Fanfic su artisti musicali > Franz Ferdinand
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Autore: Acid_    30/06/2013    2 recensioni
Alex aveva bisogno di essere amato. Nick aveva bisogno di amare.
Poi c'è Bob che ha bisogno delle torte e Paul della sua batteria, ma quello è diverso.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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We only work when we need the money. So, what if I need you?





Il suono dell’acqua nella doccia dell’altra stanza distraeva Alex dai suoi pensieri.
Poteva vedere il suono di migliaia di goccioline che scorrevano sulla pelle di Nick e scivolavano giù per finire giù tutte insieme.
Le piccole, cadenzate goccioline delle piogge scozzesi. I temporali violenti d’autunno , quando l’acqua ti entra sotto i vestiti e continua a scorrerti sulla schiena . E’ così delicata, mutevole. E’ così bella, è così bello quando ci galleggi sopra. Senza farsi del male, senza bisogno di vie d’uscita. Abbandonarti totalmente alle sue decisioni.
Le imponenti distese d’acqua salata. Come il mar Morto. Il mare senza inizio né fine, ma che esiste. Che non puoi stringere tra le mani, ma che esiste. Che non puoi toccare, ma puoi solo farti toccare.
Come i pensieri, come le emozioni, l’acqua si muove con un semplice tocco. E forse all’apparenza ritorna come prima, ma in realtà i legami si spezzano, e si ricompongono in maniera diversa dall’inizio.
Aveva risistemato il letto, si era vestito. Indossava un pantalone nero e una camicia arancione. Voleva metterci anche una cravatta, ma sarebbe stato eccessivo. Forse. Qualsiasi cosa indossasse sembrava sempre troppo elegante.
Era seduto con le gambe incrociate al centro del letto, le mani a tenere le caviglie.
Ai piedi portava dei calzini a strisce arancioni e nere. Li adorava.
Adesso che la finestra era aperta entrava un leggero vento estivo. Aveva spostato le grosse tende blu perché entrassero anche quei pochi raggi di sole, prima che questo girasse nell’altra stanza.
Poteva guardarsi per metà nello specchio appoggiato a terra. La schiena dritta e il collo sottile erano la prima cosa che balzava all’occhio. Poi i capelli biondi, mezzi rasati dietro e a lato. Lunghi dall’altro lato.
Il rumore dell’acqua della doccia si era fatto sempre più lento fino a fermarsi del tutto, adesso era iniziato quello dell’asciugacapelli.
Si era steso a guardare il soffitto, con le braccia allargate sulle coperte panna.
- Al, la mia camicia puzza di sudore! – Diceva una voce dall’altra stanza. Alex, comunque, avrebbe avuto da ridire riguardo al verbo usato.
- Prendi una delle mie! – Aveva urlato.
Si era di nuovo drizzato sulla schiena, con uno scatto improvviso. Ora gli girava la testa e vedeva al negativo, strizzò gli occhi un po’ di volte.
Nick entrò in camera e lo guardò divertito. L’altro chinò la testa da un lato in modo interrogativo, facendo spostare  i capelli.
- Sembri un segnale stradale catarifrangente con quella roba addosso. –
- Ma è bellissima! – Ribatté sdegnato Alex.
Nick portava ancora tra le mani la sua camicia, che gettò a terra mentre scuoteva la testa divertito.
- Io cosa dovrei mettermi? –
- Se non ti piace quello che indosso io, per me puoi andare benissimo a torso nudo. - - Ma scherzavo! –
- Non ti credo. – Aggrottò le sopracciglia, incrociò le braccia e si girò dando le spalle all’altro, ma perse l’equilibrio e cadde, scoppiando in una risata. – Comunque ero serissimo. – Rideva ancora, di schiena sul letto. 
- Immagino. – Nick aprì l’anta dell’armadio e iniziò a guardare.
- Ma perché ci sono solo camicie, qui dentro?! –
- Sono un tipo elegante! –
- E questa? – Teneva in mano una camicia rossa con delle macchie bianche che potevano avere la forma di cavalli o tori in corsa.
- AHAHAHAHAHAH, quella è un regalo di mia madre! Non l’ho mai messa, ma non voglio buttarla via.. metti quella! –
- Non pensarci nemmeno, non uscirei mai di casa con una roba del genere addosso. –
- E chi dice che devi uscire? - - E’ un rapimento? –
- Esatto. – Con uno scatto degno di un felino si era alzato in piedi e aveva preso Nick per la pancia, buttandolo sul letto e facendogli solletico.
 
 
 
- Dimmi qualcosa di te,  non so niente! – Alex addentava un biscotto mentre si sedeva sul divano accanto all’altro, con la chitarra imbraccio. La finestra dietro al divano era grandissima, ed era coperta da sottili tende bianche.
- Ummmh, allora. Mi chiamo Nicholas McCarthy..- - McCartney?!-
- MCCARTHY!! – Urlò come si fa col le vecchiette mezze sorde.
- Mia madre aveva una cotta per Paul McCartney, sai? Il mio secondo nome è Paul. – Diceva Alex, mentre si buttava a terra le briciole.
- Nessuno gliel’ha chiesto, Sir! Posso continuare, ora? –
- Prego.. –  Alex fece un gesto di riverenza con la mano.
- Sono nato a Blackpool, ma ho vissuto in Baviera fino a poche settimane fa.. Ho studiato musica classica, so suonare la chitarra, il basso elettrico, il violoncello e il liuto arabo. In pratica, sono uno che non serve a niente. –
- Con questo hai perfettamente ragione, sai? E perché sei venuto qui? –
- Mi hanno detto che è un posto divertente, ci circola buona musica e poi.. mi ero fatto un brutto nome, prendevo le auto in prestito senza chiedere autorizzazione ai proprietari, capisci? – Gli si era dipinto un sorriso sghembo sulla faccia. – Mi chiamavano McCar-thief! -
- Nick, sei un bastardo. – Alex tratteneva le lacrime per le troppe risate.
Il suono del campanello aveva fatto voltare entrambi verso la porta. Dopo qualche secondo Alex si era alzato e era andato ad aprirla. Nick aveva visto i suoi occhi illuminarsi.
- BOOOOBBYYY! – Gli era letteralmente saltato addosso.
- Alex, sei sempre così eccessivo, Dio. – Aveva visto Nick seduto lì e gli aveva lanciato una strana occhiata.
- Ciao! – Aveva poi buttato fuori, ma continuava a fissarlo. Anche Alex  se n’era accorto.
- E’ successo qualcosa tra voi due, forse ieri sera? Non so, non ricordo.. – Alex era a disagio per Nick.
- Sono abbastanza convinto che quella camicia che indossa lui.. com’è che si chiama? – Aveva rivolto uno sguardo ad Alex. – Nick- - Sì. Sono abbastanza sicuro che la camicia che indossa Nick sia uguale a quella che ti ho regalato io qualche anno fa. –
Nick aveva stabilito un contatto visivo con Alex, e da quanto aveva capito, quella situazione era un po’ troppo.
- E’ strano, questa me l’ha regalata mia madre quando è tornata da un viaggio con le amiche! – Aveva ribattuto.
- E’ andata in viaggio in Argentina? – Il tono di Bob era sconvolto e divertito.
- Eh, queste vecchiette, si fanno sempre più arzille! – Aveva riso mentre si alzava. – Ok, ragazzi, io vado! Ho ancora un po’ da fare con il trasloco.. –
- Vengo con te! – Alex si avviava verso la porta. – Veniamo con te, vero Bob? – Gli aveva preso la mano e lo tirava.
- Ma io ero solo venuto a vedere se stavi bene, anche io ho da fare! Ho dimenticato il forno acceso e..-
- Bob, non se la beve nessuno. – Alex aveva ragione.  - No, eh? –  - No. -
Ridevano tutti e tre.
 
 
 
- A Nick! – Tutti nel bar si erano aggregati al festeggiamento, un po’ in ritardo, dell’arrivo di Nick.
Si beveva  e si rideva, ma Alex era stato sempre un po’ in disparte. Nick se n’era accorto, e aveva cercato di parlargli, invano.
Ad un certo punto era corso fuori. Nick lo seguiva di corsa, mentre cercava di capire cosa stesse succedendo.
Gli aveva afferrato il braccio, e con l’altra mano lo fermava per il bacino. Provava a cercargli gli occhi, ma erano coperti dai capelli, caduti per il brusco movimento verso il basso.
- Si può sapere cosa diavolo ti prende?! –
- Portami a casa. – Aveva ringhiato a denti stretti mentre, poco elegantemente, si staccava dalla sua presa.
Tirava un vento freddo, anche se era giugno che facilmente entrava nelle ossa. Stava per piovere, cosa che in quel momento ad Alex non importava minimamente.
Erano saliti in auto. Erano lì dentro da alcuni minuti e nessuno dei due aveva detto una sola parola. Nel frattempo una leggera pioggerella bagnava i vetri.
Nick mentre guidava sfruttava la luce dei lampioni e girava la testa a guardare l’altro che fissava dritto davanti a sé.  Non riusciva davvero a capire cosa gli stesse accadendo.
Appena arrivati, Alex era sceso di corsa sbattendo la portiera. Nick non sapeva che fare.
Dopo pochi secondi passati a massaggiarsi le tempie ad occhi chiusi era sceso anche lui.
Forse si sarebbe limitato a suonare il campanello e sarebbe andato via subito dopo perché “purtroppo non apriva nessuno ”. Ma tutti i suoi piani andarono a farsi benedire, una volta davanti alla porta, quando vide che la chiave era lì. La girò.

Alex era a gambe accavallate e a braccia incrociate sul divano. Muoveva ritmicamente un piede su e giù, mentre tamburellava con le dita sul braccio.
- Puoi dirmi che succede? – A Nick tremava la voce mentre chiudeva la porta dietro di sé, attento a non fare rumore. Alex si era alzato, non riusciva a guardarlo negli occhi per l’oscurità. La luce che entrava timida dalla finestra era coperta dalla pioggia. Si sentiva un ritmico ticchettio.
- Non vuoi che ci vedano insieme, eh? – La sua voce era rabbiosa, ma il tono tradiva un po’ di insicurezza. Si avvicinava all’altro. Era a pochi passi da lui quando urlò: - DIMMELO! – Mentre allargava le braccia e le alzava in aria.
- Non .. io non.. – Un tuono aveva interrotto Nick. Alex guardava verso la finestra con gli occhi spalancati e la bocca semiaperta.
- ‘Non’ cosa?! – Aveva urlato, subito dopo aver sorriso alla luce di un lampo.
Gli si era avvicinato quasi a stargli addosso e gli sbottonava i pantaloni. Nick poteva sentire il suo respiro sul collo. Alex lo aveva avvicinato al muro strusciandoglisi contro come un gattino che vuole le coccole.
La sua mente era annebbiata da una rabbia che non sapeva da dove potesse provenire. E non era neanche sicuro che fosse rabbia. Gli serviva solo una scusa per giustificarsi con se stesso per quello che stava facendo.
Ora le sue lunghe dita sfioravano la pelle attraverso i boxer, tastavano quella che poteva essere la diretta conseguenza delle sue carezze sul corpo dell’altro.
Nick non ci capiva più niente e in quel momento non gli importava. Ma sapeva che quell’uomo lo stava facendo impazzire.
Si era inginocchiato e gli aveva abbassato i boxer. Si era lasciato scappare un mugolio d’ammirazione, mentre lo faceva.
Nick poteva sentire la bocca calda che iniziava a muoversi mentre non vedeva nient’altro che una sagoma.
Avrebbe voluto fermarlo, solo per un momento, e guardarlo negli occhi, per capire cosa provasse. Ma non riusciva a pensare a niente che non fosse quella sensazione che si era fatta sempre più forte.
Alex aveva bisogno di sentire la sua voce, voleva sentirlo pregare di non smettere, voleva sentirla passargli nel cervello. Si era fermato e aveva alzato la testa. La pioggia era diventata sempre più forte.
- Come me la sto cavando? – Aveva cercato di usare il tono più malizioso che potesse avere. Ma non si era accorto di quando fosse stato fastidioso, per l’altro, che lui si fosse fermato. O sì?
- A-Alex ti prego continua.. – La voce di Nick era bassissima mentre si passava una mano tra i capelli.
Alex si era alzato, con un ringhio di non poco disappunto da parte dell’altro e gli aveva leccato il collo con la punta della lingua.
- Oh, non preoccuparti. - A quello più delicato delle sue labbra aveva sostituito il tocco delle mani.
 - Crist..- Alex aveva interrotto la roca esclamazione con un bacio.
Nick scorreva freneticamente le sue dita nei capelli dell’altro, Alex gli mordicchiava il collo, era abbastanza vicino alla sua bocca per sentire il suo gemito, mentre veniva, proprio nel momento in cui un tuono assordante faceva vibrare i vetri delle finestre.
 

Lanciò un’occhiata vuota a Nick e corse in bagno. Accese la piccola luce e aprì il rubinetto. Sputò nel getto d’acqua.
Si guardò allo specchio. Si faceva così terribilmente schifo.
Si passò una mano bagnata tra i capelli mentre con l’altra si teneva al lavandino. Un vortice di pensieri si pensieri girava e sbatteva nella sua testa, mettendo tutto sottosopra.  – Cazzo! –
Aveva provato ad urlare, ma si era sentito solo un sussurro.
 


Tornava, ancora a luce spenta.  - Scusa. –
Nick non sapeva cosa rispondere, e non rispose. Emise comunque un mugolio, che poteva significare tanto in quel momento, giusto per non lasciare che il tentativo di Alex di riparare (qualcosa che non capiva ancora ancora fino in fondo) gli continuasse a rimbombare nella testa.  Per convincere entrambi che almeno una risposta l’aveva data.
Alex aveva aperto il frigorifero e la luce di questo l’aveva aggredito improvvisamente, facendolo barcollare. Si era accorto che la pioggia era smessa.
Prese una bottiglia di birra e la stappò. Mentre si dirigeva verso Nick si fermò per prendere la sua chitarra.
 Gli porse la birra senza guardarlo negli occhi. Non che avesse fatto molta differenza guardarlo o meno negli occhi, la luce che entrava dall’esterno era troppo debole per permettere di vedere.
Alex aveva la chitarra imbraccio, tra le gambe incrociate, e aveva iniziato a buttare giù note a caso.
A Nick venne comunque la pelle d’oca, immaginando quelle dita che scorrevano sopra il suo corpo.
Nel frattempo i suoni si erano messi in ordine, a formare una melodia e, lentamente, si era aggiunta anche la voce, i sussurri, di Alex.
“So I'm trying to pretend you're out in the garden
That you're about to walk in to wash your hands in the kitchen.”
Si era fermato e aveva preso un lungo respiro, senza far rumore.
“But she said your face changed and your breath got slower and slower,
Until there was breath no more.”1
Si era abbassato, per incastrare perfettamente la sua chitarra con il suo corpo.
Non sapeva perché l’aveva fatto, perché l’aveva messo a conoscenza di quella storia. Lui per primo, lui e basta. Ma l’aveva fatto.
- Mi dispiace. – Nick mentre parlava aveva lo stesso tono di Alex, la sua voce era velluto.
Alex annuiva, mentre tentava invano di fermare le lacrime.
- Era la mia ragazza. – Continuava a buttare fuori la verità. L’aveva tenuta per troppo tempo solo per sé ed era ristagnata nel profondo della sua anima, andando a male, inacidendo.
- Le volevo bene. Le voglio bene. – Non credeva di poter riuscire a dire altro, ma Nick aveva capito.
Alex sentiva che qualcosa era cambiato. Forse, mentre metteva a nudo i suoi sentimenti, o nel momento che questi passavano nella gola e diventavano parole, qualcosa era cambiato. Si era reso davvero conto quello che aveva provato per lei.
- Alex, tu stai morendo. – Nick non sapeva che effetto avrebbero fatto quelle parole. Che significato avrebbero assunto, una volta uscite dalla bocca e venendo filtrate dall’aria intorno a loro.
Le lacrime di Alex scendevano più veloci. Aveva provato a stringere le palpebre, si era imposto di non pensarci, ma era ricominciato. Da mesi tutte le notti gli scorrevano quelle scene davanti agli occhi.
I capelli lunghi di Eleanor che si muovevano nel vento e suo nasino che si avvicinava e gli occhi color ambra e- - Ti salverò, o morirò con te. -  Le lacrime avevano portato i singhiozzi, che cercava invano di trattenere, stringendosi  alla sua chitarra con una mano ancora sul capotasto.
Nick aveva lasciato la sua birra sul tavolino e si era seduto a terra di fronte ad Alex.
 - Alex, io ti amo. – Per un secondo si fermarono i singhiozzi, le lacrime e il suo respiro. 
- Io no, non ora. – Aveva articolato dopo un po’.
- Lo so. – Le parole calme di Nick penetravano nelle orecchie dell’altro con forza. – Ma posso aspettare. –
Diceva mente andava via. Chiuse la porta cercando di far meno rumore possibile, e lanciò un ultima occhiata ad Alex.
“And as you walk away my headstone crumbles down.”



1“Quindi cerco di fingere che sei fuori in giardino e
che stai per rientrare a lavarti le mani in cucina.
Ma lei aveva detto che il tuo viso era cambiato e il tuo respiro si era fatto sempre più lento,
fino a fermarsi del tutto.”

 





NDA
Ho impiegato un bel pò di tempo per scrivere questi capitoli (questo e quello che metterò dopo, che fino ad ora sembra essere il mio preferito **) perché in questi giorni sono successe tante di quelle cose! (? xD)
Il concerto del Macca, al quale non sono andata, ma di cui ho cercato video e foto giorno e notte;  sono usciti un sacco di video dei Franz su Tumblr e Youtube (anche due singoli a tre minuti di distanza *w*).
Torno alla fanfic. Il titolo è una frase di Missing You dei Franz Ferdinand (che ho messo anche nella parte in cui Alex si rigira l’anima come un calzino davanti a Nick), è anche la mia canzone preferita. E’ stata l’unica per la quale ho pianto come una cretina.
Dicevo, alla fine ho messo ‘Walk Away’ perché così mi andava. E perché Nick aveva detto che Alex stava morendo, quindi ho collegato ‘headstone’ (lapide) e morte. Sì, lo so che sono brava.
Ho fatto un pò la stronza, e così la povera (e così caruccia) Eleanor Friedberger è morta. Che peccato. E' per questo che scrivo, posso essere Dio. *inizia a canticchiare Playing God dei Paramore*
Ah, nella parte in cui Alex pensa all'acqua, mente Nick si fa la doccia, ho ascoltato 'The Dead Sea' dei Lumineers. Si capiva, eh?
La mamma di Alex gli ha messo Paul come secondo nome perchè ascoltava per davvero i Beatles (santa donna) e Nick ha vissuto davvero in Baviera, fino a che la sua ragazza non lo ha trascinato a Glasgow e ad una festa ha conosciuto Alex (dopo essersi presi a botte per una bottiglia di whisky).
Ringrazio (e non lo farò mai abbastanza!) aire93 e  _anonimo_ per continuare a supportarmi (ma, soprattutto, sopportarmi) e a recensire. Vi adoro!
  
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