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Autore: Sandor    29/06/2013    1 recensioni
La storia dei D'nI raccontata attraverso le vicende di una famiglia nobile. Le vicende di una dinastia di scrittori si intrecciano con quelle del grande popolo cui appartengono, dalla distruzione di Garternay fino alla caduta di D'nI ad opera di Veovis ed A'Gaeris.
Un progetto ambizioso e complesso, che ripercorre tutta la storia dei D'nI (oltre 9500 anni) ed introduce dei personaggi nuovi, che operano sia in contesti conosciuti, sia in momenti della storia dei D'nI non direttamente narrata nei giochi e nei libri.
Shorah/Pace
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Il sangue di Garternay – Prefazione
 
Questa è una storia lunga e complessa, che narra tutta la storia del popolo di D’nI. È, per così dire, il racconto del nuovo inizio (questo il significato di D’nI, per chi non fosse pratico della loro lingua). Ma anche della caduta e della prematura fine. È un progetto ambizioso, senza dubbio, ma credo che la straordinarietà e la forza poetica fuori dal comune che pervadono tutta la serie di Myst e la storia dei Ronay meritino questo impegno.
Chi ha la mia età, oppure qualche anno in più, si ricorderà sicuramente il gioco per pc da cui tutto ebbe inizio, che per primo ci ha trascinato in quel mondo (o in quei mondi) ove la parola ha una straordinaria forza creatrice (so che chi è più informato sull’Arte e le sue leggi sa che non è proprio così, ma questo è un altro discorso). Ecco quello che mi ha sempre affascinato: L’idea della parola come atto creativo, come “poiesis”, cioè creazione. Se non di un mondo, almeno del legame tra mondi così distanti nello spazio e nel tempo. Mondi diversi, ma legati, pervasi dalla stessa forza. Il popolo di D’nI lo chiamava Terokh jeruth, il “grande albero delle possibilità”. Era, nei giochi e nei libri, il loro modo, religioso, di spiegare quello che potremmo definire “fisica quantistica”. L’infinità possibilità di mondi possibili, tutti esistenti ad un certo punto nello spazio e nel tempo, e determinabili solo per osservazione (non mi è mai piaciuta la fisica e sto diventando noioso, quindi ci fermiamo qui).
Nel grande albero delle possibilità dei D’nI, tutti i mondi erano legati, tutte le storie già presenti, in potenza. Non è un caso quindi che il mondo da cui provenivano gli antenati dei D’nI, i Ronay, si chiamasse Garternay: Radice dell’albero. Oggi voglio aggiungere una storia ai rami dell’albero. E per farlo, dobbiamo partire dalle radici. Da Garternay. O meglio, dall’esodo dei Ronay da questo luogo che da millenni chiamavano casa. Tra coloro che scelsero di seguire Ri’Neref, vi fu una famiglia molto potente…
 
Abbandono
 
Era una giornata splendida, il cielo, azzurro e sereno, illuminato dal sole dal caratteristico bagliore rossastro di Ahnogahro. A’Vorats si girò verso il grande padiglione di legno scuro, in cui si stava per materializzare la figura di un altro ospite. Sua moglie, con il figlioletto in braccio, circondata da amici ed amiche, sorrise. Era da molto tempo che non lo vedeva così sereno. Da alcuni anni, si era trasformato inspiegabilmente da uomo divertente e geniale in un lupo solitario, che passava sempre più tempo da solo nello studio. Ma oggi tutta quella serietà, quella tristezza che sembrava opprimerlo era scomparsa. Fosse anche per un giorno solo, lei era felice di avere indietro suo marito.
A’Vorats intanto era giunto al padiglione, che occupava la punta meridionale della piccola isola. Un sentiero lo collegava al grande spazio circolare che occupava gran parte dell’isoletta che si ergeva timidamente dalle acque del lago. Gli venne incontro un suo amico di vecchia data, membro della Gilda degli Scrittori, proprio come lui. “Shorah, amico mio” gli disse l’ospite.
“Shorah, Jalis. Sono felice che tu sia venuto.”
“Purtroppo non potrò restare molto”
Mentre stavano parlando, i due si spostarono lentamente verso il centro dell’isola e gli altri ospiti.
“Ahra non si è ancora ripresa del tutto.”
“Mi dispiace molto.”
“Non preoccuparti” Jalis gli sorrise, con tutto l’affetto di un vero amico. “Oggi è un giorno speciale per te. La nascita del tuo erede:”
A’Vorats sorrise a sua volta, inclinando leggermente il capo. Poi trascinò l’amico per un braccio. “Vieni, voglio che tu sia in prima fila quando annunceremo a tutti come si chiamerà.”
Con queste parole, i due andarono verso l’estremità del cerchio opposto a dove si trovava il padiglione, a passi veloci. A’Vorats si avvicinò a sua mogliae la baciò, poi prese in braccio il figlio, piano e con grande cautela, quasi fosse la cosa più preziosa al mondo. E per lui, in questo momento, lo era. Sorrise, poi si girò e si schiarì la gola. Tutti gli invitati, oltre un centinaio tra i più influenti e potenti tra i Ronay, si girarono, sorridenti anche loro.
“Vi ringrazio per essere venuti qui, nell’era personale della mia famiglia, in questo giorno gioioso. Per molti lunghi anni il mio casato ha atteso questo momento. La possibilità di avere un erede, un degno successore dei suoi antenati e futuro maestro della Gilda degli Scrittori.”
Fece una pausa drammatica, tutti gli occhi erano rivolti verso di lui. Jalis, che stava a pochi passi da lui, sorrise. Con gli anni. Non aveva perso il gusto per la teatralità.
Nel padiglione, alle spalle degli ospiti, si materializzò una figura con un lungo mantello rosso scuro. Nella cintura portava un pugnale. Ma A’Vorats non lo vide.
“Quindi è con immensa gioia…”
L’uomo corse verso gli ospiti. Alle sue spalle, altri, vestiti come lui, con le stesse armi nel fodero, apparirono dal nulla.
“Che vi annuncio il nome di mio figlio…”
Gli uomini avevano percorso quasi tutto il sentiero ora, Gli ospiti nelle ultime file si girarono, sorpresi.
“Il nome che fu già di mio padre…”
Gli uomini passarono tra gli invitati, spingendoli da parte con fermezza, ma senza violenza. Erano quasi giunti tra le prime file, ma A’Vorats, che non si era accorto di nulla, concluse:
“Sirreh.”
In quel momento il primo degli uomini superò Jalis e si rivolse direttamente ad A’Vorats.
“Maestro, il re ha deciso!”
Quello si girò, sorpreso dalle persone che stavano giungendo. Erano sette in tutto, tutti quanti vestiti con lo stesso mantello e tutti armati. “Deciso?” La sua faccia si fece perplessa, ed un cattivo presentimento si fece largo tra i suoi pensieri.
“La notizia è da comunicare al popolo. Così è stato deciso.”
A’Vorats sentì lo stomaco come stritolato da una mano invisibile. Non oggi. Non ora. Quale caos poteva provocare una notizia del genere.
“È il battesimo di mio figlio…”
“Mi dispiace maestro…” E con queste parole l’uomo si girò verso i presenti, che lo guardavano perplessi. Solo alcuni, pochissimi, sembravano aver capito di cosa si stesse parlando. I loro occhi erano colmi di tristezza quando l’uomo esclamò: “Garternay sta morendo.”
 
Jalis abbracciò il suo vecchio amico, leggermente sconvolto per la situazione in cui lo vide. Ormai erano anni che era così, ma ogni volta che lo rivedeva, gli faceva ancora male.
Dopo quanto era successo al battesimo del figlio, era diventato sempre più solitario e si era isolato da gran parte delle persone che un tempo aveva considerato amici. Ora aveva capito perché era stato tanto male, nei mesi precedenti quel terribile annuncio. Perché gli era sembrato perennemente oppresso dal peso della tristezza e della responsabilità. Quell’annuncio che era stato reso pubblico ormai trentanove anni fa non era sicuramente stato ignoto a lui, uno dei massimi personaggi della corte del re.
I Ronay avevano cercato modi di salvare quella che era stata la loro patria per migliaia di anni, dove Yahvo, il creatore, gli aveva donato la conoscenza dell’Arte. Ma sembrava tutto inutile, e così si erano limitati a cercare delle alternative. A usare la loro Arte. Era il motivo per il quale Jalis era venuto a far visita al suo amico, oggi. Mentre i loro figli, Sirreh ed Ailesh, il figlio di Jalis più giovane di nove anni rispetto al primogenito di A’Vorats, erano fuori casa.
“Come stanno andando i lavori per la nuova era?”
“Bene” rispose A’Vorats, indicando all’amico una poltrona e sedendosi a sua volta.
“Per quanto un’era creata da noi possa sostituire quella del creatore.”
“Quanto ci vorrà per terminarla?”
“Non lo so. Dieci anni? Cento anni? Mille, forse?”
Sospirò.
“Potremmo non avere tutto questo tempo.”
“Hai ragione” confermò Jalis. “Ecco perché forse avremo bisogno di un’alternativa.
“Un’alternativa?”
Jalis annuì, poi si spostò leggermente in avanti, portandosi più vicino ad A’Vorats.
“Ti ricordi Ri’Neref?”
“Eccome se me lo ricordo. Era un genio, un artista. Aveva una tale abilità nello scrivere… credo che con il tempo sarebbe diventato il più grande di tutti i nostri Maestri.”
“Ma è stato espulso dalla Gilda. Ricordi?”
“Ricordo” disse A’Vorats, annuendo. Era stato presente quel giorno.
“Da quel momento è letteralmente scomparso.”
“Beh, a quanto pare, non è scomparso del tutto.”
“Spiegati meglio.” La voce diA’Vorats si fece interrogativa, dubbiosa. Corrugò la fronte, come se stesse pensando intensamente.
“Ailesh lo ha conosciuto. Ri’Neref sta progettando una grande opera. Un nuovo inizio.”
“Un nuovo inizio?”
“Esatto. Un’era dove potremo andare a vivere, una volta che sarà conclusa.”
A’Vorats guardò il suo amico con aria interrogativa. Ri’Neref era stato un abilissimo scrittore. Ma la gente lo avrebbe seguito? LUI lo avrebbe seguito?
“Credimi, A’Vorats, è un’opera straordinaria. So che sei un abile scrittore, ti prego di dargli un’occhiata. Se ti piace, potrai presentare questo progetto al re.”
“Al re?” A’Vorats ea confuso. Ed incerto. Sarebbe stata una possibilità. Dall’altra parte, Ri’Neref era stato espulso dalla Gilda. Trattare con lui sarebbe stato disonorevole, secondo alcuni. Sospirò ancora.
“Fammelo incontrare. Vedrò cosa contiene questo libro, questo nuovo inizio, come lo chiami tu…”
 
Con un movimento veloce ed energico, A’Vorats chiuse il libro, ma rimase qualche istante a fissare la copertina, senza muoversi. Di fronte a lui era seduto Ri’Neref, coliui che aveva scritto quest’opera.
“È… è straordinario”
“Dite davvero?”
A’Vorats lo guardò fisso negli occhi ed annuì con veemenza.
“Assolutamente. È ancora incompleto, ovviamente. Ma non ho mai letto nulla di simile. C’è tutto. Semplicemente tutto.”
Ri’Neref non rispose, ma sorrise.
“Questa va assolutamente presentato al re e discusso…”
“No!”
A’Vorats lo guardò, sorpreso. “No?”
“No. Vede, c’è un motivo per il quale sono stato espulso dalla Gilda. Il vero motivo.”
A’Vorats inclinò il capo. Non capiva cosa Ri’Neref gli stesse dicendo.
“Mi sono rifiutato di scrivere un certo tipo di Era. L’Arte ha le sue leggi. Ma molti di noi non le rispettano fino in fondo.”
“Questa è un’accusa molto grave…”
“Lo so, ma così è, Maestro. Non che la Gilda degli Scrittori abbia dimenticato le leggi dell’Arte. Ma temo che ci siamo dimenticati che i Ronay servono le Ere, e non viceversa. Siamo diventati arroganti, maestro.”
“Arroganti?”
“Sì. Ecco perché preferisco svelare la mia opera a pochi.”
A’Vorats annuì lentamente, incerto su cosa dire.
 
Sirreh, ormai un giovane uomo di quarant’anni, entrò nello studio del padre per chiamarlo. Da quando sua madre non c’era più, era lui, la sera, a prendersi cura di quell’uomo che ormai stava diventando vecchio. Erano ore che non si vedeva, vi si era rinchiuso immediatamente dopo il colloquio con il Re per non uscire nemmeno per cenare. Era chiaro che questo comportamento doveva aver a che fare con quel triste destino che li attendeva, quell’ombra, quel presentimento che li aveva lasciati vuoti, Molti dei Ronay la pensavano in questo modo. Avevano perso le speranze di salvare il loro mondo.
A’Vorats era seduto su una sedia di fronte alla sua scrivania, dando le spalle alla porta. Era chino su un libro, e non rispose quando il figlio lo chiamò.
“Padre” disse Sirreh ancora una volta, un po’ più forte. Nulla. Nessuna risposta.
Il giovane si avvicinò piano piano al padre, attraversando il grande studio. I muri erano, fatta eccezione per due finestre che davano sul giardino, ricoperti di scaffali pieni di libri. Libri di commentari alle innumerevoli Ere che suo padre aveva scritto durante la sua vita. Era comunemente ritenuto un grande scrittore, anche se non eccellente, e la sua produzione era vasta e varia. Avvicinandosi alla scrivania, Sirreh vide anche il piccolo forziere presso una delle finestre. Là dentro si trovava il capolavoro di suo padre, l’era che aveva scritto per la sua famiglia. Ahnogahro. Dove lui, Sirreh, era nato e stato battezzato. In quel giorno infausto.
Sirreh deglutì, un nodo gli stringeva la gola. Poi giunse presso suo padre. Appoggiandogli una mano sulla spalla sussurrò “papà?” e si chinò verso di lui. Nulla.
A’Vorats stava dormendo.
Sirreh sospirò. Probabilmente, senza cena, era crollato per la stanchezza. Stava per svegliarlo quando i suoi occhi si posarono sul libro che stava scrivendo. No, non era un libro. Era un diario.
Il giovane ci pensò su un attimo, poi prese il diario, con cautela pe non svegliare il padre, e lesse.
Oggi sono stato convocato dal Re. Temevo che avesse scoperto i miei contatti con Ri’Neref. Sarebbe stato difficile spiegargli perché un uomo nella mia posizione cerca la compagnia di persone tanto umili, i rinnegati della gilda.
Ma mi sbagliavo. Mi ha fatto un’offerta molto generosa.
Gli scrittori della gilda stanno terminando il libro che ci porterà via da Garternay. Ancora il Re non ha perso le speranze e crede di poter salvare quest’era, ma, in caso non dovessimo riuscirci, abbiamo una via di fuga.
Si chiama Tehranee.
I prossimi paragrafi descrivevano e grandi linee la nuova era in cui i Ronay avrebbero trovato un rifugio. Sirreh le sorvolò senza dargli grande importanza, e riprese a leggere in un punto più diverso,
Fatto sta che, dopo tutto ciò, il Remi ha invitato personalmente a seguirlo nella nuova era, in caso ciò fosse necessario. Ha un grande progetto per il nostro popolo, e desidera avere me al suo fianco.
Come Gran Maestro della Gilda degli Scrittori.
Sirreh depose il libro, confuso. Gran Maestro. Era un incarico di immenso prestigio. Guardò suo padre, che dormiva ancora. Il suo respiro era tranquillo, regolare. Con un sentimento di preoccupazione che non si seppe spiegare, continuò a leggere.
Non ho voluto rispondergli. Ma ha insistito. Mi ha raccontato della grande visione che ha del nostro popolo.
A Tehranee, il “nuovo albero” intende portare i migliori dei Ronay, un popolo eletto che sia signore di mille ere e mille mondi, Un popolo di sovrani, che regno su un grande impero. La sua è una visione grandiosa, straordinaria. Ed ha voluto una risposta immediata.
Sirreh sentì lo stomaco che gli si strinse. No…
Ho accettato.
Ma temo che Ri’Neref avesse ragione.
I Ronay devono servire le ere, non viceversa.
 
“Prendi le tua cose, Sirreh”
E così, il momento era arrivato. Erano passato oltre 50 anni, mezzo secolo di infruttuosi sforzi per salvare Garternay. Non era servito a nulla, e così il re aveva ordinato di abbandonare la patria dei Ronay una volta per tutte.
Il giovane guardò suo padre, che, nonostante l’età, era ancora straordinariamente veloce a togliere i libri dagli scaffali e metterli nella grande borsa da viaggio che stava per terra, nello studio. Aveva deciso di portare solamente le sue opere miglio riuscite, perché portare tutti quei libri, inclusi quelli di commento, sarebbe stato impossibile.
Sirreh stette immobile mentre, uno ad uno, i libri scomparvero nella borsa.
“Allora, figliolo? Che stai aspettando?”
“Non voglio andare a Tehranee.”
A’Vorats si bloccò, un libro in mano. Le sue dita sottili strinsero la rilegatura in pelle verde.
“Come?”
“Io seguirò Ri’Neref e Ailesh, padre.”
A’Vorats si girò verso suo figli, gli occhi colmi non d’ira, come Sirreh aveva temuto, ma di tristezza.
“Mi dispiace, ma il nostro posto non è con loro.”
“Il tuo posto non è con loro, padre. Il mio posto lo scelgo io.”
Sirreh si avvicinò a lui.
“Non capisco come hai potuto decidere di seguire la parte peggiore del nostro popolo, solo per diventare Gran Maestro. Ti credevo al di sopra di certi comportamenti.”
“Come osi!” urlò A’Vorats, scagliando il libro verso il figlio. Questo si spostò, ed il librò si schiantò contro il muro alle sue spalle.
“Come osi parlare di me in questo modo. Sai benissimo che non si tratta di questo!”
“Ed allora? Di che si tratta? Se Ri’Neref ha ragione, se il re e chi lo segue hanno veramente infranto le leggi dell’Arte, allora perché devi essere uno di loro.”
“L’ho promesso, Sirreh. Ho promesso di seguire il mio re.”
Sirreh si fece sfuggire uno sbruffo, poco convinto.
“Comunque sia, io non verrò con te.”
 
Si stavano avvicinando al palazzo reale, e già le persone si stavano radunando, aspettando di viaggiare verso la loro nuova casa. Sirreh ed A’Vorats avevano camminato fianco a fianco, in silenzio. Ma ora che era il momento di dividersi, il padre si rivolse ancora una volta al figlio.
“Non ti obbligherò a seguirmi, Sirreh. Ma ti prego. Sono vecchio, e non voglio che tutto finisca così.”
Sirreh deglutì a fatica, ma rimase fermo nel suo intento.
“Mi dispiace molto, padre.”
Poi, abbracciandolo goffamente, aggiunse. “Addio”
Rimasero così solo poco tempo, le loro strade si divisero, ed ognuno rimase deluso. In questo giorno di sconfitta e di dolore del popolo dei Ronay, anche la loro famiglia era stata sconfitta.
A’Vorats si fece forza e, dopo qualche profondo respiro, s’incamminò verso il palazzo. Sulla piazza di fronte vi era un numero sterminato di persone. Da lontano scorse il re dei Ronay, con in mano un libro. Anche questo lo notò, e gli fece un cenno, sorridendo.
I Ronay devono servire le ere, non viceversa.
A’Vorats sputò per terra, si girò e si allontanò. Con la coda dell’occhio vide tre guardie che attraversarono la folla per raggiungerlo.
 
La piazza del mercato, nella parte bassa della città, dove abitava la parte più povera della popolazione, erano radunati coloro che avevano deciso di seguire Ri’Neref. Il grande scrittore stava su un podio leggermente rialzato, con un tomo gigantesco in mano, ed aveva appena finito un discorso pieno di speranza per il nuovo mondo che li attendeva. Il libro era tanto pesante che dovette sollevarlo con entrambe le mani perché tutti potessero ammirarlo, poi lo aprì alla prima pagina e lo appoggiò su supporto di legno appositamente creato. Uno ad uno le persone si avvicinarono, appoggiarono una mano sulla pagina e scomparvero. A’Vorats li osservò un attimo da dove si trovava, sulle mura della città alta, per poi cominciare la discesa.
 
“Gran Maestro?”
Ri’Neref era sinceramente sorpreso di vederlo, ma A’Vorats fecedi no con il capo.
“Dubito che sarò acora membro della Gilda degli Scrittori, dopo quanto è successo.”
Poi, avvicinandosi a Ri’Neref, gli appoggiò una mano sulla spalla.
“Sono fiero di quanto hai fatto. Saresti stato il più grande maestro che la Gilda abbia mai conosciuto, se le circostanze lo avessero permesso. Ma il Creatore ha scelto un futuro diverso per te.”
Ri’Neref stava per chiedergli cosa intendesse, quando i due furono interrotti dal suono di passi e spade che furono sguainate.
“Fermo là, Gran Maestro.” Disse una voce.
A’Vorats e Ri’Neref si girarono.Erano le guardie di prima. Una di loro puntava una pistola verso A’Vorats, le altre due avevano le spade sguainate, pronte a colpire.
“E così anche tu scegli di tradire il tuo re?” Il capo dei tre si fece più vicino, i suoi occhi fissi in quelli di A’Vorats. Questi si girò verso Ri’Neref, poi indicò il libro con il capo. Ri’Neref annuì, vi si avvicinò e pose la mano sulla pagina aperta. Un attimo dopo era scomparso.
“Temo ci sia un grave malinteso.” Disse quindi il vecchio A’Vorats alle guardie.
“Un malinteso?
“Si. Vedete, ho mantenuto fede alla parola data.”
“Hai giurato fedeltà al re dei Ronay in quanto Gran Maestro della gilda. Ed ora lo abbandoni un rinnegato della gilda che guida un gruppo di traditori. Ti porteremo a Tehranee dove sarai sottoposto ad un giusto processo.”
 A’Vorats scoppiò in una breve risata. “Sì, ho giurato fedeltà, è vero. Ma vedete, sto adempiendo al mio giuramento.”
A’Vorats si spostò indietro di qualche passo. Le guardie avanzarono. La distanza tra loro si fece più corta.
Ora o mai più.
“Ho giurato di seguire il mio re. Ed è ciò che farò!”
Con queste parole A’Vorats si girò di scatto e sollevò il libro aperto, portandolo al petto. Le guardie capirono cosa avesse intenzione di fare e gli si buttarono addosso, tentando di colpirlo con le armi.
Ma A’Vorats era sparito, e davanti a loro rimase solo il libro, trapassato da parte a parte da una pallottola. Sulla pagina aperta, due piccole macchie di sangue.
 
La figura di A’Vorats si materializzò nella caverna buia di fronte a Ri’Neref e Sirreh, che era stato chiamato.
“Padre!”
Il vecchio sorrise a suo figlio mentre cadde in avanti. Era morto prima ancora di toccare terra. Una pallottola gli aveva trapassato il cuore.
E questo fu D’nI, il nuovo inizio di un grande popolo. Un inizio che ebbe come primo atto una degna sepoltura per il Gran Maestro A’Vorats.
  
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