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Autore: BebaTaylor    27/06/2013    1 recensioni
Era difficile per lei non pensare a lui. Difficile come trattenere il respiro troppo a lungo. Sospirò e appoggiò la testa sulla scrivania, sopra al quadernino dalla copertina verde smeraldo che usava come diario.
Sospirò e chiuse gli occhi, lì riaprì e se ne pentì subito. Davanti a lei la foto, quella foto, quella che avevano fatto qualche anno prima.
Lui e lei, vicini, stretti in un abbraccio; sullo sfondo l'oceano Atlantico.
Alison sospirò nuovamente e alzò la testa, lo sguardo sempre fisso sulla foto, sul sorriso di lui, su quelle labbra morbide che avrebbe voluto baciare ancora, su gli occhi blu in cui avrebbe voluto perdersi nuovamente.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Duncan James, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Ocean, blue sky and happiness


Capitolo Due


Oggi

Duncan si fermò e si guardò attorno, cercando di capire dove potesse abitare Alison. L'aveva cercata a lungo da quando lei l'aveva lasciato, ma Alison aveva cambiato il numero di telefono e neppure Tom aveva voluto dirgli dove vivesse; anche se era andato diverse volte al pub non era mai riuscito a incontrarla.
Dopo un po' aveva perso le speranze e si era messo il cuore in pace ma ora, dopo aver visto la piccola Emily, era deciso a trovarla. Due giorni prima, mentre era in macchina, l'aveva vista in quella strada, avrebbe voluto fermarsi ma aveva un appuntamento con gli altri ragazzi per un'intervista ed era già in ritardo, altrimenti avrebbe posteggiato e avrebbe seguito Alison.
Il pensiero di avere una figlia di cui non aveva mai saputo nulla non lo faceva dormire. Voleva vederla, conoscerla, desiderava spiegare a Alison quello che era successo cinque anni prima, si sentiva ancora in colpa per quella storia, per aver confuso Charlene con lei.
Si tolse gli occhiali da sole e si guardò attorno. Pensò alla piccola Emily, con i suoi stessi occhi blu. "Le labbra sono quelle di Alison." pensò guardandosi le scarpe.
Alzò il viso e indossò gli occhiali, si bloccò quando vide due figure in lontananza, una di esse gli sembrò familiare. «Alison...» mormorò cercando di fare un passo avanti, ma le sue gambe erano come inchiodate all'asfalto. Guardò Alison e Emily avvicinarsi sempre di più e incominciò a sentirsi nervoso, spostò il peso del corpo da un piede all'altro e respirò profondamente.
Alison gli passò accanto con Emily, Duncan si voltò e vide che dallo zainetto rosa di Emily si era staccato un piccolo coniglietto di pezza e lo raccolse.
«Alison!» chiamò sperando di non essere ignorato.
La ragazza si voltò e lo guardò appena. «Cosa c'è?» domandò.
«È caduto questo» disse mostrando il coniglietto «è di Emily, vero?» Alison annuì, «Sì, grazie.» rispose, «Se l'avessi perso sarebbe stata una tragedia!»
Duncan si avvicinò alla bambina, si chinò per guardarla negli occhi e le sorrise porgendogli il coniglietto. «Tieni.» disse dolcemente.
La bambina lo afferrò felice. «È mio!» trillò.
Alison la guardò e le sfiorò i capelli, «Emily?»
La piccola la guardò e si girò verso Duncan. «Grazie.» mormorò.
Duncan sorrise e si alzò in piedi. «Possiamo parlare?» chiese a Alison.
Lei lo guardò e si morse il labbro inferiore, rimanendo in silenzio mentre Duncan la fissava, speranzoso. «Non ho nulla da dirti.» mormorò, Prese in braccio la figlia e si girò verso il portone.
Duncan la seguì, entrando subito dopo di lei. «Alison, per favore.» esclamò seguendola lungo le scale, gli occhi sul viso di Emily.
«Non ho nulla da dirti.» ripeté lei posando la bimba sul pavimento.
«Ma io sì!» esclamò lui, «Ascoltami, devo dirti, devo spiegarti come sono andate le cose!»
Alison non disse nulla e spinse Emily in casa. «Togliti la giacca.» le disse. Si voltò verso Duncan e respirò profondamente.«Tu mi hai tradito con la mia migliore amica. » pronunciò, «Fine della storia, fine della spiegazione.» aggiunse entrando in casa e chiudendo la porta ma Duncan fu più veloce e la bloccò infilando un piede fra lo stipite e la porta.
«Almeno dimmi se Emily è mia figlia, lo devo sapere.» disse lui guardandola, «Lo devo sapere.» mormorò sfiorandole i capelli.
«Non è tua figlia.» rispose senza esitazione.
«Giuralo.» esclamò Duncan cercando di sfiorarle il viso ma Alison si scostò.
«Lo giu-»
« Giuralo su Emily.» la interruppe lui, sicuro che Alison non avrebbe mai giurato il falso su sua figlia.
Alison lo guardò e respirò profondamente, abbassò il viso e rimase in silenzio. «È tua figlia.» sussurrò alzando il viso e fissandolo.
Duncan rimase in silenzio, lo sapeva già che Emily era sua figlia ma averne la conferma da Alison era diverso. Era una certezza che lo aveva scioccato.
«Vattene adesso, vattene. » mormorò spingendo la porta per chiuderla. «Vattene.»
«Mammina?»
Alison si voltò verso la figlia, «Vai in cucina, arrivo subito.» disse dolcemente, «Vattene, non ho bisogno di te o dei tuoi soldi.» esclamò duramente a Duncan.
Lui la fissò sorpreso, aveva completamente cambiato espressione, prima quando stava parlando con Emily il suo tono era dolce e la sua espressione amorevole ma, in quel momento, i suoi occhi erano freddi e glaciali.
«Devo occuparmi di mia figlia.» Alison spinse contro la porta con tutta la sua forza.
«Io...» mormorò Duncan ma, guardando Alison capì che non era il caso di insistere. «Vado via.» disse. «Ciao, Alison.» disse e fece un passo indietro e la ragazza gli chiuse la porta in faccia.
Duncan fissò la porta chiusa e respirò profondamente. Alzò un braccio e bussò.
«Vattene.» sentì dire da Alison. Duncan guardò lo spioncino della porta e pensò, sperò, che Alison fosse lì dietro e che lo stesse guardando.
Pensò di bussare di nuovo ma una parte di lui gli suggerì di non insistere, almeno per quel giorno.
Guardò un'ultima volta la porta e si allontanò, le spalle curve e un macigno sul cuore.

Sette anni prima

Alison si sedette sul letto e si sdraiò sulla schiena. Mancavano un paio d'ore e avrebbe iniziato un nuovo turno di lavoro.
Si sdraiò sul letto e posò le mani sulla pancia, chiuse gli occhi e sbuffò.
Era passata poco più di una settimana da quando aveva conosciuto Duncan, lui non l'aveva ancora chiamata e lei aveva ormai perso le speranze. Si era messa il cuore in pace, anche se avrebbe voluto parlarne con Charlene ma non poteva farlo, perché non le aveva detto nulla di quella sera, né che lui l'aveva riaccompagnata a casa e nemmeno della richiesta del numero di telefono.
Il suo cellulare squillò e lei lo prese in mano, osservò lo schermo, era un numero che non conosceva. Rispose.
«Alison? Sono Duncan.»
Alison spalancò gli occhi dalla sorpresa, aveva pensato a lui solo pochi secondi prima! «Cia... ciao Duncan.» balbettò.
«Ti disturbo?» domandò lui.
«Cosa? No, nessun disturbo!» rispose alzandosi in piedi «Non stavo facendo nulla d'interessante.» rispose Alison avvicinandosi alla finestra e sedendosi sul puff rosa.
«Cosa stai facendo?» chiesa Duncan.
Alison trattene il respiro, la voce di Duncan, anche se erano al telefono, suonava calda e avvolgente. «Nulla di particolare. Mi stavo rilassando prima di andare al lavoro, fra l'altro mi hanno anche cambiato gli orari e adesso lavoro dalle diciotto alle due, ma non tutti o giorni, solo il venerdì, il sabato e la domenica, gli altri giorni faccio l'orario normale... non che non mi vada bene, però sai... ecco, sì, insomma io..» si fermò sentendosi stupida e pensando di aver detto un sacco di stupidaggini.
Duncan rise e Alison sentì aumentare l'imbarazzo, era al telefono con Duncan e, invece di dire cose interessanti gli aveva parlato dei suoi orari di lavoro!
«Comunque il lunedì sei ancora libera?» domandò lui.
Alison aprì la bocca, non era sicura di aver capito bene. «Io... sì, il lunedì è ancora il mio giorno libero.» rispose domandandosi perché lui gliela avesse chiesto.
«Bene.» esclamò Duncan.
"Bene? " pensò Alison.
«Stavo pensando...» continuò Duncan mentre Alison rimaneva in silenzio, «se ti andrebbe di uscire a cena con me questo lunedì.»
Alison respirò profondamente e rimase ferma, non riusciva a credere a quello che aveva sentito, eppure era vero, era successo veramente: Duncan James le aveva chiesto di uscire.
«Alison? Sei ancora lì?» chiese Duncan.
«Si, ci sono, scusa.» rispose, «Per me va bene.» disse con voce tremolate, era ovvio che le andasse bene.
«Passo a prenderti alle sette, va bene?» domandò Duncan, «Ti porto in un posticino che conosco.»
Alison annuì e si passò una mano sul volto rendendosi conto che lui non poteva vederla. «Certo, alle sette va benissimo!» rispose.
I due si salutarono e Alison si alzò, le gambe che tremavano dall'emozione. Posò il cellulare sulla scrivania e aprì l'armadio, cercando qualcosa da indossare per l'appuntamento con Duncan, anche se non aveva capito come mai le avesse chiesto di uscire, l'aveva vista per poco tempo.
Passò le mani fra gli abiti, pensò di non avere nulla di decente da mettersi, nulla di elegante, nulla di bello... decise che sarebbe andata a fare shopping il giorno seguente.
Sentì la porta di casa aprirsi, era Charlene che tornava dal lavoro, decise di non dirle nulla, di mantenere quel segreto ancora per un po'. Andò in salotto e la salutò. Charlene si era seduta sul divano, i piedi appoggiati al tavolino. «Tutto bene?» le domandò sedendosi accanto a lei.
Charlene annuì pigramente e si stiracchiò, «Si... sono esausta.» rispose, «E tu? Novità?»
Alison rimase in silenzio per qualche secondo, «No, nessuna novità.» rispose e sperò che Charlene non si accorgesse delle sua agitazione, avrebbe dovuto raccontargli tutto e non ne aveva voglia.
Charlene si limitò ad alzare le spalle e respirò profondamente, reclinò la testa e l'appoggiò sullo schienale del divano. «Sono distrutta.» mormorò, «Credo che ordinerò la cena.»
Alison annuì distrattamente mentre pensava a cosa avrebbe potuto indossare per l'appuntamento con Duncan. «Vado a prepararmi.» esclamò alzandosi.
Charlene si limitò ad annuire e accese il televisore.
Alison entrò in bagno e iniziò a spogliarsi, decise che avrebbe mangiato al pub prima dell'inizio del suo turno di lavoro.

***

Alla fine aveva preso una gonna nera lunga fino alle ginocchia, una camicetta nera con le maniche svasate e una cintura con alcuni strass applicati sopra.
Posò il piattino con il i due tramezzini e la bottiglietta d'acqua, posò i sacchetti per terra e si sedette. Aveva un appuntamento con Charlene ma come al solito la sua coinquilina era in ritardo. Alison sbuffò e prese un tramezzino, lo divise in due, posò una metà sul piattino e iniziò a mangiare l'altra.
Aveva fame e non poteva attendere l'arrivo di Charlene per mangiare, anche se sapeva che si sarebbe arrabbiata.
«Perché non mi hai aspettato?» protestò Charlene lasciandosi cadere sulla sedia, «Non sono in ritardo di tanto!»
Alison afferrò uno dei tovagliolini e si pulì la bocca dalle briciole. «Scusa.» disse e posò il tovagliolino
accartocciato sul piattino, dove c'era l'ultima metà del secondo tramezzino, «Ma avevo fame.» disse prendendo quello che era rimasto del tramezzino.
Charlene sbuffò e si accorse dei sacchetti. «Cosa hai preso?» chiese girando l'insalata con la forchetta.
Alison alzò le spalle. «Una gonna, una camicia e una cintura.» rispose.
«E perché li hai presi? Hai qualche appuntamento?» domandò Charlene, curiosa.
Alison la fissò, prese l'acqua e bevve qualche sorso. «Ma no! Quale appuntamento!» disse e fece una risata e sperò che risultasse sincera, «Avevo voglia di comprare qualcosa... tutto qua.» posò la bottiglietta sul tavolo e finì di mangiare, evitando di guardare la sua amica.
Charlene alzò le spalle. «Va bene, però dopo mi fai vedere cosa hai preso, vero?» chiese.
Alison annuì, sollevata dal fatto che Charlene le avesse creduto. Ora rimaneva un altro problema: uscire da casa lunedì sera senza dire nulla Charlene o raccontandole un'altra bugia.
Era la prima volta che le mentiva ma non riusciva a sentirsi completamente in colpa, voleva tenere quel piccolo segreto per sé ancora un po'. E poi conosceva Charlene, se avesse saputo che sarebbe uscita con Duncan lo avrebbe raccontato a tutti, e lei non lo voleva, immaginò che non lo volesse neanche lui.
Si convinse che fosse meglio così, che fosse più saggio mentire.

***

Alison rimase in salotto fino a che Charlene non chiuse la porta dietro di sé, poi si alzò e andò nella sua stanza. Era stata fortunata, quel lunedì sera Charlene usciva con le sue colleghe di lavoro.
Aprì l'armadio e prese i vestiti che aveva comprato qualche giorno prima e li dispose ordinatamente sul letto, afferrò della biancheria intima dal cassetto del comò, prese le scarpe dalla scatola sotto il letto e sistemò il tutto sul letto.
Doveva solo lavarsi, asciugarsi i capelli, vestirsi e truccarsi; guardò l'orologio, mancava poco più di un'ora alle sette.
Quindici minuti dopo uscì dal bagno, il corpo avvolto in un asciugamano arancione, i capelli erano avvolti in un asciugamano dello stesso colore.
Si sedette sul letto e guardò il cellulare, nessuno l'aveva cercata in quei minuti in cui era bagno. Da una parte le dispiaceva, ma dall'altra era contenta di non aver ricevuto nessuna chiamata o messaggio. Questo voleva dire che Duncan non aveva annullato l'appuntamento. Tolse l'asciugamano e iniziò a vestirsi, non si mise le scarpe, quelle le avrebbe messe all'ultimo. Andò in bagno, prese il phon e iniziò ad asciugarsi i capelli, li avrebbe lasciati sciolti sulle spalle.

***

Alison posò il piede sul gradino e guardò l'ora, era in perfetto orario, mancavano tre minuti alle otto. Fissò la strada e si rese conto di non ricordare più quale fosse la macchina di Duncan, non ci aveva fatto molto caso quando l'aveva accompagnata a casa, era troppo agitata per pensare all'auto sulla quale era seduta. Sperò che Duncan si ricordasse dove l'indirizzo.
Respirò profondamente e s'impose di calmarsi, si disse che sarebbe andato tutto bene, che Duncan non le avrebbe dato buca, che avrebbe passato una bella serata.
Alzò lo sguardo da terra quando sentì un clacson suonare, sorrise quando riconobbe Duncan, si avvicinò all'auto ed entrò.
«Ciao, Alison.» disse lui, si sporse sul sedile e le baciò una guancia.
Alison trattenne il respirò quando sentì le sue labbra sul suo viso, erano così morbide e il suo profumo era inebriante.
«Aspetti da tanto?» chiese lui.
Alison scosse la testa, «No, sono qui da due minuti.» rispose dicendo la verità, aveva perso tempo nello scegliere quali gioielli mettere, alla fine aveva scelto dei semplicissimi orecchini a cerchio, non troppo grandi, e una collana con un pendente a forma di stellina. «Dove andiamo?» domandò, visto che lui non le aveva detto nulla a proposito.
«È una sorpresa, ti piacerà, vedrai.» rispose lui e partì.
Alison rimase in silenzio e annuì. «Spero solo di avere il vestito giusto.» disse, non più convinta che quello che indossava andasse bene.
«Sei bellissima.» esclamò Duncan girandosi verso di lei e sorridendo, «Non preoccuparti.»
Alison aprì la bocca sorpresa e sfiorò i capelli castani, non era la prima volta che qualcuno le diceva “sei bellissima” ma un conto erano gli amici e i clienti del pub, un altro era che glielo dicesse una persona famosa come Duncan. «Grazie.» mormorò imbarazzata, vide Duncan sorridere e fu sicura che sarebbe andato tutto bene.

***

Duncan fermò l'auto davanti alla casa di Alison. «Grazie per la bella serata.» le disse e l'abbracciò.
Alison chiuse gli occhi e respirò il suo profumo. «Grazie a te.» mormorò.
Duncan la guardò e sorrise, le sfiorò i capelli e il viso, Alison abbassò lo sguardo imbarazzata. «Ti chiamo domani.» le sussurrò prima di baciarle le guance.
Alison annuì appena, lo guardò, perdendosi nei suoi occhi azzurri, e pensò che si sarebbe potuta innamorare di lui. Ma forse lo era già.

Ed ecco il secondo capitolo, spero che vi sia piaciuto anche questo :)
Ringrazio chi legge, chi mette la storia fra i preferiti/seguite/ricordate e chi recensisce.

   
 
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