Lechatvert
Secondo capitolo, babe!
°-°/
Tra l'altro, per chi se lo fosse perso, qui
c'è la oneshot da cui tutto questo ha origine.
Preparatevi, stavolta sono stata prolissa (passatemela una volta, d'ora
in poi mi riassumo, giuro!)
Un bacio!<3
Capitolo
Secondo
Colori d'Artista
Il Conte Levi di Fontenera impugnò l’affilata
spada di Toledo, rigirandola tra le mani per osservarla con occhi
estasiati. Era un’arma ben calibrata, leggera ed elegante,
con lo stemma del giglio rosso di Firenze in rilievo
sull’elsa.
« Allora », incalzò il fabbro.
« Vi interessa? »
Levi lo guardò con un sorriso gentile.
« Altroché, buonuomo! »,
esclamò, mettendo mano al borsello che portava legato alla
cintura. « Quanto volete per questa meraviglia? »
L’uomo parve pensarci un po’, muovendo gli angoli
della bocca a destra e a sinistra con fare indeciso.
« Ventisette fiorini, mio signore ».
Il Conte annuì, poi posò lo sguardo sul figlio
del fabbro, seduto in un angolo della bottega, intento a giocherellare
con il fodero riuscito male di una daga.
« Prendetene trenta e mandate vostro figlio a portare la
spada nelle mie stanze », concluse, allora. «
Alloggio alla pensione di Madonna Raffaella, chiedete del Conte di
Fontenera ».
L’uomo annuì, allungando la mano per ricevere le
monete.
« Come desiderate, mio signore. E grazie! »
Levi chinò il capo in cenno di saluto, lasciando la bottega
a piccoli balzi. Firenze era affollata, pervasa dagli acri odori del
mercato mattutino. Se, come lui, si era in grado di apprezzare la
frenesia del popolino, era sempre un piacere, trovarsi per quelle vie
all’ora di punta.
Sospirando, si guardò intorno con curiosità. Vi
erano bancarelle di profumatissima frutta, di trucco per signore, di
oli pregiati e di carne. Impossibile non trovare ciò che si
andava cercando, da quelle parti.
« Conte! »
Spintonata dalla folla, Madonna Ordelaffi lo raggiunse. Aveva in mano
un piccolo sacchetto di lino, probabilmente contenente della cipria
appena acquistata.
« Madonna, cominciavo a chiedermi se vi avessero rapita
», scherzò il Conte, offrendole il braccio per
invitarla a passeggiare. « In tal caso avrei sicuramente
dovuto trovare una scusa valida per vostro marito! »
La ragazza rise, accettando immediatamente il suo invito, e
incamminandosi verso Ponte Vecchio.
« C’è qualche posto in particolare che
vorreste visitare, Conte? », gli chiese.
« Vorrei fare visita a Santa Croce, se non vi dispiace
».
Lei parve sorpresa.
« Siete religioso, Conte? », chiese, con tono
meravigliato.
Lui annuì.
« Come tutti, Madonna. Ma sono cresciuto in un collegio di
Roma, sotto l’ordine dei benedettini. È
più un obbligo, che un piacere, per me, recarmi nella
basilica della città che visito ».
« Ezio non mi aveva mai detto niente riguardo a
ciò! », lo sgomento della ragazza continuava, man
mano che passavano Ponte Vecchio. « E, ditemi. Siete rimasto
laggiù a lungo? »
« Abbastanza. Fino alla proclamazione di Papa Sisto. Dopo di
che, sono stato costretto a fare ritorno a casa ».
« E come mai? »
Levi le fece l’occhiolino.
« State diventando un po’ troppo invadente, Madonna
», la riprese, con fare scherzoso. « Cosa direbbe
il vostro povero marito, se vi sentisse ora! »
La ragazza arrossì, chinando il capo con fare mortificato.
« Le mi scuse, Conte. Non intendevo impicciarmi nei vostri
affari … »
Levi rise di gusto, scrollando il capo. Lo divertiva, vedere come
Madonna Ordelaffi si imbarazzava facilmente.
Poi chinò improvvisamente gli angoli della bocca, ricordando
il suo ultimo giorno alla corte di Papa Sisto.
« Venite, Madonna. Voglio mostrarvi una cosa »,
disse, scacciando quei pensieri e sospingendo la ragazza verso un
angolo della strada. « È la bottega delle
meraviglie! »
Aprì le porte della bottega artigiana alla ragazza,
lasciando che fosse lei la prima ad entrare, poi la superò
con un balzo, guardandosi intorno con fare soddisfatto.
« Vecchio Verrocchio! », chiamò, alzando
la voce. « Verrocchio, siete in casa? »
Facendosi largo tra un piccolo gruppo di scultori all’opera
con i loro modelli, un uomo si avvicinò, accogliendoli
entrambi con un piccolo sorriso sulle labbra.
« Conte di Fontenera, quanto tempo! »,
esclamò. Poi guardò Madonna Ordelaffi.
« Non mi avevate mai scritto di esservi sposato! »
Levi rise, prendendo la mano della ragazza per porgerla a Verrocchio.
« Vecchio modo, per approcciare le fanciulle. Lasciate che vi
presenti Madonna Ordelaffi, la moglie di Messer Ezio Rangoni
».
Verrocchio le baciò la mano.
« Madonna ».
Lei gli sorrise, accennando un lieve inchino.
« Molto piacere ».
« Allora, Verrocchio », incalzò Levi.
« Quale gingillo avete da mostrarci, quest’oggi?
»
L’uomo alzò le spalle, desolato.
« Temo siate arrivati tardi. Giusto la settimana scorsa, uno
dei miei artisti ha dato prova della sua genialità con la
nuova colombina di Pasqua. È riuscito a venderla ai Medici.
Se foste stati qui domenica scorsa, avreste visto una vera e propria
meraviglia! »
Madonna Ordelaffi tirò la manica del Conte.
« Adoro lo spettacolo di Pasqua di Firenze! », gli
disse, illuminandosi con un sorriso.
Levi le sorrise di rimando.
« Che peccato », sospirò. «
Beh, aspetteremo la prossima opera d’arte per stupirci con le
vostre meraviglie. Andiamo, Madonna Ordelaffi. Dovreste riposarvi,
prima della festa ».
Lei annuì, offrendo al Maestro Verrocchio una leggera
riverenza.
Fecero per andarsene, ma una voce li bloccò.
« Madonna Ordelaffi, ferma! »
Lei sobbalzò, mentre Levi si voltò, allarmato.
Un giovane artista della bottega si avvicinava a passo spedito,
mordendo una mela.
« Madonna Ordelaffi », le disse, quando li
raggiunse. « Donatemi una ciocca dei vostri capelli!
»
« Leonardo! », lo richiamò Verrocchio.
Levi si voltò verso l’artista, tutto intendo ad
osservare la folta chioma rossa della ragazza.
« Quindi è lui, il tuo genio, Verrocchio!
», constatò.
Il Maestro alzò le spalle con fare rassegnato, confermando.
« I vostri capelli sono di un rosso che non ho mai visto, a
Firenze », disse l’artista. « Un rosso
singolare, quasi quello di un … »
Madonna Ordelaffi gli concesse un sorriso.
« Papavero? », suggerì. « Me
lo dicono in tanti ».
L’artista annuì.
« Vi prego, Madonna. Donatemene una ciocca. Voglio creare una
tinta quanto più simile a questa tonalità
».
Senza che Levi avesse il tempo per intromettersi, la ragazza
abbassò il capo in direzione di Leonardo.
« Prego, scegliete quella che più vi piace
».
Con delicatezza, l’artista le pettino una piccola treccia,
tagliandola infine per poi riporla tra le pagine del suo taccuino.
« Ho finito. Grazie, Madonna ».
La ragazza sorrise, poi si aggrappò di nuovo al braccio del
Conte, che per tutto il lavoro era rimasto in silenzio, osservando le
minuziose mani di Leonardo intente a intrecciare riccioli e ciuffi.
« Vi prego, Conte, portatemi a riposare, ora »,
disse, infine. « Non potremo permetterci di addormentarci in
piedi, dai Medici! »
« Come desiderate ».
Levi salutò con un cenno del capo i due artisti, girando sui
tacchi per immettersi nuovamente sulle strade affollate di Firenze.
Camminò in silenzio per qualche minuto, pensieroso.
« Non credo abbiate sia stato saggio, donare una ciocca dei
vostri capelli a quell’artista ».
Madonna Ordelaffi emise un gemito affranto.
« Oh, mi dispiace! Ma, ditemi. Cosa ve lo fa pensare?
»
Levi scosse il capo, tirando fuori un sorriso.
« Non ascoltate le mie paranoie, Madonna », le
disse. « Il viaggio deve avermi stancato più del
previsto ».
Con la pancia piena dall’abbondante cena che la pensione gli
aveva offerto, Girolamo Riario addentò l’unica
mela della fruttiera, appoggiando la schiena al muro gelido della sua
stanza.
Masticò quel frutto con gusto, assaporando l’aspro
sapere del succo, e incrociò le braccia sul petto con fare
pensieroso, mentre il suo sguardo assente vagava nel vuoto.
« Sono alquanto dispiaciuto circa gli avvenimenti degli
ultimi due giorni », mormorò, con gli occhi che
ancora non si staccavano dal pavimento.
Erano due giorni che si trovava a Firenze, erano due giorni che i
problemi non facevano altro che spuntare come funghi. Da quando Madonna
Donati aveva pronunciato il nome di da Vinci per la prima volta,
quell’individuo non più aveva abbandonato la sua
mente.
« Voi cosa ne pensate, Capitano Grunwald? »
L’uomo seduto di fronte a lui grugnì, ma non
osò proferire parola. Si limitò ad osservare le
mani del Conte; una stringeva ancora la mela, l’altra era
impegnata a disegnare un cerchio dopo l’altro su un pezzo di
cartastraccia.
Riario sospirò.
« Io penso
che non solo non abbiamo trovato ciò che stavamo cercando
», continuò. « Ma siamo stati anche in
grado di mettere in guardia sia i Medici che Firenze con
un’esplosione nella bottega più famosa della
città, il tutto in una sola giornata ».
Di nuovo, l’unica risposta che il suo capitano fu in grado di
dargli fu un soffuso brontolio.
Stavolta, il Conte alzò gli occhi sull’uomo.
« Tuttavia, non possiamo dire che sia stato un vero e proprio
buco nell’acqua. I Medici ci hanno aperto le porte
invitandoci al loro banchetto, una preziosa occasione per avvicinarci
ancora di più a questo famigerato artista ».
Fermò la sua mano, alzando di poco il mento.
« Mi aspetto che, entro domani a mezzogiorno, i vostri uomini
siano pronti a fare ritorno a Roma; con da Vinci, naturalmente
».
« Sì, mio Signore ».
Riario alzò gli angoli della bocca in un sorriso contorto.
« Molto bene, potete andare. Vi auguro una buona notte
». E addentò di nuovo la mela, posandola poi sul
tavolo.
Attese in silenzio che il suo rumoroso capitano lo lasciasse solo in
quella piccola stanza illuminata appena dalla fiamma di qualche
candela, poi abbandonò il suo disegno, infilando la mano
libera nella tasca interna del cappotto.
Qualcosa, prima dell’esplosione, era riuscito a portarlo via.
Qualcosa di insignificante, di cui probabilmente nessuno avrebbe notato
la scomparsa.
Dalla tasca estrasse un vecchio quaderno, dal quaderno un fazzoletto.
Aprì il piccolo quadrato di pezza, osservandone crucciato
ciò che da Vinci vi aveva riposto.
Con la punta delle dita, accarezzò la piccola treccia color
del sangue, percorrendone il taglio disordinato con insolita
delicatezza.
Aveva visto soltanto una volta, quella tonalità sulla testa
di una donna. L’aveva vista molto, molto tempo prima.
Inevitabilmente, si ritrovò a sussurrare il suo nome.
« Bianca … »