleva ancora, ma era troppo debole per inghiottire una seconda volta. Poi quel calore raggiunse lo stomaco e si propagò al resto del corpo, scacciando il pesante torpore che la paralizzava e dandole energia.
Socchiuse gli occhi e vide Alec chino su di lei, il polso sulla sua bocca chiusa, su cui il sangue colava.
Aprì le labbra per pregarlo di smettere, disgustata, ma un altro sorso scivolò fino allo stomaco e la riempì di forza.
"Brava, piccola, così" la incoraggiò lui.
Lo studiò di sottecchi: sottili rughe di tensione si diramavano dagli occhi azzurri e dalla bocca, e appariva pallido. La tensione e la sofferenza su quel volto bello e fiero penetrarono oltre la sua confusione, offrendole un terreno a cui aggrapparsi.
Respirò lentamente e alla fine si calmò, restando sola con i suoi pensieri.
Ricordava di essere stata immobilizzata da due energumeni con due paia di zanne aguzze.
Qualcosa di appuntito le veniva infilato nelle braccia. Poi la stanza aveva cominciato a girare, le luci ad affievolirsi.
Aveva intravisto Zane colpire a morte il sacerdote, finché non c'era stato nient'altro che buio.


                                                                                                                                       ***


Alec scese gli scalini velocemente.
Varie schiere di demoni attorniavano il corpo sanguinante di Zane. Al suo fianco Aud sembrava inconsolabile: rannicchiata al suolo, piangeva a dirotto, gli parlava all'orecchio, come se fosse convinta che potesse ancora ascoltarla.
Provò pena per lei.
Aveva sottovalutato i suoi sentimenti per il demone, guidato dai pregiudizi circa la sua razza. L'altro invece era andato oltre e, forse, a modo suo l'aveva anche ricambiata.
Dopo aver portato Quinn a riposare alla fortezza di Zane, aveva lanciato a Kegan e il resto dei suoi uomini un'occhiata d'intesa, sapendo che se li avesse incontrati di nuovo, non ci sarebbe stata alcuna lealtà nei suoi confronti.
Era un demone 'civile', ormai. Non avrebbe più combattuto in prima linea.
Era diventato in meno di ventiquattr'ore, uno di quelli che sorbivano impotenti gli effetti della guerra tra i clan senza poter fare nulla per cambiare la situazione. Che schifo.
Ora non gli restava che occuparsi dei corpi, che dovevano essere bruciati secondo tradizione su terreno neutrale tra le due più grandi fazioni demoniache, e ovviamente fare in modo di stabilizzare Zane.
Suo fratello. Anche se il solo pensare a quella parola gli faceva ancora venire la pelle d'oca.


Quando entrò in camera, alle nove di sera, era completamente a pezzi.
Non tanto a livello fisico, perché le ferite erano guarite, anche se le cicatrici ci avrebbero messo un po' a scomparire del tutto, quanto a livello mentale, con tutto quello che aveva affrontato.
Una parte del suo passato aveva trovato finalmente pace, ma per fare in modo che questo accadesse, aveva dovuto sacrificare il suo presente e il futuro. Per non parlare della sua condizione da mezzosangue, ora più vera che mai.
Nonostante questo, i demoni del posto lo seguivano e gli parlavano come se fosse il nuovo comandante in carica e questo lo faceva sentire vagamente disgustato di se stesso.
Se nel suo corpo non ci fosse stato il sangue di Thren, non gli avrebbero affibbiato meriti che non voleva.
Lanciò una rapida occhiata al letto rifatto: Quinn doveva essere in piedi.
Quando l'aveva portata fuori dalla caverna sembrava più spaurita che mai e si era rannicchiata tra le sue braccia lungo tutto il tragitto, come si era sempre rifiutata di fare prima. Sperò che non si trovasse in uno stato di shock o qualcosa del genere.
Aveva bisogno di assicurarsi che lei stesse bene prima di lasciarla.


Mentre si decideva ad eliminare ogni traccia di preoccupazione dalla voce per chiamarla, la vide uscire dalla camera adiacente, con gli abiti presi in prestito da Aud per rimpiazzare quelli insanguinati e ridotti a brandelli, e i suoi riccioli biondi che le saltellavano sulle spalle. Aveva ripreso il suo solito colorito, le labbra nuovamente rosse e gli occhi azzurri vivi come non mai.
Gli rivolse un sorriso che, se fosse stato un altro, l'avrebbe fatto cadere sulle ginocchia.
"Ehi!" esclamò, abbracciandolo di slancio.
Lui s'irrigidì appena, trattenendo il respiro, poi si lasciò andare e allungò le mani per abbracciarla a sua volta.
L'ultima volta che era successo, lui non aveva ricambiato. Era furioso con lei perché si era quasi fatta ammazzare e aveva lottato con se stesso per non seguire l'impulso di farle male.
Ma le cose erano cambiate.
L'effetto che gli fece quel gesto fu devastante e l'eccitazione schizzò alle stelle.
Desiderò tenerla stretta a sé per un tempo infinito, sprofondando nel suo profumo dolce che ora li avvolgeva entrambi.
Si permise di chiudere gli occhi ed assaporare il momento.


Quando si allontanarono, lei arrossì lievemente sotto il suo sguardo incandescente.
"Sei dannatamente bella" le sussurrò con voce roca, ammirando il modo in cui i jeans le fasciavano le gambe e il maglione rosa antico con il collo a V lasciava intravedere il solco tra i seni.
E io sono un patetico coglione.
La vide superare il momento di timidezza e sollevare il mento con aria fiera, poi gli sorrise.

"Beh, senza tutto quel sangue appiccicato addosso, anche tu non sei proprio da buttare via. Dove ehm…sono finiti tutti gli altri?"
L'immagine della furiosa battaglia le rimbombarono nella testa in tanti piccoli flash. Ricordò i demoni, il sangue, le urla.
Aveva perso i sensi fuori dalla caverna e si era risvegliata su un comodo letto, in una stanza che non aveva mai visto prima, degli abiti nell'armadio che non erano i suoi, a cercare di rimettere insieme i pezzi di quella folle giornata, trascorrendo la maggior parte della Vigilia di Natale a dormire e a recuperare le forze, in attesa di rivedere Alec.
"Sistemano Zane nei sotterranei"
"Ah. Non per essere scortese, ma Zane non è morto?"
Lui scosse la testa, portandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Maledizione, non riusciva a staccarle le mani di dosso."E' sospeso tra la vita e la morte. Se fosse in un ospedale umano, direbbero che è in coma"
"Mi dispiace...anche per Aud" 
Lui alzò le spalle con noncuranza, senza riuscire ad ammettere di provare la stessa cosa.


"Oh andiamo! Non fingere che non t'importi nulla. Vi siete aiutati a vicenda laggiù e avete sconfitto suo padre insieme. Avrà pur significato qualcosa, no?"
Il demone la ringraziò mentalmente per non aver detto vostro padre. "Come fai a sapere quello che è successo? Eri praticamente andata!" le chiese, incrociando le braccia al petto.
"Qui ne parlano tutti" spiegò con un sorrisetto furbo che gli fece capire che con ogni probabilità aveva origliato diverse conversazioni nell'arco della giornata. Dubitava che i demoni potessero averne parlato direttamente con lei.
"Dicono che con Zane fuori gioco e Aidan scomparso, ora sia tu il legittimo capo dei demoni della vendetta" aggiunse incerta. 
"Stronzate. Subentrerà il suo secondo" sbuffò lui. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era che qualcuno lo costringesse a prendere il comando. Nei suoi momenti migliori sapeva a malapena gestire se stesso.
"Ma ormai non fai più parte del clan di Dahak, giusto?"
"No" disse senza rimpianti. Potendo tornare indietro, l'avrebbe abbandonato ancora se questo avesse significato ottenere la sua meritata vendetta... e salvarle la vita.
"E che hai intenzione di fare adesso?" la sua voce suonò stranamente tesa, come se temesse la risposta.
"Il nomade, il mercenario, chissenefrega…" borbottò scrollando le spalle. Qualunque cosa decidesse, sarebbe stata uno scherzo rispetto a quello che aveva passato finora. Compreso avere a che fare con lei.
"Hai le idee chiare"
"Beh saputella, qualcosa la farò di sicuro: riportare il tuo bel culetto a casa"
"Casa?"
"Sì, hai presente?
Quel bell'appartamento a Chambers St, Rhode Island, Terra, sistema solare..?"
Vide un'ombra passare sul suo bellissimo viso e sollevò un sopracciglio, confuso. "Non era quello che volevi?"
Una stupida parte di lui si aspettò che negasse. Aveva l'espressione di chi stava per accettare un regalo per pura cortesia e neanche una briciola di entusiasmo.
"Ma certo. Ehi, sono giusto in tempo per Natale!" si finse felice, mentre il suo cuore si faceva pesante come un macigno.
Alec annuì. "Bene. Tra un paio d'ore andiamo"


"Alec..." lo richiamò,prima che s'incamminasse verso l'uscita. Ammirò le sue spalle muscolose per non alzare lo sguardo e incontrare i suoi occhi, mentre lui emetteva un sospiro che rivelò tutta la sua stanchezza.
"Sì?" domandò senza fiato.
"Perché non resti da me per un po'?" propose senza riflettere. Lo vide inspirare a fondo e guardarla come se fosse completamente pazza. Fantastico, proprio la reazione che speravo!
"Insomma non da me, in senso stretto, io intendevo…nella realtà umana" balbettò correggendosi come una ragazzina idiota, arrossendo fino alle punte dei capelli.
Il suo volto si rilassò e le sue labbra si tesero in un sorriso triste. "Non posso"
"Perché?" il tono con cui lo chiese non mascherò la sua delusione. Cercò di non sembrare triste e fingersi sinceramente interessata alla sua risposta, ma non riusciva a capire la voglia di mantenere le distanze dalla sua vecchia natura.
"Quinn" Un ammonimento debole.
Sapeva che non l'avrebbe zittita , ormai aveva imparato a conoscere la sua testardaggine. E l'adorava.  
"Dammi una buona ragione" riprese infatti "Voglio dire, non è che tu abbia tanti di quei progetti da…"
"Non c'è niente per me là fuori, non capisci?
Non ho la minima idea di chi io sia adesso. Non sono più solo un demone e sicuramente non sono un umano. Per quanto mi sforzi, non riesco più ad annullare deliberatamente una delle due parti. Ci ho provato, non...funziona più" le disse, frustrato. Non avrebbe voluto sfogarsi con lei, ma era l'unica persona con cui ci fosse mai riuscito davvero, nel bene o nel male.


Tra loro calò un silenzio carico di emozioni contrastanti.
"Sei semplicemente tu. E' indispensabile un'etichetta? Puoi essere finalmente te stesso in modo completo, come non hai mai fatto prima. Potrei...aiutarti" la sentì sussurrare.
Il tono dolce con cui pronunciò quelle parole lo fece vacillare. Per un attimo fu tentato di crederle, perché sembrava sincera.
Desiderò baciarla fino a farsi girare la testa, incorniciandole le guance tra i palmi solo per sentire la sua pelle morbida in cui trovare un'ombra di conforto, invece si limitò a guardarla, scombussolato.
L'umano che era stato una volta non meritava di essere salvato, ma lei l'aveva fatto lo stesso.
Aveva portato confusione e pace allo stesso tempo, dentro di lui.
Ma era tempo di separarsi, per la sanità mentale di entrambi. Fece un passo indietro e la sua voce profonda le trasmise il gelo nelle ossa.
"Già, che meraviglia!" esclamò sarcastico, vedendola corrugare la fronte, contrariata. L'oscurità dentro di lui aveva messo radici così profonde che Alec sapeva di non potersene più liberare. "Non ero nessuno prima che Dahak mi trovasse. La sola cosa che so fare è uccidere, Quinn, quindi non sprecare il tuo tempo con me. Finiresti per rimpiangerlo" mormorò abbassando la maniglia della porta e aprendo uno spiraglio.
"Non è vero...e non andartene così!" replicò lei, così determinata da farlo innervosire. Sbuffò e richiuse la porta con un tonfo, voltandosi nella sua direzione e scontrandosi con il suo sguardo limpido e insistente, che riusciva a privarlo di ogni resistenza.
"Cosa cazzo pretendi che ti dica?"
"Non lo so. Che proverai a convivere con quello che sei senza opporti, magari!" ribatté piccata. Non era minimamente influenzata dalla sua rabbia. Non le faceva affatto paura, maledizione.
"Ma che t'importa? Perché diavolo non vuoi lasciarmi in pace?"
"Tu che pensi, idiota? Perché ti amo!" gli urlò all'improvviso portandosi più vicina a lui, senza abbassare lo sguardo. 


Stordito dalle sue parole, Alec la allontanò da sé.
Pareva raggelato, tanto testardo ad non voler credere che quel sentimento potesse appartenerle davvero. 
Era sempre stato un fallimento su ogni fronte, e cedendo ai suoi stupidi impulsi si era concesso ogni briciola di piacere potesse ottenere da lei, perché non aveva altra scelta.
Era stato necessario quanto respirare, per colmare il senso di vuoto e inadeguatezza che provava da tutta la vita.
Quella ragazza sconvolgeva il suo mondo, gli dava la sensazione di poter ricomporre i pezzi della sua anima nel modo giusto.
Niente più parti mancanti: finalmente intero.
Ma quanto sarebbe durato?
Non aveva mai conosciuto nessuno che pensasse che lui valesse qualcosa al di fuori del mondo demoniaco. Quando si sarebbe accorta di aver preso un enorme abbaglio? E soprattutto, fino a che punto lui gli avrebbe ancora permesso di domarlo?
Non poteva amarlo, era impossibile. In lui vedeva solo una sorta di penoso caso clinico da aiutare. Spinto da quel pensiero, lasciò che l'istinto demoniaco prendesse il sopravvento su quel piacevole senso di calore che l'aveva avvolto nel sentirla parlare.
"Non farlo" disse, una risposta secca, pronunciata forse più per sé che per lei.

"Cosa?"
Alec recuperò la lucidità e assunse un'espressione imperturbabile che lei non riuscì a decifrare. "Credere di amarmi. Ti stai solo prendendo in giro"
"Pensi che non sia in grado di capire quello che provo? Per tua informazione sono abbastanza qualificata per farlo" la voce leggermente alterata e rotta dall'emozione. Era ferita, se ne sarebbe accorto anche un cieco.
"Allora dacci un taglio e basta. Ti distruggerà. Io non sono capace di…una cosa del genere" sibilò duramente, uscendo dalla stanza.


Quinn rimase sola per un tempo indefinito.
Aveva confessato i suoi sentimenti ad un demone. Si era esposta e almeno lui non l'aveva derisa come aveva temuto che facesse.
L'aveva respinta mostrando la sua paura: credeva di non essere capace di amare.
Probabilmente non credeva nemmeno di meritarsi l'amore di qualcuno.
Il che era assolutamente ridicolo.
L'aveva usata, le aveva mentito, l'aveva sedotta e fatta impazzire, ma vedeva in lui il potenziale per diventare ciò che era destinato ad essere. Provava un amore sincero per l'uomo che diventava abbassando appena la guardia, vedeva il buono in lui e sapeva per certo quello di cui sarebbe stato capace, senza tutta quella sete di vendetta ad avvelenargli la vita.  
Ma Alec non aveva la minima fiducia in sé. Non capiva che cosa lo spingesse a detestarsi così.
Da quello che aveva potuto evincere dai suoi rari momenti di vulnerabilità, lui aveva la convinzione di vivere nell'errore, di mancare in ogni cosa, di essere capace solo di fare il demone e provare sentimenti negativi.
Sicuramente si sentiva in colpa per morte di sua madre, per non essere riuscito a salvarla, e questo lo aveva condotto ad un'esistenza solitaria, priva dell'amore di cui la sua parte umana aveva disperato bisogno.
Quinn si domandava come facesse a non rendersi conto di essere migliore di quanto pensasse.


                                                                                                                                        ***


Era appena uscito dalla doccia quando, dopo aver afferrato le prime cose appese nell'armadio, era piombato davanti a lei senza neanche passare per la porta.
I capelli bagnati gli ricadevano scomposti sulla fronte, ma non se ne curò. Voleva riportarla a casa il prima possibile e chiudere quel capitolo della sua vita.
Quinn se ne stava appollaiata su una delle poltrone della stanza, assorta nei suoi pensieri, e sobbalzò appena quando lo vide.
"Sei pronta?" le domandò senza guardarla.
"Sì" un sussurro ricco di determinazione ed entusiasmo appena trattenuto, che gli fece indurire la mascella. Sembrava avesse recuperato tutta la voglia di tornare a casa in poco tempo.
Gli sembrò di avvertire mille scariche elettriche attraversargli il corpo, quando la portò vicina prendendole la mano e si smaterializzò.
Sapeva quanto lei odiasse quella pratica, ma non diede segni di instabilità quando si ritrovarono all'interno della sua piccola camera da letto. Forse ci si era abituata, dopotutto. Come si faceva con qualunque altra cosa.
Lui si sarebbe abituato alla sua assenza, per esempio.
Aprì la bocca per darle un saluto sprezzante e sparire prima che potesse ripensarci, ma lo sguardo di lei lo inchiodò al suolo e gli fermò le parole in fondo alla gola.
"Ho bisogno di dirti un'ultima cosa" 
"Che novità!" scherzò Alec, negando a se stesso quel senso di panico che gli serpeggiò dentro, al pensiero che lei stesse per dirgli addio.


Quinn lo fissò, restia ad ammettere di non sapere da dove cominciare. Era l'ultima chance, e doveva giocarsela per bene.
"Ti amo davvero, lo sai? E penso che per te sia lo stesso" disse infine, avanzando di un passo, invasa all'improvviso da una sicurezza che non sapeva minimamente di possedere.
A quella dichiarazione chiara e coincisa il sangue gli pulsò nelle vene e il cuore perse un battito; sollevando le sopracciglia Alec si sforzò di guardarla con espressione divertita. "Il tuo ego non ha alcun limite, eh?"
Doveva essere risoluto e cattivo.
Lei aveva logorato quell'involucro che il demone aveva costruito intorno a sé quando si trattava di cedere ai sentimenti umani.
Non era riuscito ad impedirglielo.
Cazzo.
Il non panico cominciava ad assumere proporzioni allarmanti, ma Alec sbuffò e si costrinse a fissarla severo.
"Sei una ragazza intelligente, dovresti sapere che c'è una differenza notevole tra quello che vorresti che provassi per te e quello che realmente provo. Quindi smettila di spacciare per veri sentimenti che, tra l'altro, io non ho mai detto di ricambiare" sputò con livore, sperando di sortire l'effetto desiderato: allontanarla.


Lei era umana, nonostante le ultime novità. Sicuramente più di lui.
Ed era la cosa più bella e pulita che avesse mai trovato nella sua vita.
Meritava un'esistenza normale, con un uomo veramente capace di apprezzare tutto ciò che lei offriva, non con uno abituato a respingere tutto ciò che lo rendeva umano per votarsi al male.
Quell'amara consapevolezza piena di rimpianto gli calò sulle spalle come un peso opprimente.
Per la prima volta dopo tanto tempo, Alec avrebbe voluto essere capace di amare come prima. 
La vide abbassare lo sguardo e mordicchiarsi il labbro inferiore, mentre torturava l'orlo del maglione con le mani.
Provò l'insano impulso di gettare al vento tutte le stronzate appena dette e affondare le mani nei suoi capelli per tenerla stretta di nuovo.
Guardami, non poté impedirsi di pensare.
Lei lo fece.
Non lesse dolore nel suo sguardo. Era beffardo, divertito e vagamente malizioso.
"
Non sapere quello che si prova non è lo stesso che non sentire nulla. Niente ti impedisce di imparare a trattare con quei cosi tanto spaventosi chiamati sentimenti. Ormai fanno di nuovo parte di te e me ne prendo tutto il merito!" esclamò raggiante "Così, penso che dovresti restare nei paraggi perché possa insegnarti qualcosa in proposito"


Non c'era niente da fare, con lei.
Doveva sempre avere l'ultima parola e la maledetta cosa giusta da dire.
Non riusciva a smettere di guardarla, e non riuscì neppure a tirarsi indietro quando gli si avvicinò ancora con passo elegante e sicuro, privo dell'esitazione che aveva sempre dimostrato, incantandolo.
"Dovresti cominciare a guardare avanti piuttosto che indietro. Puoi essere e fare tutto quello che vuoi adesso" gli mormorò, sperando che riconoscesse la verità di quell'affermazione, poi gli posò lentamente una mano sul cuore che palpitava contro la cassa toracica.
Quelle mani non avrebbero dovuto esercitare nessun potere su di lui, e tuttavia lo facevano bruciare in profondità e gli davano un sollievo incredibile. Scosse impercettibilmente la testa e la fissò imperturbabile.
"Ho passato la maggior parte della mia vita senza provare niente, piccola. Non posso ricambiarti. E tu vuoi che resti con te?" chiese, trattenendo il respiro mentre lei depositava piccoli, dolci baci sul suo collo, sicuramente sentendo il battito impazzito contro le labbra. 
"Mi sembrava di averlo chiarito" replicò serafica, sfiorandogli la guancia.

Era il tocco di un amante, una carezza così gentile, adorante e allo stesso tempo sensuale, che un'ondata di piacere gli increspò la pelle.
"Non sapevo che fossi una masochista" mormorò allora, sentendosi confuso ed eccitato.
Voleva smettere di parlare, smettere di resisterle.
"Sono solo fiduciosa"
Era certa al cento per cento che fosse più che capace di provare sentimenti, solo che non voleva ammetterlo.
Lo aveva già dimostrato, senza rendersene conto. Il solo fatto che le avesse salvato la vita per l'ennesima volta, nonostante fosse libero da ogni obbligo nei suoi confronti, ne era la prova lampante. 


Esalò un respiro. "Non ti aspetterai che io
semplicemente ignori la mia parte demoniaca, vero?"
Stava per cedere, lo sentiva. 
Fece spallucce, spingendolo a sedere sul materasso, e lo sguardo di lui si fece torbido quando con la lingua inumidì il labbro inferiore. Alec allungò un braccio per portarle il viso più vicino e lei si lasciò sfuggire una risatina divertita, schiaffeggiandogli  la mano.
"Non ho intenzione di soffocare o cambiare alcuna parte di te. Anche se, in effetti, potrebbe esserci una piccola clausola nel contratto" scherzò, mentre si sistemava comodamente su di lui, passandogli languidamente le braccia attorno al collo. Un famelico ruggito gli risuonò nel torace quando non gli permise di baciarla.
"Lo sapevo che c'era la fregatura" ansimò sentendola mordergli un lobo per farlo zittire.
"Circa il fatto di esercitare le tue 'capacità' contro gli umani...penso seriamente che potresti farne a meno" ammise slacciando lentamente i bottoni della camicia nera. I suoi palmi scivolarono sul torace, facendogli contrarre i muscoli. Stando attenta a muoversi lentamente, Quinn cominciò a stuzzicarlo con la bocca. Da come lui respirava, capì che le sue attenzioni erano molto gradite. 
"Ah sì?" soffiò lui, mordendosi la lingua per evitare di emettere un gemito tormentato.
Lei sorrise, radiosa.


Gli sfiorò le labbra con un bacio, premendo e mordicchiando prima di avanzare con la lingua e tracciare la forma seducente di quella bocca mascolina, respingendolo dolcemente quando lui si sporse per approfondire il contatto.
"Cristo, Quinn!" lo sentì imprecare rudemente, incapace di resistere ancora.
Le mani di Alec ormai erano artigliate alla sua vita, sollevando quel sottile strato di lana che lo separava dalla sua pelle setosa.
L'accarezzava frenetico con le dita bollenti, agognando la fine di quella tortura.
La stringeva forte, mentre il suo cuore picchiava vigoroso e il calore del corpo di Quinn filtrava nella sua pelle come un balsamo. 
"Sai come si dice: a Natale sono tutti più buoni"
Lo sentì grugnire in risposta. Il solito scettico.
Così decise di persuaderlo ancora un pò.
G
li prese il viso tra le mani e lo tenne fermo per dargli finalmente un bacio profondo, prendendo ad ondeggiare provocante su di lui, soffocando con le sue labbra il gemito soddisfatto del demone.
Lui le sfiorò il seno con le nocche, il che fu sufficiente a metterla in subbuglio, ma non rinunciò al suo intento.
Quando Alec si sdraiò sulla schiena, trascinandola giù con sé,  Quinn sollevò il capo,
opponendo resistenza alla forte presa di lui.
"Sai, la scelta è tua...E dipende soprattutto da quanto tremendamente vuoi passare il tempo con me" soffiò a un passo dalle sue labbra, sbattendo le palpebre con aria innocente.
Mentre il grande pendolo in soggiorno segnava rumorosamente lo scoccare della mezzanotte, con voce roca e implorante, il demone sibilò sorridendo "Sei dannatamente sleale".



                                                                                                                                                                          The End
  
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