Fanfic su attori > James Franco
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Autore: Ninulia    25/06/2013    5 recensioni
Giulia, famosa sceneggiatrice del mondo dello spettacolo, si trova un giorno quasi ad investire un povero passante che incontra poi sulla scena di uno spettacolo.
E' proprio qui che la sua identità verrà svelata e tra i due nascerà un certo feeling, già accennato da primo catastrofico incontro.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Abbiamo bisogno di te, sbrigati”
“Lennie hai ragione, ma non ho ancora il potere di far smuovere il traffico newyorkese”
“Non m’importa fai qualcosa” tengo il telefono con una mano e un’altra è sul volante, dovrei riuscire a prendere il bicchiere di caffè, così tengo il telefono tra la spalla e l’orecchio e continuo a parlare col mio manager.
Con la mano libera dalla presa del volante cerco di prendere il bicchiere, ma i gentiluomini dietro di me cominciano a suonare i loro clacson e nella fretta metto un piede sull’acceleratore  e persisto nel mio tentativo di diventare Mrs. Impossible e riuscire a prendere quel cavolo di bicchiere.
L’ho finalmente preso, ma com’è consuetudine della mia personalità me lo rovescio sopra i vestiti.
Butto il bicchiere per terra e con la mano cerco di riparare al danno.
Troppo concentrata a salvare l’apparenza non mi accorgo di un pedone che attraversa la strada e invece di essere veloce si ferma improvvisamente quando vede che sto quasi per essergli addosso.
Inchiodo bruscamente e non so con quale grazia da lassù non lo investo.
Mi tremano le mani per l’adrenalina.
Adrenalina? Forse forse fifa!
Tengo le mani inchiodate sul volante e guardo dritto negli occhi l’uomo che sembra sul punto di alzarmi le mani per averlo quasi ucciso.
Un gruppo di curiosi si è avvicinato richiamato dal rumore dei miei freni contro le ruote e queste sull’asfalto.
Qualcuno mi guarda e scuote la testa.
Che figura di.. cacca.
Ma da brava italiana fiera e senza scrupoli scendo dalla macchina ancora tremante e, anche se in pieno torto, mi scaglio contro il pedone che porta dei grandi occhiali neri e un berretto da baseball.
“Ma io dico, potrebbe almeno guardare quando attraversa!” gli grido contro, la solita vocina fastidiosa mi intima di chiudere il becco e fare le mie scuse al signore.
“Ha parlato colei che parla al telefono mentre guida, chiamiamo i vigili e facciamo discutere a loro chi è nel torto”
Quel pidocchioso.. mmh no so neanche come definirlo dannazione!
“Non- non penso ci sia bisogno- sorrido istericamente- infondo non c’è stato nessun ferito!” l’idea di quegli omini neri che mi conoscono ormai in tutta New York mi fa rabbrividire.
“Invece io penso ci sia bisogno”
Dannazione, spione che non sei altro.
Gli faccio segno di aspettare un momento che sposto la macchina; la posteggio sul marciapiede e frettolosamente continuo a parlare con lui.
“Senta mi dispiace un mondo, non l’avevo vista, sono pure in ritardo. Beh.. beh vede dovrei essere già quasi a lavoro. Magari per questa volta possiamo chiudere un occhio.. eh?” sorrido a trentadue denti sperando di fargli pietà.
Stranamente.. mi sorride.
Ma io quel sorriso lo conosco.. Se si togliesse gli occhiali mi farebbe un enorme piacere.
“Hai fifa eh?”
“No non mi piace il calcio, però mio fratello è patito, ha il 18 per giunta!” battuta orrida uscita dalla mia bocca spara diavolerie. Però almeno riesco a farlo ridere.
“Sei..”
“Sbadata, sparatrice di battute orride, completamente fuori di testa.. si.. qualcos’altro?”
“Simpatica”
“Beh si, non me ne faccio un vanto” con gesto teatrale mi porto la mano al petto e alzo gli occhi al cielo.
“Allora.. Per questa volta passa?” ma chi l’avrebbe mai pensato che io, reginetta della scortesia, laureata nell’arte dell’isterismo, possa essere così gentile con un uomo che non conosco neanche? I vigili fanno davvero un brutto effetto.
Mi guarda e trattiene un sorriso. Spero dica di si, oppure questa è la volta buona che mi sospendono la patente…
“Ebbene… Dopo che io e me stesso abbiamo riflettuto a lungo su questa incognita, decreto che… lei è assolta!” mi ha dato la notizia più bella della mia vita.
Lo abbraccio di istinto; niente, voglio proprio farlo arrabbiare, ci tengo proprio tanto ad avere quella multa.
Sciolgo l’abbraccio e consapevole del fatto di aver appena invaso il suo spazio personale abbasso la testa chiedendo perdono.
“Per un abbraccio non è mai morto nessuno. Piuttosto, spero per te che tu abbia un vestito di ricambio per andare al tuo impegno di lavoro..” indica la macchia abnorme di caffè sulla mia camicetta e si passa una mano nei capelli mentre io me li strappo.
E adesso? Ho solo un jeans e una felpa con me. Sempre meglio di niente, penso.
Gli auguro un buon giorno e scappo verso la macchina.
Arrivo a teatro ancora sporca e mi cambio in uno dei bagni degli inservienti. Che stile.
Mi ero dimenticata di aggiungere che sono davvero talentuosa per ricevere rimproveri di ogni tipo. Soprattutto dal mio manager.
“Ma ti sembra un abbigliamento adeguato a chi deve organizzare la scena più importante di questo teatro? Verrai pure presentata a fine serata, ci andrai in jeans e felpa? Davvero, che grande stile cha hai”
“Mi dispiace, posso sempre andarmi a cambiare durante lo spettacolo..”
“Impossibile, devi assistere allo spettacolo, hai il posto riservato” come siamo negativi!
“Bene, vorrà dire che farò uno strappo alla regola e ci andrò in jeans. Non è mai morto nessuno!” e forse io sarei stata la prima.
Chiamo a raccolta il mio staff e iniziamo a preparare la scena per questo grandioso spettacolo.
Ma chi me l’aveva fatto fare?
Io volevo fare l’attrice nei teatri non la sceneggiatrice nei film. Per carità, tutto buono e benedetto, ma io avevo un sogno e adesso mi ritrovo a volare di scena in scena per preparare tutto.
Ma mi sono bevuta il cervello da piccola? Ma ‘sta passione l’ho comprata al mercato delle pulci?(*)
Lavoriamo duramente, sono fiera dei miei ragazzi. Quando abbiamo quasi finito ritorno a parlare con il manager che in teoria dovrebbe farmi arrivare alla carriera di attrice, ma ci sta ancora lavorando, dice lui..
“Lennie.. mi dispiace se sono stata troppo sgarbata.. prima. Comunque penso di finire in orario e magari… magari potrei andare a cambiarmi.. tu non pensi?” continuo a sorridere a trentadue denti, tanto ormai ho capito: sorriso=ottengo ciò che voglio.
Mi sorride anche lui.. ma che sorriso brutto che ha. Per fortuna sempre quel qualcuno lassù mi serra la bocca per non farmi uscire quel pensiero tanto cattivo.
“Ma ti posso chiedere il perché questo spettacolo è così importante?” sono davvero curiosa, hanno fatto un putiferio perché fosse tutto perfetto.
“C’è un personaggio importante che reciterà stasera”
“E potrei sapere di chi si tratta?”
“No”
“Antipatico scocciatore” dico più a me che a lui
“Lo so” ma, ma ,ma ha pure le orecchie dietro la testa?!
Continuo la mia ‘opera d’arte’   finché non è tutto perfetto.
Posso finalmente andare a casa a cambiarmi anche se la comodità dei jeans e della felpa mi allettano moltissimo.
Intanto gli attori cominciano ad arrivare e sento un profumo strano che ho già sentito di recente. Non ci penso più di tanto e salto di nuovo in macchina, giusto per rendere felici i newyorkesi della mia presenza.
La felpa è così calda che mi viene voglia per l’ennesima volta di non cambiarmi, ma quel buon senso che di tanto in tanto risorge mi fa spogliare e mi lavo.
Sono anch’io una donna e quindi non può mancare l’indecisione sugli indumenti da indossare, ci perdo buona parte del mio tempo e finisco per arrivare a teatro in ritardo.
Mostro il pass allo scimmione presente all’entrata per le quinte e Lennie mi viene incontro incavolato come sempre e mi dice che devono indicare le entrate e le uscite agli attori.
Stringo la mano al regista e mi presento agli attori, tutti più grandi di me, non che ci voglia tanto ad essere più anziani di me del resto.
“Salve a tutti, io sono Giulia Belacqua e sono la sceneggiatrice,  gli attori principali dovranno entrare a sinistra e penso che già l’avrete provato questo no?- mi girò verso il regista che cala la testa in segno positivo – bene allora sapete già com’è. Però attenzione, c’è stato un cambiamento, gli alberi sono stati spostati a destra quindi dovrete fare un giro sulla scena per arrivarci” continuo a spiegare e quando ho quasi finito il regista mi interrompe informandomi che l’attore che farà Tristano è mancato per vari impegni e che dovrei mostrargli bene la scena.
Certo che deve essere davvero molto impegnato, questi qui fanno prove da mesi, penso.
Intanto che gli altri attori si danni gli ultimi ritocchi rimango col famigerato Tristano; solo dopo mi accorgo che non è un attore a me sconosciuto.
“Ma lei è Jam..” qualcosa che si chiama ‘essere professionale’ mi frena dal saltare dalla gioia e baciarlo convulsivamente. Inghiotto tutte le parole che vorrei dirgli e inizio a spiegargli la scena.
Mentre il sipario è chiuso gli faccio fare un giro della scena
“Infine, quando dovrete fare i ringraziamenti lei e Isotta uscirete da questa uscita che sarà la più libera di tutte. Qualche domanda?”
Mi guarda e quasi sorridendo commenta “Penso che quella che freme dal farmi una domanda sia tu”
No bello mio, chi infondo non vorrebbe riempire James Franco di domande.. e anche di qualcos’altro?
Sto per fargli la mia domanda quando veniamo richiamati poiché lui deve indossare la sua bella calzamaglia e un po’ controvoglia si dirige negli spogliatoi, vorrei incoraggiandolo dicendogli che anche in calzamaglia è perfettamente violentabile, ma quel giorno ero particolarmente protetta da Colui che sta lassù.
 
“BRAVI! BRAVI! BRAVI!” il pubblico è in delirio, lo spettacolo è stato un successo e già prima che il sipario di chiudesse qualche mano applaudiva entusiasta.
Vengono presentati a gruppi i vari attori e quando Tristano e Isotta arrivano saltellando tenendosi per mano gli applausi sembrano doversi fare sentire fino alla fine della strada su cui si trova il teatro.
James è così bello, con quel suo sorriso che pochi hanno! Quasi mi sciolgo e la mia mente vaga..
Sono ancora nel mondo dei sogni quando vengo chiamata sul palco insieme ai miei colleghi per i ringraziamenti.
Alla seconda chiamata finalmente mi sveglio e riesco a salire le scalette di legno come un essere umano e non come un elefante; qualcuno lassù mi vuole proprio bene!
Siamo tutti in fila per fare l’inchino e il mio sguardo cade sul bellissimo James, l’uomo in calzamaglia , che accorgendosi del mio sguardo su di lui si volta verso me e mi sorride. Penso proprio che morirò  se lo fa un’altra volta.
 
Ho lavorato con degli attori, ma James Franco non l’avevo ancora incontrato. Posso cancellare una voce in ‘Le cose da fare prima dei 30’.
 
Sono nel parcheggio, sono uscita per ultima salutando tutti gli attori ma James non c’era. Forse mi viene da piangere ma ricordo alcune parole di mia mamma: “Non piangere perché è finito, sorridi perché c’è stato”.
Ebbene sorrido.
Cerco nella borsa le chiavi della mia macchina per ucc.. ehm la mia macchina e basta.
Due fari abbaglianti mi accecano, la macchina da cui provengono sembra finirmi addosso, rivivo per un momento la stessa scena di quel pomeriggio, è l’unica cosa che mi viene in mente.
Chiudo gli occhi aspettando l’impatto e trattengo il respiro.
Sento i polmoni bruciare, ma fanno male anche quado si muore?
Riapro un occhio curiosa di come sia l’inferno.
Certo che è luminoso. Ah no, sono ancora quegli abbaglianti.
Sono viva, wo, sono viva!
Voglio proprio sapere chi è l’idiota che guida così nel parcheggio di un teatro, però poi penso che io guido peggio e quindi taccio…
“Ma lei più attenta no?” una figura la cui voce mi sembra familiare scende dalla macchina
“Ha parlato colui che gioca a fare Sciumaker nel..- mi interrompo quando riconosco il guidatore –Mr. Franco..” da quando lo chiamo così??
Troppi pensieri si affollano nella mia mente, questa è la volta buona che quel neurone che ho in multiproprietà con un’amica del liceo scappa e non torna più.
Il modo in cui mi ha risposto è fin troppo simile a quello che avevo usato col pedone, ma solo io in tutta New York parlo così.
Quel sorriso che il pedone mi ha regalato è uguale a quello di James…
Il profumo che ho sentito a teatro è lo stesso del pedone…
O MIO DIO  STAMATTINA HO INCONTRATO IL SOSIA DI JAMES FRANCO!.. penso ingenua.
“Beh, non mi riconosci?- apre le braccia e fa spallucce- sono quello che dovrebbe guardare mentre attraversa”
Ho trattenuto le parolacce per tutto il giorno, dopo questa rivelazione penso di poterne dire una.
O cazzo.
“O PORCA MERDA, HO QUASI INVESTITO JAMES FRANCO!” in quel momento non sento più le gambe, l’unica cosa che sento è che è la volta buona che cado e mi faccio male sul serio.
Ecco, ecco, sto per cadere ma lui prontamente mi sorregge.
Non sono mai svenuta per i sensi di colpa!
Devo svenire proprio perché stavo investendo l’uomo della mia vita?... ma in fondo mi sembra un’ottima motivazione.
“Ehi, stai bene?”
“Ho l’aspetto di una che sta bene?” mi ricordo improvvisamente che so parlare.
“No, in effetti, no” e ride. Bello lui quando sorride.
Sono ancora in cerca della forze per riprendermi ma lui mi sta sorreggendo e sospendo la ricerca, mi piace essere sorretta da lui.
Ehi gambe! No, no, no tornate molli e flaccide, voglio che lui mi stringa ancora a sé! Obbeditemi!
Si.. certo… obbeditemi… non riesco neanche a comandare le mie gambe, pff.
“Va meglio?”
No, no che non va meglio, sento che sto per svenire, James acchiappami!
“Si va tutto a meraviglia”
Stupida boccuccia di rose.
“Posso sapere cosa cercavi così attentamente nella borsa?”
Un preservativo, casa tua o casa mia?
“Le chiavi della macchina- continuo a sorridere in modo quasi isterico e non riesco a trovare le chiavi – ma continuo a non trovarle”
O mio dio, le chiavi della macchina! Non posso averle perse, sarebbe la seconda volta! No, devo dimostrare a me stessa di riuscire a custodire un mazzo di chiavi.
Mi accovaccio sulle gambe e comincio ad uscire tutto quello che custodisco gelosamente nella borsa.
È tutto sull’asfalto, ma delle chiavi nemmeno l’ombra.
Si abbassa pure lui e controlla la borsa, ogni singolo oggetto, ma non ci sono!
Propongo di cercare dentro il teatro.
“E’ chiuso, ho provato ad entrare perché.. avevo dimenticato anche io una cosa e la porta era chiusa. Puoi tornare domani”
Si ma come torno a casa dannazione?
“Si, è la cosa migliore”
“Allora buona fortuna per le chiavi, ciao” mi saluta con la mano e si avvia verso la macchina.
Non che mi aspettassi nulla però quale infame farebbe tornare una donna a casa sola per le strade buie della grande mela.
E io che pensavo fosse un gentiluomo, come si dice: l’abito non fa il monaco.
Mi giro a mi avvio verso l’uscita.
Lui mi sorpassa con la macchina, mi saluta dal finestrino e va.
Continuo a camminare seguendo con gli occhi la sua macchina. Ad un certo punto si ferma.
“Avanti vieni!” mi grida affacciandosi dal finestrino.
Com’è mio solito mi faccio chiamare un seconda volta e poi corro come un elefantino verso la macchina.
Salgo davanti e posso finalmente lanciare un sospiro di sollievo.
“Pensavi davvero che ti lasciassi andare da sola a casa con questo buio?!”
“Per un momento l’ho pensato seriamente, mi sono pure arrabbiata con te. Ti chiedo scusa” gli sorrido a trentadue denti.
A forza di sorridere mi verrà una paralisi.
“Non l’avrei mai fatto, mai” è serio mentre mi dice questo e continua a guardare davanti a se con le mani ben salde sul manubrio.
“Hai freddo?”
“Un po’” e lui accende l’aria calda.
Appoggio il braccio allo sportello e lo ammiro.
Un profilo davvero perfetto, non c’è che dire. Ma preferisco cento volte il suo sorriso, a tutto, anche a una vacanza dai miei.
Dopo un pezzo che lo fisso penso si sia accorto del mio sguardo su di lui, ma non dice nulla quindi continuo.
I migliori film, in quella macchina mi sono fatta i migliori film.
Inchioda anche lui bruscamente al rosso di un semaforo.
“Scusa sono davvero imbranato quando guido”
No sei uno gnocco da urlo, è diverso.
“Siamo in due, l’avrai notato”
Sorride.
E mi manca l’aria.
“Allora, alla fine di questa strada dove devo girare?”
“A destra, vai un po’ avanti e tipo il quarto portone è casa mia”
Arrivati.
Penso sia impressione mia, ma il viaggio mi sembra durato poco. Chissà quando partirà, già mi manca.
Come sono melodrammatica.
“Grazie mille, non so quando sarei arrivata se non ci fossi stato tu!”
Posso permettermi un bacino sulla guancia per ringraziarlo? Ma si, posso.
Mi avvicino al suo viso e gli do questo bacio di ringraziamento.
Voglio chiedergli assolutamente se ci rivedremo.
Ma non posso certo dirgli ‘Ehi gnocco bello, ci rivediamo domani? Magari potresti salire per un aperitivo a casa mia’
No, non dovevo neanche pensarci.
Scendo dalla macchina però mi giro in fretta “Ci rivedremo prima che tu parta? Vorrei sdebitarmi per il favore”
E so io come sdebitarmi. No, no, no zitta stupida vocina.
“Certo, ci vediamo domani!”
Domani? Perché che c’è domani?
“Domani..?”
“Certo, pensi di andarci a piedi a cercare le chiavi?”
“Esistono i taxi”
“Ma siccome devo cercare anche io quella cosa ci andremo insieme”
Cerco di ribattere ma mi zittisce “So dove abiti” socchiude gli occhi con fare minaccioso.
Mi viene da ridere, cerco di trattenermi ma è più forte di me. Gli rido in faccia, sono una gentil donna.
I vicini mi  odieranno.. come se già non lo facessero.
“E’ una minaccia?” lo imito, ma lui vuole averla vinta
“Passo alle nove!”
Ci salutiamo e salgo a casa.
 
Com’è consuetudine: sono in ritardissimo!
Mi sono svegliata in orario, ma ho perso troppo tempo a fantasticare su James.
Sento di non averli 24 anni, ne ho 4 e basta.
Devo cambiare borsa.
Ma perché devo cambiare borsa?! Non ce n’è motivo.
E invece lo faccio, trasferisco tutto da una borsa all’altra e quado sto per riporre quella inusata dentro l’armadio vedo una cerniera esterna un po’ nascosta.
La apro e cosa trovo? Le chiavi.
“Eccovi schifose bastarde, qua stavate” commento ad alta voce. Ci manca solo che comincio a parlare sola.
Ma se avevo trovato le chiavi voleva dire che non dovevo stare più con James…
‘Momento.
Chiavi? Chi ha parlato di chiavi? Dove sono? Bu.
Le butto distrattamente fingendo indifferenza dentro una delle tasche della nuova borsa e mentre saltello su una scarpa nell’impossibile impresa di infilarmi l’altra chiamo l’ascensore.
Apro il portone e sbatto contro qualcuno. Ahi!
Penso proprio che ci sia un elefante nel mio albero genealogico.
E indovinate un po’ chi è la mia fortunata vittima? Lui, il mio James.
“Non ti faccio neanche le mie scuse perché sono le stesse di ieri e a proseguire, il solito discorso, sono distratta e bla bla bla” mi rifiuto categoricamente di ripetergli la stessa frase del giorno antecedente.
“Scusami, leggevo i cognomi  del citofono  perché pensavo ti fossi scordata del nostro appuntamento”
Che mi cada un vaso in testa se sbaglio, ma mi è sembrato di sentire la parola appuntamento.
Uhmm la cosa si fa interessante.
“L’hanno detto ieri sera il mio cognome e l’ho pure detto quando mi sono presentata agli attori” sono facilmente dimenticabile…
“Ero interessato ad altro”
Ah pure! Che faccia tosta. Lo guardo storto, davvero storto. Sembro quasi la torre di Pisa.
“Ero occupato a guardarti”
Oh no, la cosa si fa seria. Ma io la parola ‘seria’ non la conosco!
“Perché volevo essere certo che eri tu quella che mi stava per investire!” si affretta ad aggiungere.
Ok lo ammetto: mi ero fatta un film in cui lui poi diceva di amarmi e lì scattava il bacio passionevole.
La situazione si fa imbarazzante ed entriamo in macchina per evitare di dare spiegazioni l’uno all’altra.              
 

SPAZIO AUTRICE
Bene ragazzuole, tempo e piacere permettendo, questa è la mia seconda FF che comprenda più di un capitolo ahahah
La cosa comica di tutta questa storia non è che io che odio l’italiano mi sono messa a scrivere, ma che il giorno dopo che ho scritto questo primo capitolo sono stata investita con la bicicletta mentre andavo a scuola, solo che purtroppo non era James quello alla guida ma una signora gentilissima ultrasessantenne.
Sto bene comunque!! (mi sto iniziando a chiedere se a voi importi qualcosa , potete sempre ridere delle mie disgrazie, lo fanno tutti xD)
Beh che dire, spero che non sia così tremenda come io penso sia e poi.. buona lettura e piacere di avervi conosciute!
-Ninulia :*

  
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