Lechatvert
Oneshot su Hetalia, fandom in cui non sbarco da tanto, troppo tempo.
So che gli OC non sono benvisti, ma era una piccola vittoria che dovevo
prendermi su alcuni amici.
Un grazie speciale a chi ha intenzione di leggere e a chi
recensirà.
Siete
tutti bellissimi <3
Attaccate,
attaccate sempre
« Me ne sto andando, Christina ».
« Tornerai?
»
« Non lo so
».
Prussia tiene lo sguardo
basso sull’erba morbida, sulle punte dei sui stivali di pelle.
« Guardami e
dimmelo, Gilbert ».
Christina è
ferma dinanzi a lui, la spada abbandonata sulle ginocchia piegate, il
volto pallido teso in una smorfia piena dell’orgoglio dei
cavalieri.
Lui scrolla il capo, si
morde il labbro. «Ti abbandono, Marienburg.
Königsberg è migliore di te ».
Non è vero,
lo sanno entrambi, è solo che i polacchi hanno messo Prussia
con le spalle al muro¹ senza lasciargli altra scelta se non
quella di andarsene. Ma è un cavaliere, lui, proprio come la
sua Christina. Ammettere la sconfitta farebbe più male che
mentire a entrambi, perché così sono cresciuti, i
cavalieri, tra il sangue e la gloria delle battaglie.
Meglio andarsene,
quindi, senza troppe promesse, magari ricordando i vecchi tempi in cui
potevano combattere fianco a fianco senza temere la morte.
Marienburg, Prussia
Orientale, 1944
Prussia accarezza piano il corpo di Christina, toccandole con
discrezione i fianchi morbidi e la pelle costellata di cicatrici.
Così come lei, è sicuro di poter riconoscere
ciascuna di quelle piccole falci scure sulla schiena diafana della sua
città. Quella all’altezza delle spalle
è il ricordo di un colpo infertole durante la battaglia dei
tredici anni, quella più in basso, verso le cosce,
è ciò che rimane di una brutta caduta nei giorni
che avevano segnato la fine della Grande Guerra².
È un corpo, quello di Christina, che non si stancherebbe mai
di toccare, di abbracciare, di sentire suo nei rari momenti che possono
passare insieme.
Marienburg è bella, e per lui farebbe qualsiasi cosa. Dopo
essere stata venduta al Re di Polonia ed esposta come trofeo nei
possedimenti di Blume ha combattuto da sola il suo proprietario,
tornando così a casa dai suoi fratelli
dov’è rimasta, fedele come il più degno
dei cavalieri, anche dopo la Grande Guerra.
Da sempre Marienburg supporta Prussia e gli rimane fedelmente accanto,
piegandosi al volere della famiglia come uno stelo d’erba di
abbassa all’impetuosa forza del vento. Ludwig non ha mai
smesso di sfruttarla. Prima città militare, poi centro per
le faccende di partito.
Christina soffre, non è tedesca e come Gilbert è
convinta che tutto ciò porterà alla distruzione
anziché alla gloria³. Piange nascosta nelle sue
stanze spoglie, debole come non è mai stata, tanto fragile
che le mani di Prussia sembrano troppo pesanti per consolarla senza
scuoterla ancora.
« Dimmi che finirà », lo scongiura,
mentre lui le bacia la fronte, annusando il profumo dei quei capelli
biondi tagliati corti per andare alla guerra. « Dimmi che non
ci saranno più spari, né bombe, né
terrore, né … » si interrompe. Ma
certo, è un cavaliere, Christina, non dovrebbe avere paura
per una cosa che ha nel sangue. Eppure trema, scruta
l’orizzonte con il suo sguardo turchino e, come dice sempre
lei, “prepara il letto per i russi”4.
Prussia si piega su di lei, sul suo seno nudo e caldo, pensando a
quanti corpi ha toccato in quel modo prima di Christina. Non ne ricorda
nessuno; tra tutte le donne con cui è stato non ce
n’è una che possa essere Marienburg, il suo
cavaliere, la sua capitale, la sua città Santa sorta sul
castello che la sua gente ha eretto in onore della Vergine5.
Un’intera capitale al servizio della Madonna di cui Christina
sembra aver emulato la bellezza, fiorente nelle imperfezioni di un viso
tondo costellato di lentiggini.
Gilbert la guarda ancora, mentre la sente ansimare sotto di lui. Si
convince sempre di più di quanto sia sacra, pura,
inviolabile, qualcosa di effimero che non merita il trattamento che sta
ricevendo da parte della sua famiglia. Vorrebbe – Dio, se lo
vorrebbe – fare qualcosa per lei, fare qualcosa per la sua
gente, ma il desiderio di starle accanto in quegli istanti che
può contare sulle dita di una mano lo costringe a non
aiutarla, a stare a guardare la lenta caduta di quella che un tempo
è stata la sua capitale e che ora non è
più di una ragazza aggrappata alla cocciuta ambizione di
restare in piedi nonostante abbia subito la peggiore delle cadute.
Ascolta in silenzio i singhiozzi della città che un tempo
era il suo orgoglio e prega per lei, ne avverte il respiro leggero
sulla sua pelle d’albino e la stringe a sé,
cercando di infonderle quella poca speranza che gli è
rimasta. Perché a Berlino nemmeno Ludwig crede
più nella guerra, nemmeno i bambini osano più
sognare la vittoria.
Finché si è in piedi bisogna lottare, dicevano i
cavalieri. Attaccate, attaccate sempre, ripeteva Friedrich sul letto di
morte. Ma la Germania è stanca, Gilbert è stanco,
chiunque negli occhi non ha altro che la disperazione e la voglia di
arrendersi alla morte.
Osserva per l’ultima volta Christina, seguendo con lo sguardo
i contorni morbidi del suo corpo. Un corpo che, forse, non gli
apparterrà mai più.
« Solo questa volta », mormora, scostandosi da lei
per coricarsi. « Porta pazienza, questa è
l’ultima volta6
».
Sente Marienburg acconsentire, rassegnata alle decisioni della
famiglia, mentre gli si stende accanto, poggiandogli la fronte calda
sulla schiena.
È l’ultima volta, è l’ultima
volta, si ripete Prussia, ma in realtà non ci crede davvero.
Prima che la guerra finisca, Christina ha davanti altri cento scontri
come quelli che l’hanno distrutta.
Affonda le dita nelle lenzuola, impotente verso il futuro, torturato
dai suoi stessi pensieri. Cosa gli resta da fare se non
digrignare i denti e andare avanti verso la morte?
Attaccate, attaccate sempre.
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Marienburg (o Malbork) fu la capitale della Prussia dalla sua
fondazione fino al 1466 (quando venne sostituita da
Königsberg. Attualmente si trova in Polonia e, siccome
distrutta durante i numerosi scontri nella Seconda Guerra Mondiale,
è priva di un vero e proprio centro
“storico” che ne ricordi le origini teutoniche.
[1] […] con le spalle al muro. Durante la guerra dei tredici
anni (non sono sicura sia la traduzione esatta, ma l’unica
fonte disponibile era inglese e la chiamava così) i polacchi
riuscirono a strappare Malbork al dominio prussiano. Credo che
– soprattutto visti i rispettivi personaggi di Prussia e
Polonia in Hetalia – sia stato un colpo abbastanza duro per
l’orgoglio prussiano quindi … beh, a questo punto
si spiega da solo!
[2] Grande Guerra. Sì, come – spero –
tutti sapranno si tratta della Prima Guerra Mondiale. Successivamente a
questo conflitto Marienburg cadde in una crisi economica non lieve che
ebbe molte conseguenze sull’andamento demografico.
[3] […] anziché alla gloria. Terrei a precisare
il personaggio di Prussia. In molte fanfiction/fanart viene
rappresentato un esaltato della guerra che non vede l’ora di
andare a sparare e a distruggere. Ebbene, in questa fanfiction ho
voluto dare a Gilbert un aspetto più corretto storicamente
parlando: in Prussia – soprattutto a Königsberg
– nella vittoria della Germania Nazista non si è
mai creduto, anzi. I prussiani tendevano a snobbare i tedeschi e a
prenderli in giro per il fatto che si lasciassero guidare (a loro
avviso) da un pazzo.
Per questo motivo, quindi, il personaggio di Prussia in questa storia
non è il supporto di Ludwig ma qualcuno di rassegnato, di
stanco e di assolutamente “io glielo avevo detto
…” :3
[4] “Prepara il letto per i russi”. Un modo di dire
in voga in Prussia all’epoca. Indicava, appunto, la
rassegnazione della gente al fatto che la Germania non li avrebbe
protetti come aveva garantito e che, quindi, tutto ciò che
si costruiva o produceva sarebbe stato un giorno occupato dai russi.
[5] […] Vergine. Marienburg, dal tedesco
“Città di Maria”. I cavalieri Teutonici
la fondarono in onore della Madonna. (Preciserei anche il fatto che,
contrariamente a quanto si pensi, i prussiani furono sempre un popolo
molto colto e soprattutto religioso)
[6] […] Questa è l’ultima volta.
Marienburg venne evacuata nel 1945, poco prima che arrivassero le
Armate Rosse. Le parole di Gilbert si riferiscono all’ultimo
attacco che sarebbe stato lanciato dalla città prima che
questa venisse completamente abbandonata.
Infine, “Attaccate, attaccate sempre” è,
come già detto, una citazione di Federico il Grande (il
vecchio Fritz), che pensava infatti ai prussiani come un popolo forte e
combattivo, che non si piega dinanzi a nulla e che, quindi, deve per
forza essere il primo ad andare all’attacco.