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Autore: Windter    06/01/2008    4 recensioni
Nel grande falò della sera, La Fiamma di Alcantare crede di perdere sè stessa nel fuoco. Ma i veli della Figlia del Vento e la sua danza senza paragoni sconvolgeranno gli equilibri su cui tutto si era poggiato sino a quel momento. Mettendo in moto gli eventi che daranno vita ad un cambiamento epocale.
Genere: Romantico, Introspettivo, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'Incendio di Alcantare
Disclaimer: Il Ciclo di Alcantare è pensato per essere una serie di scene e situazioni generalmente autoconclusive, più o meno lunghe, che ruotano intorno ad un'ambientazione di stampo medioevale/fantasy. E' possibile, ma non certo, che comprenda personaggi ricorrenti. Non è previsto un numero ben preciso di storie, nè è deciso con quale frequenza queste verranno pubblicate.

Tutti nomi qui utilizzati e le situazioni qui descritte sono completamente frutto d'invenzione.
Vietata la riproduzione, la commercializzazione e le opere derivate. Tutti i diritti riservati.






[ Il Ciclo di Alcantare ]


III

L'Incendio di Alcantare



Il suono dei tamburi, ritmico e veloce, rimbomba caldo ed avvolgente, violento nel mio petto, come se fosse il mio cuore stesso a battere con potenza martellante. Il calore del falò sembra volermi consumare, il vento agita quella fiamma selvaggia spingendo di tanto in tanto in mia direzione folate ardenti, che trasportano verso me tutto il calore del fuoco; un'aria fumosa, pesantemente impregnata dell'odore del legno e della cenere, che mi riempie i polmoni bruciandomi la gola, come e più di una sorsata del nostro più potente liquore.
Inspiro a fondo, buttando giù quel misto penetrante di odori; in certi momenti è troppo forte e mi ruggisce nel petto, ed in quei casi non riesco a trattenere la tosse. Nello stordimento generale, fra le danze e i canti gridati al cielo, anche questo aiuta ad inebriarmi e a perdere il controllo.
Scintille crepitano fra i ceppi ogni volta che il fuoco si appicca ad un nuovo pezzo di legno, spargendosi in gocce di luce tutt'intorno. Una pioggia di frammenti carbonizzati che ben presto si spengono sull'erba umida.

Dimentica di tutto e tutti, senza quasi rendermene conto canto a pieni polmoni testi imparati secoli prima, seguendo un coro di voci che mi appare distante, ovattato rispetto al fulgore della fiamma che si agita davanti a me. E' come se fossimo solo io e lei, io e il fuoco, e la notte nera a farci da velo e ad allontanarci dal resto del mondo.
Mi riempio gli occhi con il suo ardente splendore, ne respiro le volute a fondo e con urgenza come se potessi morire fra solo un istante: temo di godere troppo poco della sua vicinanza. Trabocco di una straziante e fortissima sensazione di nostalgia, una stretta dolceamara mi attanaglia il petto mentre la mia mente si allontana ed io sprofondo nella sua danza di sagome scattanti che si rincorrono fra le luci e le ombre. Persino la mia voce mi risulta estranea nei lunghi momenti in cui mi perdo a contemplare il fuoco, mentre i miei compagni sfumano e scompaiono dai miei orizzonti, e le mie labbra continuano a cantare.



Quando Maab, la Signora delle Fiamme, mi aveva vista per la prima volta, aveva immediatamente intuito la mia naturale propensione verso il fuoco. Così mi aveva strappata al mio nido accogliendomi presso di sé, vedendo nei miei occhi di bambina lo sguardo scuro di chi cova braci sul fondo del proprio cuore, affinché imparassi la tecnica della divinazione attraverso le sue spire. Ed io non solo l'avevo appresa, ma ne avevo fatta una vera e propria Arte, tendendo ben presto la mia abilità ben oltre i già vasti orizzonti che Maab mi aveva spalancato.
Applicandomi con solerzia ed abituandomi gradualmente ad avere confidenza con l'estasi del fuoco, avevo facilmente imparato a padroneggiare il metodo per allontanarmi sempre maggiormente dalla realtà, e per periodi sempre più lunghi. Una volta fra le tante, riemergendo da uno di quegli stati di assenza, mi ero come risvegliata con una nuova consapevolezza stretta nell'anima: scrutare il futuro degli uomini non poteva, anzi non doveva essere il mio unico e solo obiettivo.

Maab mi insegnava ad amare la lusinga della fiamma, a fondermi con lei e divenire fuoco io stessa, per far sì che gli eventi mi scivolassero fra le mani e che gli occhi potessero fissarli, lanciando lo sguardo in avanti e trafiggendo così il futuro delle genti e dei popoli, come un coltello con una carta da gioco. Non era affatto detto che quel che lei sosteneva fosse sbagliato; semplicemente, in profondità sentivo che quel che nei miei vagabondaggi avevo potuto appena assaggiare, il vero frutto del cuore del fuoco, andava molto al di là di quella limitazione. La divinazione non è che un'ombra se paragonata alla natura della perfezione, ed era quella che avevo avvertito, era quella che sentivo l'esigenza di andare a cercare.

Perfezione. Una parola che, da sola, è ancora capace di scuotermi in profondità dopo tanti anni; non avrei mai potuto mirare più in alto.


Studiando il fuoco, respirando energia nel fumo del falò, perdendo la mente e la concezione di me stessa, immergendomi nel calore liquido della fiamma avrei compreso la sua più intima natura e l'avrei stretta fra le mani, l'avrei fatta mia. Allora, quando avessi carpito sino in fondo quel segreto e l'avessi fatto scorrere nel mio sangue sarei tornata ad avvertire quella sensazione che avevo provato solo marginalmente, e che ancora languiva nel retro del mio cuore. E sarebbe stato molto più intenso di quanto non era stato allora, in quei brevi stati d'assenza in cui mi ero persa di fronte ai falò della Signora delle Fiamme. Tendendomi verso il fuoco mi sarei allungata fino a valicare i limiti del mondo, sarei annegata e mi sarei scomposta, e sarei svanita tuffandomi in un enorme oceano di luce, sciogliendomi nell'estasi ultima, trasfigurandomi, ascendendo.
Ascensione. Per la prima volta avevo sentito di essere nata con uno scopo preciso, e con un preciso obiettivo da risolvere.

Trovata la mia nuova strada, a breve tempo da quella decisione avevo preso la strada, lasciandomi alle spalle la tana di Maab. Avevo deciso che avrei viaggiato, e calpestando terra e sollevando polvere avrei cercato per ogni dove il momento in cui sarebbe scattata la scintilla della consapevolezza suprema che andavo cercando. Non sapevo dove e come l'avrei trovata, ma sapevo che vedere posti nuovi e conoscere nuova gente avrebbe potuto quantomeno aiutare il mio spirito a risollevarsi dopo la lunga reclusione vissuta con la Signora delle Fiamme.
Viaggiando di luogo in luogo, ben presto mi ero resa conto che avrei dovuto mantenermi da sola. E avevo deciso di farlo attraverso l'unica vera abilità di cui disponessi: l'arte della divinazione di cui mi aveva fatto dono l'addestramento degli anni precedenti.
Le nostre sono terre di gente semplice e sincera, il culto del fuoco non si è mai spento nella nostra regione. Avevo iniziato da tempo ormai a vagabondare di luogo in luogo, offrendo i miei servigi, quando incontrai una donna che mandò in frantumi il mio pacifico equilibrio.

Non appena feci offerta della mia arte alla Catena di Alcantare, una giovane piccola e bionda che poi scoprii chiamarsi Elindar, lei mi rifilò uno schiaffo che mi sarebbe bruciato sulla guancia per giorni. Incurante delle mie proteste, dei miei calci e dei miei morsi mi caricò a cavallo, legata come un capretto, e mi portò lontano, strappandomi al paese dove avevo trovato temporaneo rifugio.


La odiavo. La odiavo e la temevo, ma non avrei mai confessato che avevo paura mi facesse del male. Molto, molto male.
Gridai nel bavaglio finché non terminai il fiato, e la gola mi bruciava come se avessi inghiottito un tizzone ardente. Mi agitai fra le corde finché non ebbi la pelle ustionata e non terminai le forze, dopo ore trascorse a dimenarmi invano. Quando vide che ero esausta, lei con tranquillità mi depose ai piedi di un albero, mi fece poggiare la schiena al tronco ed iniziò a raccontare con voce bassa, come se non fosse accaduto niente, della storia del fuoco e della sua importanza per le Guardie di Alcantare.
Sino a quel momento non avevo mai sentito nulla del genere, tutto quel che avevo saputo del fuoco prima di Maab era che era bruciante, inafferrabile ed affascinante, e tutto quel che avevo saputo dopo di lei era come amarlo e divenirne parte, e scavare fra le sue ombre alla ricerca dei segreti degli uomini.

La Catena di Alcantare mi mostrò una nuova natura del fuoco, qualcosa che sino a quel momento non avevo mai nemmeno immaginato. Me lo fece osservare attraverso gli occhi di una Guardia. E scoprii che la fiamma è luce e che la fiamma è ombra, ma non solo. Quella notte mi resi conto che la fiamma è l'origine ed il termine, è il primo grido di un bambino e la mano che sospinge gli spiriti dei guerrieri verso il cielo e oltre la Grande Foresta di Ghiaccio, nutrendosi del residuo dei loro corpi per sospingere le loro anime nella Valle degli Eroi. Che è il calore che riscalda la notte, che è il frammento dell'animo indomito del Signore della Guerra che arde in ogni uomo, che è la passione che alimenta i sogni e le aspirazioni. Che è ciò che brucia nelle vene di un vero Guerriero di Alcantare, la sua natura più profonda ed insondabile, la sua vera essenza. E per questo la divinazione, il tentativo di guardare il futuro attraverso la fiamma, era una bestemmia che mai una Guardia avrebbe potuto accettare e sopportare, perché la natura della fiamma era troppo sacra perché potesse venir usata per fini così bassi e meschini.

Al termine del suo racconto ero troppo stanca per reagire, per commentare o anche solo per pensare a qualunque cosa. L'unica cosa di cui fui certa, prima di crollare addormentata, fu che da quel momento sarebbero cambiate molte cose. E così, indubbiamente fu, perché quella notte fu compiuto il primo passo sulla via che mi avrebbe condotta a quel che sono poi divenuta: la Fiamma di Alcantare.



Quando la mia mente riemerge dallo stato di dolce abbandono in cui ero sprofondata, mi rendo conto sfocatamente che è passato del tempo, ma non saprei in nessun modo dire quanto: potrebbero essere brevissimi istanti, così come ore intere. Il battito dei tamburi si insinua nella mia mente mentre lentamente riprendo conoscenza, accorgendomi del fatto che il fumo mi ovatta la vista. Non riesco a domandarmi cosa sia accaduto nel frattempo, la mia mente è leggera come se fossi ancora immersa in un sogno notturno, come se fossi in parte ancora perduta negli insondabili vortici dei miei pensieri. Schiava della magia del rituale, stordita dal ritmo serrato della musica, dall'incessante potenza del canto, dai profumi che si mescolano nella notte calda, quei rari istanti di lucidità vengono meno non appena il mio sguardo incontra di nuovo il cuore di quel falò, e la mia mente si lascia nuovamente rapire dai suoi agitati movimenti, tornando a spaziare libera in dimensioni da me incontrollabili.

E' una spinta al mio braccio a strapparmi al mio ennesimo momento di oblio, e di nuovo con irruenza l'ondata delle voci del coro torna a riempire le mie orecchie. Risollevo lo sguardo accanto a me. Seduta al mio fianco destro, Elindar mi fissa con quei suoi grandi occhi chiari gesticolando ampiamente ed indicando il falò. Grida parole che non riesco a decifrare, parole che annegano nel fracasso tutt'intorno che si fa più pressante, in un concitato crescendo ritmico. Proprio ora mi doveva disturbare?


- "Che cosa?", le grido con tutta la mia voce chinandomi verso di lei. Chiudo gli occhi, il fuoco non deve distrarmi.

- "Laerys! Hanno chiamato Laerys!", mi risponde urlandomi nell'orecchio ed io riapro gli occhi di scatto, lanciandole il mio sguardo più interrogativo. Lei annuisce con entusiasmo, indicando con una mano il falò. In quel momento mi sembra di sentire distintamente il tintinnio dei bracciali che porta al polso. Mi dico che, in mezzo a quel fracasso, non è assolutamente possibile.

Solo in quell'istante allargo l'attenzione all'intero cerchio riunito intorno al fuoco, e mi rendo conto che dev'essere davvero passato molto tempo da quando mi sono lasciata andare. Il ritmo dei tamburi si è fatto incalzante, gli uomini scandiscono a gran voce il nome di Laerys, invocandone la presenza in mezzo a noi. Un fremito di aspettativa sembra attraversare tutti quanti, come se lungo il cerchio si rincorressero vere e proprie ondate di energia. Mi sembra quasi di avvertirle; rabbrividisco mentre il canto si fa sempre più forte, sempre più insistente, e con sempre maggiore potenza reclama la presenza della ragazza. Anche la mia voce grida fra le altre, e sollevo un pugno verso il cielo insieme a tutte le altre Guardie che, come me, la invocano. Poi una sagoma slanciata fa il proprio ingresso nel cerchio, mostrandosi in piena luce, e da lì in poi è solo Laerys.


Figura alta e scattante, la fiamma dipinge sul suo corpo ambrato trame di ombre e di calde tinte dorate, come a voler lambire ogni tratto della sua pelle e accarezzarla, afferrarla, possederla. La giovane si getta attraverso il cerchio come fosse fuoco lei stessa, lanciandosi in un ballo languido e selvaggio insieme, ed io mi dimentico di respirare mentre lei flessuosamente si esibisce in gesti enfatizzati dai veli che porta legati ai fianchi, come ali a cingere la sua figura. Non fissa negli occhi nessuno, eppure so che tutti gli occhi sono fissati su di lei; la maliziosa Figlia del Vento, la fanciulla che sola può amoreggiare con la fiamma, impunemente.

Nel tempo ho udito innumerevoli racconti favoleggianti riguardo la danza di Laerys, ma sfocatamente riesco a considerare che nulla è benché minimamente paragonabile alla meraviglia che mi prende mentre la guardo. Dimentico ogni cosa, le guardie, le grida, i tamburi; dimentico persino il fuoco che brilla dietro la sua figura, oscurato dalla sua presenza. Al rapido ritmo dei sonagli che porta alle caviglie, volteggia leggiadra intorno alla fiamma come se potesse giocare con lei, in una serie di movenze morbide e sensuali, capaci di accendere nel petto un istinto ferino, un desiderio che si annida nelle profondità del respiro, una smania che fa ribollire il sangue nelle vene. Come una preda pronta ad essere ghermita, la sua danza lascia in bocca il sapore che avrebbe la sua gola, quando i denti del predatore calassero possenti a trafiggerla e succhiarne via la vita, in un ultimo, sublime istante di amore e morte. La sua danza è desiderio allo stato puro, ed incolla gli occhi sul suo corpo, sulle sue forme, sui suoi movimenti ipnotizzando chi la guarda. Ipnotizzandomi.

Deglutisco a vuoto, incapace di staccare lo sguardo dalla sua figura atletica. I lunghi capelli neri vorticano alle sue spalle, selvaggiamente scossi dai suoi movimenti, come morbide onde ad ampliare la risonanza della carica erotica di quella sua danza. Persino il falò sembra rispondere a quel suo ballo, agitandosi violento, tendendosi verso quella figura che inevitabilmente gli si avvicina, seduttrice, per poi sfuggirgli non appena sembra ormai quasi perduta fra le sue spire.


Perduta lo sono io, senza rendermene conto, fra le spire di quel ballo, e come fuoco divento fuoco, ed il mio corpo avvampa, e mi perdo in lei come mi perderei in una fiamma. Intorno a me il mondo sparisce, confuso fra suoni remoti che non arrivano più alle mie orecchie. Persino il falò si staglia ora opaco alle spalle dell'ombra leggiadra della Figlia del Vento, e dei veli che lambiscono la sua figura con l'unico scopo di esaltare le linee del suo corpo. Innalza un ginocchio in aria gettando indietro il capo ed offrendo il petto alla notte. I sonagli tintinnano con forza; sogno di essere il buio per avvolgerla nel mio abbraccio. Poi tende quello stesso piede verso il cielo, allargando la gamba e ruotando leggera su sé stessa, dando le spalle al fuoco nel passargli accanto, perfettamente di fronte a me. Non respiro. Abbassa il volto, ed è in quel momento che incrocio il suo sguardo. E' in quel momento che ci perdiamo l'una nell'altra, e che capisco che, fra tutti, ha scelto me.

Poi, danzando si allontana verso l'altra parte del falò ed il mio sguardo si perde a seguirla, e non capisco più nulla per lunghi istanti fino a quando non mi rendo conto che Elindar mi sta scuotendo con forza tenendomi per un braccio, che sta ghignando e che mi guarda con aria sorniona, e che i suoi bracciali tintinnano fortissimo. Fisso l'attenzione su quel suono acuto perché ho bisogno di sorreggermi a qualcosa di semplice, ed è per quello che mi rendo conto poco dopo che i canti sono terminati, i tamburi rullano lentamente e fanno da sottofondo alle risa sguaiate dei nostri compagni. Quando alzo lo sguardo, mi accorgo che Laerys non c'è più.

La cerco con gli occhi, ma non vedo altro che uomini e donne, tamburi e boccali, e fiasche vuote abbandonate qua e là. In luce ed in ombra, non c'è traccia del suo corpo ambrato e dei suoi occhi scuri, e quasi cedo al dubbio che sia stato un sogno, un'allucinazione, prima che le inconsapevoli conferme della Catena di Alcantare arrivino a schiarirmi la mente.


- "Allora? Che te ne è parso della Figlia del Vento?", mi domanda ammiccando con una mano stretta sul mio polso e gli occhi solcati da un lampo di visibile entusiasmo. Sembra quasi tornare bambina, da sfogo a tutta la sua ammirazione come mai ho visto fare alla spietata guerriera che conosco. L'incantesimo di quella danza deve aver fatto presa anche su di lei.

- "Incredibile, lo riconosco. Non avrei mai detto", mormoro cercando di sembrare il più lucida possibile, e cercando di guardarla negli occhi almeno mentre le rispondo, per poi tornare subito a cercare la figura di Laerys fra la gente. "Ma che fine ha fatto? Non ho visto da che parte è andata quando è cessata la musica".

- "Credo sia tornata nella sua tenda, so che non si ferma mai fra il pubblico dopo aver ballato", mi risponde Elindar prima di voltarsi, scambiare due parole con il ragazzo che ha seduto di fianco - credo sia il Cinghiale di Alcantare, ma non ne sono sicura - e poi tendermi la fiasca che lui le ha appena passato.

Accetto la fiasca e senza pensarci due volte bevo, senza nemmeno sapere cosa contiene. Mi trovo sul palato e sulla lingua il sapore di fuoco liquido del nostro liquore più forte, ed il mio corpo si incendia mentre butto giù due ampie sorsate di alcool, che impongono con prepotenza alla mia mente le immagini ancora vivide della sinuosa danza di quella ragazza. E dei suoi occhi piantati nei miei.
Asciugandomi la bocca con il polso passo la fiasca alla Guardia al mio fianco, e poi torno a scrutare la folla sperando vanamente di trovare l'esile sagoma della Figlia del Vento fra quelle dei guerrieri, irrobustite e temprate dalle battaglie e dalla dura vita che affrontiamo ogni giorno.
Lei non c'è, ma c'è l'alcool che mi ammorbidisce il corpo e mi scioglie la mente. Questo mi aiuta a prendere la decisione di andare a cercarla, cosa che forse mai farei in un altro momento. Senza una sola parola mi alzo in piedi, senza vacillare, e probabilmente Elindar pensa che mi senta male perché alza lo sguardo verso di me, ed allunga una mano verso la mia tunica, afferrandola fra le dita per chiamarmi.


- "Ehi, ti senti bene? Ti serve una mano?", mi domanda, guardandomi dal basso verso l'alto. Sono tentata per un istante di domandarle quale sia la tenda di Laerys, ma all'ultimo momento mi dico che forse è meglio non rivelare le mie intenzioni. Scuoto il capo e le rispondo che va tutto bene, e tanto basta per tranquillizzarla. Torna a parlare con il ragazzo accanto a lei, il Toro di Alcantare, o come viene chiamato.

Con passo fermo volto le spalle al falò, e appena mi allontano dal fuoco vengo investita da brividi di freddo, nonostante il calore del liquore che mi naviga nello stomaco. Tanto basta per svegliarmi abbastanza da farmi ricordare che all'inizio della serata mi era stata indicata la tenda della danzatrice, mentre qualcuno mi parlava di lei. Mi avvio abbandonando il gruppo, attraversando il campo verso quella che mi sembra di ricordare sia la tenda che mi hanno mostrato. Sperando di non sbagliare, indecisa su cosa dire e cosa fare una volta che sarò lì.
I miei passi scricchiolano nel silenzio e nel buio che avvolge il campo, poiché tutti sono intorno al fuoco. Vedo una sagoma stagliarsi sulle pareti dell'unica tenda illuminata dall'interno. Non faccio in tempo ad avvicinarmi che una figura fa capolino sull'ingresso, ed è proprio Laerys, che mi guarda sorridente e silenziosa. Sembrava quasi aspettare me, rifletto avvicinandomi a lei, e mi accorgo che forse sto ricambiando il suo sorriso.

Lei rimane in silenzio e mi fissa, ferma sulla soglia, ed arrivo al punto in cui alla fine mi devo fermare, e dire qualcosa. Non vengo colta dall'urgenza, come farei se fossi nella pienezza del mio stato mentale. Il suo incantesimo non si sprigiona solo nel ballo, ma riecheggia anche nella sua presenza quotidiana, e tutto di lei comunica quella soffusa attrazione che nel momento in cui danza si fa irresistibile. Dopo aver assistito a quello spettacolo, è difficile ricacciare indietro i ricordi freschi che si sovrappongono all'immagine che ho di fronte; impiego più di qualche momento a formulare una frase che, per quanto scontata e banale, è tutto ciò che riesco a pronunciare mentre la guardo.


- "La tua danza è stata qualcosa di ineguagliabile. Anche il fuoco sembrava impazzire per te, è stato... è stato...", mi si ingarbugliano i pensieri mentre incrocio i suoi occhi, e per qualche momento mi sembra di perdermi come farei in una fiamma. E' pericoloso, grida una voce dentro di me. Ma è un richiamo troppo forte perché possa resistergli; la mia voce probabilmente si perde in gola, sfumando, perché dopo qualche momento è lei a parlare, e non mi ricordo come ho concluso la mia frase.

- "Ti ringrazio", ride e qualcosa tintinna, potrebbero essere gli orecchini, o forse qualche fermaglio legato ai capelli. O forse è la sua risata, e le mie orecchie sono fortunate a poter sentire quel suono. Una fitta di desiderio si riaccende nel mio ventre, abbasso lo sguardo alle sue braccia. "Era quel che volevo ottenere, sono lieta che lo spettacolo ti sia piaciuto tanto. Ma entra pure, vieni all'interno, qui fuori non è certo il posto migliore per parlare".

Allunga una mano per spostare la pelle che cela l'ingresso e farmi spazio per passare, e devo trattenere il fiato per non lasciarmi sfuggire un singulto. In profondità so che lo fa perché l'ospitalità è sacra, e so che è consapevole che fra le Guardie di Alcantare non ha nulla da temere, per questo si può permettere tanta sicurezza e familiarità. Ma devo sforzarmi per distogliere lo sguardo da lei e scivolare all'interno della tenda; per questo, io non lo so se riesco a garantire che non abbia davvero nulla da temere.


Entriamo dentro la sua tenda, più spaziosa di quanto non sembrasse da fuori, e mi fa accomodare su un seggiolino mentre si siede sul suo pagliericcio. Non è nulla che sembri comodo o sfarzoso, mi attraversa il pensiero che la giovane dev'essere abituata alla vita dura, malgrado tutto. E' una considerazione che lascia il tempo che trova, svanisce nel momento in cui lei riprende la parola con quella sua voce bassa e gentile. Scopro che rispondendole mi si scioglie la lingua, che le parole vengono da sole e che intavolare un discorso non è complicato come poteva sembrare.
Parliamo del suo spettacolo, della danza, di queste terre e dei suoi abitanti. Parliamo del nostro lavoro di mercenari e dei nostri principi, mi rivela che da tempo viaggia esibendosi fra i villaggi e giungiamo alla conclusione che, dopotutto, quel che noi facciamo con le spade lei lo fa con la danza. Uccidere, ammaliare, la differenza in certi casi è estremamente ridotta. Si tratta di una soluzione come un'altra, un'arte come un'altra.

Man mano che ci confrontiamo mi rendo conto che non è un'ombra intangibile, ma bensì una donna, una donna dai capelli scuri e dalla pelle dorata che sembra contenere negli occhi il segreto dello spirito del mondo, ed una malizia arcana ed intangibile. C'è qualcosa di magico nella sua figura, qualcosa che ammalia nei suoi gesti e nei suoi toni, ed avvampare di desiderio è solo la conseguenza di tutto quanto è avvenuto quella sera; dello spettacolo, delle sue parole, di ogni suo movimento e di ogni suo sguardo rivolto a me. E' un istante infinito quello che mi incatena ai suoi occhi neri come il carbone, leggermente allungati, quando cala il silenzio fra di noi.
In quell'attimo si riaccende in me il brivido provato mentre danzava, ed ancora una volta esistiamo solamente lei ed io. Sono sicura che anche Laerys se ne accorge.

La Figlia del Vento mi fissa con occhi nuovi, sorpresi, smarriti. Probabilmente sono lo specchio dei miei, io che ho ricacciato il respiro in gola e ho dimenticato tutto il resto, mentre praticamente senza rendermi conto dei miei stessi gesti la avvicino a me e la stringo. Ha il tempo di aggrapparsi alle mie braccia ed alle mie spalle, prima che un bacio lunghissimo finalmente ci unisca.


Quella notte io sono la Fiamma, e lei è il Vento che si diverte ad attizzarmi. Con la lingua disegno scie di fuoco sulla sua pelle ambrata, i nostri cuori rimbombano impazziti e come tamburi accompagnano la nostra danza, scandita dal ritmo dei nostri respiri accelerati. La possiedo, mi possiede, ci stringiamo disperatamente l'una all'altra e ci amiamo con tutta la passione che abbiamo in corpo.
In lei mi abbandono, perdo la concezione di me stessa ritrovando le sue mani intrecciate alle mie, la sua bocca premuta contro la mia, il suo corpo nudo allacciato al mio, e mi sembra di essere esistita sino a quel momento solo per vivere quell'istante. Sarei pronta a giurare di essere nata in funzione di lei, e dell'attimo del nostro incontro, e le mie grida, ed il suo ansimare, ed i nostri baci ed i sussurri sembrano confermarlo di istante in istante. Fra le sue braccia rinasco, sento che quello è uno stato di completezza che non ho mai provato prima in nessun luogo ed in nessun momento, e mentre il mio ventre è sconvolto da lampi di piacere, il mio petto trabocca di una sensazione che quasi trascende quel momento; una pace che non so spiegare, una stretta che mi scioglie mano a mano che le sue mani percorrono la mia pelle, che la sua fantasia disegna nuove filigrane sul mio corpo.
Apro gli occhi, folgorata, e mentre alle mie labbra sfugge un gemito, capisco.

Ho attraversato le terre più desolate, a piedi e a cavallo, sola e in compagnia. Ho incontrato e ho perso uomini e donne, ho combattuto al loro fianco come mai credevo sarei stata capace di fare e ho trovato, con loro, uno spazio ed un vero ruolo nel mondo. Ho dormito sul suolo arido delle regioni del nord e fra le gelide nevi dell'est, mi sono ricoperta di fango e di polvere, ed anche del sangue dei nemici. Ho sempre portato con me il fuoco in tutto questo, non ho mai smesso di respirarlo, nemmeno quando ha preso la forma della fiamma di una pira funebre che si è portata via un amico, un compagno, un eroe. Ed ogni singolo passo che ho compiuto sino a questo momento, alla fine, si è rivelato perfettamente inutile.

Dopo tanto cercare avrei dovuto forse lasciar perdere, ma ho voluto insistere disperatamente, nella speranza di poter incappare un giorno o l'altro nella scintilla che avesse risvegliato quel senso di perfezione cui mi ero avvicinata così alla lontana attraverso il fuoco, tanti anni prima.
Volevo crederci. E mi aggrappavo alla folle speranza, ignorando la realtà che ogni giorno mi schiaffeggiava con la gelida realtà dei fatti, volendo, fortissimamente volendo che un giorno quell'alito di perfezione sfiorasse la mia anima, anche per un istante solo. Speravo di incontrare la scintilla. E poi mi dicevo che, in un modo o nell'altro, il resto sarebbe venuto da solo.


Le sue mani si soffermano sui miei fianchi, le mie trovano le sue cosce, e bocca contro bocca, fiato contro fiato, ricomincia la nostra danza di tigri in amore, mentre finalmente raggiungo la vera conclusione.
Dopo tanto cercare non ho trovato la scintilla, ma ho scovato direttamente il fuoco, l'apice della perfezione, il limite oltre il quale non esiste nient'altro. L'ho fatto mio, e mi ha fatta sua, inesorabilmente sua.
E quel fuoco, quella fiamma, è lei e nient'altro che lei.

Lei è tutto quel che ho cercato fino ad oggi, lei è il sogno che si celava nel falò della grotta di Maab, l'aspirazione che ha acceso il mio spirito ed infiammato il mio cuore tanti anni fa. Lei e solamente lei. Tutto quello che mi ha spinto sino ad oggi a cercare il fuoco si è concretizzato, stanotte, in un soffio chiamato Laerys.


Domani, l'alba saluterà l'Incendio di Alcantare.
Perché stanotte il vento ha trovato la fiamma, e soffiandovi sopra ha dato fuoco al mondo.


Finalmente, il mio scopo è realizzato.



  
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