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Autore: Cleindori    11/01/2008    7 recensioni
Tra la fine del primo OAV e Greed Island. Kuroro, i suoi fantasmi e la persona misteriosa che "attende se volgerai i tuoi passi a est". Piuttosto cupa, forse ooc, ma non ne sono del tutto convinta.
Ho un enorme debito con Melissa, autrice di meravigliose ff su Severus Snape, per questa storia e probabilmente per tutto quello che scrivo. La ringrazio di questo e se queste righe vi piaceranno, prego anche voi di farlo, senza di lei non avrei mai scritto.
Enjoy
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Lei era li’, accanto a me, silenziosa, mentre sedeva sulla poltrona di velluto color sangue, i lunghi capelli che mandavano riflessi di fuoco alla luce danzante delle candele. Sedeva senza una parola e muoveva le dita sulle corde dell’arpa in una melodia triste e l’unico altro suono presente era quello della pioggia che batteva sui vetri, infrangendo l’illusione che il mondo iniziasse e finisse tra quelle mura.
Ed era li’, accanto a me, anche la mattina, quando il messaggio era arrivato, non che non me lo aspettassi, in qualche modo.
Sedeva di fronte a me, gli occhi assonnati, la lunga camicia da notte nera e i capelli che ricadevano scomposti. Nulla in lei sembrava denotare che la mia presenza aveva in qualche modo spezzato la sua routine e sconvolto la sua vita. Himi. Mi aveva accolto in casa sua, quasi un estraneo, ferito, stanco, piu’ nel cuore che nel corpo. Non aveva fatto domande. Sapeva. Aveva aperto la porta e si era fatta da parte, come fosse stata la cosa piu’ normale del mondo. Mi aveva fatto entrare, ospitato e curato. Nessun commento, ma sapevo che lei conosceva la situazione in modo preciso. Himi, “qualcuno che ti aspetta ad est” aveva detto la profezia. E io mi ero rivolto a lei.
- Ti aspettavo. – erano state le sue parole.
- Lo so – non avevo potuto evitare di rispondere. - Non so dove andare, al momento.
- Certo che lo sai. Ci sei appena arrivato.
Questo mi aveva detto, quella notte senza stelle. Questo era quello che mi diceva in ogni momento con i suoi gesti.
Questo era, anche quel mattino. Aveva appena posato sul tavolo un enorme bricco di caffe’ fumante e stava imburrandosi del pane, quando i suo cellulare aveva squillato. Un messaggio, strano, lei odiava i messaggi di prima mattina. Si era alzata, l’aveva letto, senza dire una parola, ma i suoi occhi erano diventati piu’ cupi per un secondo. Poi mi aveva passato il cellulare.
“Di’ al Danchou che Paku ci ha detto tutto. E di non rispondere. Feitan.”
Lo sapevo, certo, era ovvio. Me lo ripetevo, ricacciando indietro il respiro. Lo sapevo, da quando Paku era venuta da sola all’appuntamento. Era cosi’ evidente e io non me ne ero accorto, che idiota. Per lei il ragno veniva dopo di me, ma io non mi ero mai soffermato su questo. Sapevo quello che provavo per i miei compagni, ma non mi ero mai chiesto cosa provavano loro per me. E ora era dolore, rabbia e vuoto, quello che provavo.
Paku. La conoscevo da quando avevo imparato a camminare e mi stupivo che mettesse la mia vita davanti alla sua! E’ vero che a volte si e’ ciechi di fronte a quello che non si vuol vedere, dicevo a me stesso, cercando di nascondere quello che era fin troppo chiaro dietro i miei occhi abbassati. La mia migliore amica. La sorella che non avevo mai avuto. Paku. Ed era dolore, rabbia e vuoto, quello che sentivo.
Non so cosa e’ successo dopo, mi sono alzato e sono uscito, muovendomi meccanicamente, come un automa, inoltrandomi tra gli alberi del bosco, senza nemmeno accorgermi della pioggia. Ero inconsapevole di quello che mi circondava, in fondo non aveva importanza. C’era solo il vuoto e il suono del mio cuore che martellava nelle mie orecchie. Era quel suono, il mio cuore, l’unica cosa di cui ero consapevole. Il pulsare violento, e senso di vuoto lasciato da Paku.
Ho camminato tra il folto degli aceri color fuoco per tutto il giorno, fino a che i colori non sono diventati scuri e la pioggia si e’ fatta piu’ gelida. Lei sapeva di non potermi raggiungere e non l’ha fatto, la ringrazio di questo.
Ma lei era li’, ad aspettarmi sul divano color sangue, quando sono rientrato sgocciolando e mi ha dato un asciugamano azzurro che sapeva di rose. Mi ha sorriso e credo di averlo fatto anch’io, per un momento.
Ed ora era li’, seduta su divano l'arpa che distribuiva note tristi sotto le agili mani, non aveva detto una parola, ma la sua mano si era allontanata dalle corde e posata sulla mia spalla e i suoi occhi si erano agganciati ai miei dicendomi che non ero solo, che se volevo parlarne lei era li’, ma cosa potevo dirle, che era dolore, rabbia e vuoto, quello che provavo?
Cosi’ sono rimasto in silenzio ascoltandola suonare, una melodia che non conoscevo, un canto d’addio di chissa’ quale popolo in chissa’ quale epoca, una musica che in qualche modo riempiva il vuoto.
E poi si era fermata e aveva asciugato qualcosa sulla mia guancia. Una lacrima?
- Lei voleva aiutarti. Il suo desiderio era che tu continuassi a vivere e recuperassi i tuoi poteri. Il ragno ha ancora bisogno della sua testa.
Il suo desiderio. Il desiderio dei morti. Il desiderio di Paku.
Sono state quelle parole, credo, a dissipare la rabbia e a risvegliarmi dal dolore e dal vuoto. I desideri dei morti.
Ho guardato verso Himi e credo di aver sorriso, per la seconda volta in quel giorno di pioggia in cui avevo saputo della morte di Paku.
  
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